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N. 117 - Settembre 2017 (CXLVIII)

donne e vita militare
L’INTERPRETAZIONE DI TOLOMEO DA LUCCA DEL “MITO” DELLE amazzoni - parte i

di Stefano Andres

 

L’età antica e quella medievale avevano elaborato una ricca biblioteca da un lato misogina, in cui si sosteneva la sostanziale inferiorità delle donne, e dall’altro proto-femminista, filogina. Nel primo filone si inseriscono, in particolare, vari passi contenuti nell’opera di Aristotele mai usciti dall’orizzonte culturale e, successivamente, un considerevole numero di testi di ambito ecclesiastico, primo tra tutti il celebre Adversus Jovinianum di San Girolamo.

 

Nel secondo filone spiccano invece, tra le fonti più antiche, il De virtutibus mulierum di Plutarco, propugnatore del principio stoico che attribuisce all’uomo e alla donna uguale capacità di praticare la virtù, e il libro VIII degli Stratagemmi di Polieno, illustrativo di alcuni celebri episodi di donne distintesi in operazioni militari.

 

La poesia trobadorica e la letteratura cortese accrebbero l’interesse per la donna. Un forte contributo alla causa filogina si ebbe grazie alle rassegne di donne illustri della storia e del mito in testi quali i Trionfi del Petrarca (1351), l’ambiguo De mulieribus claris del Boccaccio (1361-62), Le livre de la cité des dames di Christine de Pizan (1405) e – più avanti – la Gynevera di Sabadino degli Arienti (1489-92) ed il De claris mulieribus di Jacopo Filippo Foresti (1497).

 

Fu a partire dal tardo ’400, e poi nel ’500, che la letteratura sulla donna attraverserà una stagione di fioritura eccezionale. Vari generi letterari e discipline dell’epoca affronteranno il tema dell’amore, della bellezza, del matrimonio, della famiglia, dell’educazione, del governo della casa, della parità tra i sessi, dei diritti giuridici (dote, successione, sponsali).

 

Emerse l’aspirazione all’emancipazione, l’idea che le donne potessero avere interessi e attitudini extra familiari, il concetto di parità e addirittura della superiorità della donna. Sulla scia delle opere di Boccaccio e Christine de Pizan si diffonderanno biografie femminili, repertori, cataloghi di esempi e virtù muliebri. Il platonismo umanistico-rinascimentale, con le teorie sull’amore e sulla bellezza, assegnerà alla donna, elemento indispensabile nell’ordine cosmico, una dignità tutta sua.

 

Se per la letteratura misogina elevare le donne all’altezza dell’uomo significava sovvertire l’ordine naturale rischiando di trasformarle in uomini e questi in donne, la tradizione filogina vedeva in loro lo strumento per migliorare il mondo.

 

Nell’ambito di questa letteratura pro e contro la donna non possono ovviamente mancare riferimenti alle gesta delle Amazzoni – il popolo delle femmine guerriere – e alla loro tradizionale immagine ambivalente. Esse vengono paradigmaticamente viste – a seconda della prospettiva – come comunità utopica, precedente storico, inquietante contromodello (in quanto simbolo della destabilizzazione dell’ordine naturale e incarnazione dell’inversione dei ruoli), come un modello (in quanto la virago, pendant femminile del vir clarus, costituisce un esempio di eccellenza femminile).

 

Nella letteratura filogina le Amazzoni diventano così un esempio di possibile rivincita femminile, la dimostrazione che anch’esse sono in grado di creare una comunità politica autosufficiente e organizzata ed affermarsi nell’arte della guerra, non inferiori agli uomini nemmeno quanto a forza fisica (cfr., ad es., G. Capra, Della eccellenza e dignità delle donne, Roma, 2001, pp. 92-93; L. Domenichi, La nobiltà delle donne, Venezia 1549, fo. 33; fo. 97).

 

La mutilazione del seno è simbolo della loro autosufficienza androgina, mentre l’attività bellica le emancipa dal corpo femminile. Più in generale esse sono la dimostrazione che le donne sarebbero predisposte di natura ad attività tradizionalmente maschili: all’inizio la specie umana era uguale, essendo state le leggi e le consuetudini a differenziare i ruoli (cfr. H.C. Agrippa von Nettesheim, Della nobiltà ed eccellenza delle donne, a cura di M. Ricagno, Torino 2007, p. 123; G. Gelli, La Circe e i capricci del bottaio, a cura di S. Ferrari, Firenze 1978, V, 75; S. Speroni, Oratione contro le cortigiane, in Opere, a cura di M. Pozzi, Roma 1989, III, 193; L. Domenichi La nobiltà delle donne, cit., f. 114.).

 

Le popolazioni matrifocali scoperte nel corso delle esplorazioni geografiche quattro-cinquecentesche (spesso associate alle Amazzoni classiche), costituiranno un’ulteriore argomentazione filogina: a chi non crede alle Amazzoni si oppone l’esistenza di popoli di soli donne o dominati da donne, fino ad allora ignoti, che vivono come le antiche donne guerriere, quindi non un’invenzione o un unicum. Inoltre la letteratura di viaggio relativizzerà l’inettitudine delle donne alle armi.

 

Nella letteratura filogina il modello amazzonico permette quindi di contrastare radicati luoghi comuni, secondo cui soltanto il maschio è idoneo alle pratiche di governo e militari. Viceversa, la letteratura misogina cerca, se non di negare, di minimizzare l’esperienza amazzonica o sfrutta i lati più truculenti della saga (le violenze e le sopraffazioni sui maschi, gli omicidi dei mariti, le mutilazioni sessuali) per dimostrare le nefaste conseguenze quando delle donne cercano di porsi sullo stesso piano dell’uomo (cfr. Paride del Pozzo, Duello…, cit., 6, 15, 65-66; G. Ferretti, De re et disciplina militari. Aureus tractatus, Venetiis 1595, f. 179; A. Cicuta, Disciplina militare, Venezia 1572, f. 116).

 

Le Amazzoni e le donne mascoline rappresentano il rifiuto dell’obbedienza alla cultura dominante e alla vita domestica, considerata condizione naturale e specifica femminile. L’inconciliabilità tra vita familiare tradizionale e attività guerriera costituisce un motivo portante della saga amazzonica.

 

Al riguardo, mentre la letteratura filogina sottolinea positivamente il legame tra attitudine militare e verginità, in quella misogina le Amazzoni, come tutte le donne che non rispettano i limiti naturali, vengono spesso accusate di sessualità confusa, tanto da assumere, in una certa produzione popolare di carattere folklorico e carnevalesco, i tratti paradigmatici delle femmine sessualmente insaziabili.

 

Le Amazzoni vengono così a incarnare un fantasma sessuale, esempio di sessualità sregolata e libertà erotica incontrollata (cfr. A. Cicuta Disciplina militare, cit., f. 500, che fa riferimento all’abbigliamento ‘succinto’ delle Amazzoni, e G.D. Tomagni, Dell’eccellenza dell’uomo sopra quella della donna. Libri tre ... Ridotta in tre dialoghi, Venezia 1565, f. 121, che le associa ai transessuali della mitologia).

 

In epoca medievale, uno dei precoci utilizzatori del mito delle Amazzoni a margine del dibattito sulla questione femminile e sulla idoneità delle donne a partecipare alla vita militare fu Tolomeo da Lucca (+ 1327), cronista, scrittore e intellettuale domenicano imbevuto di idee aristoteliche e appassionato difensore delle idee teocratiche, discepolo e confessore di San Tommaso d’Aquino, cortigiano ad Avignone, priore di Santa Maria Novella a Firenze, e infine vescovo di Torcello.

 

Il tema di nostro interesse viene affrontato in un passo del De Regimine principum, opera di commento alla Politica di Aristotele assegnata a San Tommaso, ma in realtà – come risulta anche da indicazioni dei manoscritti – sua soltanto fino al capitolo IV del II libro e completata dal chierico lucchese probabilmente a Firenze intorno al 1300-02, precisamente nel libro IV (che si configura come una sorta di commentario al libro secondo della Politica aristotelica nella traduzione di Guglielmo di Moerbeke) capitolo 5, per poi essere ribadita nelle sue argomentazioni contrarie nel capitolo 6.

 

Sebbene l’opera, uno dei testi fondamentali per conoscere il pensiero politico medievale, sia ampiamente nota e studiata, a quanto sembra questa sezione è stata trascurata sia da coloro che si sono occupati del De Regimine principum sia dagli studiosi della saga amazzonica, dello status femminile nell’età di mezzo e dei gender studies.

 

Proprio partendo da tale presupposto già si intuisce come la questione femminile venga approcciata in chiave aristotelica e quindi con una vena marcatamente misogina. Tuttavia, come vedremo via via, lo scrittore domenicano, pur partendo da un’impostazione teorica di natura aristotelica, la corrobora con esempi di carattere storico (in particolare richiamando la vicenda delle Amazzoni), considerazioni scientifiche ed esempi di vita pratica, argomentando la quaestio pro et contra secondo i dettami del metodo scolastico.

 

Aristotele, osserva in prima battuta Tolomeo da Lucca, nella Politica (II (B) 1264 b 31) attribuisce ad alcuni “filosofi” l’opinione (giudicata degna di rispetto) secondo cui le donne dovrebbero essere istruite militarmente e cimentarsi nelle operazioni belliche. Il riferimento è ovviamente alla Repubblica di Platone e alle parole di Socrate (III 412 d-e), ma il commentatore va subito oltre: la natura stessa suffragherebbe la bontà di tale opinione, visto che in certe specie animali la femmina è più feroce e combattiva; inoltre le donne potrebbero dedicarsi a esercizi fisici per accrescere la propria forza e il vigore del corpo: come dimostra infatti la prassi, le donne di campagna sono più sane e robuste delle donne cittadine.

 

Dal punto di vista medico – aggiunge – una vita attiva ricca di esercitazioni militari permetterebbe alle donne un più vantaggioso equilibrio delle quattro qualità elementari (caldo, umido, freddo e secco) connesse con i quattro umori (sangue, flemma, bile nera e bile gialla) i quali, secondo una teoria di origine greca ma ancora assai accreditata nell’età di mezzo, spiegano eziologicamente l’insorgenza delle malattie.

 

A parere di Tolomeo, un ulteriore argomento circa l’opportunità/possibilità per le donne di avere accesso al mondo militare troverebbe infine conforto in un precedente storico, quello delle Amazzoni appunto, le quali in un epoca remota crearono in Oriente un fortissimo regno e sottomisero la terza parte del mondo. 



 

 

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