[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

167 / NOVEMBRE 2021 (CXCVIII)


arte

RELITTI
LO STERMINIO DI ROM E SINTI SECONDO VOLTOLINO FONTANI

di Leonardo Battisti

 

Il 1900 è stato il secolo caratterizzato da moltissime novità positive: l’avvento della società di massa, la velocità dei progressi scientifici e tecnologici come la penicillina, gli aerei, l’automobile, la radio, l’uso diffuso del telefono. Ma è anche stato il secolo di due devastanti guerre, il secolo del Porrajmos (divoramento) e del Samudaripen (uccisione totale), della Shoah, della bomba atomica e della lotta armata.

 

Fortunatamente, è stato anche il secolo in cui si inizia a combattere per il raggiungimento di diritti umani, per la tutela delle minoranze etniche, delle donne, dei lavoratori. Ma ci sono ferite di questo secolo così travagliato non facilmente rimarginabili.

 

Voltolino Fontani, pittore livornese nato nel 1920 e scomparso nel 1976, soffre con dolore e orrore la tragedia della guerra e delle sue terribili conseguenze. Nei primissimi anni del dopoguerra, quando ancora era vivo il ricordo degli orrori vissuti o conosciuti, quando molti artisti preferivano rifugiarsi in scenari rassicuranti e idilliaci, denuncia con fermezza e incisività, tramite il suo espressionismo penetrante e significante, le ferite lasciate nel genere umano dagli eventi bellici, calandosi profondamente nell’anima e nel sentimento popolare e mostrando tutta la sua pietà per le innocenti vittime della pazzia distruttrice di tutti gli attori della guerra da poco conclusa.

 

In un suo scritto intitolato “Se guardo il firmamento” scrive: « Uomo che, deliberatamente, uccidi i tuoi simili colpevoli e innocenti, posso io inveire contro queste tue orrende azioni che hanno indelebilmente, macchiata tutta la tua storia?»

 

Fondatore nel 1948 di una avanguardia artistica (pittorica e letteraria), l’Eaismo (Era Atomica-ismo) precedente alle avanguardie di pittura nucleare di Enrico Baj e di Salvador Dalì, redige con gli altri appartenenti al movimento il Manifesto dell’Eaismo, dove si legge: «Il movimento esista (EAISMO) che vuole affermare la necessità che l’arte sia coerente con le esigenze spirituali e coi problemi fondamentali dell’epoca in cui essa fiorisce, bandisce la necessità che la manifestazione artistica sia adeguata agli aspetti del pensiero umano e della umana sensibilità conseguenti all’evoluzione tecnico-dinamica e filosofica dell’umanità. Il progresso meccanico, le grandi scoperte scientifiche e massimamente la disintegrazione atomica, costituiscono gli ultimi punti di arrivo del pensiero umano alla fine del secondo millennio d.C., ma non ha finora con essi alcun legamento e coerenza l’arte, di cui peraltro si sente comunemente la necessità che sia progressiva e quindi aderente all’epoca».

 

 

Il gruppo dei pittori eaisti. Assente Guido Favati, poeta

 

Voltolino Fontani negli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento esegue molte opere di denuncia: dalla condanna dei campi di sterminio, all’orrore per l’esplosione atomica in Giappone, alle rappresaglie nei confronti dei civili; si occupa anche di problemi sociali come il reinserimento dei reduci di guerra, il problema della disoccupazione, la distruzione delle città e delle attività produttive, il problema dell’inquinamento ambientale.

 

 

Senza titolo, 1950. Collezione privata

 

Con l’opera che stiamo per analizzare Fontani stigmatizza che questo è il secolo delle teorie razziste, secondo le quali eliminare le razze impure era necessario per portare alla purificazione della “razza superiore”. Purtroppo l’Italia non si esimeva dall’aderire alle teorie razziste del Terzo Reich.

 

Guido Landra, antropologo di regime molto apprezzato, cofirmatario del Manifesto della razza del 1938, presupposto all’emanazione delle leggi razziali sempre del ’38 (che colpirono anche la comunità zingara, dato che furono 25.000 i rom internati), nel 1941 in un suo articolo affermava: «Gli zingari sembrano come noi, ma in realtà sono gruppi di persone che rappresentano un apporto negativo alla razza».

 

Il destino dei Rom e dei Sinti per certi aspetti fu simile a quello degli Ebrei: i tedeschi programmarono scientificamente la distruzione di questi popoli, della loro cultura, dalle tradizioni alla lingua. Ma mentre al processo di Norimberga alcuni sopravvissuti Ebrei furono ascoltati come testimoni, mai nessun Rom o Sinti fu convocato a testimoniare contro i carnefici della loro etnia. Addirittura molti paesi stentarono per decenni a riconoscere i diritti degli zingari sopravvissuti all’Olocausto, e quindi negarono loro qualsiasi risarcimento.

 

Le parole Porrajmos (divoramento) o Samudaripen (uccisione totale), i termini zingari equivalenti a Shoah usata per lo sterminio degli Ebrei, sono entrati solo recentemente nella memoria collettiva e nelle commemorazioni.

 

Per fortuna gli ebrei italiani sopravvissuti ci hanno raccontato, oltre alle loro, anche le tremende vicende degli zingari internati. Come ebbe modo di raccontare in molte interviste Pietro Terracina, sopravvissuto alla deportazione nel campo di Auschwitz, là gli zingari furono internati senza il taglio dei capelli, con i loro carri, lasciando loro la possibilità di suonare e cantare. Ma la notte del 2 agosto 1944 un silenzio innaturale scese sul “campo degli zingari”. In una sola notte vennero eliminate 2.897 persone ad Auschwitz-Birkenau, prevalentemente donne, vecchi e bambini.

 

È significativo ed encomiabile che Voltolino Fontani esegua l’opera Relitti nel 1948, così a ridosso di quei fatti che in quegli anni erano davvero poco conosciuti e divulgati, per non dire quasi rimossi.

 

 

Voltolino Fontani, Relitti, 1948. Collezione privata

 

 L’opera Relitti è perfettamente coerente ai canoni del movimento eaista, come si legge nel Manifesto dell’Eaismo: «Il pittore e il poeta EAISTI non si compiacciono di modi astratti e difficili, e tanto meno di linguaggi impenetrabili. Poiché peraltro l’artista, prima di essere tale, dovrà anche essere un uomo nel senso più inquietante della parola, ne deriva l’esigenza di esprimersi con complessa ricchezza».

 

Ed è appunto con “complessa ricchezza” per nulla impenetrabile che si descrive lo strazio della strage perpetrata ai danni delle etnie Rom e Sinti: il carro che è presente sulla destra definisce perfettamente l’oggetto della rappresentazione.

 

E ancora: « (…) l’EAISTA, dovrà abolire ogni compiacenza per qualsiasi forma di orpelli e sovrastrutture rettoriche. Ricercherà sempre nel dipinto e nello scritto quella nuda essenzialità, che gli permetterà di esprimere la sua intuizione secondo gli universali valori della pittura (…)».

 

Come si legge nel testo citato in calce, a descrizione dell’opera Relitti: « (…) l'orrore della tragedia è ben visibile nei colori freddi e cupi del cielo, nella figura, probabilmente maschile, scheletrica e contorta in una posa innaturale in primo piano su quella che sembra una montagna di ceneri, e nella figura di donna evanescente in secondo piano, già quasi uno spirito, a rappresentare lo strazio delle intere famiglie zingare gassate e bruciate nei campi di sterminio.

Coerentemente con quanto esposto nel manifesto eaista, l'artista in questa opera non vuole narrare solo la tragedia, ma piuttosto la sofferenza che tale tragedia ha generato, non indulgendo in inutili dettagli ma limitando la sua descrizione a dei simboli evocativi, rifuggendo ogni retorica e cercando di ridurre il messaggio all'essenziale. Il risultato è un'opera toccante, piena di pathos, ma che nella sua essenzialità non è affatto impenetrabile ma anzi risulta portatrice di un chiaro messaggio di compassione e di condanna. Nel quadro però non c'è nessun segno di speranza o di redenzione, solo rassegnazione, dolore e sconforto».

 

 

Copia originale del Manifesto Eaista del 1948. Archivio Voltolino Fontani

 

 Il quadro fu esposto a Firenze alla Casa di Dante in occasione della Prima Mostra Eaista nel maggio 1949. A Livorno in contemporanea si svolgeva la Mostra del Gruppo Labronico, ovviamente una esposizione di tutt’altro genere. Il Gruppo Labronico, fedele alla tradizione fattoriana e postmacchiaiola, era infatti costituito da pittori tradizionalisti e contrari al cambiamento.

 

Ci vollero alcuni anni perché Fontani, innovatore e modernissimo, fosse accolto fra i suoi soci, se pur con alcune “limitazioni stilistiche”, che però non gli impedirono di portare la sua piccola “rivoluzione” nel gruppo stesso. Alla collettiva del Gruppo Labronico del 1968, di nuovo alla Casa di Dante di Firenze, esporrà ormai libero di spaziare nelle sue coraggiose composizioni.

 

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L'invito della Prima Mostra Eaista del 1949. Archivio Voltolino Fontani

 

Nel 2015, 67 anni dopo il quadro Relitti, la persecuzione degli zingari sarà ricordata con una giornata istituita dal Parlamento Europeo con pieno appoggio della Commissione Europea. Nel 2020 anche il Papa chiederà perdono agli zingari per “il peso delle discriminazioni, delle segregazioni e dei maltrattamenti subiti” anche da parte dei cattolici.

 

Tutto questo ci fa apprezzare la grandezza di Voltolino Fontani, un grande uomo ancor prima di essere uno straordinario artista.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

M.G. Fontani, L. Battisti, L’aspetto energico dell’idea in Voltolino Fontani. Analisi di opere significative e di percorsi artistici, Vittoria Iguazu Editora, Livorno 2020.  

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]