N. 80 - Agosto 2014
(CXI)
VITE SREGOLATE
PARTE II - GASCOIGNE
di Francesco Agostini
God
bless
you,
Gazza.
Con
queste
parole
i
tifosi
della
Lazio,
prima
della
partita
contro
il
Tottenham
valida
per
l’Europa
League,
hanno
accolto
il
loro
vecchio
idolo.
E di
benedizioni
divine
Paul
Gascoigne
ne
deve
aver
ricevute
davvero
parecchie
se
ancora
oggi,
nonostante
un’esistenza
vissuta
sull’orlo
della
follia,
può
vantarsi
di
essere
ancora
in
vita.
Nato
nel
1967
a
Gateshead,
in
Inghilterra,
trascorre
un’infanzia
difficile
nei
piccoli
borghi
malfamati,
a
contatto
fin
da
subito
con
una
realtà
cruda
e
amara.
Forse
proprio
in
questo
iniziale
periodo
difficile
vanno
ricercate
le
cause
più
profonde
del
suo
comportamento
amabilmente
folle
e
totalmente
al
di
sopra
delle
righe.
La
vita
del
piccolo
Paul
è
squallida
e
senza
via
d’uscita,
trascorsa
in
claustrofobici
locali
e
sotto
la
mano
pesante
di
un
padre
violento
e
alcolizzato,
di
cui
poi,
purtroppo,
seguirà
pedissequamente
le
orme.
Il
calcio
quindi
è
l’unica
ancora
di
salvezza,
la
scialuppa
di
salvataggio
pronta
a
portarlo
al
di
fuori
di
una
realtà
troppo
brutta
per
essere
vera
e
Paul
si
impegna
con
tutte
le
sue
forze
per
riuscirci.
Inaspettatamente
ce
la
fa e
le
porte
del
calcio
professionistico
si
aprono
davanti
a
lui,
lasciandolo
felice
e
allo
stesso
tempo
perplesso.
Gli
viene
affibbiato
quindi
il
soprannome
Gazza,
che
gli
rimarrà
addosso
come
un
marchio
indelebile
per
tutta
la
carriera
e
anche
in
seguito;
l’origine
di
tale
soprannome
è
però
incerta,
anche
se
pare
plausibile
che
il
motivo
sia
una
certa
somiglianza
nel
modo
di
muoversi
fra
lui
e il
volatile.
Sbilenco
e
incerto
quindi.
Gascoigne
diventa
immediatamente
famoso
in
patria
per
tre
motivi:
in
primis
la
sua
bravura
(innegabile),
per
la
sua
clownesca
follia
e
poi
per
la
sua
mole,
rotonda
e
non
proprio
da
atleta.
Per
questo
motivo,
infatti,
dagli
spalti
dei
campi
inglesi
piovono
spesso
commenti
poco
carini
sul
suo
conto
(un
esempio
è
porky,
ossia
maiale)
abbinati
a
stecche
di
cioccolato
e
dolcetti
di
ogni
tipo
per
deriderlo.
Paul
Gascoigne
però
non
reagisce
mai
in
malo
modo
alle
provocazioni
e,
quando
ormai
è
sul
punto
di
trasferirsi
alla
Lazio
di
Cragnotti,
s’infortuna
gravemente.
L’esito
è
drammatico:
rottura
totale
dei
legamenti
del
ginocchio
destro
e un
anno
e
mezzo
di
stop.
La
Lazio
però
ha
intenzione
di
mettere
su
una
squadra
altamente
competitiva
e,
rischiando,
nel
1991
decide
di
acquistarlo
lo
stesso
per
otto
miliardi
di
lire.
A
Roma
Paul
Gascoigne
viene
accolto
come
una
celebrità
anche
se,
alla
fine
della
sua
esperienza,
se
ne
andrà
dalla
capitale
con
un
magro
bottino
di
soli
sei
goal
e
qualche
sporadica
apparizione
degna
del
suo
nome.
Per
il
resto,
la
vita
fuori
dai
canoni
e un
ambiente
poco
adatto
alla
sua
natura
buffonesca,
ne
limiteranno
moltissimo
le
prestazioni
durante
l’avventura
romana.
Ma
veniamo
nel
dettaglio.
Con
la
Lazio,
Gazza
si è
guadagnato
l’immortalità
principalmente
per
due
motivi.
Il
primo,
fondamentale
in
una
realtà
calda
come
quella
romana,
è il
famoso
goal
nel
derby
del
ventinove
novembre
1992:
dalla
trequarti
giunge
un
cross
nell’area
della
Roma
che
Paul
raccoglie
di
testa
(non
uno
dei
suoi
colpi
migliori
di
certo)
e
mette
in
rete.
Per
i
tifosi
della
Lazio
un
goal
che
vale
il
pareggio
contro
i
cugini,
e
per
di
più
al
novantesimo,
è
come
e
più
di
una
vittoria.
L’altro,
forse
più
blando
ma
comunque
stellare,
è la
rete
messa
a
segno
contro
il
Pescara.
Gazza,
quel
giorno
rigorosamente
in
divisa
gialla,
parte
palla
al
piede
da
centrocampo
e
dopo
aver
saltato
quattro
avversari
come
fossero
birilli,
di
piatto
sinistro
batte
il
portiere
abruzzese.
Amazing,
Gazza.
Ma,
a
ridimensionare
il
suo
grande
talento
è la
testa,
che
proprio
non
è da
atleta
ed
ecco
che
allora
arrivano
le
“Gascoignate”
(per
emulare
il
termine
“Cassanate”
coniato
da
Fabio
Capello)
che
a
distanza
di
anni
suscitano
ancora
ilarità
e un
pizzico
di
sana
nostalgia.
Uno
di
quelli
che
ha
subìto
gli
scherzi
dell’inglese
è il
nostro
Dino
Zoff.
Lui
stesso
racconta
che,
una
volta,
mentre
era
nella
sala
pranzo
della
società,
mandò
a
chiamare
Paul
Gascoigne
perché
aveva
un
bisogno
impellente
di
vederlo.
Gazza,
allora,
si
presentò
completamente
nudo
nella
sala
da
pranzo
e
allo
stupore
degli
astanti
disse
semplicemente:
“Mister
mi
perdoni
ma
non
ho
fatto
in
tempo
a
vestirmi.
Lei
aveva
detto
che
era
urgente!”
A
Roma
però,
Gascoigne
non
è
solo:
ad
accompagnarlo
ci
sono
la
fidanzata
storica
Sheryl
Failes
(che
sposerà)
e
l’inseparabile
compagno
di
bevute
Jimmy
“Five
Bellies”,
per
i
romani
“Jimmy
Cinque
Pance”.
Con
Jimmy
Paul
passa
delle
indimenticabili
serate
tra
discoteche,
risse
nei
locali
e
tante,
tante
pinte
di
birra,
dimenticandosi
completamente
d’essere
un
calciatore
di
serie
A.
L’avventura
alla
Lazio,
purtroppo,
finisce
nel
peggiore
dei
modi
per
lui
con
la
frattura
di
tibia
e
perone
dopo
uno
scontro
con
l’allora
giovanissimo
Alessandro
Nesta.
Gazza
passa
così
agli
scozzesi
del
Glasgow
Rangers
dove
mette
in
luce
finalmente
tutte
le
sue
straordinarie
doti
di
calciatore,
grazie
anche
a un
dimagrimento
lampo
di
ben
14
kg
che
lo
porta
alla
convocazione
dell’Europeo
del
1996,
proprio
in
Inghilterra.
I
siparietti
da
clown
fuori
e
dentro
il
campo
però
non
cessano
certo
d’esserci
e
uno
dei
più
famosi
è
quello
con
il
severo
e
intransigente
arbitro
Smith.
Durante
il
corso
di
una
partita,
Smith
perde
accidentalmente
un
cartellino
giallo
che
cade
a
terra.
Gascoigne,
da
vero
guascone
inglese,
lo
raccoglie
e,
invece
di
ridarlo
semplicemente
all’arbitro,
glielo
porge
mimando
di
ammonirlo.
L’arbitro,
a
sua
volta,
non
stando
allo
scherzo,
lo
ammonirà
veramente
per
la
sua
irriverenza.
Dopo
aver
girovagato
in
alcune
squadre
inglesi
Gazza
termina
la
carriera
in
Cina,
lasciando
ai
posteri
una
vera
e
propria
perla
delle
sue.
Riferendosi
al
cibo
dirà:
“In
questi
giorni
ho
mangiato
di
tutto.
Teste
d'anatra,
teste
di
pollo,
zampe
di
gallina,
pipistrelli
e
altre
amenità.
Secondo
me,
se
continuo
con
questa
dieta,
finirò
per
volare”.
Da
qui
in
avanti
ci
sarà
il
tracollo
assoluto.
La
dipendenza
con
l’alcol
aumenta
vertiginosamente
e
non
solo:
a
essa
si
affiancano
altre
dipendenze
quantomeno
bizzarre,
come
quella
per
la
bevanda
energetica
Red
Bull;
di
queste,
addirittura,
Paul
Gascoigne
arriverà
a
berne
addirittura
sessanta
al
giorno.
Non
solo:
si
aggiungeranno
anche
problemi
di
depressione
e
qualche
tentato
suicidio
a
rendere
una
situazione
già
drammatica
di
suo
ancora
più
disperata.
L’ultimo
Gascoigne,
dimagrito
e
malamente
invecchiato
è
oramai
il
fantasma
di
se
stesso,
una
pallida
ombra
di
quello
che
era
il
grande
campione
irriverente
che
era.
Per
chiudere,
è
forse
significativa
una
battuta
che
un
altro
“bad
boy”
inglese
fece
su
di
lui:
George
Best.
Raccontò:
“Una
volta
dissi
che
il
Q.I.
di
Gazza
era
inferiore
al
suo
numero
di
maglia
e
lui
mi
chiese:
"Che
cos'è
un
Q.I.?”
Il
numero
di
maglia
di
Gascoigne,
tanto
per
la
cronaca,
era
l’otto.
God
bless
you,
Gazza.