N. 2 - Febbraio 2008
(XXXIII)
I
VIAGGI DI SAN PAOLO IN GRECIA
ASPETTI ARCHEOLOGICI - Parte I
di
Maria Cristina Ricci
La cronologia relativa a
San Paolo è stata oggetto di svariati studi, ed ancora
oggi gli esegeti non sono del tutto concordi; nel testo
è stata seguita la datazione proposta da R. Fabris, che
colloca il secondo viaggio missionario di San Paolo
negli anni 50-52 d.C.; A. Penna propone una cronologia
compresa tra gli anni 50-53 d.C., mentre M. Adinolfi tra
il 49 ed il 52 d.C. Il viaggio si svolse per terra e per
mare.
Tra le strade percorse da
Paolo va ricordata la via Egnazia. Costruita con chiari
intenti militari, da Apollonia-Dyrrachion
attraversava i Balcani, toccando in Macedonia Eraclea,
Edessa, Pella, quindi i centri interessati dal viaggio
di san Paolo, da Tessalonica a Neapoli. Superata la
Tracia, la strada giungeva fino all'Ellesponto e a
Bisanzio. La sua cronologia è ancora motivo di
discussione: F.W. Walbank ritiene possibile che la
strada sia stata costruita qualche anno dopo la
riduzione a provincia della Macedonia (146 a.C.).
Al contrario G. Molisani
tende ad alzare la cronologia agli anni immediatamente
successivi al 168 a.C., quando i Romani sconfissero
Perseo, in base a due iscrizioni che riportano il nome
di Cn. Egnatius: la prima (Suppl. CIL III,98),
scoperta a Corinto sul basamento di una statua, secondo
Molisani è precedente al 146 a.C. (anno in cui Corinto
fu distrutta), la seconda, trovata a Lucus Feroniae,
è di età repubblicana (lo studioso pur con qualche
incertezza suggerisce di sciogliere l'abbreviazione
PR PR di quest'ultima iscrizione con praetor
proconsole; anche se gli ex pretori potevano
governare province di media importanza, va però detto
che questo scioglimento è piuttosto insolito).
F.W. Walbank tuttavia non
accetta una datazione così alta e ritiene più plausibile
che il Cn. Egnatius della strada omonima sia
stato, nel 145 a.C., il diretto successore di
Metellus Macedonicus, primo governatore della
provincia macedone. Inoltre non è escluso che la persona
citata nell'epigrafe di Corinto abbia vissuto in questa
città anche dopo il 168, periodo in cui avrebbe comunque
potuto offrire i propri servizi a L. Antonius
Damonicus, i cui figli fecero costruire la statua
dedicatoria.
Anche sull'interpretazione
di PR PR data da G. Molisani lo studioso ha
sollevato alcuni dubbi, notando che il miliario scoperto
a Gallico, in cui compare il nome di Cn. Egnatius,
presenta l'abbreviazione PRO COS (proconsul),
che, in base a quanto riportato, andrebbe sciolta come
praetor proconsule, dando luogo ad una evidente
forzatura.
Per Aik. Romiopoulou Cn.
Egnatius appartenne alla tribù Stellatina,
rivestendo la carica di proconsole tra gli anni 146 e
120 a.C.; St. Samartzidou, che ha esaminato un altro
miliario (Kavala Museum
L 1209) trovato ad Amygdaleon, con un'iscrizione bilingue
in cui compare il nome di Cn. Egnatius, si limita
a presentare le varie ipotesi avanzate dai suoi
predecessori.
Il viaggio di Paolo per
Atene invece si svolge per mare, probabilmente partendo
da Pidna o da Dium; è probabile che la rotta
abbia costeggiato la Tessaglia passando successivamente
per il mare Euboicum attraverso lo stretto dell'Euripo
e doppiando il Capo Sunio. Molte fonti attestano il
passaggio delle navi attraverso lo stretto dell’Euripo,
nonostante fosse largo solo 60 m. e le sue correnti, in
base alla testimonianza di Strabone (Strabo IX 403),
Seneca (Sen. Herc. Oet. 779-781), Plinio (Nat.
Hist. II 219) e Pomponio Mela (Pompon. Chor.
II 108), cambiassero frequentemente corso di giorno e di
notte; anche il Casson sostiene che San Paolo lo abbia
attraversato. Di diverso avviso è il Fabris, che
considerando la pericolosità di questo tratto di mare,
ha ipotizzato che l’Apostolo sia passato al largo dell’Eubea.
Da Atene a Corinto,
mancando elementi interni al testo che indichino un
viaggio per nave, forse Paolo seguì un tratto della via
Sacra e la via Scironiana; da questa strada,
attraversato il Diolkos, si poteva raggiungere Corinto
da nord, passando per il porto del Lechaion,
oppure da sud, superando Isthmia e Kenkreai.
Il viaggio in Asia Minore
si era concluso con l'imbarco da Troade in Frigia alla
volta della Macedonia, dove San Paolo ed il suo seguito
approdano dopo aver oltrepassato Samotracia.
Neapoli
(At. 16,11)
Il porto che li
accoglie è quello di Neapoli, punto di scalo della più
importante Filippi, ad esso collegata dalla Via Egnazia;
questo centro portuale, tappa di passaggio per Paolo,
non ha lasciato grandi tracce della sua passata
esistenza (At. 16,11:
'Anacqšntej dš ¢pÕ TrJ£doj eÙqudrom»samen e„j Samoqr®khn,
tÍ dš ™pioÚsV e„j Nšan pÒlin;
sul suo sito è sorta
l'odierna Kavala, la cui presenza non ha permesso di
condurre in quest'area opportune indagini archeologiche.
Al contrario, lungo il
tratto di strada di circa 12 miglia che unisce l'antica
Neapoli a Filippi, nella località di Vassilaki vicina al
villaggio di Amygdaleonas, sono stati riportati
alla luce i resti di una fonte e di alcuni pozzi,
identificabili con la statio Fons co; segnalata
nella Tabula Peutingeriana segm.
VII,3 tra Filippi (It. Ant.
320,5 mpm XXXIII; It. Hier. 603,10 mil. 10) e
Nespoli (It. Ant. 321,1 mpm XII; It.
Hier. 603,9 mil. 9) col disegno stilizzato
di un tempio; per i Levi indicava la presenza di alloggi
per i viandanti, mentre per Bosio un importante centro
cultuale che avesse anche la funzione di mansio.
La via Egnazia da Neapoli
si dirigeva verso ovest, lungo un percorso che fu
successivamente ripreso in età medievale dalla strada
lastricata del monastero di San Silas; attraversato lo
stretto passaggio tra le pendici del monte Symbolon la
strada girava intorno ad una collina fortificata, ai cui
piedi sono stati trovati i resti della fonte, superava
l'odierna Amygdaleon per proseguire nella piana
di Filippi con orientamento SE-NO.
Filippi
(At. 16,12-40)
All'altezza della località
Megalo Lithari, dove fu eretto il monumento al
legionario Gaio Vibio Quarto (CIL X,647) e dove la
presenza di una fonte aveva inizialmente portato a
credere che qui si trovasse Fons CO, la strada
piegava bruscamente ad angolo retto e si dirigeva ad
ovest, nella città di Filippi, che sorgeva al centro di
una zona molto fertile, ricca di fiumi e ruscelli; oggi
la sua posizione è messa in evidenza da un'ansa
piuttosto accentuata della strada Kavala-Dramas, a circa
12 km a nord di Kavala. Dalla grande Porta di Neapoli,
difesa da due torri avanzate, la Via Egnazia, passando
lungo il lato settentrionale del foro, attraversava la
città della quale era l’asse urbano principale.
Qui San Paolo inizia
a diffondere il nuovo Credo, rivolgendosi soprattutto
alla comunità ebraica del posto che, per celebrare i
propri riti (il luogo di preghiera probabilmente era un
recinto a cielo aperto), si riuniva il sabato fuori da
Filippi oltre la porta occidentale, nei pressi di un
fiume (At.16,13
tÍ te ¹mšrv tîn sabb£twn ™x»lqomen œcw tÁj pÚlhj par¦
potamÕn oá ™nom…zomen proseuc¾n eŒnai, kaˆ kaq…santej ™laloàmen
ta‹j sunelqoÚsaij gunaic…n).
Probabilmente i Giudei non
volevano celebrare i loro riti in un ambiente in cui
prevalevano i culti pagani; inoltre non è da escludere
che questa comunità fosse talmente piccola da non
potersi permettere di costruire una sinagoga. Durante il
suo regno Claudio aveva emanato una legge secondo cui
gli ebrei, a causa dei recenti tumulti che avevano
causato, non potevano risiedere a Roma; è possibile che
qualche colonia abbia seguito l'esempio della capitale.
La frase
™x»lqomen œcw tÁj
pÚlhj par¦ potamÕn
si riferisce con ogni probabilità ad una porta,
identificata da alcuni con una volta monumentale, ancora
esistente ai tempi di Collart, che sorgeva presso le
sponde del fiume Angites. L'arco, dalle linee
semplici e a fornice singolo, era stato costruito sulla
linea del pomerium; la zona compresa tra questo e
la cinta muraria era considerata sacra.
Tuttavia, se lo si
confronta con monumenti simili (ad es. ad Aosta e a
Gerasa) si nota che in genere la loro distanza dalle
mura non supera i 400 m, mentre in questo caso raggiunge
i 2 km.; di conseguenza il Frothingham ha considerato il
monumento di Filippi un arco territoriale che marcava la
zona rurale della città, non quella urbana.
Secondo altri studiosi
invece questo monumento commemorava la battaglia di
Filippi che in effetti si era svolta nelle vicinanze,
mentre Koukouli-Khrysantaki identifica più semplicemente
l'arco con la porta occidentale della città, e riconosce
nel fiume citato uno dei tanti ruscelli che scorrono nel
territorio di Filippi; tuttavia ogni ipotesi presentata
non ha avuto finora conferma, quindi la questione è
ancora aperta.
Invece sulla presenza di
ebrei a Filippi è stata scoperta di recente, presso il
cimitero ovest, una stele molto interessante, che
conferma l'esistenza di questa comunità.
Si tratta di una
lastra in marmo locale, la cui larghezza diminuisce
verso la base, lavorata rozzamente, priva di cornice,
con sommità curva. Le numerose scheggiature presenti
lungo i bordi, specialmente quelle sul lato sinistro e
sulla sommità, non impediscono la lettura dell'epigrafe
greca che al primo rigo è preceduta da una foglia
d'edera. Le dimensioni sono: altezza 90 cm, larghezza
alla sommità 70 cm, larghezza alla base 58 cm; lo
spessore varia dai 10 ai 15 cm; le dimensioni delle
lettere hanno un'altezza tra i 3 ed i 5,5 cm.
Catalogazione: trovata nel cimitero occidentale di
Filippi, è oggi conservata nel museo della città (N° inv.
L1529).
NIKOSTRATO
AUR.OCUCOLIOS
EAUTO KATASKEU
BASA TO CAMWSO
RON TOUTW. OS AN DE
ETERWN NEKUN KATAQE
SE DWSIPROSTEIMOU THSU
NAGWGH
Q
MR |
NikÒstra(toj)
AÙr(»lioj)
'OcucÒlioj
™autý kataskeÚ
basa tÕ camw/so
ron toÚtw.–
Oj ¨n dš
›terwn nškun kataqš
se(i) dèsi proste…mou tÍ su
nagwgÍ
Q
MR |
“Nikostratos Aurelios
Oxycholios stesso ha costruito questa tomba. Se qualcuno
vi deporrà il cadavere di altri pagherà una multa alla
sinagoga”.
Dallo studio dei nomi di
vari ebrei stabilitisi in Grecia è emerso che era
piuttosto comune usare la lingua e l'onomastica greca (Nikostratos
Oxycholios) oltre al gentilicium romano (Aurelios);
tuttavia ciò non dimostra che questa minoranza si fosse
integrata con la gente del posto.
In particolare l'analisi
del nome ricordato nella stele permette la datazione
della tomba, poiché il gentilicium indica una
data non antecedente al 212 d.C., anno della
Constitutio Antoniniana, e il cognomen greco
Oxycholios compare solo a partire dal III sec.
d.C. Di conseguenza la tomba è d'epoca posteriore al
viaggio di San Paolo, ma costituisce una testimonianza
tangibile dell'esistenza a Filippi di una comunità
ebraica nel III sec.
La predicazione in
questa città si rivelò fruttuosa e portò alla
conversione di Lidia, una commerciante di porpora, e
della sua famiglia (At. 16,14
kaˆ
tij gun¾ ÑnÒmati Lud…a, porfurÒpwlij pÒlewj Quate…rwn
sebomšnh tÕn qeÒn, ½kouen, Âj Ð kÚrioj d»noixen t¾n kard…an
prosšcein to‹j laloumšnoij ØpÕ toà PaÚlou.
15
æj dš ™bapt…sqh kaˆ Ð oŒkoj
aÙtÁj).
La guarigione di una
schiava posseduta, che aveva la facoltà di predire il
futuro, fu per i padroni motivo di profondo risentimento
nei confronti di San Paolo, a tal punto che lo
condussero nella pubblica piazza affinché fosse
giudicato dai capi della città.
L'agorà cui si fa
riferimento nel testo greco (At.16,18
›lkusan e„j t¾n ¢gor¦n ™pˆ toÝj ¥rcontaj)
oggi presenta solo resti di fase antonina; le indagini
di scavo hanno mostrato che alcuni edifici pubblici,
tutti orientati a NE-SO, sono stati rifondati, con le
stesse funzioni ma con
un'architettura più imponente, sullo stesso sito
occupato dalle strutture preesistenti.
Il lato occidentale della
piazza aveva carattere prevalentemente amministrativo,
quello orientale era dedicato al culto dell’imperatore e
della sua famiglia, mentre lungo il lato meridionale
erano disposte delle botteghe.
Il lato settentrionale
infine era chiuso da una fila di monumenti che
fiancheggiavano la tribuna degli oratori, o bema,
formato da una struttura indipendente (infatti non era
il prolungamento del pronao di un tempio, né
dipendeva da una scalinata anteriore), addossata alle
mura del Foro e alla strada, in modo da dominare così
tutta l'area della piazza.
Secondo alcuni Paolo fu
giudicato proprio di fronte al bema, sebbene
altri propongano di cercare il luogo del processo tra
gli edifici del lato occidentale dell'agorà, dove,
nell'angolo NO, è stata localizzata la curia, sede degli
strategoi o archontes, cui era affidato il
compito di giudicare i reati di tradimento e di
impietas (asebeia, capo di accusa contro
Paolo secondo la voce del popolo).
Anche questa struttura fu
ricostruita nel II secolo d.C. nello stesso sito
occupato durante la fase giulio-claudia.
Nell'area centrale del
foro si ergevano numerosi monumenti e statue dedicati a
cittadini di rilievo(vedi ad esempio l'iscrizione per
M. Lollius di I sec. a.C.), ad antichi re traci
(vedi l'iscrizione per Roemitalces, che si
schierò con Roma per reprimere varie ribellioni
sviluppatesi in Tracia nel corso del primo trentennio
del I sec. d.C.) e ad imperatori tra cui spiccano un
ritratto di marmo in onore del giovane Ottaviano o di
Gaio Cesare, risalente ai primi venti anni del I sec.
d.C., ed un altro di Lucio Cesare, dello stesso periodo.
Con le loro accuse i padroni della
schiava riuscirono a far rinchiudere in prigione Paolo e
Sila (At.16,23
poll£j
te ™piqšntej aÙto‹j plhg¦j ™/balon e„j fulak¾n paragge…lantej
tù desmofÚlaki ¢sfalîj thre‹n aÙtoÚj),
finché un terremoto di notevole intensità, verificatosi
nella notte, non convinse i capi a liberare i due
prigionieri, che nel frattempo avevano reso noto il loro
stato di cittadini romani (At.16,26
¥fnw dš seismÕj ™gšneto mšgaj éste saleuqÁnai t¦
qemšlia toà desmwthr…ou: º neócqhsan dš paracrÁma aƒ
qÚrai p©sai kaˆ p£ntwn t¦ desm¦ ¢nšqh
... 35 `Hmšraj
dš genomšnhj ¢pšsteilan oƒ strathgoˆ toÝj ·abdoÚcouj
lšgontej: ¢pÒluson toÝj ¢nqrèpouj ™ke…nouj.
36
¢p»ggeilen dš Ð desmofÚlac toÝj lÒgouj toÚtouj prÕj tÕn
Paàlon Óti ¢pšstalkan oƒ strathgoˆ †na ¢poluqÁte: nàn
oân ™celqÒntej poreÚesqe ™n e„r»nV. 37
Ð dš
Paàloj ™/fh prÕj aÙtoÚj: de…rantej ¹m©j dhmos…v ¢katakr…touj,
¢nqrèpouj `Roma…ouj Øp£rcontaj, œbalan e„j fulak»n, kaˆ
nàn l£qrv ¹m©j ™kb£llousin; oÙ g£r, ¢ll¦ ™lqÒntej aÙtoˆ
¹m©j ™xagagštwsan.
38
¢p»ggeilan
dš to‹j strathgo‹j oƒ ·abdoàcoi t¦ ·»mata taàta. 'Efob»qhsan
dš ¢koÝsantej Óti `Roma‹o… e„sin,
39
kaˆ ™lqÒntej parek£lesan aÙtoÝj kaˆ ™cagagÒntej ºrètwn
¢pelqe‹n ¢pÕ tÁj pÒlewj).
Per lungo tempo è stata
identificata con la prigione una struttura romana,
probabilmente una cisterna, inglobata nel cortile
rettangolare che precedeva l'atrio della Basilica A (V
sec.); la presunta prigione diventò luogo di culto
cristiano dal periodo in cui vennero distrutte la
Basilica A e l'Ottagono (fine VI - inizi VII sec.), come
attestano gli affreschi lì ritrovati.
Recentemente M. Torelli ha
ipotizzato che in origine il cortile appartenesse a un
tempio romano orientato come l'ala occidentale del Foro,
con cui comunicava tramite la scalinata collegata con
l'arco d'ingresso e visibile davanti alla cisterna.
Ch. Koukouli Chrysantaki
sostiene che la cisterna fosse annessa ad un edificio
romano inglobato nel complesso della Basilica A, insieme
ad un altro edificio esistente ai tempi di Paolo, un
piccolo tempio formato da un pronaos ed una cella
e costruito in marmo (probabilmente questo edificio
templare risale al IV sec. a.C., ed era connesso con il
culto di Filippo II, come fa supporre un'iscrizione
riutilizzata in un muro della basilica).
Ripreso il viaggio, Paolo
e Sila si diressero verso la città di Tessalonica; il
percorso della Via Egnazia a questo punto attraversava
il ponte scoperto nei pressi del villaggio di Mavrolefki
e la piana di Filippi fino alla mutatio ad Duodecimum,
citata solo nell'Itinerarium Hierosolymitanum,
604,2, ed individuata tra la stazione
ferroviaria di Fotalivi e il raccordo con la strada
Eleutheropolis - Drama.
A questo punto, arrivata
alle pendici settentrionali del monte Pangeo, la strada
formava un arco e raggiungeva la mutatio Domerus
(It. Hier. 604,3), il cui nome è la forma
corrotta della parola doberus (“castello” in
macedone).
Il sito di questa tappa
potrebbe trovarsi presso il moderno villaggio di
Straviki (Draviskos).
Anfipoli
(At. 17,1)
Da qui la strada,
dirigendosi a sud, conduceva direttamente ad Anfiboli (It.
Ant. 320,4; Tabula Peutingeriana segm. VII,2
mp XXXIII da Tessalonica; It. Hier.
604,4 mil XIII da Domerus), sorta su una
collina (154 m s.l.m.) sulla riva destra della grande
ansa che il fiume Strymon forma poco prima di sfociare
nel Golfo di Orfani. Questo centro è citato in At.
17,1
DiodeÚsantej dš 'Amf…polin,
come semplice punto di passaggio: il tratto meridionale
delle mura cittadine presenta un'interessante porta
rinforzata con una torre rettangolare all'interno ed una
simile all'esterno, separate da un cortile: in età
augustea la porta fu restaurata, secondo quanto
riportato dalle iscrizioni di due basamenti di statue
poste ai suoi lati. Forse questa porta costituiva
l'uscita dalla città della via Egnazia, che entrava ad
Anfipoli da nord, probabilmente in corrispondenza con il
ponte ligneo tramite cui nel 424 a.C. Brasida riuscì a
penetrare nella periferia della città e a conquistarla (Thuc.
5.10.6).
Prima di giungere alla
città di Tessalonica la Via Egnazia passava per le tappe
Pennana (It. Hier. 604,5) e Perpidis (It.
Hier. 604,6), forse identificabile con l'Argilo
citata da Erodoto (VII, 115), oggi individuata presso
Asprovalta; da qui la strada costeggiava il golfo fino
alla moderna Kato Stavròs per poi penetrare
nell'entroterra e arrivare a Peripidis (nelle
strette vicinanze di Rendìna), situata sulle coste
orientali del lago Volvi (l'antico Bolbe), e
ritenuta il luogo dove fu sepolto Euripide (la parola
Peripidis è una forma corrotta per Euripidis).
Apollonia
(At. 17,1)
Sulle coste
meridionali del lago sorgeva Apollonia (It. Hier.
605,1; It. Ant. 320,3; Tab.
Peut. segm. VII,2),
altro punto di passaggio nel viaggio missionario di San
paolo (At.
17,1
DiodeÚsantej dš 'Amf…polin kaˆ t¾n 'Apollwn…an);
la situazione di questa città è unica tra tutte quelle
ricordate, perché non è ancora stata individuata con
certezza la sua posizione, sebbene si siano susseguite
numerose ricerche nel corso degli anni, dalla fine del
secolo XIX ad oggi; in base agli studi più recenti il
sito potrebbe essere localizzato nella zona compresa tra
i fiumi Megalo Reuma e Cholomontas Reuma (gli antichi
Amnites ed Olinthiakos), lungo la strada
Apollonia - Marathousa, dove sono stati trovati sia
frammenti ceramici risalenti all'età classica ed
ellenistica, sia i resti di una cinta muraria.
Tessalonica
(At. 17,1-9)
La Via Egnazia,
proseguendo il suo percorso, raggiungeva
Herakleustibus (It. Hier. 605,2) sorta a metà
strada tra i laghi Volvi e Koronia, dove oggi sorge il
villaggio di Stivos.
Oltrepassati questi siti
arrivava a Melissurgin (It. Ant. 320,2 mpm
XX da Tessalonica; per la Tab. Peut.
mp XVIII, segm. VII,2) (Aghios Vassilikos),
presso le coste sud-occidentali del Lago Koronia; quindi
la strada si dirigeva a nord fino a Duodecimum o
Duodea (It. Hier. 605,3), che
probabilmente si trovava nella zona compresa tra i
villaggi di Laina e Kisla.
Con una larga curva la
strada girava verso sud entrando nella città di
Tessalonica (Tab. Peut.
segm. VII,2), l'ultima delle tappe citate negli
Atti raggiungibili tramite la via consolare romana.
La via Egnazia collegava
la Porta Cassandreotica (Porta Calamaria) ad est con la
Porta d'Oro (oggi Porta Vardar) ad ovest, probabilmente
lungo il tracciato di una strada urbana di età
ellenistica.
Nella città esisteva
una fiorente comunità ebraica, cui facevano riferimento
tutti i giudei
di questa zona della Macedonia. San Paolo si diresse
subito tra loro e per tre sabati predicò nella sinagoga
(At. 17,2
kat¦
dš tÕ e„wqÕj tù PaàlJ e„sÁlqen prÕj aÙtoÝj kaˆ ™pˆ s£bbata
tr…a dielšcato aÙto‹j ¢pÕ tîn grafîn,
3
diano…gwn kaˆ paratiqšmenoj Óti tÕn cristÕn œdei paqe‹n
kaˆ ¢nasqÁnai ™k nekrîn kaˆ Óti oátÒj ™stin Ð cristÕj 'Ihsoàj
Ön ™gë kataggšllw Øm‹n. 4
ka…
tinej ™c aÙtîn ™pe…sqhsan kaˆ proseklhrèqhsan tù Paulù
tù kaˆ tù Sil´ tîn te sebomšnwn `Ell»nwn plÁqoj polÚ,
gunaikîn te tîn prètwn oÙk Ñl…gai).
Il successo riscosso
soprattutto tra i greci e tra le nobildonne del posto
causò una violenta ribellione tra i Giudei, che decisero
di portare di fronte ai capi della città Sila e Paolo;
non avendoli trovati a casa di Giasone, che li aveva
ospitati, portarono lui ed altri cristiani davanti al
popolo (At. 17,5
Zhlèsantej dš oƒ 'Iouda‹oi kaˆ proslabÒmenoi tîn ¢gora…wn
¥ndraj tin¦j ponhroÝj kaˆ Ñclopoi»santej ™qorÚbon t¾n
pÒlin kaˆ ™pist£ntej tÍ o„k…v 'I£sonoj ™z»toun aÙtoÝj
proagage‹n e„j tÕn dÁmon:
6
m¾
eØrÒntej dš aÙtoÝj œsuron 'I£sona ka… tinaj ¢delfoÝj ™pˆ
toÝj polit£rcaj boîntej Óti oƒ t¾n o„koumšnhn ¢nastatw/santej
oátoi kaˆ enq£de p£reisin, 7
oÞj
Øpodšdektai 'I£swn: kaˆ oátoi p£ntej ¢pšnanti tîn dogm£twn
Ka…saroj pr£ssousin basilša ›teron lšgontej eŒnai 'Ihsoàn).
Della sinagoga e della
casa di Giasone, come di numerosi edifici citati da
altre fonti, non sono state rinvenute tracce, mentre
alcuni saggi di scavo nell'agorà tardo romana condotti
al di sotto del lastricato pavimentale hanno riportato
alla luce una statua di Atlante tardo ellenistica e
frammenti ceramici di età poco precedente, che
documentano l'esistenza della fase ellenistica
dell'agorà.
Non mancano testimonianze
risalenti ad età repubblicana: ad O dell'agorà si apre
uno spazio libero in cui probabilmente in età romana fu
edificato un luogo di culto imperiale (BCH LXXXI
1958, pag. 759), come attestato da una statua di Augusto
(BCH LXIII 1939, pag. 315) venuta alla luce nel
1939; inoltre in una casa di Via dell'Olimpo è stata
scoperta un'iscrizione del 60 a.C. (IG
x I, No.
5). In base a quanto riportato da Cicerone, (Cic.
Planc., XLI.[99]) che visse per un certo periodo a
Tessalonica, c'era un Quaestorium di cui non si
sa nulla, come sono sconosciuti il palazzo e la piazza
con un tesoro seppellito al centro di cui parla Diodoro
Siculo (Diod. Sic. XXXII, 15,2); secondo Vickers si
potrebbe ipotizzare che il palazzo fosse quello di
Filippo V, il quale trascorse gli ultimi anni della sua
vita a Tessalonica.
La notte dello stesso
giorno in cui Giasone ed i cristiani che con lui erano
stati portati a giudizio vennero liberati, Paolo e Sila
furono costretti a riprendere il loro viaggio verso
Berea (Tab. Peut.
segm. VII,1).
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