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N. 97 - Gennaio 2016 (CXXVIII)

I DOMINATORI DEL PALLONE D’ORO
PARTE I - MARCO VAN BASTEN

di Francesco Agostini

 

Ci sono stati giocatori nel corso della storia che con le loro giocate hanno fatto emozionare milioni e milioni di spettatori. Oltre alla loro indubbia abilità nel gioco, questi calciatori sono riusciti a far vincere trofei importanti sia alle loro squadre di club che alle loro nazionali ma, cosa ancora più grande, sono rimasti dei veri e propri simboli nella memoria collettiva. A renderli tali ci ha pensato il maggior riconoscimento a cui un calciatore possa ambire: il Pallone d’Oro.

 

Marco Van Basten, immenso talento olandese, riuscì a vincerne addirittura tre: nel 1988, nel 1989 e nel 1992. Dotato di un fisico imponente (altezza 1,88 centimetri), si distinse in campo per la sua notevole grazia nei movimenti, giustificando quindi il quanto mai azzeccato soprannome di Cigno di Utrecht, località in cui nacque nel 1964. Van Basten fu da subito un talento precoce, un vero e proprio bambino prodigio del calcio, tant’è vero che fu immediatamente acquistato dall’Ajax, la più importante squadra d’Olanda. Il suo esordio avvenne nel 1982, a diciotto anni, e subito fece intravedere quelle caratteristiche che lo accompagneranno in tutta la sua breve carriera: velocità, classe, leggerezza, un’ampia visione di gioco e un precisissimo colpo di testa.

 

L’unico neo fu la sua precaria salute fisica e in particolar modo la sua atavica debolezza a entrambe le caviglie, fragili fin dagli esordi. Proprio ai tempi dell’Ajax risale, infatti, il suo primo infortunio a queste delicate articolazioni.

 

Dopo cinque anni, nel 1987, Marco Van Basten decise di fare il grande salto e venne a giocare in Italia, al Milan di Arrigo Sacchi. Acquistato da Silvio Berlusconi per la cifra di 1,75 miliardi di lire, Van Basten si rivelò l’attaccante più forte che il Milan abbia mai avuto, idolo incontrastato del caldo tifo milanista. Aiutato sicuramente da una squadra stellare (assieme a lui, ad esempio, i fortissimi Ruud Gullit e Frankie Rijkaard formavano il trio olandese delle meraviglie) e da un allenatore in stato di grazia, Van Basten continuò l’esperienza vincente che aveva avuto in Olanda con l’Ajax.

 

Appena arrivato in rossonero, il cigno di Utrecht si vide contrapposto al più grande genio che il calcio abbia mai avuto, quel Diego Armando Maradona che aveva appena trascinato la sua Argentina a vincere il mondiale giocato in Messico l’anno prima. I due rappresentarono i giocatori simbolo delle squadre più forti dell’epoca, il Napoli e il Milan, dandosi battaglia sino alla fine. Nel primo anno Van Basten restò fuori sei mesi dai campi da gioco, sempre per i noti problemi alle caviglie; rientrato a fine stagione, però, con i suoi goal risultò decisivo per la vittoria finale dello scudetto da parte dei rossoneri.

 

È il periodo d’oro di Van Basten. L’anno seguente, nel 1988, la sua Olanda partecipò agli europei di calcio giocatisi nella Germania Ovest e, a ragione, Van Basten assieme a Rijkaard ne era l’elemento di spicco, il giocatore capace di far fare il salto di qualità.

 

Dopo l’iniziale sconfitta nel girone patita contro l’URSS, l’Olanda liquidò l’Inghilterra 3-1 con una sua fantastica tripletta e poi sconfisse l’Irlanda per 1-0. Passata la fase a gironi, i tulipani batterono per 2-1 la Germania Ovest (paese ospitante) con ancora un goal di Van Basten prima di ritrovarsi in finale ancora una volta contro l’URSS. Questa partita, vinta dagli olandesi per 2-0 verrà ricordata soprattutto per il raddoppio dell’attaccante milanista, un incredibile goal giudicato come il secondo più bello di tutti i tempi.

 

L’azione, frutto di una palla intercettata a centrocampo, si sviluppò rapidissima sulla fascia sinistra olandese e da lì partì un cross che andò a finire sul limite dell’area di rigore, vicino alla linea di fondo, nella zona presidiata proprio da Van Basten. Il cigno di Utrecht, con un colpo da biliardo, aspettò che la palla scendesse al punto giusto per poi colpirla di collo destro: il tiro fu a metà fra un pallonetto e un colpo calciato con forza. Il risultato fu che il pallone s’insaccò implacabilmente nell’angolo opposto della porta di Dasaev, il portiere russo.

 

Dopo la vittoria all’europeo, la carriera di Van Basten proseguì in un susseguirsi di trofei e di soddisfazioni sia con Sacchi che con Capello, il nuovo sergente di ferro che comandò l’armata rossonera per molti anni. In poco tempo si aggiunsero alla già ricca bacheca dell’olandese trofei come la Coppa dei Campioni (tre volte), la Supercoppa UEFA (anche qui tre volte), la Coppa delle Coppe e per due volte la Coppa Intercontinentale, senza contare i vari campionati vinti. Nonostante una carriera in continua ascesa Van Basten, nel corso degli anni, sentì sempre di più il peso di dover convivere con una caviglia malandata che, di fatto, lo limitava moltissimo nei movimenti.

 

Essendosi già sottoposto a innumerevoli interventi chirurgici, decise di interrompere la carriera nel 1993 e per i due anni successivi rimase fuori dai campi da gioco nel tentativo di recuperare la condizione fisica. Nel 1995 però, a soli trentun anni, il cigno di Utrecht si trovò costretto ad appendere gli scarpini al chiodo, lasciando un enorme vuoto nel cuore di tutti: da Berlusconi a Carmelo Bene si susseguirono le frasi di commiato per il più grande attaccante che il Milan abbia mai avuto. La frase più bella di tutte, comunque la espresse un insospettabile come Adriano Galliani che, a dispetto del suo fare pratico ebbe a dire: “Il calcio perde il suo Leonardo da Vinci”.

 

Mica male come complimento...



 

 

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