[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

173 / MAGGIO 2022 (CCIV)


contemporanea

VIRTUAL ARCHEOLOGY

STRUMENTI PER LA RICERCA E LA FRUIZIONE ARCHEOLOGICA

di Mariangela Riggio

 

Con la locuzione Virtual Cultural Heritage si indica “l’uso di sistemi di Realtà Virtuale per generare, navigare ed esplorare ambienti storici ricostruiti” (Guidazzoli, 2007). I vantaggi sono ormai di gran lunga noti, essi vanno dalla possibilità di esplorare virtualmente luoghi chiusi al pubblico, alla ricollocazione virtuale di manufatti nel loro contesto originale. La forza espressiva di tali espedienti, in grado di rievocare luoghi e atmosfere di un passato lontano, li rende efficaci mezzi di comunicazione capaci di coinvolgere soprattutto un pubblico di non esperti del settore. Quando questi sistemi interessano il mondo dell’archeologia si parla di Virtual Archeology.

 

L’uso delle tecnologie digitali e di realtà virtuali è ormai considerato fondamentale non solo per la divulgazione dei risultati ottenuti dalla ricerca archeologica, ma anche per lo stesso percorso di analisi e studio.

 

Il primo a parlare di Virtual Archaeology fu Paul Reilly: archeologo e informatico che nel 1991 indicò la possibilità di replicare gli scavi mediante modelli tridimensionali e soluzioni multimediali elaborate al computer, successivamente il campo di applicazione venne ampliato ai sistemi di visualizzazione e ricostruzione di ambienti del passato facendone un veicolo di divulgazione scientifica e didattica.

 

I sistemi di rilievi digitale restituiscono oggi risultati sempre più precisi e realistici. Tra i più diffusi nella ricerca archeologica vi sono: i sistemi di fotogrammetria digitale aerea e terrestre, la tecnologia Laser Scanning.

 

La fotogrammetria digitale è un metodo di rilievo indiretto che permette di ottenere modelli digitali con un elevato livello di dettaglio, buona accuratezza geometrica e fotorealismo, attraverso il sapiente uso di una fotocamera digitale. A partire dalle fotografie dell’oggetto di interesse, acquisite da punti di vista differenti ma con lunghezza focale costante e con un adeguato grado di sovrapposizione, è possibile ottenere la restituzione tridimensionale, prima, dei punti nello spazio 3D, poi, delle superfici di interpolazione (mesh). Il processo avviene tramite appositi software che applicano algoritmi derivati dai principi di geometria proiettiva.

 

  

Il sistema Laser Scanning, invece, si basa sull’emissione di raggi laser che colpiscono la superficie da rilevare e il calcolo del tempo di ritorno dei raggi riflessi. Per ciascun punto è possibile rilevare le coordinate nello spazio (ricavate da calcoli basati sulla lettura di angoli azimutali, zenitali e distanze. Il risultato finale di una “scansione” è un insieme digitale di migliaia di punti riferiti a una terna cartesiana di riferimento (x,y,z), detta “nuvola di punti”.

 

Infine, i software per la modellazione tridimensionale, attraverso complessi calcoli algoritmici, sono in grado di simulare in modo sempre più accurato materiali e luce. In altre parole, consentono di definire quei parametri corrispondenti alle caratteristiche di riflessione, rifrazione, colore, rugosità, tipiche di ogni specifico materiale, quindi calcolare la luce che consente di percepire forme e materiali esattamente come nella realtà. Si tratta del cosiddetto processo di rendering, con cui si ottengono immagini dai modelli tridimensionali (simulando le tecniche fotografiche).

 

La quasi perfetta resa fotorealistica, applicata ai prodotti per la fruizione dei beni archeologici potrebbe comportare il rischio di comunicare come assolutamente certo ciò che invece può avere un inevitabile margine di dubbio. Infatti, è bene tener presente che lo studio del mondo antico è quasi sempre frutto di ipotesi supportate dallo studio della documentazione archeologica nonché dal confronto con casi simili o coevi. È necessario, pertanto, procedere sempre a una classificazione dei vari elementi che compongono la ricostruzione virtuale, scegliendo soluzioni che permettano di distinguere gli elementi in base al grado di affidabilità documentaria.

 

La disciplina della Virtual Archeology pone l’archeologo di fronte a una nuova modalità di indagare il passato: “la modellazione comporta la messa a fuoco della forma originaria tramite i dati forniti dal rilievo archeologico e la formalizzazione di ipotesi da avvalorare e integrare tramite confronti con altri contesti archeologici. Il rapporto fra rilievo archeologico e modellazione 3D è quindi mediato da un atto di comprensione di ciò che non esiste più e che va quindi, di fatto, ricostruito” (Demetrescu, 2011).

 

Archeologo, architetto, informatico ed esperto di sistemi per la visualizzazione tridimensionale e interattiva dell’architettura spesso lavorano insieme nella definizione di “realtà virtuali”. Esse costituiscono di volta in volta l’astrazione di una complessa vicenda architettonica, risultato dell’alternarsi nel tempo di varie fasi costruttive (distruzioni, ricostruzioni, modifiche) e deve essere frutto di una scelta operativa che va fatta preliminarmente e sotto la guida dell’archeologo.

 

La definizione della “realtà virtuale-ricostruttiva” è a sua volta determinata da una continua sperimentazione e validazione interdisciplinare di ogni ipotesi. In quest’ultimo aspetto la rappresentazione tridimensionale offre, chiaramente, il grande vantaggio di controllare agevolmente spazi e volumi.

 

Riguardo la possibilità di ottenere fedeli repliche digitali per la fruizione, come su accennato, si propone, ad esempio, il caso della grotta di Chauvet, nel sito preistorico presso Vallon-Pont-d’Arc, in Ardèche (Francia). Questa fu scoperta nel 1994, essa custodisce al suo interno la più importante testimonianza lasciata dall’uomo circa 37.000 anni fa: disegni rupestri raffiguranti 425 figure di animali. Nel tempo la variazione della temperatura interna della grotta, dovuta alla presenza dell’uomo (studiosi e visitatori) nonché l’esposizione a luci artificiali, rischiava di danneggiare irrimediabilmente i dipinti. Pertanto, la grotta venne chiusa al pubblico e nel 2011 fu avviata una campagna di rilievo mediante tecnologia laser scanning. Ciò, non solo ha consentito di ottenere una fedele replica digitale che consente di continuare a studiare i dipinti rupestri semplicemente visualizzandoli sul computer, ma è stata alla base della restituzione in scala reale di una copia della grotta, inaugurata il 25 Aprile 2015.

 

Quali ulteriori esempi di applicazione dei sistemi descritti per lo studio, la valorizzazione e la fruizione dei beni archeologici, si citano i risultati delle ricerche condotte nell’ambito deiprogetti APER e NEPTIS.

 

Il primo (Architettura domestica Punica Ellenistica e Romana per la salvaguardia e la valorizzazione) è stato finanziato dal programma europeo per la cooperazione transfrontaliera Italia-Tunisia 2007-2013 e promosso dal Polo Universitario di Agrigento (Italia), Institut Nationale du Patrimoine e Agence de mise en valeur du Patrimoine et de Promotion Culturelle (Tunisia). L’autrice ha collaborato alla produzione delle ricostruzioni virtuali delle domus di età ellenistico-romana oggetto di studio (domus “IA-IB” del Quartiere Ellenistico Romano di Agrigento, abitazioni puniche note come “Casa della Cascata”, a Utique, e “Casa a doppio Peristilio”, a Kerkuoane, queste ultime in Tunisia.

 

Il Progetto “NEPTIS - Soluzioni ICT per la fruizione e l’esplorazione aumentata di Beni culturali” è stato realizzato nell’ambito del Programma Operativo Nazionale “Ricerca e Competitività” 2007-2013 (Partners: Università degli studi di Palermo, Università di Catania, Consiglio Nazionale delle Ricerche, PITecnoBio, IDS&Unitelm). L’autrice, insieme al Prof. Arch. Fabrizio Agnello e alla Dott. ssa Archeologa Giusy Galioto, si è occupata dello “Studio di modelli tridimensionali e ricostruzioni virtuali del patrimonio architettonico da utilizzare nelle ICT”, relativamente alla domus Casa B dell’Isolato 8, nel sito archeologico di Eraclea Minoa (Agrigento).

 

 

In entrambi i casi gli output finali sono stati dei prodotti multimediali per la fruizione di reperti e siti archeologici (video, sistemi di esplorazione e navigazione 3D). Queste due attività di ricerca menzionate sono frutto dell’esperienza interdisciplinare che hanno visto coinvolti principalmente un architetto esperto in tecniche di modellazione 3D e visualizzazione interattiva dell’architettura e un archeologo. Una collaborazione che si è dimostrata efficace fin dalle prime fasi della ricerca quando, durante i sopralluoghi congiunti e le attività di rilievo, il ruolo fondamentale dell’archeologo è stato senz’altro quello di sapere interpretare e osservare tracce di un costruito non facilmente riconoscibile.

 

Nella fase successiva di ricerca all’architetto spettava il compito di dare forma alle ipotesi ricostruttive formulate insieme all’archeologo; a quest’ultimo il compito di comprendere le logiche di strumenti estranei alla propria formazione e mettere a frutto le loro potenzialità, nonché contribuire al controllo delle scelte riguardanti i processi di comunicazione virtuale e le soluzioni grafiche proposte.

 

Si sottolinea, infine, che qualsiasi soluzione ricostruttiva elaborata rappresenta, in ogni caso, un punto di partenza, poiché essa va letta come il tentativo di dare inizio a un dialogo tra gli esperti, un invito a porsi ulteriori interrogativi e a fornire altre soluzioni interpretative. Ciò, coscienti del fatto che l’obiettivo di una ricostruzione virtuale è quello di proporre un’ipotesi plausibile ma non assoluta: “nessuno studio ricostruttivo sarebbe tale se si conoscessero tutti i particolari esecutivi e decorativi originali. Non si tratterebbe più di ricostruzione, ma di restituzione” (Gabellone, 2012).

 

Pertanto, nell’elaborare una ricostruzione virtuale non devono mai mancare la giusta attenzione nella scelta di soluzioni grafiche e la documentazione del processo di ricerca e dei dati raccolti che hanno permesso di avvalorare un’ipotesi piuttosto che un’altra.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

E. Demetrescu, Modellazione 3D, visualizzazione scientifica e realtà virtuale, in Atti del II Archeologia virtuale – La metodologia prima del software (Roma, 5-6 aprile 2011), a cura di S. Gianolio, Roma 2011.

F. Gabellone, La trasparenza scientifica in archeologia virtuale. Commenti al Principio N. 7 della Carta di Siviglia, 2012.

A. Guidazzoli, L’esperienza del CINECA nel campo della Virtual Archaeology, in Colarini A., Scagliarini Corlàita D. (a cura di), UT NATURA ARS. Virtual Reality e archeologia. Studi e Scavi, Bologna 2007.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]