N. 61 - Gennaio 2013
(XCII)
XENIA DI SAN PIETROBURGO
LA NUOVA PATRONA DELL’ANTICA CAPITALE RUSSA
di Danilo Caruso
Pochi
anni
prima
della
fine
dell’URSS,
il 6
febbraio
1988
(24
gennaio
per
gli
ortodossi)
–
giorno
in
cui
è
commemorata
–
Xenia
Grigorievna
Petrova
è
stata
canonizzata
dal
Patriarcato
di
Mosca.
Nel
corso
dell’epoca
comunista,
nonostante
i
divieti
di
natura
religiosa,
e
nonostante
l’impossibilità
di
accedere
alla
sua
cappella
(addirittura
circondata
da
una
recinzione
alta
sui
3
metri),
il
notevole
culto
popolare
della
sua
persona,
ereditato
dal
passato,
non
subì
flessioni
(fiori
e
messaggi
erano
lasciati
prima
all’esterno
della
cappella
chiusa,
successivamente
presso
il
recinto).
La
più
dettagliata
opera
agiografica
su
di
lei
è
quella
di
Dimitri
Bulgakovskij,
risalente
al
1895.
Nacque
a
San
Pietroburgo
all’interno
di
una
famiglia
proveniente
dalla
nobiltà
russa
verso
il
1731.
A 22
anni
si
unì
in
matrimonio
a un
colonnello,
Andrea
Fëdorovič
Petrov,
che
era
corista
di
corte.
Quattro
anni
dopo
perse
il
marito
deceduto
a
causa
di
un
abuso
d’alcolici
in
modo
istantaneo
in
occasione
di
una
festa.
La
cosa
turbò
molto
Xenia,
rimasta
vedova
senza
figli,
poiché
credeva
che
lo
sposo,
essendo
morto
in
assenza
di
conforti
spirituali,
non
avesse
avuto
diritto
a
una
salvezza
immediata
dell’anima
in
paradiso.
Così
ella
decise
di
intraprendere
un
cammino
ascetico,
in
cui
sostituendolo,
riscattasse
i
peccati
del
coniuge
(del
quale
per
l’appunto
assunse
il
nome
e
prese
a
indossarne
la
divisa:
adduceva
che
a
morire
non
era
stato
lui
ma
lei).
Seguendo
l’insegnamento
evangelico
si
liberò
di
tutte
le
sue
proprietà
a
favore
dei
più
bisognosi
(donò
l’abitazione
in
cui
risiedeva
perché
divenisse
ricovero
per
poveri
–
era
posta
all'angolo
tra
viale
Bolshoy
e
via
Lakthinskaya
– a
un’amica
che
persuase
poi
ad
adottare
in
modo
prodigioso
un
neonato
senza
genitori).
Questa
condotta
fece
ritenere
ai
familiari
che
fosse
impazzita.
Cercando
dunque
di
farla
dichiarare
interdetta
da
un
tribunale
fu
sottoposta
ad
accertamento
sanitario:
la
sua
presunta
“follia”
non
era
di
carattere
mentale
(fu
infatti
giudicata
in
grado
di
ragionare
perfettamente
con
libertà),
ma
spirituale.
Esiste
nella
religiosità
russa
una
categoria
di
asceti
che
se
da
un
lato
subì
pure
persecuzioni
di
polizia
dall’altro
riscosse
la
venerazione
popolare:
sono
definiti
pazzi
per
Cristo
(espressione
che
trae
origine
dalla
prima
lettera
neotestamentaria
ai
Corinzi,
in
cui
la
fede
in
Cristo
è
presentata
come
follia
al
giudizio
di
pagani
e
non
cristiani).
La
radicalità
della
loro
vita
di
rigore
e
povertà,
che
rappresentava
una
forma
di
condivisione
delle
sofferenze
della
Croce,
li
faceva
considerare
dei
fenomeni
di
aberrazione
naturale
e
sociale,
cosa
che
se
era
mal
vista
dai
ceti
più
agiati
costituiva
la
loro
forza
di
testimonianza
del
Vangelo
di
fronte
ai
diseredati,
desiderosi
di
un
riscatto.
Il
caso
di
Xenia,
che
attirò
più
tardi
anche
l’attenzione
delle
forze
dell’ordine
pietroburghesi,
fu
uno
di
questi.
In
principio,
respinto
pure
il
sostegno
di
congiunti
e
conoscenti,
fu
agli
occhi
dei
più
oggetto
di
dileggio.
Faceva
dono
ulteriore
agli
indigenti
delle
offerte
che
aveva
l’abitudine
di
prendere
esclusivamente
da
chi
le
avesse
porte
amorevolmente.
Allontanatasi
da
San
Pietroburgo,
per
farvi
ritorno
all’età
di
circa
34
anni,
girò
alla
ricerca
di
“consiglieri
spirituali”:
le
agiografie
riferiscono
che
il
movente
della
sua
conversione
narratole
dallo
starets
san
Teodoro
di
Sanaxar
(un
ex
ufficiale;
1719-1791),
in
cui
si
era
imbattuta,
la
convincesse
a
far
riferimento,
dati
i
tratti
di
coincidenza,
all’episodio
di
morte
del
marito.
Persona
di
straordinaria
pazienza,
ebbe
una
particolare
predilezione
verso
la
campagna
pietroburghese,
che
le
offriva
riparo
di
notte,
e la
cui
natura
a
suo
avviso
l’avvicinava
al
divino.
Viveva
nella
zona
più
misera
di
San
Pietroburgo
raminga
e
non
curata
(camminava
scalza
sulla
neve),
similmente
ai
più
radicali
antichi
filosofi
cinici
(consumatasi
l’uniforme
del
consorte
la
sostituì
con
brandelli
di
stoffa,
di
analoghi
colori
verde
e
rosso
che
la
richiamassero).
Coloro
a
cui
mostrava
benevolenza
sembra
venissero
risollevati
nella
loro
sorte,
tant’è
che
cominciò
a
essere
ricercata
per
questo
suo
carisma,
al
quale
aggiungeva
quello
di
preconizzare
il
futuro,
che
rendeva
noto
con
formulazioni
il
cui
senso
letterale
– da
interpretare
–
rinviava
a un
significato
profetico
più
profondo.
Previde
le
morti
della
zarina
Elisabetta
(1709-1762),
il
giorno
prima,
e
del
prigioniero
deposto
zar
Ivan
VI
(1740-1764),
con
tre
settimane
d’anticipo.
A
un’altra
donna
di
nome
Krapivina,
sempre
in
maniera
oscura,
anticipò
la
sua
prossima
prematura
scomparsa
con
l’affermazione
che
le
ortiche
– in
russo
ortica
è
krapiva
–
sarebbero
appassite
rapidamente.
Nello
stesso
tono
apparentemente
incomprensibile
dava
indicazioni
a
compiere
azioni
che
poi
disvelavano
avere
un
seguito
positivo,
come
nel
caso
della
ragazza
che
sposò
il
vedovo
a
cui
la
santa
l’aveva
indirizzata
dicendole
che
il
(futuro)
marito
di
lei
stava
seppellendo
la
consorte
(precedente).
I
concittadini
credevano
che
calato
il
sole
andasse
a
riposare
nel
vicino
cimitero
di
Smolensk,
dove
si
scoprì
che
durante
l’edificazione
della
chiesa,
nel
1794,
ella
agevolava
nella
nottata
i
lavori
degli
operai
facendo
trovare
pronti
i
mattoni.
Alla
sua
scomparsa,
avvenuta
intorno
al
1803,
fu
sepolta
in
questo
camposanto,
luogo
in
cui
una
cappella
fu
completata
nel
1902
sopra
il
suo
sepolcro
(molto
frequentato
da
fedeli
che
solevano
portarsi
via
un
po’
di
terra
o di
pietra
dalla
costruzione
come
reliquia).
Diverse
furono
le
testimonianze
di
sue
apparizioni
post
mortem
foriere
di
miracoli.
La
zarina
Maria
Fëdorovna
(1847-1928)
le
impetrò
la
guarigione
del
marito
zar
Alessandro
III
(1845-1894):
una
loro
figlia,
della
cui
venuta
al
mondo
era
stata
avvisata
in
sogno
dalla
santa,
assieme
al
risanamento
del
consorte,
fu
perciò
chiamata
Xenia
Aleksandrovna
(1875-1960);
dei
Romanov
questa
fu
una
delle
pochissime
persone
a
scampare
dallo
sterminio
bolscevico
della
famiglia.
Oltre
a
essere
inclusa
nel
novero
dei
patroni
di
San
Pietroburgo
–
con
l’altro
ortodosso
sant’Alexandr
Nevskij
e il
cattolico
san
Giuda
Taddeo
– i
patronati
di
questa
“folle
per
amore
di
Cristo”
coprono
gli
incendi,
gli
studenti,
i
disoccupati,
i
bimbi
a
disagio,
gli
errabondi
e i
coniugi
(il
racconto
della
sua
vita
vuole
che
ella
abbia
visto
in
vita
un
preannuncio
della
futura
condizione
paradisiaca
propria
e
del
defunto
sposo).
La
cappella
di
santa
Xenia,
ritornata
accessibile
a
tutti,
è
stata
restaurata
nel
biennio
2001-2002.