N. 35 - Novembre 2010
(LXVI)
"VIETATO PENSARE A COLORI"
parole per una "giusta" luce
di Giulia Gabriele
Elisabetta
Iori
è
una
giovane
donna,
frequenta
la
Facoltà
di
Architettura
a
Roma
e
vuole
diventare
una
lighting
designer
di
successo.
Ed è
proprio
la
luce,
con
le
sue
assenze
e le
sue
presenze,
a
sottolineare
i
contorni
di
una
storia
di
cui
Leila Tavi,
Dottoranda
in
“Storia
dell’Europa
Orientale”
all’Università
di
Vienna
e a
Roma
Tre,
ha
armoniosamente
tirato
le
fila
sin
dalla
prima
pagina.
A
dispetto
del
titolo,
è un
racconto
pieno
di
colori:
bianco
come
l’Amore
(potrebbe
un
‘banale’
rosso
parlare
del
dolore,
della
tensione,
della
gioia,
della
speranza,
dei
ricordi
come
invece
può
il
bianco,
che
tutto
contiene?);
grigio
come
l’asfalto
che
Elisabetta,
in
motorino,
si
lascia
alle
spalle
col
giorno
e
con
la
notte;
arancione
come
le
luci
calde
che
di
sera
illuminano
Roma,
la
città
che
tutto
vede
e
tutto
tace;
verde
come
l’ossigeno.
E
nero…
nero
come
una
stanza
senza
luce.
Una
stanza
che
respira,
carica
di
dubbi
e
aspettative.
Affollata
da
parole
libere
dalla
voce.
E a
‘dipingere’
questo
libro
sono
in
tanti:
certamente
Elisabetta,
ma
anche
Giulio
Uberti,
il
suo
affascinante
capo
con
un
atteggiamento
da
Don
Giovanni;
Valentina,
amica
e
coinquilina
della
protagonista
che
si
rivelerà
fondamentale
per
lo
snodo
dell’intreccio;
il
severo
prof.
Palmieri,
relatore
della
Tesi
di
Elisabetta;
Nadia,
amica
accogliente
e
complice
delle
follie
della
ragazza;
Sergio,
un
amore
passato
e
indimenticato,
ma
senza
nostalgie
che
forse,
però,
si è
portato
via
un
po’
di
leggerezza.
Parallelamente
alla
vita
reale,
poi,
c’è
la
chat.
Elisabetta
decide
di
provare
a
entrare
nel
circuito.
Tutti
ne
parlano,
tutti
ne
fanno
parte.
Così
anche
lei
si
crea
un
profilo
in
un
forum
specializzato
e
inizia
a
chattare.
È
scettica
sul
fatto
che
si
possa
realmente
trovare
così
il
Principe
azzurro,
ma
tentar
non
nuoce.
Le
conversazioni
risultano
spesso
banali
e
noiose,
ma
non
certo
per
colpa
dell’autrice,
che,
invece,
ha
fortemente
voluto
riportarne,
il
più
fedelmente
possibile,
degli
stralci.
Il
mondo
delle
chat,
insomma,
non
è
affrontato
con
superficialità,
tutt’altro.
Se
la
Tavi
si è
approcciata
a
questa
tipologia
di
comunicazione
per
ricerche
universitarie,
la
protagonista
lo
fa
per
curiosità
e,
tra
la
montagna
di
qualunquismi
e
mediocrità,
forse
trova
il
suo
principe.
Ma
Uberti
è
sempre
più
vicino…
Accanto
alla
‘lotta’
tra
Reale
e
Fittizio,
si
dipana
anche
la
scoperta
di
un
mestiere
poco
noto:
quello
del
lighting
designer.
Un
mestiere
che
plasma
la
luce
per
nascondere
o
scoprire.
Un
mestiere
che
è
intorno
a
noi,
anche
se
noi
non
ci
badiamo.
Un
mestiere
di
cui
la Tavi
scrive
a
ragion
veduta,
coadiuvata
da
Luciano
Stignani,
un
eccellente
lighting
designer,
appunto:
non
improvvisa
niente
l’autrice.
Un
mestiere
che
si
riduce,
privato
di
calcoli
e
sovrastrutture,
a
una
scintilla…
quella
elettrica
della
lampadina
o
quella
naturale
del
fuoco,
simile
a
quella
della
vita
stessa,
dell’amore.
E
non
a
caso
la Tavi
ha
scelto
proprio
questo
mestiere
per
raccontare
la
storia
di
un
amore
possibile.
Una
storia
leggera
come
può
esserlo
avere
i 20
anni
(o
poco
più)
di
Elisabetta.
Una
storia
pensata
e
ragionata
come
i
quasi
40
anni
dell’autrice.
Una
storia
dalla
giusta
luce,
che
né
acceca
con
aforismi
e
parole
barocche
né
offusca
con
drammi
e
complessi.
Una
storia
che
ha
spazio
per
una
dolce
cagnetta
e
per
un
variegato
codazzo
di
gatti:
per
la
dipendenza
e
l’indipendenza.
Dall’Amore.
Bianco,
come
la
Luce.
Di
cui
noi
Uomini,
creature
imperfette
e
sfaccettate,
siamo
il
Prisma.
Se
sia
davvero
possibile
vivere
senza
“pensare
a
colori”,
sta
a
noi
deciderlo.
Leila
Tavi
prova,
con
semplicità
e
maestria,
a
darci
la
sua
risposta…
tutta
da
leggere.