N. 22 - Marzo 2007
Wal Mart, "Cenerentole" all'attacco
Un'action class titanica contro le
discriminazioni
di
Tiziana
Bagnato
Basta
a salari più bassi rispetto ai loro colleghi maschi, a
tempi più lunghi per le promozioni, a nomignoli e a
riunioni di lavoro in locali di strip tease. Quella
messa in atto dalle impiegate della celebre catena
di discount Wal Mart, è una vera e propria sfida ad
una logica aziendale e di mercato maschilista e
machista.
A
fare causa al colosso è, infatti, un esercito di
lavoratrici, oltre un milione e mezzo, le quali hanno
messo in piedi una class action, il cui
processo ha avuto recentemente il via libera dal
Tribunale federale d’appello di San Francisco.
Le
accuse mosse alla titanica catena, il più grande
datore di lavoro privato negli Usa, sembrano una
sintesi di tutte le cattive condizioni lavorative e le
vessazioni a cui un impiegato possa essere esposto sul
luogo di lavoro.
Si
va, infatti, dalla discriminazione nei confronti delle
donne, alla costrizione a straordinari non pagati,
fino al mancato rispetto dei minimi salariali e degli
intervalli per i pasti. Inoltre, un’inchiesta ha
accertato che Wal Mart è carente sul piano
assistenziale e pensionistico.
In
particolare, le donne hanno denunciato una disparità
di trattamento rispetto agli uomini, che emerge
chiaramente anche a livello numerico, se si pensa che
ben il 60 per cento dei lavoratori di questo monumento
al capitalismo sono donne, ma solo il 14 per cento dei
dirigenti è di sesso femminile.
Inoltre, il tempo medio impiegato da una donna per
essere promossa vice manager è di otto anni contro la
media di un anno e mezzo degli uomini. Casualità?
Mancate capacità? O una politica di emarginazione
della forza lavoro femminile?
Le
dichiarazioni rilasciate da alcuni capi di punti
vendita non lasciano dubbi. Alle donne manca “l’equipaggiamento
giusto”, dichiara uno dei dirigenti dell’ Arizona,
a cui si affianca un collega del South Carolina, il
quale spiega che “Dio creò prima Adamo e poi Eva,
dunque, le donne vengono sempre dietro i maschi”.
Ancora più netta l’affermazione di un principale della
Florida, secondo cui “le donne vengono qui soltanto
perché sono casalinghe alla ricerca di una paghetta e
non per lavorare seriamente”.
Il
contrattacco di Wal Mart non si ferma qui. Per tentare
di porre rimedio alle insanabili difficoltà che
dovrebbe affrontare se fosse condannato a risarcire un
milione e seicento mila persone, la catena ha lanciato
una serie di spot televisivi in cui chiede l’appoggio
dell’opinione pubblica.
Intanto, gli innumerevoli scandali in cui Wal Mart è
stato coinvolto hanno portato alla nascita di un
osservatorio, il Wal Mart Watch, per monitorarne i
comportamenti. Secondo le indagini condotte
dall’organizzazione, le donne guadagnano 37 centesimi
di dollaro l’ora in meno dei loro colleghi e le
manager cinque mila euro l’anno in meno.
L’interesse dell’Osservatorio ha, inoltre, permesso di
evidenziare che le discriminazioni riguardano non solo
l’universo femminile ma anche le minoranze.
Solo
una percentuale compresa tra il due e il tre per cento
dei camionisti che lavorano per i punti vendita sono
afro - americani, contro una media nazionale del 15
per cento.
Wal
Mart, roccaforte del consumismo e luogo di
perpetrazione di pregiudizi e discriminazioni, rischia
di vedere coinvolte le enormi cifre a cui è abituato
in termini di vendite e guadagni, in un risarcimento
tale da rappresentare un vero e proprio monumento
contro le discriminazioni e per le pari opportunità.
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