N. 95 - Novembre 2015
(CXXVI)
I MILLE VOLTI DI FEDERICO II
IN CERCA DI UN’IMMAGINE - PARTE I
di Federica Campanelli
«Federico, bagliore di fuoco, la meraviglia del mondo...», che aspetto aveva? Potrebbe la conoscenza del suo volto, della sua reale immagine, condizionare l’opinione del mondo contemporaneo sulla storia militare, politica e personale dello svevo? Forse sì considerando che sono in molti, tra specialisti e semplici appassionati, a tentare di ricostruire la sua fisionomia, e purtroppo ciò avviene sulla base di poche e a volte dubbie testimonianze coeve e non.
.
Stemma
della
casata
Sveva
del
Regno
di
Sicilia
I
suoi
ammiratori
(compresi
quelli
odierni)
lo
vorrebbero
tanto
gradevole
d’aspetto
quanto
brillante,
colto
e
raffinato
di
spirito...
e si
sa
che
una
buona
fisicità
ha
spesso
rappresentato
un
imprescindibile
elemento
di
propaganda
personale,
così
come
una
fisionomia
poco
accattivante,
un
portamento
rozzo
o un
difetto
fisico
non
di
rado
sono
stati
strumentalizzati
per
screditare
l’autorità
di
un
individuo.
Per
quanto
un
personaggio
come
Federico
non
possa
dirsi
immune
a
tutto
ciò,
raramente
s’incontrano
parole
denigratorie
circa
il
suo
aspetto
fisico,
nemmeno
da
parte
degli
oppositori
(Chiesa
in
primis)
che
in
lui
vedevano
un
sovrano
infedele,
scandaloso
e
blasfemo,
annunciatore
dell’Anticristo
o
Anticristo
egli
stesso.
Davvero
poche
sono
le
certezze
sull’aspetto
fisico
di
Federico
II:
due
comunque
i
caratteri
su
cui
pare
fossero
tutti
d’accordo:
i
colori
e la
statura.
La
sua
discendenza
svevo-normanna
di
sicuro
deve
avergli
conferito
i
caratteristici
colori
del
tipo
“teutonico”;
sono
da
considerarsi
pertanto
attendibili
le
parole
dei
cronachisti
e i
codici
miniati
che
lo
rappresentano
con
capelli
(e a
volte
barba,
sempre
che
l’abbia
davvero
portata)
biondo-ramati,
e
ciò
è
con
ogni
evidenza
–
ricorda
il
medievista
Hubert
Houben
–
avvalorato
dall’appellativo
del
nonno
paterno
dello
svevo,
Federico
I,
universalmente
noto
come
il
“Barbarossa”,
epiteto
dispregiativo
affibbiato
al
nobile
Hohenstaufen
probabilmente
in
seno
alla
Lega
Lombarda,
ma
largamente
diffuso
post
mortem
(1190).
Se
tipicamente
nordico
era
il
colore
rosso
o
biondo-rame
dei
capelli
di
Federico
II,
più
mediterranea
doveva
sembrare
la
sua
statura.
Nonostante
le
origini
centro-settentrionali
che
farebbero
sperare
in
un
uomo
dalla
fisicità
prominente,
a
quanto
si
legge
negli
scritti
dell’epoca
(o
successivi)
Federico
non
era
affatto
alto,
bensì
“di
media
altezza”
se
non
addirittura
“basso”,
e in
mancanza
di
dati
quantitativi
non
è
dato
sapere
altro.
Il
cronachista
francescano
Salimbene
de
Adam
(1221-1288),
nel
descrivere
“fisicamente”
l’imperatore
(di
cui
ammirava
la
personalità
ma
non
il
personaggio),
sembra
voglia
controbilanciare
l’esigua
altezza
di
Federico
commentandone
le
doti
intellettuali
e
l’aspetto
«sollazzevole,
allegro,
delizioso,
industre.
Sapeva
leggere,
scrivere
e
cantare,
e
sapeva
comporre
cantilene
e
canzoni.
Fu
bell’uomo
e
ben
formato,
ma
era
di
statura
media».
Più
appassionata
la
descrizione
dell’umanista
Pandolfo
Collenuccio
(1444-1504)
desunta
da
uno
scritto
perduto
di
Mainardino
degli
Aldighieri,
vescovo
di
Imola
(1207-1249).
Nell’esposizione
Federico
ci
appare
«bello
e
formoso
de
la
persona,
di
giusta
statura
e
membri
quadrati:
di
pelo
alquanto
rosso
e
volto
allegro.
Ebbe
grandissimo
sentimento
naturale,
e fu
prudente
sopra
tutti
gli
uomini:
perito
artefice
di
tutte
l’arti
meccaniche...»;
qui
la
statura
dello
svevo
non
è
“media”
ma
“giusta”,
una
sfumatura
che
fa
la
differenza.
Le
parole
dei
cronachisti
in
parte
suppliscono
alla
carenza
di
ritratti
(nel
senso
più
stretto
del
termine)
dell’imperatore
e
ciò
non
stupisce
dal
momento
che
l’avvento
del
Cristianesimo
aveva
contribuito
al
tramonto
del
classico
ritratto
fisionomico,
individuale,
favorendo
piuttosto
un
tipo
di
rappresentazione
simbolica
che
elude
il
carattere
terreno
dell’individuo
e
tende
a
sacralizzare
il
potere
(temporale
o
secolare
che
sia).
La
limitata
ritrattistica
di
Federico
II
dunque
non
consente
in
maniera
assoluta
di
farci
un’idea
su
quale
fosse
il
suo
vero
volto.
È
vero
che
i
sigilli
federiciani
e
soprattutto
alcuni
tipi
di
monete
(quindi
manufatti
contemporanei
a
Federico)
svolgevano
l’importante
ruolo
di
diffusione
dell’immagine
dell’imperatore,
ma
trattasi
ovviamente
di
un’immagine
ufficiale,
stilizzata,
essenziale:
nei
cosiddetti
augustali,
le
monete
d’oro
imperiali
coniate
nelle
zecche
di
Brindisi
e
Messina
a
partire
dal
1231,
vale
a
dire
dall’emanazione
delle
Costituzioni
di
Melfi,
l’iconografia
di
Federico
II
ricalca
quella
di
Cesare
Ottaviano
Augusto
in
un’ideale
prosecuzione.
Nel
recto
degli
augustali
ritroviamo
infatti
l’effigie
di
Federico
volto
a
destra
abbigliato
secondo
lo
stile
romano-imperiale
e
con
il
capo
coronato
(nelle
prime
monetazioni)
oppure
laureato.
Su
di
esso
la
titolatura
ufficiale:
IMP(erator)
ROM(anorum)
CAESAR
AUG(ustus).
Il
verso
della
moneta,
invece,
riporta
il
nome
FRIDERICUS
e
l’aquila
sveva
ad
ali
spiegate
con
la
testa
rivolta
a
destra.
Forse
ancora
meno
utili
alla
comprensione
delle
fattezze
fisiche
di
Federico,
poiché
riprodotte
con
meno
dettaglio
rispetto
alle
monete,
sono
i
sigilli
e le
bolle.
Su
questi
il
sovrano
è
ritratto
frontalmente,
seduto
in
trono,
con
il
globo
crucigero
nella
mano
sinistra
e lo
scettro
nella
destra.
Questo
rigido
e
impersonale
schema
figurativo
si
ripete
in
ogni
variante
di
bolle
e
sigilli,
che
siano
essi
stati
prodotti
per
Federico
Rex
Siciliae,
Rex
Romanorum
o
Imperator.
Si
tratta
ancora
una
volta
della
riproduzione
di
un’immagine
“ufficiale”,
lontana
da
qualsivoglia
riferimento
fisionomico.
Di
sicuro
impatto
visivo
è un
capolavoro
di
oreficeria
che
contempla
anche
un
ritratto
dello
svevo:
il
karlsschrein,
il
reliquiario
di
Carlo
Magno
conservato
nella
cattedrale
di
Aachen
(Aquisgrana).
Purtroppo
anche
in
questo
caso
si
tratta
di
un’immagine
poco
significativa
di
Federico,
ma
vale
la
pena
citarla
anche
per
la
ricchezza
del
reliquiario.
Il
karlsschrein
è
uno
scrigno
preziosissimo
ideato
per
contenere
definitivamente
le
spoglie
di
Carlo
Magno,
il
cui
corpo
aveva
subìto
negli
anni
successivi
alla
sua
morte
(sopraggiunta
il
18
gennaio
814)
diverse
operazioni
di
esumazione
e
seppellimento.
La
lavorazione
del
karlsschrein
era
stata
intrapresa
con
Federico
Barbarossa,
ma
solo
nel
1215
trovò
compimento.
Il
27
luglio
di
quello
stesso
anno,
appena
due
giorni
dopo
il
conferimento
della
corona
romano-germanica
a
Federico
II
proprio
nella
cattedrale
di
Aquisgrana,
il
reliquiario
contenente
i
resti
di
Carlo
Magno
venne
finalmente
sigillato.
Lo
scrigno
è in
legno
di
quercia,
presenta
la
forma
di
una
basilichetta
senza
transetto
ed è
riccamente
decorato
con
pietre
preziose,
filigrane
ed
elementi
in
argento
e
rame
dorati
e
smaltati.
Su
uno
dei
due
lati
corti
emerge
l’effigie
di
Carlo
Magno
in
trono
affiancato
a
destra
da
papa
Leone
III
e a
sinistra
dall’arcivescovo
di
Reims
Turpino.
Sui
due
lati
lunghi
spiccano
invece
le
riproduzioni
di
alcuni
re e
imperatori
del
Sacro
Romano
Impero,
ognuno
dei
quali
è
inquadrato
entro
una
piccola
arcata
poggiante
su
colonnine
doppie.
Come
accennato
prima,
tra
i
reali
compare
anche
Federico
II,
sul
quale
campeggia
l’iscrizione
(vedi
Deutsche
Inschriften
Online):
FREDERICVS
REX
ROM(anorum)
(et) SICIL(ie).
Tra
le
rappresentazioni
contemporanee
a
Federico
II
sarebbe
da
includere
anche
una
scultura
in
marmo
che
lo
ritrae
togato
e
assiso
in
trono,
un
tempo
presente
sulla
facciata
della
Porta
di
Capua,
detta
anche
Castello
delle
Torri
o
Arco
di
Trionfo
sul
Volturno.
Questo
consisteva
in
una
porta
monumentale
voluta
dall’imperatore
e
realizzata
dall’architetto
campano
Niccolò
di
Cicala
tra
1234
e
1240.
La
porta,
oltre
a
una
parziale
demolizione
nel
XVI
secolo,
il 9
settembre
1943
subì
i
colpi
del
pesante
bombardamento
anglo-americano
che
in
quell’occasione
distrusse
oltre
il
70%
della
città.
La
scultura,
semidistrutta
nel
1799
durante
l’occupazione
francese,
è
ora
mutila
e
acefala,
ma
della
testa
rimane
il
calco
della
copia
in
gesso
che
realizzò
lo
scultore
genovese
Tommaso
Solari
(m.
1799)
prima
che
l’originale
fosse
danneggiato.
Sempre
negli
anni
precedenti
all’intervento
distruttivo
dei
francesi,
e
precisamente
nel
1781,
lo
storico
dell’arte
Séroux
d’Agincourt
eseguì
una
riproduzione
grafica
della
scultura
in
cui
Federico
appare
con
un
volto
un
po’
troppo
fanciullesco
per
l’età
che
aveva
al
momento
del
ritratto,
cioè
circa
quarant’anni.
Il
calco
della
testa,
nonché
il
torso
mutilo
dell’imperatore,
sono
oggi
conservati
al
Museo
Campano
di
Capua.
Sul
ritratto
capuano
di
Federico
persistono
comunque
molte
incertezze
sia
sull’attendibilità
della
copia,
sia
sul
suo
valore
fisionomico.
Link
Parte
II