filosofia & religione
I VALDESI IN CALABRIA
UNA SANGUINOSA VICENDA
DI INTOLLERANZA RELIGIOSA
di Matteo
Pierro
Chi percorre la costa tirrenica della
Calabria spesso si imbatte nelle
indicazioni per arrivare a Guardia
Piemontese. La persona riflessiva si
chiederà cosa può avere a che fare un
paese del Sud con il lontano Piemonte.
Di solito però si procede oltre e la
domanda resta senza risposta.
Se invece ci si prende il tempo di fare
una piccola deviazione per arrivare in
questo borgo che si affaccia sul mare se
ne potrà conoscere la storia: una storia
di gente pacifica e laboriosa, ma anche
di intolleranza religiosa, di un’orrenda
strage e di secoli di vessazioni in nome
del cattolicesimo.
Si ritiene che verso il XIII secolo
arrivarono in Calabria dal Piemonte
piccoli gruppi di persone provenienti
dalle valli a ridosso delle Alpi
occidentali. Esse cercavano di sfuggire
alla persecuzione alla quale erano
soggette dato che praticavano una
religione ritenuta eretica: erano di
fede valdese.
Pietro Valdo nacque poco dopo il 1130
nei pressi di Lione. Era un laico che
apprezzava tanto la Bibbia al punto di
spogliarsi dei suoi beni e di usarli per
far tradurre alcune parti di essa nella
lingua del popolo. In tal modo tutti
avrebbero potuto leggerla e capirla
visto che le uniche copie delle Sacre
Scritture circolanti in quel periodo
erano in latino, una lingua letta e
compresa solo dal clero. Alcuni furono
così entusiasti di ascoltare il
messaggio della Bibbia nella loro lingua
che rinunciarono anch’essi ai loro
possedimenti e si dedicarono a parlare
ad altri di ciò che avevano imparato. La
Chiesa Cattolica non rimase inoperosa e
nel 1184 questi credenti, chiamati in
seguito valdesi, furono scomunicati e
cacciati dalle loro case. Questo permise
la diffusione delle idee valdesi in
molte regioni d’Europa fra le quali il
Piemonte.
I valdesi che giunsero in Calabria
furono ben accolti. Alcuni proprietari
terrieri calabresi offrirono loro dei
fondi scarsamente abitati da coltivare,
in cambio di un canone annuo. Essi si
insediarono nei paesi di Montalto,
Argentina, San Sisto, Vaccarizzo e San
Vincenzo. In seguito edificarono una
loro propria città cinta da mura nella
località di Guardia che venne conosciuta
con il nome di Guardia dei Valdi, poi di
Guardia Lombarda e infine come Guardia
Piemontese.
I valdesi erano apprezzati dai signori
del posto. Erano pacifici e operosi
agricoltori, pastori, allevatori di
piccoli animali e tessitori. Vivevano la
loro fede religiosa leggendo la Bibbia e
pregando in occitano nell’interno delle
loro case. Memori delle stragi avvenute
decenni prima in Francia e Piemonte
cercavano di dissimulare la loro
religione. Aderivano almeno
esteriormente ad alcune pratiche della
Chiesa Cattolica, manifestando quello
che in seguito Calvino definì il ‘nicodemismo’,
termine derivato da Nicodemo, il fariseo
che secondo i Vangeli di notte andava di
nascosto ad ascoltare Gesù, mentre di
giorno simulava una piena adesione alle
tradizioni ebraiche.
Le cosa cambiarono radicalmente quando,
nel 1532, le comunità valdesi del Nord
decisero di aderire alla Riforma
protestante. Alcuni predicatori
provenienti da Ginevra incoraggiarono i
valdesi di Calabria a praticare
apertamente la loro religione. Essi
costruirono una chiesa e cominciarono a
parlare ad altri di quanto avevano
appreso dalla lettura della Bibbia.
L’Inquisizione cattolica diretta da
Michele Ghisleri (al secolo Antonio,
divenuto poi papa San Pio V) si mise in
moto inviando in Calabria i suoi
rappresentanti per debellare la setta e
costringere all’abiura gli eretici. Le
disposizioni alle quali si dovevano
sottoporre i valdesi erano durissime. Il
Sant’Uffizio vietò loro di riunirsi in
più di sei persone; non potevano parlare
la loro lingua, l’occitano, ma
utilizzare quella parlata localmente;
dovevano ascoltare la messa ogni
mattina; i bambini dai cinque anni in
poi dovevano essere istruiti nella
dottrina cattolica; furono obbligati
alle pratiche della confessione e della
comunione e all’ascolto delle prediche;
era fatto divieto di intrattenere
rapporti epistolari senza
l’autorizzazione dell’Inquisizione;
erano vietati i viaggi in Piemonte e a
Ginevra e i loro eventuali figli là
residenti erano tenuti a rientrare in
Calabria, abiurando se eretici; fu
imposto di non sposarsi tra di loro;
dovettero demolire e non più ricostruire
le case che avevano ospitato i
predicatori; gli eretici pentiti
dovevano indossare un abito giallo.
Alcuni valdesi cercarono asilo a Ginevra
e nelle valli piemontesi; altri si
diedero alla macchia; la stragrande
maggioranza rimase nei loro paesi non
immaginando quanto sanguinaria potesse
essere l’Inquisizione Romana. Non
sortendo i risultati sperati il
Sant’Uffizio intimò ai governatori
locali di passare alle vie di fatto
mettendo a morte chi praticava la
religione eretica.
Dopo una serie di distruzioni, razzie,
violenze ed eccidi nei paesi vicini la
repressione ebbe il suo culmine con
l’occupazione mediante l’inganno di
Guardia Piemontese il 5 giugno del 1561.
La soldataglia cattolica si diede al
massacro di uomini e donne, vecchi e
bambini.
Un’idea dell’orrende stragi di quei
giorni e riportata nella lettera di un
testimone oculare di un paese vicino.
Egli scrisse: «Ora occorre dir come
oggi a buon’ora si è ricominciato a far
l’orrenda giustizia di questi Luterani,
che solo in pensarvi è spaventevole: e
così sono questi tali come una morte di
castrati; li quali erano tutti serrati
in una casa, e veniva il boia e li
pigliava a uno a uno, e gli legava una
benda avanti agli occhi, e poi lo menava
in un luogo spazioso poco distante da
quella casa, e lo faceva inginocchiare,
e con un coltello gli tagliava la gola,
e lo lasciava così: dipoi pigliava
quella benda così insanguinata, e col
coltello sanguinato ritornava pigliar
l’altro, e faceva il simile. Ha seguito
quest’ordine fino al numero di 88; il
quale spettacolo quanto sia stato
compassionevole lo lascio pensare e
considerare a voi».
Si narra che il sangue delle vittime
uccise in strada fosse talmente tanto
che si incanalò verso l’ingresso del
paese che da allora ha preso il nome di
“Porta del Sangue”. La strage proseguì
nei giorni seguenti. Molti valdesi
vennero squartati e appesi a decine ad
alberi e pali lungo la strada che
collega la Calabria alla Basilicata per
servire da monito a quanti avessero
osato mettere in discussione i dogmi
della Chiesa Cattolica. Altri subirono
un processo farsa e vennero messi al
rogo in varie piazze del Meridione.
Reminescenza di questa strage è piazza
dei Valdesi a Cosenza.
Le vittime furono migliaia. Chi scampò
alla strage fu condannato a remare sulle
galee; altri vennero venduti come
schiavi; gli orfani inviati in istituti
cattolici per esservi “rieducati”; i
pochi rimasti nei paesi che un tempo
avevano edificato e abitato liberamente
furono costretti a una vita di
umiliazioni e vessazioni da parte del
clero cattolico.
A Guardia Piemontese si insediarono
prima i Gesuiti e poi i Domenicani che
oltre a ripristinare tutte le
summenzionate disposizioni
dell’Inquisizione imposero ai
sopravvissuti di praticare nella porta
delle loro abitazioni uno sportellino
apribile solo dall’esterno. In questo
modo gli inquisitori potevano verificare
in qualsiasi ora del giorno o della
notte se coloro che avevano abiurato non
praticassero di nascosto la loro fede
eretica imperniata sulla lettura della
Bibbia. Chi oggi percorre le stradine di
Guardia può ancora vedere diverse porte
delle vecchie abitazioni con questo
caratteristico spioncino.
La terribile repressione fece scomparire
totalmente dalla Calabria la fede
valdese. È rimasta memoria di quei
pacifici credenti sterminati in nome di
Dio nella lingua occitana parlata dai
guardioli e negli abiti tradizionali
delle donne del posto. A Guardia, in
piazza della Strage, vi è il centro Gian
Luigi Pascale (prende il nome da un
predicatore valdese giustiziato e messo
al rogo di fronte alla residenza papale
di Castel Sant’Angelo a Roma nel 1560)
che mantiene viva la memoria di quanto
accadde secoli fa.
Riflettere sull’intolleranza religiosa
verso i valdesi di Calabria permette di
capire come la storia spesso si ripeta
con repressioni da parte di regimi
totalitari nei confronti dei “diversi”,
spesso nell’indifferenza generale. Basti
pensare alle stragi operate dai nazisti
a danno di intere comunità ebraiche nel
secolo scorso (fra l’altro i seguaci di
Hitler ripristinarono il distintivo di
colore giallo per indicare gli ebrei, lo
stesso colore usato dai cattolici per
marchiare gli accusati di eresia).
Oppure a quanto sta avvenendo nei nostri
giorni nella Russia di Putin a danno dei
testimoni di Geova con vessazioni e
imprigionamenti.
L’unica colpa di questi pacifici
credenti odierni è la stessa degli
antichi valdesi: leggere la Bibbia e
praticare una religione diversa da
quella di Stato. |