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N. 24 - Maggio 2007

La violazione dei diritti umani in DarfUR

Progressi e regressi del Consiglio Diritti Umani

di Stefano Crescenzi

 

Le drammatiche condizioni in cui versano le popolazioni nella regione del Darfur, in Sudan, sono note a tutti da tempo.

 

Ma la comunità internazionale, oltre che su singole azioni e iniziative individuali di pochi stati, non riesce a trovare una via da percorrere per porre fine a questa situazione, rimanendo incapace di approntare delle misure efficaci per la risoluzione del conflitto, condizione ormai permanente dovuta anche dalla mancata collaborazione del governo sudanese.

 

La questione del Darfur, è stata di recente oggetto di discussione a Ginevra, nel corso della quarta sessione ordinaria del Consiglio Diritti Umani (in seguito CDU), la nuova istituzione delle Nazioni Unite, creata nel giugno 2006 in sostituzione della vecchia Commissione Diritti Umani, e appena conclusasi lo scorso 30 marzo.

 

Oggetto di una risoluzione del Consiglio, la S-4/101, adottata nel dicembre 2006 al termine di una sessione speciale del CDU, la drammatica situazione che persiste tuttora nella regione del Sudan, ha letteralmente diviso l’assemblea convenuta in seduta plenaria del Consiglio il 16 marzo scorso, data in cui è stata affrontata in aula la tematica.

 

L’elemento che ha innescato una pesante reazione a catena tra i vari Stati presenti, e che ha sancito l’allontanamento delle posizioni degli stessi sulla questione, è stato proprio il rapporto della Missione di Alto Livello capeggiata dal premio Nobel per la Pace Jody Williams, istituita proprio nel dicembre scorso con lo scopo di redigere un rapporto sulla situazione in Darfur, attestare le eventuali violazioni dei diritti umani delle popolazioni interessate, tramite una visita nella regione e nelle zone limitrofe.

 

Proprio al termine della presentazione di tale rapporto, la delegazione del Sudan ha dichiarato, usufruendo del diritto di replica concessogli in quanto concerned country (paese interessato), l’impossibilità di poter riconoscere la legittimità della Missione di Alto Livello, rigettando di conseguenza il rapporto da essa presentato.

 

Ciò era motivato, secondo il Sudan, dalla mancanza di obiettività, di oggettività e di imparzialità dei membri che componevano la missione, criteri essenziali per poter approvare un rapporto di questo tipo.

 

Inoltre, i delegati sudanesi hanno attaccato la composizione stessa della missione, ed in particolare uno dei suoi membri, in quanto avrebbe rilasciato delle dichiarazioni ufficiali, in merito alla questione del Darfur, contrarie al governo del Sudan ancor prima di iniziare la visita nella regione interessata, venendo meno ai criteri di cui sopra.

 

A far eco alle dichiarazione del Sudan, è intervenuta subito l’Algeria che, parlando a nome dell’Unione Africana (è il turno di presidenza algerino), ha attaccato anch’essa la composizione della delegazione, dichiarando l’impossibilità per i paesi a nome di cui parlava, di accettare per veritiero un rapporto ritenuto fazioso e privo di fondamento, in quanto la missione ha fallito il suo scopo (visitare il Darfur) e quindi sarebbe da ritenersi non valida.

 

In verità la missione di alto livello non ha potuto raggiungere la regione del Darfur e constatare in presa diretta la violazione dei diritti umani e le condizioni delle popolazioni locali, per il solo motivo che il governo del Sudan ha rifiutato di far avere ai componenti della stessa i visti necessari per l’ingresso nel paese, manifestando apertamente di ostacolarne il lavoro, contrariamente alle dichiarazioni attraverso cui aveva assicurato al CDU la sua collaborazione nel dicembre 2006.

 

Alle dichiarazioni del Sudan e dell’Algeria si sono aggiunti poi sia i paesi del gruppo islamico (OIC) che quelli del gruppo asiatico, a priva vista omogenee alle posizioni del governo sudanese.

La posizione europea, espressa dal delegato della Germania a nome dell’UE, ha invece posto l’accento sulla necessità di trovare soluzioni efficaci per risolvere la situazione in Darfur e, richiamando l’attenzione dei presenti sugli aspetti sostantivi del Rapporto della Missione di Alto Livello della Williams, che riguardano le testimonianze dirette delle gravi violazioni perpetrate da funzionari del governo sudanese, da membri delle milizie governative e dei ribelli.

 

La Germania si è inoltre dichiarata molto soddisfatta per l’istituzione di una collaborazione con la Corte Penale Internazionale per l’individuazione e l’accertamento della responsabilità penale di chi ha commesso queste violazioni (coinvolgendo sia crimini contro l’umanità che crimini di guerra).

 

La delegazione tedesca è stata seguita e rafforzata nelle sue posizioni altri paesi europei, accompagnati da Stati Uniti, Canada, Australia e Nuova Zelanda, intervenuti nel corso del pomeriggio: Regno Unito, Francia, Olanda, Svizzera, Finlandia, Norvegia, Svezia, Austria, Portogallo.

 

Si è giunti perciò ad una rottura del consenso con cui si era approvata la risoluzione della sessione speciale di dicembre, che rende difficile l’approvazione di una nuova risoluzione o l’istituzione di un meccanismo di monitoraggio che faccia rispettare le decisioni del CDU.

 

Ma l’apparente uniformità delle posizioni, non deve ingannare, poiché alcuni Stati (in particolare paesi africani), che hanno deciso di non associarsi in maniera univoca alle dichiarazioni del gruppo africano, oltre che Paesi con una certa influenza come la Cina e il Giappone.

 

Al momento in cui si scrive (prima dell’adozione di eventuali decisioni sulla questione del Darfur in seno al Consiglio Diritti Umani), non sembrano esserci prospettive rosee per raggiungere posizioni comuni di condanna delle gravi violazioni dei diritti umani nella regione. Il premio Nobel per la pace Jody Williams, capo della Missione di Alto Livello che tanto ha diviso le posizioni tra gli Stati,  ha concluso affermando che nessun attacco personale ai componenti della missione potrà mai cambiare le condizioni di grave sofferenza e di disagio in cui versano le popolazioni civili del Darfur. Né tanto meno potranno mai ripagare tutte le vittime di violazioni dei diritti umani, considerato che un attacco diretto ai membri della missione non pone in discussione la questione sostanziale del Rapporto della stessa.

 

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