antica
CERNUNNOS
UNA DIVINITÀ (con le corna di cervo)
CELTICA O ITALICA?
di Jessica Sangalli
I Celti hanno bisogno di poche
presentazioni; sono un popolo che
dall’Europa Centrale si è diffuso in
diverse aree molto distanti tra loro del
nostro continente, arrivando a
stabilirsi, intorno al IV secolo a.C.,
anche nelle zone alpine dell’Italia.
Questa popolazione affascina
l’immaginario contemporaneo soprattutto
per via della sua mitologia suggestiva e
fortemente legata alla natura.
Le divinità celtiche sono numerose,
particolareggiate, ognuna dotata di
specifiche caratteristiche e di propri
campi d’azione. Ma ecco che pure i
Celti, al di là della propria
originalità, potrebbero essersi serviti
di modelli di ispirazione nel disegnare
i contorni del proprio pantheon.
È molto frequente, infatti, che dei
popoli nomadi, nel momento in cui
giungono in un nuovo territorio, vengano
influenzati dagli usi e costumi dei
gruppi autoctoni o comunque da altri che
erano arrivati prima di loro.
Diversi studi sull’arte camuna,
precedente in termini cronologici
all’arrivo dei Celti in Valcamonica,
supportano questa tesi, mostrando le
influenze degli antichi “Camunni” sulla
mitologia celtica.
La Valcamonica si era formata a seguito
dello scioglimento dei ghiacciai delle
Alpi centrali e questo aveva favorito la
formazione di rocce lisce e facili da
incidere.
È
proprio attraverso queste rocce che i
popoli della valle tramandavano i loro
racconti e i loro culti.
Le scoperte avvenute fino a oggi
nell’ambito delle incisioni rupestri
sono numerosissime, garantite da
tecniche di rilievo sempre più complesse
e accurate. Tra di esse, vi sono la
fotografia, il disegno, il frottage, il
rilievo a contatto, il calco, e altre
ancora. Studiando queste forme d’arte
preistorica, ci si è resi conto di come
molte rocce siano state incise più volte
nel corso dei secoli, con simboli e
segni sovrapposti tra loro. Questo ha
reso necessario applicare, come tipico
in archeologia, un approccio
stratigrafico, così da poter rilevare la
successione cronologica delle incisioni.
Le raffigurazioni simboliche, almeno
quelle legate al culto, sono registrate
in ogni fase stilistica e temporale
dell’arte rupestre in Valcamonica e sono
ormai state individuate la funzione o il
significato di quasi tutte le
rappresentazioni tramite diversi
confronti.
L’80% delle incisioni in Valcamonica
appartiene all’Età del Ferro e
rappresenta principalmente scene di
caccia. Il cervo ne è protagonista e ciò
non stupisce, essendo a quel tempo
l’animale più diffuso nella valle nonché
il più facile da cacciare. Esso
rappresentava quindi un elemento
centrale della vita quotidiana dei
camuni.
Un altro vasto numero di incisioni
dell’Età del Ferro riporta elementi
simbolici come le spirali. Le incisioni
di spirali si ritrovano non solo in
Valcamonica ma anche in Valtellina, così
come su numerose rocce incise in
Bretagna, Scozia e Irlanda. La
diffusione di spirali pressoché su tutto
il continente europeo non deve essere
considerata sintomo di inquietanti o
mistici legami tra culture, quanto
piuttosto una coincidenza. Storicamente,
l’unica cosa che si può osservare è che
le spirali sono sempre legate a
situazioni di culto, che sia esso
funerario o venerativo; esse non sono in
alcun modo un simbolo esclusivo di una
specifica cultura.
Per finire, sono numerose, in questo
periodo cronologico, anche le
raffigurazioni di divinità. Alcune di
queste sono state riconosciute proprio
grazie al confronto con la cultura
celtica, tenendo però presente che non è
dimostrabile una loro genesi nella valle
camuna.
Un primo esempio è il cosiddetto
“Viandante” di Sellero, riconducibile al
dio celtico Esus, grazie alla
condivisione con esso di attributi
particolari come la situla, una sorta di
cestello.
Un altro caso si può osservare nella
figura umana incisa a Paspardo,
rappresentata con un sole raggiato al
posto della testa, e ricondotta al dio
celtico, Taranis, il cui elemento
identificativo è proprio una ruota
raggiata.
La figura di divinità che più attira la
nostra attenzione è quella di Cernunnos.
Nella sua rappresentazione celtica più
nota, quella di un’incisione a sbalzo
sul magnifico Calderone di Gundestrup,
il dio Cernunnos mostra precisi
attributi che si sono poi standardizzati
col tempo. Tra queste caratteristiche vi
sono le corna di cervo, la posizione
seduta a gambe incrociate e un serpente
stretto in una mano.
Il dio porta sempre al collo o al
braccio anche un torques: una
sorta di collare metallico che nella
cultura celtica rappresentava lo status
di “uomo libero”. Molti lettori
ricorderanno questo dettaglio apparire
anche nelle famose sculture di Pergamo,
le quali raffigurano alcuni Celti
(chiamati Galati dai popoli greci),
tutti con indosso quell’ornamento.
A Naquane, in Valcamonica, è incisa però
la più antica rappresentazione del dio
conosciuta. L’ incisione camuna viene
datata tra il VI e il V secolo a.C. ed è
dunque di molto precedente
all’insediamento dei Celti nell’area. I
tratti tipici del dio restano i medesimi
anche in questa rappresentazione: corna
di cervo, un torques al braccio e
un serpente che sembra fuoriuscire dal
corpo.
È curioso osservare, tuttavia, che
quello che per lungo tempo è stato
reputato un serpente, oggi sembra
rispondere, in realtà, a nuove teorie.
Diverse ricerche hanno dimostrato che la
figura serpentina incisa in Valcamonica
sia invece una cosiddetta barca a
protome ornitomorfa, ossia recante una
testa a forma di uccello acquatico.
Queste barche, sono frequentissime tra
le incisioni rupestri della valle e
sembrano avere un legame particolare con
luoghi di culto sorti in tutta l’area
alpina durante l’Età del Ferro. Questa
concomitanza ci mostra un legame tra
culto di divinità ed elementi naturali
come l’acqua, o il fuoco. Sono
significativi i Gewässerfunde, oggetti
che venivano offerti alle acque e i
Brandopferplätze, roghi di oggetti
materiali o vittime sacrificali animali
con scopo votivo.
Il santuario di Breno, eretto in
Valcamonica nella media Età del Ferro, è
un esempio di venerazione verso le
acque. Non a caso, nell’area del
santuario, è stato ritrovato un
pendaglio-amuleto bronzeo che sembra
raffigurare proprio una barca a protome
ornitomorfa.
Partendo da quanto osservato, possiamo
dunque identificare delle
informazioni-chiave. Per prima cosa,
consideriamo il ruolo fondamentale della
figura del cervo per i Camuni e il
tipico legame tra le imbarcazioni e il
culto di divinità. Se dovessimo
ipotizzare che una cultura con queste
caratteristiche avesse sentito il
bisogno di pregare una divinità per
situazioni come una possibile buona
battuta di caccia, non sarebbe forse
logico immaginare che il dio in
questione avesse delle corna di cervo?
Avrebbero associato a questa divinità
una barca a protome ornitomorfa, come
frequente?
E i Celti, arrivati un secolo dopo,
potrebbero aver fatto loro questo dio? E
potrebbero aver male interpretato la
raffigurazione di quella barca,
vedendola come un serpente?
Ognuna di
queste domande ottiene oggi risposta
positiva dagli studiosi. Questa è
senz’altro la teoria più quotata.
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