[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 159 / MARZO 2021 (CXC)


antica

CERNUNNOS

UNA DIVINITÀ (con le corna di cervo) CELTICA O ITALICA?

di Jessica Sangalli

 

I Celti hanno bisogno di poche presentazioni; sono un popolo che dall’Europa Centrale si è diffuso in diverse aree molto distanti tra loro del nostro continente, arrivando a stabilirsi, intorno al IV secolo a.C., anche nelle zone alpine dell’Italia. Questa popolazione affascina l’immaginario contemporaneo soprattutto per via della sua mitologia suggestiva e fortemente legata alla natura.

 

Le divinità celtiche sono numerose, particolareggiate, ognuna dotata di specifiche caratteristiche e di propri campi d’azione. Ma ecco che pure i Celti, al di là della propria originalità, potrebbero essersi serviti di modelli di ispirazione nel disegnare i contorni del proprio pantheon. È molto frequente, infatti, che dei popoli nomadi, nel momento in cui giungono in un nuovo territorio, vengano influenzati dagli usi e costumi dei gruppi autoctoni o comunque da altri che erano arrivati prima di loro.


Diversi studi sull’arte camuna, precedente in termini cronologici all’arrivo dei Celti in Valcamonica, supportano questa tesi, mostrando le influenze degli antichi “Camunni” sulla mitologia celtica.

 

La Valcamonica si era formata a seguito dello scioglimento dei ghiacciai delle Alpi centrali e questo aveva favorito la formazione di rocce lisce e facili da incidere. È proprio attraverso queste rocce che i popoli della valle tramandavano i loro racconti e i loro culti.

 

Le scoperte avvenute fino a oggi nell’ambito delle incisioni rupestri sono numerosissime, garantite da tecniche di rilievo sempre più complesse e accurate. Tra di esse, vi sono la fotografia, il disegno, il frottage, il rilievo a contatto, il calco, e altre ancora. Studiando queste forme d’arte preistorica, ci si è resi conto di come molte rocce siano state incise più volte nel corso dei secoli, con simboli e segni sovrapposti tra loro. Questo ha reso necessario applicare, come tipico in archeologia, un approccio stratigrafico, così da poter rilevare la successione cronologica delle incisioni.

 

Le raffigurazioni simboliche, almeno quelle legate al culto, sono registrate in ogni fase stilistica e temporale dell’arte rupestre in Valcamonica e sono ormai state individuate la funzione o il significato di quasi tutte le rappresentazioni tramite diversi confronti.

 

L’80% delle incisioni in Valcamonica appartiene all’Età del Ferro e rappresenta principalmente scene di caccia. Il cervo ne è protagonista e ciò non stupisce, essendo a quel tempo l’animale più diffuso nella valle nonché il più facile da cacciare. Esso rappresentava quindi un elemento centrale della vita quotidiana dei camuni.

 

Un altro vasto numero di incisioni dell’Età del Ferro riporta elementi simbolici come le spirali. Le incisioni di spirali si ritrovano non solo in Valcamonica ma anche in Valtellina, così come su numerose rocce incise in Bretagna, Scozia e Irlanda. La diffusione di spirali pressoché su tutto il continente europeo non deve essere considerata sintomo di inquietanti o mistici legami tra culture, quanto piuttosto una coincidenza. Storicamente, l’unica cosa che si può osservare è che le spirali sono sempre legate a situazioni di culto, che sia esso funerario o venerativo; esse non sono in alcun modo un simbolo esclusivo di una specifica cultura.

 

Per finire, sono numerose, in questo periodo cronologico, anche le raffigurazioni di divinità. Alcune di queste sono state riconosciute proprio grazie al confronto con la cultura celtica, tenendo però presente che non è dimostrabile una loro genesi nella valle camuna.


Un primo esempio è il cosiddetto “Viandante” di Sellero, riconducibile al dio celtico Esus, grazie alla condivisione con esso di attributi particolari come la situla, una sorta di cestello.


Un altro caso si può osservare nella figura umana incisa a Paspardo, rappresentata con un sole raggiato al posto della testa, e ricondotta al dio celtico, Taranis, il cui elemento identificativo è proprio una ruota raggiata.

 

La figura di divinità che più attira la nostra attenzione è quella di Cernunnos. Nella sua rappresentazione celtica più nota, quella di un’incisione a sbalzo sul magnifico Calderone di Gundestrup, il dio Cernunnos mostra precisi attributi che si sono poi standardizzati col tempo. Tra queste caratteristiche vi sono le corna di cervo, la posizione seduta a gambe incrociate e un serpente stretto in una mano.

 

Il dio porta sempre al collo o al braccio anche un torques: una sorta di collare metallico che nella cultura celtica rappresentava lo status di “uomo libero”. Molti lettori ricorderanno questo dettaglio apparire anche nelle famose sculture di Pergamo, le quali raffigurano alcuni Celti (chiamati Galati dai popoli greci), tutti con indosso quell’ornamento.

 

A Naquane, in Valcamonica, è incisa però la più antica rappresentazione del dio conosciuta. L’ incisione camuna viene datata tra il VI e il V secolo a.C. ed è dunque di molto precedente all’insediamento dei Celti nell’area. I tratti tipici del dio restano i medesimi anche in questa rappresentazione: corna di cervo, un torques al braccio e un serpente che sembra fuoriuscire dal corpo.


È curioso osservare, tuttavia, che quello che per lungo tempo è stato reputato un serpente, oggi sembra rispondere, in realtà, a nuove teorie. Diverse ricerche hanno dimostrato che la figura serpentina incisa in Valcamonica sia invece una cosiddetta barca a protome ornitomorfa, ossia recante una testa a forma di uccello acquatico.
 

Queste barche, sono frequentissime tra le incisioni rupestri della valle e sembrano avere un legame particolare con luoghi di culto sorti in tutta l’area alpina durante l’Età del Ferro. Questa concomitanza ci mostra un legame tra culto di divinità ed elementi naturali come l’acqua, o il fuoco. Sono significativi i Gewässerfunde, oggetti che venivano offerti alle acque e i Brandopferplätze, roghi di oggetti materiali o vittime sacrificali animali con scopo votivo.


Il santuario di Breno, eretto in Valcamonica nella media Età del Ferro, è un esempio di venerazione verso le acque. Non a caso, nell’area del santuario, è stato ritrovato un pendaglio-amuleto bronzeo che sembra raffigurare proprio una barca a protome ornitomorfa.

 

Partendo da quanto osservato, possiamo dunque identificare delle informazioni-chiave. Per prima cosa, consideriamo il ruolo fondamentale della figura del cervo per i Camuni e il tipico legame tra le imbarcazioni e il culto di divinità. Se dovessimo ipotizzare che una cultura con queste caratteristiche avesse sentito il bisogno di pregare una divinità per situazioni come una possibile buona battuta di caccia, non sarebbe forse logico immaginare che il dio in questione avesse delle corna di cervo? Avrebbero associato a questa divinità una barca a protome ornitomorfa, come frequente?

 

E i Celti, arrivati un secolo dopo, potrebbero aver fatto loro questo dio? E potrebbero aver male interpretato la raffigurazione di quella barca, vedendola come un serpente?

 

Ognuna di queste domande ottiene oggi risposta positiva dagli studiosi. Questa è senz’altro la teoria più quotata.  

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]