N. 48 - Dicembre 2011
(LXXIX)
SUFFRAGIO PER LE DONNE ARABE
LA PRIMAVERA ARABA INCOMBE
di Francesca Zamboni
Sebbene le donne arabe non abbiano votato il 29 settembre scorso, lo faranno sicuramente il prossimo 2015, data delle elezioni municipali, ovvero le uniche svolte fino a questo momento nel regno wahhabita ultraconservatore. Quel giorno le donne non solo acquisteranno il diritto di voto, ma potranno anche candidarsi nel consiglio saudita denominato shura.
Si
tratta
di
una
decisione
presa
dal
Re
Abdullah
bin
Abdul
Aziz,
dopo
aver
consultato
meticolosamente
i
consiglieri
religiosi
e
che
segna
una
svolta
significativa
in
un
paese
dove
la
figura
femminile
è
sempre
stata
relegata
ai
margini
della
società,
impedendole
non
solo
di
guidare,
viaggiare,
lavorare
ma
addirittura
di
subire
interventi
medici.
Quindi
la
novità
introdotta
segna
un
cambiamento
importante,
volto
alla
rivalutazione
della
donna
nell’ambito
familiare
e
lavorativo.
Non
solo
madre
e
sposa
devota,
ma
anche
colei
che
finalmente
può
confrontarsi,
sotto
nuovi
aspetti,
con
colui
che
ha
sempre
gestito
gerarchicamente
la
sua
vita,
facendola
sentire
un
essere
inferiore,
in
virtù
di
precetti
religiosi
classici,
troppo
spesso
strumentalizzati
per
raggiungere
scopi
indegni
e
prevaricatori.
Adesso
per
le
donne
si
stanno
aprendo
nuovi
orizzonti:
potranno
esprimere
un’idea
politica,
replicare,
avere
voce
in
capitolo
e
decidere
della
propria
vita
lavorativa.
Una
svolta
che,
agli
occhi
dell’occidente,
potrebbe
sembrare
un
piccolo
passo,
ma
che
per
l’universo
femminile
arabo
significa
un
nuovo
grande
scenario
politico-sociale
di
speranze
tanto
ambite
quanto
represse.
Se
poi
consideriamo
il
contesto
storico
in
cui
questo
mutamento
sta
avvenendo,
l’avvento
delle
donne
al
potere
politico
acquista
ancora
più
valore.
La
morte
di
Ghedaffi,
la
questione
egiziana
e la
caduta
di
Ben
Ali
fanno
infatti
da
comune
denominatore
ad
un
background
storico
e
sociale
in
continua
evoluzione.
Da
non
dimenticare
inoltre
che
le
donne
arabe
appartengono
a
una
situazione
geopolitica
complessa,
determinata
dalle
profonde
divisioni
interne
che
fanno
dell’Arabia
Saudita
un
paese
culturalmente
scisso.
Se
da
un
lato
l’Arabia
Saudita
è
infatti
a
maggioranza
sunnita
e
filo-occidentale,
dall’altro
abbiamo
un
Iran
e
una
Siria,
a
maggioranza
sciita,
sostenitori
della
causa
palestinese.
Ovviamente
la
rivalutazione
della
donna
da
parte
del
Regno
saudita,
oltretutto
per
questioni
impensabili
fino
a
poco
tempo
fa,
nasconde
ovvi
timori,
viste
le
conseguenze
delle
Primavere
arabe
di
quest’ultimo
anno.
Molto
probabilmente
il
Re
Abdullah
bin
Abdul
Aziz,
ha
voluto
evitare
simili
rivolte
e
soprattutto
simili
conseguenze.
Anche
perché
le
premesse
per
situazioni
analoghe
c’erano;
non
a
caso
lo
scorso
giugno,
si
erano
levate
accese
proteste,
da
parte
delle
donne
arabe,
contro
la
fatwa
del
1990,
che
stabilisce
appunto
il
divieto
di
guidare
se
non
per
coloro
che
decidono
di
violare
l’assurdo
precetto.
Per
questa
ragione
le
donne
si
sono
battute
tenacemente,
sfidando
convenzioni
anacronistiche
e
umilianti.
Si
sono
messe
alla
guida
e
hanno
preteso
i
loro
diritti.
Atti
coraggiosi,
questi,
che
avrebbero
potuto
mettere
in
gioco
la
loro
vita.
Ma
se
il
desiderio
e la
forza
di
queste
donne
sono
così
energici,
molto
probabilmente
troppo
forti
e
pressanti
sono
le
condizioni
di
inferiorità
in
cui
si
trovano
ogni
giorno,
da
sempre.