La complessa
personalità che caratterizza chi prova piacere
soltanto quando riesce a soprafare ed a dominare la
propria vittima è stata oggetto di infinite
indagini, dando luogo alle più disparate
interpretazioni…secondo la più comune, di stampo
psicopatologico, lo stupratore non sarebbe altro che
un sadico poiché il suo impulso alla violenza in
realtà non viene determinato da un eccesso di
desiderio, ma da una forte aggressività che trova
espressione nell’atto sessuale.
La vittima per lo
stupratore, rappresenta l’oggetto sul quale
canalizzare l’angoscia di cui è preda e il senso di
castrazione e di impotenza maturati per i più
svariati motivi nei confronti del sesso femminile.
Lo stupro diventa pertanto il mezzo distorto
attraverso il quale riesce ad amar4e sessualmente
una dona.
Viene però da
chiedersi, considerando quanto numerosi siano i casi
di stupro, se davvero esista una percentuale cosi
elevata di individui affetti da sadismo.
Si potrebbe cosi
azzardare un’ipotesi diversa e cioè che alla base
del fenomeno in netto aumento degli stupri vi sia
una forma di disturbanza di tipo culturale piuttosto
che psicologica.
A quanto affermano le
psicoanaliste dell’ultima generazione, la
dissoluzione dei ruoli tradizionali avrebbe
provocato nel maschio una perdita di identità per
cui il ricorso alla violenza nei confronti
dell’altro sesso avrebbe lo scopo di riaffermare la
propria identità di maschio piuttosto che essere
finalizzata alla semplice ricerca del piacere
fisico.
La violenza sessuale è
diventata più offensiva e più crudele nell’epoca
dell’emancipazione femminile e della liberazione dei
costumi. Nonostante il mutamento delle norme morali,
il rapporto uomo-donna non è stato organicamente
rivoluzionato. L’uomo continua a vedere la donna un
essere inferiore, un corpo da aggredire, un oggetto
per provare piacere. Secondo tale logica, la femmina
deve essere posseduta dal maschio, che in tal modo
può esibire il suo patronage.
Ma va fatta anche
un’altra riflessione….l’uso dilagante della
pornografia e gli stereotipi dei mass media, che
fanno del corpo della donna una bellezza fisica
pronta e disponibile, rappresentano ulteriori
condizionamenti maschilisti.
Essi sono
potenzialmente tesi al richiamo della violenza e del
possesso e inoltre suffragati dall’ideologia della
struttura genetica nel rapporto uomo-donna, che
considera l’uomo-forte e la donna-debole,
l’uomo-soggetto storico e la donna-oggetto della
natura. Ecco perché, nonostante le nitide geometrie
dell’età tecnologica, la violenza sessuale ancora
sopravive; anzi essa sotto la crosta di un costume
fitto di pregiudizi, è diventata ancor più raffinata
ed ipocrita.
Connaturata alla
cultura maschilista dominante, essa attraversa tutte
le barriere geografiche, ideologiche e sociali. Ciò
che spinge alla violenza sessuale non è il desiderio
sessuale, bensì il desiderio di umiliare la vittima.
Perciò come le altre perversioni, la violenza è
prodotta nel violentatore dal rapporto disturbato
con il femminile e con la propria sessualità. Ci si
sfoga su chi può opporre meno resistenza, su chi è
più vulnerabile. Nel violentatore, come ha detto lo
psicologo G.Abraham, “non c’è piacere ma solo
consumo, voglia di sensazioni forti”; i casi di
cronaca sono sempre più frequenti, ma le violenze
più amare sono quelle che avvengono tra le mure
domestiche, sia perché esse rimangono impunite, e
soprattutto perchè le vittime subiscono violenze per
anni, e i loro aguzzini sono familiari o comunque
persone con le quali esistono legami di parentela;
questo può danneggiare la provata psicologia di chi
è costretto a subire.
Purtroppo solo
pochissimi abusi sessuali arrivano in tribunale,
altri rimangono celati, da un celato muro di omertà
eretto principalmente per paura, o per vergogna
delle stesse vittime. Per non parlare delle tante
violenze compiute all’interno del matrimonio. Molte
donne le subiscono per anni, a volte per tutta la
vita, senza avere il coraggio di ribellarsi, poiché
a dispetto di ogni progresso culturale, sono ancora
poche quelle che trovano la forza di rivolgersi alla
polizia.
La violenza carnale,
qualunque sia la motivazione che la determini,
rimane un crimine gravissimo che lascia nella
maggior parte dei casi ferite che non possono essere
rimarginate. È un arma di grande efficacia che
arreca danni psicologici gravissimi, per rimediare
ai quali la vittima è spesso destinata ad impiegare
addirittura il resto della propria vita.
Ed è questo che
dovrebbero tenere in mente i giudici nell’emettere
sentenza contro i responsabili di reati del genere.
Quindi il prefetto di Roma Achille Serra, avrebbe
dovuto contare fino a 1000 prima di dire che la
colpa è delle donne perché devono fare più
attenzione….
Fino a qualche tempo
fa, lo stupro era rubricato nel codice penale, come
reato contro la morale, e non contro la persona.
L’assurdità di questa
situazione era determinata dai cascami di certa
morale cattolica dura a morire che, negando
qualsiasi diritto alla donna violentata, spostava
l’accento sull’offesa che lo stupro infliggeva al
comune senso del pudore e della decenza.
Alla povera donna
violentata non restava che patire l’umiliazione e il
sospetto, nutrito dai moralisti offesi, di essere in
qualche modo responsabili delle “pesanti” attenzioni
ricevute.
Fortunatamente questo
sconcio ha avuto fine e così, da poco, lo stupro è
diventato reato contro la persona, comportando un
maggiore.