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N. 87 - Marzo 2015 (CXVIII)

Il torneo di Wimbledon
Tra storia e tradizione - parte III

di Francesco Agostini

 

La storia di Wimbledon, e del tennis in generale, è divisa da una data storica in due parti, nette e nitide: il 1947. Quell’anno, infatti, un certo Jack Kramer, vincitore del torneo inglese, decise che l’assetto dilettantesco del tennis non poteva durare a lungo e per terminare il taglio amatoriale che aveva assunto, diede il via al professionismo.

 

Così, i giocatori si divisero in due categorie ben distinte: gli amatori rimasero come tali, potendo partecipare tranquillamente a ogni tipo di torneo, e a essi si affiancarono i professionisti veri e propri. Essi erano regolarmente stipendiati e giravano il globo terrestre giocando tornei su tornei. Per l’unificazione di dilettanti e professionisti bisognerà attendere addirittura il 1968.

 

In questo lasso di tempo, gli spettatori dei verdi campi inglesi videro passare sotto i loro occhi una sfilza di campioni che lasciarono decisamente il segno nella storia del torneo. Uno di questi fu Rod Laver, un australiano abituato a giocare su campi in erba veloci come Wimbledon e considerato uno dei più grandi tennisti di tutti i tempi.

 

Laver aveva nel gioco aggressivo e rischioso il suo colpo di forza, era dotato di un’ottima volée e il fatto di essere un mancino naturale lo rendeva estremamente sgradito alla maggior parte dei giocatori, che erano destrimani. L’australiano si aggiudicò il torneo per ben quattro edizioni, due volte da dilettante e due da professionista.

 

Il dominio australiano però, era solo all’inizio. Qualche anno dopo, infatti, fu la volta di Roy Emerson, che vinse Wimbledon nel 1964 e nel 1965, prima di lasciar spazio a John Newcombe, anch’esso australiano. Newcombe, più a suo agio sull’erba che sulle superfici lente come la terra rossa, trionfò in Inghilterra per ben tre volte: nel 1967, 1970 e 1971.

 

In campo femminile durante gli anni sessanta e settanta brillò la stella della statunitense Billie Jean King, che si aggiudicò il trofeo per ben sei volte; l’ultimo fu agguantato dall’americana nel 1975, segno che la tennista aveva davvero dominato un’epoca. La grandezza della King fu che riuscì a imprimere il suo nome nella memoria collettiva anche in campo extra tennistico. Fu lei, infatti, che si batté strenuamente affinché anche le donne potessero avere un circuito tutto loro, proprio come gli uomini. È grazie a lei, quindi, che la WTA vide le proprie origini.

 

Con un piccolo balzo in avanti, arriviamo agli anni settanta, l’era che fu definita “di Björn Borg". Lo svedese dominò il torneo di Wimbledon dal 1976 al 1980, non lasciando scampo a nessun altro avversario. Borg fu uno dei primissimi tennisti ad aggiungere la mano sinistra al rovescio, inventando così il rovescio bimane, che dava maggiore forza e profondità al colpo. Lo svedese sapeva unire sapientemente gioco a rete e da fondo, divenendo un tennista “anomalo” sull’erba. In questa superficie, infatti, avevano trionfato quasi sempre giocatori di rete, d’attacco, e Borg, con la sua abilità nel tirare i passanti, rappresentò una rarissima eccezione.

 

Il dominio dello svedese fu interrotto drammaticamente da un giovane americano riccioluto e con gli occhi azzurri: John McEnroe. Il tennista statunitense, vulcanico, iracondo e dal carattere esplosivo, mise subito in chiaro che sarebbe stato lui a dominare il torneo inglese e più in generale il tennis mondiale al posto di Borg. Confermò le aspettative, ma solo in parte: vinse a Wimbledon per tre volte ma se non fosse stato per quel suo carattere un po’ così e per la sua scarsa tenuta mentale, forse le vittorie sarebbero potute essere molte di più.

 

Uno che si frappose fra lo svedese e l’americano fu l’inesauribile Jimmy Connors, che aveva dalla sua una mente solida come l’acciaio e una ferrea determinazione. Lo statunitense, infatti, ebbe l’abilità di inserirsi fra l’uno e l’altro perché vinse nel 1974, poco prima dell’era Borg, e nel 1982, nell’interregno di McEnroe.

 

Nel campo femminile, oltre alla già citata Billie Jean King, lasciò il segno sui campi inglesi la cecoslovacca Martina Navrátilová, campionessa assoluta del torneo. La ceca iniziò il suo dominio nel 1978 e si aggiudicò Wimbledon per ben nove volte, stabilendo il record assoluto e tuttora imbattuto.



 

 

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