[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

167 / NOVEMBRE 2021 (CXCVIII)


attualità

Il Capitano Volkonogov è scappato
carnefice in cerca di riscatto

di Leila Tavi

 

Il film Капитан Волконогов бежал è una parabola fantasmagorica ambientata in una città senza nome russa del 1938 che porta la firma di Natal’ja Merkulova (Наталья Фёдоровна Меркулова) e Alekandr Čupov (Алексей Владимировичa Чупов), che hanno conquistato la notorietà internazionale con Čelovek, kotoryj udivil vsech (Человек, который удивил всех), che nel 2018 ha ottenuto il premio di migliore attrice .

 

Il film, presentato in prima assoluta a Venezia 78 nella sezione ufficiale, è una retro-utopia e, allo stesso tempo, una distopia orwelliana ambientata nel passato, che si tinge dei colori di una commedia grottesca, ma allo stesso tempo intrisa di umorismo nero.

 

Dopo aver commesso crimini efferati, un chekista (Юрий Александрович Борисов), capitano della NKVD (Народный комиссариат внутренних дел), scappa per salvarsi da un’epurazione interna, ma per espiare la sua pena cerca di implorare il perdono di una delle sue vittime per andare in paradiso.

 

Siamo nel periodo delle Grandi Purghe, dei processi farsa, e il capitano Volkonogov va in giro per la città in cerca delle persone che vanno interrogate insieme al suo collega, il maggiore Gvozdev (майор Гвоздев, interpretato da Александр Яценко), applicando "metodi speciali" che servono a far confessare i crimini descritti nel famigerato articolo 58 del codice penale della RSFSR (Росси́йская Сове́тская Федерати́вная Социалисти́ческая Респу́блика), al fine di trovare capri espiatori da punire come controrivoluzionari. 

 

È il 1938, al culmine della repressione di Stalin, quando Volkonogov passa davanti al suo ufficio, vede un collega che salta dalla finestra. È iniziata un'epurazione interna e, per paura di essere ucciso, il capitano fugge in fretta dall'edificio, cercando di nascondersi dalla sua ragazza, ma la delazione è una conseguenza inevitabile del clima di terrore instaurato dalla repressione politica, così Volkonogov è tradito proprio dalla sua compagna. 

 

Il capitano ha conservato una cartella con i casi di tutte le sue vittime ed, essendo in fuga, sta cercando, seguendo un messaggio ultraterreno del suo compagno di sventura già giustiziato, «Малёк» Веретенников, (Никита Кукушкин), di implorare il perdono per "l'errore commesso" nell’aver estorto confessioni a persone innocenti. Attraverso il pentimento e il perdono di un parente delle sue vittime, il capitano potrà guadagnarsi un posto in paradiso. 

 

Nel frattempo, un nuovo capitano, perverso e crudele, il maggiore Golovnja (майор Головня, interpretato da Тимофей Трибунцев), pericoloso perché profondamente convinto di dover difendere la sua patria dai nemici, si aggira per la città.

 

A differenza del protagonista di The Man Who Surprised Everyone, film in concorso a Venezia nel 2018, che cerca di ingannare la morte vestendo i panni di una donna cercando di sfuggire al suo tumore inoperabile, Volkonogov non si sottrae al suo macabro destino, ma nella sua fuga per le strade di quella che riconosciamo come San Pietroburgo è alla ricerca di una via per l'aldilà. Chiedere il perdono dei familiari delle sue vittime gli sembra comunque assurdo, considerato che sono tutti parte di un sistema che non permette di essere liberi né alle vittime, né ai carnefici, quindi nessuno è colpevole di nulla. 

 

La storia si sviluppa in grottesco crescendo, sottolineando quanto di surreale ci fosse in quel periodo buio della storia russa, ma senza mai mancare di rispetto alle migliaia di vittime del terrore staliniano. La narrazione cinematografica è dinamica, non si tratta di un film commemorativo, e la lunga e frenetica corsa del capitano ci mostra una San Pietroburgo stilizzata, in cui a far da sfondo alla fuga di Volkonogov è una città in decadenza, con vetri delle finestre rotti, fili penzolanti dappertutto ed edifici fatiscenti. Su questa città dall’aspetto macabro vola minaccioso uno zeppelin di color rosso sangue con la scritta 1938. Anacronistici i costumi di scena, con le tipiche giacche di pelle dei rivoluzionari su tute da ginnastica in stile rapper. 

 

Nella ricerca del perdono il protagonista non incontra solo persone disperate, ma plagiate dal sistema fino a perdere la ragione: Игнатий Алексеевич, padre (Юрий Кузнецов) di un traditore giustiziato, pronto a rinnegare il figlio per salvarsi; Лаура Петровна, figlia di uno scienziato condannato per lo sviluppo di vaccini (Наталья Иохвидова, che ha vinto il premio a Venezia come migliore attrice), che vive in un obitorio perché nessun altro le offre rifugio e lavoro; рабочий Лепендин, un operaio alcolizzato suicida (Максим Стоянов), che rompe definitivamente con sua moglie dopo averle raccontato una barzelletta proibita. 

 

L’epilogo fantasy del film mostra prigionieri in divisa grigia che, all’improvviso, sono liberati dalle loro celle, ma nonostante la liberazione fisica la ferita delle purghe degli anni Trenta in Unione Sovietica resta una cicatrice interna di un intero Paese che non si rimargina. 

 

Il culto dei servizi segreti per lo Stato è ancora attuale in Russia, un mito che è alimentato da una lotta continua per legittimare e sacralizzare l'apparato di sicurezza statale russo e per negoziare il suo violento e drammatico passato, come sottolineato da Julie Fedor in Russia and the Cult of State Security (2011). 

 

Il film di Natal’ja Merkulova e Alekandr Čupov descrive in modo originale un’invadente e potente polizia segreta durante il periodo staliniano e ci fa riflettere su come nella Russia contemporanea riemerga il culto della sicurezza statale, attraverso una rivisitazione e attualizzazione di elementi della vecchia mitologia sovietica come fondamenti di una nuova ideologia statale.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]