N. 96 - Dicembre 2015
(CXXVII)
I MILLE VOLTI DI FEDERICO II
IN CERCA DI UN’IMMAGINE - PARTE II
di Federica Campanelli
Le rappresentazioni più familiari di Federico II appartengono perlopiù a testi miniati; tra questi si ricorda il coevo Exultet di Salerno (Museo Diocesano), il rotolo che riporta il canto liturgico intonato la notte di Pasqua durante la Veglia. L’opera è datata alla prima metà del XIII secolo e le ipotesi sulla sua commissione, seppur con qualche riserva, non escludono lo stesso Federico II.
Qui
il
sovrano,
seduto
in
trono,
è
ritratto
con
la
corona
a
tre
fioroni
visibili,
il
globo
crucigero
nella
mano
sinistra
e lo
scettro
nella
destra,
similmente
all’iconografia
incontrata
nei
sigilli
e
nelle
bolle
imperiali;
indossa
la
dalmatica
(indumento
liturgico
distintivo
dei
diaconi,
un
tempo
in
uso
presso
l’alta
civiltà
romana,
e
dal
X
secolo
indossato
anche
dagli
imperatori
del
Sacro
Romano
Impero),
ma è
privo
di
mantello,
che
invece
compare
in
ogni
raffigurazione
ufficiale
di
Federico;
la
sua
imponente
ma
serena
figura
sovradimensionata
domina
quelle
degli
astanti.
Un’altra
effigie
del
sovrano
svevo
può
essere
tratta
dalla
Chronica
regia
Coloniensis
(ms.
467
della
Bibliothèque
Royale
de
Belgique),
anche
nota
come
Annales
Coloniensis
Maximi,
un
resoconto
latino
datato
al
XIII
secolo
che
narra
gli
eventi
storici
degli
anni
576-1202.
Nel
foglio
144
compare
un’immagine
di
Federico
II
in
maestà;
qui
la
sua
fisionomia
è
facilmente
comparabile
a
quella
del
suo
avo
Corrado
III
di
Germania
(primo
Hohenstaufen
a
ricoprire
la
carica
di
Rex
Romanorum
dal
1138
al
1152),
ritratto
nella
medesima
Chronica
(fol.
64v).
Un
altro
notevole
riscontro
si
ha
con
uno
dei
personaggi
presenti
nel
ciclo
di
affreschi
della
chiesa
rupestre
di
Santa
Margherita
a
Melfi
(XIII
secolo),
dove
nella
scena
col
Monito
dei
Morti
un
personaggio
in
abiti
da
falconiere
è
stato
riconosciuto
come
Federico
II
(notare
la
somiglianza
del
volto
con
la
miniatura
della
Chronica
regia
Coloniensis);
al
seguito
dell'imperatore
Isabella
d’Inghilterra
(1214-1241)
e il
figlio
Corrado,
avuto
da
una
delle
precedenti
mogli,
Jolanda
di
Brienne.
.
A
sinistra
Federico
II,
a
destra
Corrado
III
(Dalla
Chronica
regia
Coloniensis,
XIII
secolo)
.
Pannello
con
il
Monito
dei
Morti.
(Dal
ciclo
di
affreschi
della
chiesa
rupestre
di
Santa
Margherita
a
Melfi,
XIII
secolo)
Particolarmente
diffuse
sono
poi
le
immagini
di
Federico
provenienti
dal
manoscritto
miniato
De
arte
venandi
cum
avibus,
un
compendio
scientifico
sulla
falconeria
ispirato
a un
precedente
trattato
arabo
sullo
stesso
tema:
il
Kitāb
al-mutawakkilī.
Il
De
arte
venandi…
venne
fatto
redigere
dall’imperatore
in
persona,
tuttavia
oggi
ne
conosciamo
solo
due
riproduzioni
datate
entrambe
alla
seconda
metà
del
XIII
secolo:
il
codice
palatino
latino
1071
della
Biblioteca
Apostolica
Vaticana,
la
cui
redazione
si
deve
a
Manfredi,
Re
di
Sicilia
dal
1258
al
1266,
e il
manoscritto
latino
717
della
Biblioteca
Universitaria
di
Bologna,
stilato
per
volere
di
Enzio
di
Svevia
durante
la
sua
prigionia
a
Bologna
(1249-1272).
Nel
manoscritto
vaticano,
in
fondo
al
recto
del
foglio
1,
emerge
un
flebile
disegno
leggermente
colorito
in
cui
Federico
II
(così
è
stato
interpretato
il
personaggio
riprodotto
sulla
sinistra)
è
rappresentato
a
figura
intera,
di
profilo,
nelle
vesti
di
falconiere
nonché
di
maestro
di
falconeria:
egli,
infatti,
con
una
mano
regge
l’amatissimo
rapace
e
con
l’altra
si
rivolge
a un
giovane
adepto,
probabilmente
il
figlio
Manfredi,
genuflesso
dinnanzi
a
esso.
Il
volto
di
Federico
qui
appare
pieno,
sbarbato,
lo
sguardo
è
acceso,
affatto
severo,
il
capo
sembrerebbe
laureato
e
tutta
la
figura
manifesta
una
tridimensionalità
piuttosto
insolita
per
l’epoca.
.
Federico
II
nelle
vesti
di
maestro
di
falconeria
(ms.
Pal.
Lat.
1071,
fol.
1r).
Fonte
immagine:
Universitätsbibliothek
Heidelberg
Più
consoni
agli
stilemi
tipicamente
medievali
sono
i
disegni
del
verso
dello
stesso
foglio.
Si
tratta
di
due
ritratti
distinti
che
ancora
conservano
le
campiture
cromatiche:
in
alto
è
stato
identificato
l’imperatore,
nella
figura
in
basso,
seppur
non
in
maniera
unanime,
è
stato
invece
riconosciuto
Manfredi.
Federico
è
ritratto
in
maestà,
a
figura
intera
e
riccamente
abbigliato;
indossa
una
corona
a
tre
fioroni
visibili
fortemente
stilizzata
a
imitazione
del
giglio
tenuto
con
la
mano
destra;
è
rossiccio
di
capelli
(«cosa
propria
della
famiglia
sveva»,
scriverà
più
tardi
l’abate
Rosario
Gregorio
nei
suoi
Discorsi
intorno
alla
Sicilia,
1821),
privo
di
barba
e
con
il
volto
magro
e
triangolare
che
molto
si
discosta
dal
ritratto
presente
nel
recto.
L’imperatore
è
inoltre
in
compagnia
dell’immancabile
falco
e
anche
in
questo
caso
il
gesto
del
dito
puntato
rivela
l’autorevole
duplice
ruolo
di
sovrano
e
maestro.
Il
ritratto
sottostante
di
Manfredi
rivela
una
posa
identica,
pur
cambiando
alcuni
attributi
come
i
colori,
lo
scettro
in
luogo
del
giglio
e la
presenza
di
due
allievi
giovani
falconieri.
..
In
alto
Federico
II,
in
basso
presunto
ritratto
di
Manfredi
(ms.
Pal.
Lat.
1071,
fol.
1r).
Fonte
immagine:
Universitätsbibliothek
Heidelberg
Esistono,
in
realtà,
infinite
altre
figurazioni
di
Federico,
la
maggior
parte
delle
quali
pertinenti
ai
secoli
successivi
alla
sua
morte
(1250)
e
pertanto
mai
prese
realmente
in
considerazione
come
immagini
fisionomiche
o
ufficiali,
vedasi,
per
esempio,
le
illustrazioni
della
Nova
Chronica
di
Giovanni
Villani
del
XIV
secolo.
Nel
mare
magnum
di
iconografie,
opere
e
testimonianze
su
cui
si
sono
basate
le
varie
interpretazioni
del
vero
aspetto
di
Federico
II,
forse
l’unico,
per
quanto
macabro,
“ritratto
dal
vero”
di
Sua
Maestà
è un
disegno
della
sua
salma
mummificata
realizzato
del
1781.
È
un’incisione
di
Francesco
Danieli
realizzata
in
occasione
dell’apertura
ufficiale
del
sarcofago
in
porfido
rosso
ubicato
nella
Cattedrale
di
Palermo,
laddove
sono
conservati
anche
i
sepolcri
di
Ruggero
II,
Costanza
d’Altavilla,
Enrico
VI e
Costanza
D’Aragona,
rispettivamente
nonno,
madre,
padre
e
prima
moglie
di
Federico.
Delle
operazioni
di
ricognizione
esiste
una
dettagliata
relazione
contenuta
nei
Discorsi…
di
Rosario
Gregorio,
abate
e
professore
di
diritto
pubblico
siciliano
a
Palermo.
La
descrizione
del
sarcofago
federiciano
e
del
corredo
in
esso
contenuto
è
riportata
nella
sezione
dal
titolo
Descrizione
de’
Real
cadaveri,
dove
si
legge
che
Federico
riposa
supino
sopra
un
cuscino
di
cuoio,
ha
le
mani
incrociate
sul
ventre
ed è
ricoperto
di «ornatissimi
vestimenti».
Tutto
il
paramento,
dai
calzari
alle
vesti
(tre
tuniche
sovrapposte:
piviale,
dalmatica
e
camice)
appare
ricchissimo,
così
come
si
può
notare
dal
disegno
del
Danieli.
Non
mancano
i
simboli
del
potere
come
la
ricca
corona
con
fioroni,
il
globo
imperiale
(sistemato
sul
lato
sinistro
della
testa),
la
spada
«con
la
manica
di
legno,
attorno
a
cui
erano
attorcigliati
serratamente
sottilissimi
fili
di
argento:
tutto
poi
il
guernimento
è di
argento
indorato,
e vi
ha
in
esso
tre
anellini
,
dove
entravano
più
cordoncelli
di
seta
nelle
punte
sfioccati
[…]».
Si
legge
inoltre
che
«tutte
le
ossa
del
cadavere
e le
sue
giunture
erano
intatte».
Ma
c’è
di
più,
infatti
al
corpo
di
Federico
ve
ne
sono
sovrapposti
altri
due:
uno
venne
già
all’epoca
identificato
con
Pietro
d’Aragona,
re
di
Sicilia
dal
1337
al
1342,
forse
inumato
il
18
agosto
1342
a
pochi
giorni
dalla
sua
morte;
dell’identità
dell’altro
cadavere,
appartenente
a
una
donna,
non
si è
mai
saputo
nulla.
Questo
assetto,
tuttavia,
non
sembra
coerente
con
l’illustrazione
del
Danieli
prima
citata,
dove
l’imperatore
è
ritratto
da
solo.
Forse
gli
altri
due
corpi
“abusivi”
sono
stati
volutamente
esclusi
nel
resoconto
grafico
per
fornire
un’immagine
più
solenne
e
dignitosa
di
Federico.
Da
quel
momento
in
poi,
per
la
salma
dell’imperatore,
le
cose
non
andarono
meglio:
dalla
campagna
di
indagini
svoltasi
tra
il
1994
e il
1998,
tramite
apertura
“minimale”,
si è
potuto
amaramente
constatare
che
il
sarcofago
aveva
subìto,
in
un
momento
non
precisato
della
storia,
un
pesantemente
rimaneggiamento
e
che
il
suo
corredo
fu
saccheggiato
dei
più
preziosi
tesori.
Ciò
che
apparve
agli
studiosi
fu
un
mucchio
di
ossa
scomposte
(fatta
eccezione
per
Pietro
d’Aragona,
il
cui
scheletro
era
costretto
in
un
sudario),
mischiato
a
lacerti
di
stoffa
altamente
degradati
e
qualche
oggetto
metallico.
Il
volto
di
Federico
versava
in
condizioni
peggiori
rispetto
al
1781,
la
mummificazione
aveva
progressivamente
perso
le
sue
facoltà
conservative
a
causa
delle
continue
esposizioni
della
salma.
A
tal
proposito
si è
avanzata
l’ipotesi
che
la
profanazione
si
sia
verificata
durante
il
secondo
conflitto
mondiale
per
mano
dei
tedeschi,
ma
non
è
dato
saperlo
con
certezza.
In
ogni
caso
la
ricognizione
degli
anni
’90
non
portò
a
grandi
e
innovativi
risultati,
e di
fatto
vennero
confermate
solo
alcune
ipotesi
già
avanzate
nel
XVIII
secolo.
Non
mancarono
ovviamente
le
polemiche
dato
che
quella
sarebbe
stata
una
grande
opportunità
sia
per
confermare
l’identità
di
Federico
tramite
analisi
del
DNA
mitocondriale
(ricordiamo
che
la
madre
Costanza
giace
lì
vicino),
sia
per
la
ricostruzione
del
suo
volto
(tanto
più
che
si
aveva
a
disposizione
un
disegno
del
cadavere
in
uno
stato
di
decomposizione
meno
avanzato),
per
indagare
sulle
sue
condizioni
fisiche
e
per
accertarne
la
causa
di
morte.
.A
A
sinistra
la
salma
di
Federico
II
in
un'opera
di
Francesco Danieli
realizzata
in
occasione
dell'apertura
ufficiale
del
sarcofago
nel
1781.
A
destra
un'istantanea
del
1998.
Link
Parte
I
Riferimenti
bibliografici:
G.
CATTANEO,
Federico
II
di
Svevia.
Lo
specchio
del
mondo
S.
CORRENTI,
Storia
della
Sicilia
F.
DELLE
DONNE,
ll
potere
e la
sua
legittimazione:
letteratura
encomiastica
in
onore
di
Federico
II
di
Svevia
M.
FUMAGALLI
BEONIO
BROCCHIERI,
Federico
II.
Ragione
e
fortuna
H.
HOUBEN,
Federico
II.
Imperatore,
uomo,
mito
S.A.
LUCIANI,
Un
ritratto
sconosciuto
di
Federico
II
M.
VAGNONI,
L’immagine
di
Federico
II
di
Svevia.
Un
riesame