N. 14 - Febbraio 2009
(XLV)
IL
COMPRENSORIO DELLA
VALLE DELL’ANAPO
Storia di una
riserva
di Enrica De Melio
Agli inizi degli
anni Settanta, la Valle dell’Anapo, vero paradiso
archeologico-naturalistico, fu oggetto di numerosi
scempi ad opera dell’uomo, sicché, la Regione Sicilia,
nel 1980, promosse l’istituzione della riserva con la
legge n. 84, permettendo così di salvare quest’angolo di
paradiso dalle mani degli speculatori. Ma è soltanto dal
1988 che si è avuta la completa e totale istituzione
della Riserva Naturale Orientata, gestita
dall’Ispettorato Dipartimentale Foreste.
La vegetazione, così come in tutte le altre cave iblee,
è ricca di specie per l’elevato grado di umidità e per
la concomitanza di favorevoli fattori microclimatici e
microambientali. Il fondovalle è caratterizzato dalla
foresta ripale a platano orientale, salice bianco,
oleandro e sambuco. Sui fianchi della cava regna la
lecceta, ma sono presenti anche il carrubo, il pioppo,
il salice e il terebinto. I pianori della Valle sono
spogli di vegetazione arborea, poiché da sempre afflitti
da disboscamenti ed incendi. Qui è possibile trovare le
orchidee selvatiche, gli Iris selvatici e gli Anemoni. È
presente inoltre il timo, dal quale è prodotto un miele
dall’aroma particolare, esaltato già nell’antichità da
Tucidide e Plutarco.
Questi tipi di vegetazione così diverse custodiscono una
fauna similmente varia e ricca, caratterizzata
senz’altro dagli uccelli, che hanno scelto la Valle
dell’Anapo come sito di nidificazione o via di transito.
Sull’Anapo vivono scriccioli, merli, martin pescatori,
ballerine gialle, gallinelle d’acqua, bisce d’acqua. Il
falco pellegrino sfreccia tuttora nel cielo della Valle,
insieme al gheppio, la poiana e il rarissimo lanario.
Si annoverano anche una colonia di corvi imperiali e
vari rapaci notturni. Tra i mammiferi sono presenti
l’istrice, la martora, la donnola, il ghiro, la lepre e
il coniglio selvatico.
La Valle dell’Anapo è terra della più grande necropoli
d’Europa della Tarda Età del Bronzo, Pantalica, con le
sue oltre cinquemila tombe a grotticella artificiale,
scavate abilmente sulle ripide pareti calcaree segnate
dai corsi del fiume Anapo e del torrente Calcinara.
L’Anapo, il cui nome deriverebbe dal termine greco
ànapos, “invisibile”, difatti in alcuni tratti non è
possibile vederne il corso, nasce sul Monte Lauro (m.
986), culmine del tavolato ibleo, e da lì inizia la sua
corsa verso il mare, dove sfocia, in località Pantanelli,
presso Siracusa. Il corso dell’Anapo dovette senza
dubbio costituire, fino a tempi abbastanza recenti, la
più rilevante, se non l’unica, via di comunicazione tra
l’area costiera siracusana e l’altopiano interno degli
Iblei.
Pantalica, si propone come uno sperone roccioso separato
dal territorio circostante dalle profonde e suggestive
incisioni delle sponde dell’Anapo e del Calcinara, in un
contesto di rara bellezza. Il sito venne identificato da
Tommaso Fazello nel 1550. Pantalica fu probabilmente la
mitica città di Hybla, regno del re siculo Hyblon.
Attraverso l’analisi dell’enorme quantità di materiali
provenienti dagli scavi qui effettuati, l’archeologo
Luigi Bernabò Brea, arrivò ad affermare che intorno alla
metà del XIII sec. a.C. si verificò il passaggio in
Sicilia dei Siculi, che avrebbero imposto il loro
dominio sulle popolazioni indigene della parte orientale
dell’isola e si arroccarono verso l’interno in siti
facilmente e naturalmente strategici. Su questo sito
quasi inaccessibile, l’uomo visse dalla metà del XIII
all’VIII sec. a.C. e poi in età bizantina, epoca a cui
risalgono i tre villaggi rupestri di san Micidiario, san
Nicolicchio e del Crocifisso.
Dopo il periodo bizantino, vi fu presenza umana solo in
momenti di pericolo, ad esempio durante il secondo
conflitto mondiale.
Pantalica conserva le mirabili testimonianze del suo
passato: l’abitato preistorico, non ancora identificato,
doveva probabilmente sorgere nei pressi dell’Anaktoron,
il “Palazzo del principe”, il centro del potere, la
prima monumentale costruzione di età preistorica
esistente nel bacino del Mediterraneo centrale, che
rivela nella pianta e nelle tecniche edilizie ascendenze
del mondo egeo-miceneo. Trattasi, infatti, di una
costruzione a pianta rettangolare, realizzata per moduli
quadrati e forse organizzata presso un cortile che però
non ci è giunto. Era realizzato con blocchi calcarei
megalitici.
Davanti al suddetto palazzo, verso la vallata, sono
stati identificati tre muri di terrazzamento, per
sostenere il terreno in pendio; le grandi,
impressionanti necropoli con circa 5.000 tombe a
grotticella artificiale ed il fossato di epoca greca
situato sulla sella di Filiporto, segno imponente della
difesa del sito.
Natura e storia, quindi, si uniscono in una Valle
incantata che lega i sette piccoli comuni, in cui
vivono, o forse meglio, dovrebbero vivere, abitanti
rispettosi di un passato ricco di storia che non può e
non deve andare perduto, che anzi rappresenta la
migliore risorsa per vincere la sfida del futuro, per
non scomparire: la tradizione contadina delle vecchie
masserie, delle grandi famiglie, la natura ancora in
parte incontaminata, vive e deve vivere ancora.
Riferimenti bibliografici:
L. B. Brea,
La Sicilia prima dei Greci, il Saggiatore, 1972.
G. P. Carratelli (a cura di), I Greci in Occidente,
Milano 1996.
Valle dell’Anapo, la Sicilia incantata nel cuore degli
Iblei, a cura della Provincia Regionale di Siracusa,
Palermo, 2002.
Paolo Uccello, Le oasi naturalistiche della provincia di
Siracusa, Zangarastampa, 1997.
Giuseppe Voza, Nel segno dell’antico, Arnaldo Lombardi
Editore, 1999. |