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> Storia Antica

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N. 9 - Febbraio 2006

VETULONIA

La figura del guerriero - Parte I

di Sabrina Corarze

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Come per la maggior parte dei centri etruschi, anche per Vetulonia le fonti antiche non forniscono molte notizie. Il nome etrusco Vetluna o Vatluna ci viene conservato da qualche rara moneta in bronzo. Ad epoca arcaica (VII-VI secolo a.C. ) si riferisce la menzione di Dionigi d’Alicarnasso, l’unica di carattere storico-politico, che ricorda la città come alleata dei Latini insieme a Roselle, Volterra e Chiusi contro Tarquinio Prisco che regnava in quel tempo su Roma. Tuttavia la notizia è da prendere con cautela, dal momento che l’evento si riferisce ad un’età leggendaria. Silio Italico, altra fonte antiquaria, attribuisce a Vetulonia i simboli del potere accolti in seguito dai Romani e consistenti nel fascio littorio, la sedia curule eburnea, la toga con fascia purpurea e la tromba da guerra. La scoperta della Tomba detta del Littore per la presenza del caratteristico fascio, ha avvalorato l’ipotesi di tale paternità.

 

Figura 1

 

In quanto alla sua ubicazione, Tolomeo la colloca vicino a Massa Marittima, Plinio vicino al mare (Fig. 1).

La costruzione della via Aurelia dovette portare forse già nella seconda metà del III secolo a.C. alla romanizzazione di Vetulonia e del suo territorio, avvenuta forse in maniera pacifica, data l’assenza di notizie nelle fonti antiche. La città continuò a vivere un’esistenza piuttosto modesta, come si deduce dai resti di questo periodo, fino almeno al II secolo d. C., epoca a cui risalgono alcune iscrizioni che riportano i nomi dei vetuloniesi in servizio presso l’esercito romano.

 

Nel medioevo si nomina Vetulonia in due contratti di permuta terriera (nel 1181 e nel 1204); da questo momento il nome Vetulonia scompare sostituito da Colonna.

 

Nel rinascimento si risveglia l’interesse per Vetulonia, ma nessuno sa dove sia. Nel 1880 in seguito a scavi eseguiti sui poggi che circondano il paese di Colonna di Buriano, ai margini della pianura grossetana, Isidoro Falchi, medico condotto, propose di identificare il piccolo borgo con l’antica Vetulonia e dal 1887, con editto reale, il paese prese il nome della città etrusca.

 

A nord\ovest di Grosseto, situata su un alto colle (345 metri d’altezza) in posizione dominante sul Lacus Prile, uno dei bacini lagunari che caratterizzavano anticamente la costa della Toscana, aveva la possibilità di contatti con Populonia a nord e con Marsiliana a sud, e, attraverso il corso dell’Ombrone, con Chiusi e Volterra; la valle del Bruna la collegava a Roselle (Fig. 1). Probabilmente disponeva di un porto nei pressi di Castiglione della Pescaia e sicuramente dovette sfruttare la vicinanza del mare a fini commerciali (smistamento dei minerali provenienti dal Massetano), per i collegamenti con i centri costieri e con le isole. Sulle monete vetuloniesi del III secolo a.C. compaiono quasi sempre i simboli marini e sulla base del cosiddetto monumento di Claudio, da Cerveteri, la città è rappresentata da un giovane con un remo sulla spalla.

 

La figura del guerriero emersa dai contesti funerari

 

Sin dalle più antiche rappresentazioni preistoriche il capo è rappresentato come guerriero. A Vetulonia, similmente a quanto avviene nel resto dell’Italia medio-tirrenica, l’analisi dei corredi funerari mostra come venga esaltato il ruolo del guerriero.

 

Partendo dall’analisi degli oggetti caratterizzanti i suddetti corredi, nei successivi paragrafi si tenterà di analizzare la figura del guerriero vetuloniese per periodi cronologici, prestando attenzione all’evoluzione dell’armamentario, indicativo quest’ultimo della tattica di combattimento utilizzata.

 

Il protovillanoviano (X sec. a.C. ).

 

Il periodo in esame risulta scarsamente documentato.

 

Il villanoviano I (IX sec. a.C. )

 

Si tratta del periodo villanoviano più antico, quello di transizione dall’età del bronzo a quella del ferro. I sepolcreti (Fig. 2) sono divisi in due nuclei principali, distanti tra loro 2 km, forse corrispondenti a due villaggi diversi: 1) Poggio alla Guardia e Poggio alle Birbe ad est (con rinvenimenti anche a Belvedere e Poggio al Bello); 2) Colle Baroncio e Costa Dupiane a nord\ovest.

Si tratta per lo più di tombe a pozzetto, sebbene a Poggio alle Birbe compaiano le prime sepolture a inumazione, al cui interno è adagiata l’urna con le ceneri. L’urna può essere di due tipi: a) biconica, formata da due tronchi di cono congiunti con manico e avente per copertura una ciotola rovesciata con manico o un elmo crestato; b) a capanna, riproducente cioè le abitazioni del tempo.

 

Nel villanoviano più antico, caratterizzato da corredi modesti ed austeri, la funzione di guerriero è manifestata attraverso oggetti simbolici, quali gli elmi di terracotta utilizzati come coperchi degli ossuari biconici. Nella necropoli di Poggio Belvedere è stato rinvenuto un elmo-coperchio in cui sembra possibile riconoscere un modellino di casa quadrangolare. Questo tipo di copertura è un elemento di notevole rilevanza simbolica in quanto unisce all’ideologia dell’armato espressa dall’elmo quella della casa modellata nell’apice. L’urna a capanna, quasi sempre associata a personaggi di particolare rilievo, qui attribuisce ad un’unica persona (il pater familias) le due funzioni di custode della famiglia all’interno (capanna) e all’esterno (armi). A differenza delle asce, da considerarsi nel periodo in esame indicatori di status più che armi da combattimento, anche le lance sono chiari simboli di guerra e di valore.

 

La presenza dei soli elmi fittili e raramente di altre armi, riscontrata in queste più antiche tombe villanoviane, sembra avvalorare l’ipotesi di una voluta austerità nella deposizione funebre.

 

Gli oggetti di corredo di IX secolo tendono a rappresentare una società ugualitaria, rappresentata come comunità di guerrieri uniti fra loro dal grande compito sociale della guerra.

 

Figura 2

 

A Colle Baroncio entro un comune cinerario è stata rinvenuta una statuetta in bronzo, alta 5 cm, rappresentante un guerriero con elmo crestato in testa, vestito di una tunica che scende fino al ginocchio. È nell’atto di sguainare una spada, e tiene con la sinistra il fodero che gli pende al fianco; con la destra impugna con forza l’elsa. Questa statuina, oltre a confermare il tipo di armatura desumibile dai corredi funerari, permette di ipotizzare che il combattimento usato fosse il duello corpo a corpo.

 

Poggio alla Guardia

 

Fine IX secolo a.C. - tomba 90

Oggetti:

n° inv.

Ciotola di impasto

6244 B

Punta lancia in bronzo (fig. 3)

6246

Puntale di lancia in bronzo (fig. 4)

6247

Puntale di fodero di spada in bronzo

6248

Rasoio lunato in bronzo

6245

 

Figura 3

 

 

Figura 4

 

Il villanoviano II (inizio VIII – seconda metà VIII sec. a.C. )

 

Periodo di transizione tra la civiltà Villanova e l’età orientalizzante. Per Isidoro Falchi sono i Circoli interrotti di pietre rozze (figg. 2 e 8), caratteristici di Poggio alla Guardia, a segnare il trapasso tra le due epoche: le tombe racchiuse da tali circoli appartenevano alle famiglie di personaggi illustri che per motivi sociali tendevano ad isolarsi. Altra caratteristica di questo periodo è rappresentata dai “ripostigli stranieri”, buche incastrate fra i pozzetti villanoviani di Poggio alla Guardia, in cui non sono state rinvenute ossa né urne, ma esclusivamente oggetti di importazione. Per Falchi (1891) erano l’espressione di una nuova civiltà portata a Vetulonia da gente straniera. Per Cygielman (2002) sono semplici pozzetti villanoviani di cui non è stato riconosciuta l’urna cineraria perché di forma diversa dalla solita. Inoltre il corredo era simile a quello delle contemporanee tombe a fossa del secondo 50ennio dell’ VIII secolo a.C.

 

Nella prima metà dell’VIII secolo è infatti possibile cogliere i primi accenni di una profonda trasformazione all’interno della compagine sociale: le necropoli mostrano una volontà di caratterizzazione e diversificazione sociale. I personaggi maschili eminenti connotati come guerrieri, esibiscono nella deposizione funebre un armamento comprendente armi da offesa (lance con puntali e corte spade) e spesso da difesa (elmi e scudi), sia in bronzo che in ferro, che sembrerebbe effettivamente usabile. Questo tipo di armatura trova conferma in una statuina bronzea raffigurante un guerriero con scudo dietro le spalle.

 

Accanto alle tombe a pozzetto, in cui si segnala una netta superiorità dell’urna a capanna rispetto a quella biconica, compaiono tombe a fossa di inumati, accompagnate da corredo più ricco e sofisticato, con oggetti di importazione esotica che indicano nuovi rapporti anche con popolazioni molto lontane.

 

L’altissima frequenza di armi nelle tombe maschili e l’aumento di oggetti nei corredi rientra nel panorama culturale legato alla nascita di una aristocrazia, dipendente dalla precoce ricchezza derivata dallo sfruttamento minerario e conseguente commercializzazione dei prodotti, che vuole distinguersi per la ricchezza e la potenza militare. Grazie all’inizio dell’attività di fabbri e metallurghi, nel periodo in esame la lavorazione dei metalli assume una grandissima importanza.

 

Alla metà dell’VIII secolo, con l’adozione di armamenti di tipo orientale, risalgono le prime tombe con carro a due ruote (fig. 11), elemento quest’ultimo legato al nuovo costume funerario dell’elite dirigente in cui grande importanza assume l’esibizione del possesso del carro connesso con il ruolo di capo guerriero del defunto. E’ per questo motivo che nelle sepolture di personaggi maschili di rilievo troviamo elementi di carro (morsi ed altri elementi di bardatura equina) a cui si affiancano elementi di prestigio militare, quali spade e asce. Queste tombe testimoniano chiaramente una concezione eroica della guerra, secondo la quale il guerriero raggiunge il campo di battaglia sul suo carro, per affrontare il nemico in un duello a morte.

 

Armi rinvenute nella necropoli di Poggio alla Guardia

 

IX-VIII sec. a.C.

Seconda metà VIII sec. a.C. - Tomba 12

Seconda metà VIII secolo a.C. - Buca 5 aprile

Oggetti:

n° inv.

Oggetti:

n° inv.

Oggetti:

n° inv.

1 ossuario con ciotola-coperchio

29016

1 ossuario ciotola-coperchio

-

4 tiranti per bardatura equina in bronzo

8087-90

1 fodero di spada in bronzo con lama

29108-113

1 fodero di spada in bronzo (fig. 5)

6008

4 anelli per bardatura equina in bronzo

8091-94

2 punte di lancia in bronzo

29103-4

1 morso di cavalli con montanti a piastra in bronzo e ferro (fig. 6)

6008

5 morsi con montanti a piastra in bronzo A-B

8096

2 puntali di lancia in bronzo

29114-15

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1 terminale di lancia in bronzo

29106

1 ascia ad alette in bronzo

29107

1 punta di freccia in bronzo

29105

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Figura 5

 

Figura 6

 

L’età Orientalizzante (ultimo quarto VIII – seconda metà VI sec. a.C. )

 

Nel periodo in esame Vetulonia è al culmine della sua potenza economica, tanto che Populonia in questo momento sembra sotto la sua egemonia. Una fitta rete stradale la collegava agli altri importanti centri etruschi e le permetteva di intrattenere rapporti commerciali con l’Europa Continentale, la Grecia, il Medio Oriente e la Sardegna.

 

I corredi mostrano una specializzazione della produzione bronzistica, caratterizzata dall’uso della tecnica a fusione, e un alto grado di abilità tecnologica nella lavorazione del metallo in genere. I rari prodotti a lamina sbalzata risultano invece prodotti altrove. Caratteristici di Vetulonia sono i morsi e i finimenti da cavallo, ornati da figure di cavallini (fig. 7) la cui presenza nelle tombe a circolo continuo ci rivela l’esistenza di personaggi aristocratici che si caratterizzavano per il possesso di cavalli.

 

Figura 7

 

Le Tombe a circolo continuo (fig. 8), oltre ad essere i monumenti più caratteristici e originali dell’orientalizzante, rappresentano lo sviluppo di quelli interrotti e dei ripostigli stranieri. Essi occupano la zona ad est della collina di Vetulonia, soprattutto intorno a Poggio alla Guardia e lungo i versanti, lontano dalla città ma in posizione preminente lungo le strade principali per dotare al defunto e la sua famiglia di una posizione di prestigio.

 

In ogni circolo erano scavate da una a cinque fosse nel terreno, dove era deposta la suppellettile e i resti umani. Il circolo di pietre delimitava il luogo consacrato al defunto e alla sua famiglia ed era il simbolo dello spazio inviolabile dal tempo e dagli uomini.

 

Il regno dei morti era difeso inoltre da un cippo (eseguito a regola d’arte) di granito a forma di scudo posto al centro del circolo stesso, avente la funzione religiosa di talismano sacrale, in quanto lo scudo era l’arma di difesa per eccellenza e simbolo di vittoria del guerriero.

 

Figura 8

 

Nel VII secolo a.C. assistiamo ad una omologazione dei contesti funerari riferibili a uomini eminenti. Per tutto il VII secolo a.C. e l’inizio del VI l’uomo di rango viene innanzitutto celebrato come guerriero: assistiamo cioè all’esaltazione del carattere militare del “signore”. Il modello di riferimento è l’eroe omerico. Sebbene a Vetulonia per i capi-guerrieri siano attestati ambedue i riti (il defunto della Tomba del Duce risulta incinerito, mentre quello della Tomba del Littore inumato), il rito prevalente in queste sepolture è quello dell’incinerazione, rituale che garantisce la permanenza nell’al di là. I resti delle ossa bruciate venivano avvolte in stoffe o in coperte di lino e raccolte in urne preziose. Resti di lino sono stati riconosciuti dal Falchi nella prestigiosa urna di bronzo a forma di capanna rivestita di una lamina d’argento e decorata con motivi orientalizzanti, proveniente dalla Tomba del Duce.

 

Il rinvenimento vicino a questa urna di una barchetta nuragica ne avvalora il significato di eccezionale dono di prestigio, il cui significato è stato omologato a quello di uno scettro.

 

Non tutte le armi appaiono sistemate tra i beni strettamente personali, spesso solo la spada con ricco fodero, cioè l’arma indossata comunemente. La deposizione del corredo doveva essere l’ultimo atto di una complessa cerimonia funebre, articolata in tre momenti principali: l’esibizione del corpo, l’accompagnamento funebre e la sepoltura. (G. Bartoloni et al., 2000, p. 165). Le altre armi da offesa (asce, lance e coltelli) e da difesa (elmi e scudi) sono deposte in mezzo al resto del corredo, generalmente con il carro.

 

Gli elementi dell’armatura assumono ora il carattere di oggetti da parata, soprattutto gli elmi e gli scudi di lamina bronzea, decorati a sbalzo. Anche il carro (fig. 11) non sottolinea più solo il valore del guerriero morto, ma i segni del rango e la continuità gentilizia. I personaggi eminenti vengono seppelliti con alti elmi, grandi scudi circolari decorati a sbalzo, corte spade e pesanti lance con puntali di bronzo, simboleggianti un tipo di combattimento corpo a corpo. Solo alcuni guerrieri sembrerebbero avere auto il segno distintivo del seppellimento con carro: ciò forse è da mettere in relazione ad un ruolo “specifico” rivestito dal defunto.

 

Nella deposizione con carro spesso si nota la presenza di scudi in terracotta, oggetti questi legati esclusivamente al rituale funerario e allo status del defunto. Tra gli esemplari più interessanti quelli della Tomba del Duce: si tratta di tre scudi databili alla fine del VII secolo a.C., di cui il tipo più semplice a calotta liscia (fig. 9).

 

Figura9

 

Potremmo considerare questi scudi fittili simboli di una piccola scorta armata, attribuita per un qualche merito o ruolo solo ad alcuni guerrieri e documentata nel rituale funerario. In queste deposizioni con carro potremmo perciò riconoscere lo stesso intento celebrativo delle lastre raffiguranti “processione con carro e opliti”, ossia quello di celebrare il valore del principe. Il viaggio-trasporto verso l’al di là doveva avvenire con tutti gli onori e attributi come nelle processioni trionfali della vita terrena.

 

Nell’avanzato VII secolo a.C. sembrerebbe introdotta in Etruria l’armatura greca politica e la tattica ad essa collegata. A partire dalla seconda metà del secolo alcuni elementi dell’armatura sono ricollegabili a quelli degli opliti greci: elmi corinzi, scudi a due maniglie, schinieri, spada corta. A Vetulonia la conoscenza dell’armatura ceretana è provata dalla stele di Aule Feluske (seconda metà del VII secolo a.C. ), rinvenuta nella necropoli Bambagini nel Circolo della Stele, che testimonia inoltre come le armi greche fossero associate a quelle locali (fig. 10). Ritenuta dal Falchi nel 1898; alta 1 mt., larga 0, 50 mt., profonda 0, 17 mt. La cornice presenta una delle più antiche iscrizioni etrusche: riporta il nome del guerriero inciso, Aule Feluske, e del compagno d’armi Hirumina Phersnachs (di Perugia) che eresse la stele alla sua memoria. Si è ipotizzato che Vetulonia e Perugia avessero stretto una qualche alleanza politica e militare (A. Carresi- R. Botti, 1985).

 

 Aule si presenta di profilo, rivolto verso sinistra con sguardo orgoglioso e fiero, e sembra avanzare con passo fermo e sicuro tipico del guerriero sul piede di guerra. La testa è coperta da un elmo piumato di stile corinzio, che lascia intravedere solamente una parte del volto, munito di paraguance unite alla calotta e un’ampia cresta caudata; buona parte del corpo è coperta da un enorme scudo rotondo di tipo ceretana decorato da sei foglie che si uniscono al centro. Le gambe e i piedi sono nudi, e tra di essi spunta una palmetta stilizzata. Nella mano destra alzata impugna una scure tipicamente etrusca, qui simbolo di valore e di potere, brandita in segno di minaccia quasi fosse sul punto di combattere.

 

L’adeguamento ad un’ideologia con profonde influenze orientali si concretizza, oltre che in oggetti di importazione di altissimo pregio (quali i lebeti del Circolo dei Lebeti, l’urna d’argento forse ceretana e la navicella della Tomba del Duce), nell’uso delle monumentali tombe a tumulo (La Pietrera, il Diavolino, Poggio Pepe e Poggio S. Andrea) utilizzate a partire dalla seconda metà del VII secolo a.C. Il tumulo rappresenta il possesso della terra in cui si trova e costituisce quindi la manifestazione più concreta del potere dell’aristocrazia. I principi-guerrieri intendevano in questo modo sottolineare il prestigio proprio e dei discendenti che continuavano ad usare lo stesso tumulo per diverse generazioni.

 

Tipico del periodo in esame è l’accoglimento da parte dell’aristocrazia etrusca di modi tipicamente ellenici di commensalità, come documenta la ricorrente presenza nei corredi dei principi-guerrieri

 

Figura 10

 

di ceramiche da mensa greche direttamente connesse all’uso del vino. L’ideologia del banchetto è l’espressione più preziosa dello stile di vita dell’aristocrazia, ed è per questo motivo che i corredi di personaggi definibili “guerrieri” sono caratterizzati dalla presenza di armi, di vasellame metallico e ceramiche di altissimo pregio. Il consumo del vino è accertato tanto nella vita quotidiana quanto nei rituali funerari.



 

 

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