N. 71 - Novembre 2013
(CII)
Il re soldato
VITTORIO EMANUELE III NEL FRIULI DELLA GRANDE GUERRA
di Alessandro Ortis
26
aprile
1915:
l’Italia
s’impegnò
formalmente
a
entrare
in
guerra
al
fianco
della
Triplice
Intesa,
contro
gli
ex-alleati
della
Triplice
Alleanza,
Austria-Ungheria
e
Germania
entro
la
fine
di
maggio.
E
dopo
pochi
giorni,
esattamente
il
23
maggio,
dopo
essere
giù
uscita
dalla
Triplice
Intesa
il
3,
l’Italia
presentava
la
dichiarazione
di
guerra
all’Austria-Ungheria.
A
firmarla
fu
Vittorio
Emanuele
III,
che
resse
le
sorti
dell’Italia
fino
al
1944,
e
che
con
quell’atto
apriva
un
nuovo
fronte
della
«Grande
Guerra»,
la
cui
linea
correva
lungo
il
confine
con
l’Impero
Austriaco,
sulle
terre
del
Friuli:
il
noto
«Fronte
orientale».
E fu
proprio
da
questa
terra
contesa
che,
tra
il
maggio
1915
e
l’ottobre
1917,
il
Re
d’Italia
seguì
il
conflitto,
avendo
come
residenza
ufficiale
Villa
Linussa
a
Torreano
di
Martignacco,
piccolo
centro
a
nord-ovest
di
Udine.
Il
capoluogo
friulano,
negli
anni
della
guerra,
divenne
la
città
fulcro
del
conflitto,
ove
confluirono
i
comandi
degli
alti
ufficiali,
le
truppe
delle
retrovie
e il
luogo
dove
vennero
insediate
tutte
le
strutture
di
servizio
necessarie
ai
soldati
al
fronte.
Fin
dall’inizio
del
conflitto,
Vittorio
Emanuele
III
decise
di
lasciare
Roma
e
raggiungere
le
zone
del
fronte,
per
poter
seguire
in
prima
persona
le
vicende
belliche.
Nella
capitale
lasciò
allo
zio,
Tommaso
Duca
di
Genova,
l’incarico
di
svolgere
le
pratiche
dell’amministrazione
ordinaria
del
regno.
Inizialmente,
il
Re
ebbe
come
sede
la
zona
di
Treviso,
distante
a
sufficienza
dal
fronte
e
quindi
sicura
per
l’incolumità
del
sovrano.
Appena
arrivato
qui,
il
27
maggio,
Vittorio
Emanuele
III
iniziò
a
compiere
alcuni
viaggi
in
auto
per
visitare
le
prime
linee
del
fronte,
che
si
estendevano
fino
a
Longarone,
Pieve
di
Cadore
e
Auronzo,
sulle
Dolomiti
Friulane.
Durante
la
prima
visita,
ricevette
il
Sottocapo
di
Stato
Maggiore,
generale
Carlo
Porro
che,
proveniente
da
Udine,
comunicò
al
sovrano
l’intenzione
del
generale
Cadorna,
Capo
di
Stato
Maggiore,
di
trasferire
a
Udine,
capitale
del
Friuli
il
Comando
Supremo.
Il
Re,
secondo
quanto
riportato
dal
diario
del
colonnello
Francesco
degli
Azzoni
Avogadro,
aiutante
di
capo
di
Vittorio
Emanuele
III,
non
si
sarebbe
potuto
sottrarre
nel
seguire
l’esempio
del
Comando
Supremo
di
trasferirsi
a
Udine.
E
già
la
mattina
del
30
maggio,
così,
due
auto
con
il
Re e
il
suo
seguito
lasciarono
la
marca
trevigiana
e si
recarono
a
Udine,
per
poi
dirigersi
subito
a
Villa
Linussa
a
Martignacco.
I
resoconti
storici
spiegano
la
scelta
del
trasferimento:
il
Re
voleva
confortare
gli
animi,
esortare
le
forze
e
testimoniare
alle
truppe
in
guerra
tutta
la
vicinanza
del
popolo
italiano.
Altri
storici
affermano,
invece,
grazie
a
testimonianze
scritte
di
ufficiali
del
tempo,
che
Vittorio
Emanuele
III
era
consapevole
della
problematicità
di
un
comando
unico
delle
operazioni
militari,
in
mano
al
solo
generale
Cadorna,
e
pertanto
il
suo
essere
presente
nei
luoghi
del
conflitto,
prendere
parte
alle
scelte
e
decisioni
della
manovre
belliche,
avrebbe
portato
a
sopire
gli
attriti
tra
gli
alti
ufficiali
e
Cadorna
in
caso
di
disaccordo.
Il
Friuli
in
cui
arrivò
il
Re
era
una
terra
che
risentiva
fortemente
degli
effetti
della
guerra:
forte
malcontento
popolare
e
sociale,
alto
numero
di
persone
in
cerca
di
un
mestiere
e
un’economia
locale
completamente
disastrata.
Tuttavia,
Vittorio
Emanuele
III
non
si
preoccupò
molto
di
questo
tipo
di
problemi,
essendo
in
Friuli
unicamente
a
causa
della
guerra.
A
Villa
Italia,
soprannominata
così
per
rendere
omaggio
all’importante
ospite,
si
stabilirono
vari
generali,
colonnelli
e
alti
ufficiali.
Da
questa
sede,
quasi
quotidianamente,
il
Re
partiva
per
visitare
i
vari
fronti,
le
postazioni,
i
reparti
e
gli
ospedali
militari,
e fu
in
queste
visite
che
si
mostrò
il
carattere
comprensivo
e
sensibile
del
Re.
Dal
diario
di
guerra
del
colonnello
Avogadro,
si
legge
come
il
sovrano
si
fermasse
molto
a
parlare
con
i
feriti
sui
lettini
negli
ospedali
da
campo,
per
rassicurarli
sul
loro
stato.
In
un
episodio,
il
Re,
in
visita
in
un
ospedale-lazzaretto
per
colerosi
e
feriti
nella
zona
di
Podgora
-
oggi
in
territorio
sloveno,
nei
pressi
di
Cormons
- si
interessò
molto
di
un
ferito,
al
quale
era
stata
amputata
la
gamba,
e
che
venne
raccontato
così:
«Il
Re
volle
visitare
tutto
l’ospedale
e si
interessò
a un
giovane
soldatino,
al
quale
era
stata
amputata
la
gamba;
il
Re
volle
che
gli
venisse
spiegato
il
caso,
accarezzò
il
soldatino
commosso
e ne
fece
annotare
dal
suo
aiutante
di
campo
il
nome,
cognome
e
indirizzo;
si
seppe
in
seguito
che
alla
famiglia
venne
recapitato
un
dono
speciale
e
particolare
del
Re».
Non
solo
il
sovrano
si
recava
in
visita
ai
fronti,
agli
accampamenti
militari,
ma
riceveva
a
Villa
Italia
anche
importanti
personaggi
in
vista
dell’epoca.
Si
può
dire
che,
per
i
due
anni
che
Vittorio
Emanuele
III
soggiornò
in
questa
casa,
Martignacco
divenne
il
cuore
strategico
e
politico
del
regno.
Qui,
infatti,
il
sovrano
incontrava
i
diplomatici
e le
teste
coronata
di
tutta
Europa,
come
il
Presidente
del
Consiglio
francese,
Briand,
il
principe
di
Serbia
Alessandro,
il
Primo
ministro
inglese
Asquith
e il
principe
di
Galles
Edoardo
d’Inghilterra,
colui
che
salirà
al
trono
con
il
nome
di
Edoardo
VIII.
Nonostante
gli
impegni
che
gravavano
sulle
sue
spalle,
il
Re,
come
ci è
noto
grazie
alle
molteplici
testimonianze
dell’epoca,
non
si
sottraeva
al
contatto
con
la
gente,
tanto
da
compiere
spesso
delle
passeggiate
a
piedi
proprio
per
rimanere
a
stretto
contatto
con
tutti
coloro
che
condividevano
la
sofferenza
della
guerra.
Vittorio
Emanuele
III,
però,
dimostrava
un
carattere
asciutto,
austero
e
semplice,
tanto
che
di
lui
si
aveva
l’impressione
che
fosse
un
uomo
importante
ma
che
si
accontentasse
di
poco.
Viveva
in
un
modesto
appartamento
della
villa,
era
semplice
nel
vestire
ed
era
anche
un
appassionato
di
fotografia,
tanto
che
numerose
foto
dei
fronti
di
combattimento
sono
state
scattate
da
lui
stesso.
Inoltre,
il
suo
continuo
spostarsi,
viaggiare
da
una
località
all’altra
del
Friuli
ne
dimostrò
un
forte
attivismo,
e un
suo
continuo
interesse
nel
svolgere
più
incontri
possibili
con
la
popolazione
e
con
i
militari.
Le
cose,
però,
mutarono
quando,
il
24
ottobre
1917
un’armata
tedesca
sfondò
il
fronte
tra
Plezzo
e
Tolmino,
penetrando
con
gran
rapidità
nella
pianura
friulana
e
dirigendosi
verso
Udine.
Era
la
tristemente
nota
«Disfatta
di
Caporetto»,
con
cui
il
fronte
della
guerra
arretrò
fino
sul
fiume
Piave,
dove
l’esercito
italiano
riuscì
a
fermare
l’avanzata
austro-tedesca.
Con
questa
pericolosa
situazione,
il
Re
non
sarebbe
potuto
rimanere
a
Villa
Italia
a
lungo.
Già
nel
pomeriggio
del
26
ottobre,
due
giorni
prima
che
gli
austriaci
arrivassero
a
Udine,
Vittorio
Emanuele
III
lasciò
la
sontuosa
casa
e
prese
il
treno,
in
una
fermata
a
sud
di
Udine,
per
potere
ritornare
a
Roma.
In
qualche
giorno,
inoltre,
tutto
il
personale
della
Real
Casa
preparò
i
bagagli
e
tutto
il
necessario
per
il
ritorno
nella
capitale.
Gli
austriaci
invasero
il
Friuli,
e i
militari
imposero
severe
regole
alla
popolazione.
Ci è
noto,
grazie
a un
quotidiano
dell’epoca,
che
perfino
il
Kaiser
Guglielmo
II
visitò
Villa
Italia
per
vedere
le
stanze
dove
aveva
vissuto
per
due
anni
il
Re
d’Italia.
Tuttavia,
trovarono
solo
un
ritratto
di
Re
Umberto
I,
davanti
al
quale
il
Kaiser
rimase
in
contemplazione
per
qualche
istante.
Al
termine
del
conflitto,
Vittorio
Emanuele
III
tornò
in
Friuli
per
due
volte,
ritornando
anche
a
visitare
la
Villa
Italia,
accompagnato
dal
legittimo
proprietario,
l’avvocato
Eugenio
Linussa,
importante
personalità
locale.
Ancora
oggi,
però,
la
villa
mantiene
il
proprio
appellativo
di
Italia,
per
ricordare
l’importanza
degli
eventi
storici
che
ha
visto
trascorrere.