arte
RELITTI
LO STERMINIO DI ROM E SINTI SECONDO
VOLTOLINO FONTANI
di Leonardo Battisti
Il 1900 è stato il secolo caratterizzato
da moltissime novità positive: l’avvento
della società di massa, la velocità dei
progressi scientifici e tecnologici come
la penicillina, gli aerei, l’automobile,
la radio, l’uso diffuso del telefono. Ma
è anche stato il secolo di due
devastanti guerre, il secolo del
Porrajmos (divoramento) e del
Samudaripen (uccisione totale),
della Shoah, della bomba atomica
e della lotta armata.
Fortunatamente, è stato anche il secolo
in cui si inizia a combattere per il
raggiungimento di diritti umani, per la
tutela delle minoranze etniche, delle
donne, dei lavoratori. Ma ci sono ferite
di questo secolo così travagliato non
facilmente rimarginabili.
Voltolino Fontani,
pittore livornese nato nel 1920 e
scomparso nel 1976, soffre con dolore e
orrore la tragedia della guerra e delle
sue terribili conseguenze. Nei
primissimi anni del dopoguerra, quando
ancora era vivo il ricordo degli orrori
vissuti o conosciuti, quando molti
artisti preferivano rifugiarsi in
scenari rassicuranti e idilliaci,
denuncia con fermezza e incisività,
tramite il suo espressionismo penetrante
e significante, le ferite lasciate nel
genere umano dagli eventi bellici,
calandosi profondamente nell’anima e nel
sentimento popolare e mostrando tutta la
sua pietà per le innocenti vittime della
pazzia distruttrice di tutti gli attori
della guerra da poco conclusa.
In un suo scritto intitolato “Se guardo
il firmamento” scrive:
« Uomo che, deliberatamente, uccidi i
tuoi simili colpevoli e innocenti, posso
io inveire contro queste tue orrende
azioni che hanno indelebilmente,
macchiata tutta la tua storia?»
Fondatore nel 1948 di una avanguardia
artistica (pittorica e letteraria), l’Eaismo
(Era Atomica-ismo) precedente alle
avanguardie di pittura nucleare di
Enrico Baj e di Salvador Dalì, redige
con gli altri appartenenti al movimento
il Manifesto dell’Eaismo, dove si legge:
«Il movimento esista (EAISMO) che
vuole affermare la necessità che l’arte
sia coerente con le esigenze spirituali
e coi problemi fondamentali dell’epoca
in cui essa fiorisce, bandisce la
necessità che la manifestazione
artistica sia adeguata agli aspetti del
pensiero umano e della umana sensibilità
conseguenti all’evoluzione
tecnico-dinamica e filosofica
dell’umanità. Il progresso meccanico, le
grandi scoperte scientifiche e
massimamente la disintegrazione atomica,
costituiscono gli ultimi punti di arrivo
del pensiero umano alla fine del secondo
millennio d.C., ma non ha finora con
essi alcun legamento e coerenza l’arte,
di cui peraltro si sente comunemente la
necessità che sia progressiva e quindi
aderente all’epoca».
Il gruppo dei pittori eaisti. Assente
Guido Favati, poeta
Voltolino Fontani negli anni Quaranta e
Cinquanta del Novecento esegue molte
opere di denuncia: dalla condanna dei
campi di sterminio, all’orrore per
l’esplosione atomica in Giappone, alle
rappresaglie nei confronti dei civili;
si occupa anche di problemi sociali come
il reinserimento dei reduci di guerra,
il problema della disoccupazione, la
distruzione delle città e delle attività
produttive, il problema
dell’inquinamento ambientale.
Senza titolo, 1950. Collezione privata
Con l’opera che stiamo per analizzare
Fontani stigmatizza che questo è il
secolo delle teorie razziste, secondo le
quali eliminare le razze impure era
necessario per portare alla
purificazione della “razza superiore”.
Purtroppo l’Italia non si esimeva
dall’aderire alle teorie razziste del
Terzo Reich.
Guido Landra, antropologo di regime
molto apprezzato, cofirmatario del
Manifesto della razza del 1938,
presupposto all’emanazione delle leggi
razziali sempre del ’38 (che colpirono
anche la comunità zingara, dato che
furono 25.000 i rom internati), nel 1941
in un suo articolo affermava:
«Gli zingari sembrano come noi, ma in
realtà sono gruppi di persone che
rappresentano un apporto negativo alla
razza».
Il destino dei Rom e dei Sinti per certi
aspetti fu simile a quello degli Ebrei:
i tedeschi programmarono
scientificamente la distruzione di
questi popoli, della loro cultura, dalle
tradizioni alla lingua. Ma mentre al
processo di Norimberga alcuni
sopravvissuti Ebrei furono ascoltati
come testimoni, mai nessun Rom o Sinti
fu convocato a testimoniare contro i
carnefici della loro etnia. Addirittura
molti paesi stentarono per decenni a
riconoscere i diritti degli zingari
sopravvissuti all’Olocausto, e quindi
negarono loro qualsiasi risarcimento.
Le parole Porrajmos
(divoramento) o Samudaripen
(uccisione totale), i termini zingari
equivalenti a Shoah usata per lo
sterminio degli Ebrei, sono entrati solo
recentemente nella memoria collettiva e
nelle commemorazioni.
Per fortuna gli ebrei italiani
sopravvissuti ci hanno raccontato, oltre
alle loro, anche le tremende vicende
degli zingari internati. Come ebbe modo
di raccontare in molte interviste Pietro
Terracina, sopravvissuto alla
deportazione nel campo di Auschwitz, là
gli zingari furono internati senza il
taglio dei capelli, con i loro carri,
lasciando loro la possibilità di suonare
e cantare. Ma la notte del 2 agosto 1944
un silenzio innaturale scese sul “campo
degli zingari”. In una sola notte
vennero eliminate 2.897 persone ad
Auschwitz-Birkenau, prevalentemente
donne, vecchi e bambini.
È significativo ed encomiabile che
Voltolino Fontani esegua l’opera
Relitti nel 1948, così a ridosso di
quei fatti che in quegli anni erano
davvero poco conosciuti e divulgati, per
non dire quasi rimossi.
Voltolino Fontani, Relitti, 1948.
Collezione privata
L’opera
Relitti è perfettamente coerente
ai canoni del movimento eaista, come si
legge nel Manifesto dell’Eaismo:
«Il pittore e il poeta EAISTI non si
compiacciono di modi astratti e
difficili, e tanto meno di linguaggi
impenetrabili. Poiché peraltro
l’artista, prima di essere tale, dovrà
anche essere un uomo nel senso più
inquietante della parola, ne deriva
l’esigenza di esprimersi con complessa
ricchezza».
Ed è appunto con “complessa ricchezza”
per nulla impenetrabile che si descrive
lo strazio della strage perpetrata ai
danni delle etnie Rom e Sinti: il carro
che è presente sulla destra definisce
perfettamente l’oggetto della
rappresentazione.
E ancora:
« (…) l’EAISTA, dovrà abolire ogni
compiacenza per qualsiasi forma di
orpelli e sovrastrutture rettoriche.
Ricercherà sempre nel dipinto e nello
scritto quella nuda essenzialità, che
gli permetterà di esprimere la sua
intuizione secondo gli universali valori
della pittura (…)».
Come si legge nel testo citato in calce,
a descrizione dell’opera Relitti:
« (…) l'orrore della tragedia è ben
visibile nei colori freddi e cupi del
cielo, nella figura, probabilmente
maschile, scheletrica e contorta in una
posa innaturale in primo piano su quella
che sembra una montagna di ceneri, e
nella figura di donna evanescente in
secondo piano, già quasi uno spirito, a
rappresentare lo strazio delle intere
famiglie zingare gassate e bruciate nei
campi di sterminio.
Coerentemente con quanto esposto nel
manifesto eaista, l'artista in questa
opera non vuole narrare solo la
tragedia, ma piuttosto la sofferenza che
tale tragedia ha generato, non
indulgendo in inutili dettagli ma
limitando la sua descrizione a dei
simboli evocativi, rifuggendo ogni
retorica e cercando di ridurre il
messaggio all'essenziale. Il risultato è
un'opera toccante, piena di pathos, ma
che nella sua essenzialità non è affatto
impenetrabile ma anzi risulta portatrice
di un chiaro messaggio di compassione e
di condanna. Nel quadro però non c'è
nessun segno di speranza o di
redenzione, solo rassegnazione, dolore e
sconforto».
Copia originale del Manifesto Eaista del
1948. Archivio Voltolino Fontani
Il
quadro fu esposto a Firenze alla Casa di
Dante in occasione della Prima Mostra
Eaista nel maggio 1949. A Livorno in
contemporanea si svolgeva la Mostra del
Gruppo Labronico, ovviamente una
esposizione di tutt’altro genere. Il
Gruppo Labronico, fedele alla tradizione
fattoriana e postmacchiaiola, era
infatti costituito da pittori
tradizionalisti e contrari al
cambiamento.
Ci vollero alcuni anni perché Fontani,
innovatore e modernissimo, fosse accolto
fra i suoi soci, se pur con alcune
“limitazioni stilistiche”, che però non
gli impedirono di portare la sua piccola
“rivoluzione” nel gruppo stesso. Alla
collettiva del Gruppo Labronico del
1968, di nuovo alla Casa di Dante di
Firenze, esporrà ormai libero di
spaziare nelle sue coraggiose
composizioni.
.
L'invito della Prima Mostra Eaista del
1949. Archivio Voltolino Fontani
Nel 2015, 67 anni dopo il quadro
Relitti, la persecuzione degli
zingari sarà ricordata con una giornata
istituita dal Parlamento Europeo con
pieno appoggio della Commissione
Europea. Nel 2020 anche il Papa chiederà
perdono agli zingari per “il peso delle
discriminazioni, delle segregazioni e
dei maltrattamenti subiti” anche da
parte dei cattolici.
Tutto questo ci fa apprezzare la
grandezza di Voltolino Fontani, un
grande uomo ancor prima di essere uno
straordinario artista.
Riferimenti bibliografici:
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