N. 17 - Maggio 2009
(XLVIII)
ASIA, BUDDHA E UN
REPORTER SENZA
LAVORO
PARTE i -
ANATOMIA D'UNA
PARTENZA
di Gianrigo Marletta
A
volte mi piace immaginare di rispondere: “Lo scrittore”
- quando la gente mi chiede cosa faccio nella vita. E
quando, ipoteticamente, mi chiedono cosa scrivo
rispondo: “Ciò che l’anima mi comanda”.
Partire portando con sé qualche testo di viaggio,
qualcosa che accenda meglio l’ispirazione, un libro che
parli di posti lontani, di esperienze, di persone
diverse, di odori e sapori nuovi, di colori forti, di
situazioni inimmaginabili, lo trovo indispensabile.
Credo arricchisca di più l’anima e prepari il cuore a
contenere una capienza maggiore di “elementi da
viaggio”.
Sono convinto che ispiri il lettore a cercare meglio e
più in profondità particolari e situazioni, proprio come
ha fatto l’autore del libro che abbiamo con noi.
La
magia di un viaggio inizia nel momento in cui uno lo
pensa, quando da qualche parte, a casa propria - dove
tutto da sempre è uguale, automatico, dove la propria
identità è già stabilita e la vita programmata - si
inizia a sognare un posto lontano, nuovo, diverso.
L’Oriente dal 2004 è stata la mia grande meta, la mia
ispirazione e la risposta alla dogmatica domanda che ha
sempre rappresentato una profonda ossessione nella mia
vita: "Cosa ci faccio qui?".
Ecco che quando le economie hanno fruttato e il
salvadanaio è pronto per essere spaccato, quando il
posto di lavoro è stato accantonato, temporaneamente o
definitivamente, ecco finalmente il grande momento.
Entrare nelle agenzie di viaggi - piacere ormai quasi
interamente sostituito da semplici click in
qualche sito di tariffe aeree scontate - ha sempre
suscitato in me una particolare eccitazione, l’odore
della moquette (per qualche ragione le agenzie di
viaggio hanno quasi sempre la moquette), il suono dei
tasti battuti sulla tastiera di quel computer che sputa
codici e che la signorina magicamente interpreta in
prezzi e date; e poi i poster e le copertine delle
brochure messe in ordine per continente; copertine che
in realtà nascondono solo una trentina di pagine di foto
e prezzi di alberghi e resort a cinque stelle,
tutti uguali, in Messico, in Tailandia, in Papua Nuova
Guinea.
Ascoltare con ansia le tariffe delle varie compagnie
aeree, immaginare il colore delle divise e della pelle
delle hostess e il modello dell’aeromobile, i
suoi servizi e sistemi di svago, sognare la signorina
che strappa la carta di imbarco augurandoci: "Buon
viaggio!”. E infine l’odore dell’aeroporto d’arrivo.
Fatto il biglietto è come aver firmato un contratto,
concluso un affare, si può tirare un sospiro di
sollievo, è fatta!
Il
periodo che segue diventa come un limbo, un luogo
intermedio in cui non si è né di qua né di là. Non si è
ancora arrivati ma si è già partiti. Si contano i
giorni, poi finalmente arriva quello in cui “Domani
posso dire che dopodomani parto”.
Quest’ansia, questa preparazione è ormai la mia vita, la
mia passione, il viaggio la mia droga, la mia ragion di
essere e l’Asia, l’Asia è la mia grande Maestra.
Nelle pagine che seguono ho solo buttato giù parole che
l’Asia insieme alla mia anima mi hanno comandato di
scrivere.
Storie, fatti e racconti che dedico all’ispirazione del
prossimo e ai maestri che mi hanno insegnato i piccoli
frammenti del grande lieto vivere.
Li
dedico ai liberi viaggiatori, ai pensatori, agli
artisti, agli spirituali, ai sofferenti e a tutti coloro
che fuggono dal prestabilito in cerca di se stessi, a
caccia di nuove risposte, più originali, più veritiere.
Concludo ammettendo che non sono un giornalista. Non ho
mai studiato per diventarlo né tantomeno sono iscritto
all’Ordine.
Mi
considero però un reporter, perché dal mondo intendo
“riportare”.
Uso la parola riportare, dall’inglese report, che
significa osservare, studiare, sentire e capire, per poi
condividere, ricondurre, passare a qualcun altro le
esperienze vissute, la storia imparata, le testimonianze
raccolte, nella speranza che costui ne giova e ne tragga
ispirazione e a sua volta faccia lo stesso.
Questi scritti parlano dell’Asia e di quei suoi abitanti
le cui strade si sono incrociate con la mia.
Roma, Lunedì 4 dicembre 2006
Sarei dovuto partire tre giorni fa; poi era fissato per
oggi; alla fine la data decisiva pare essere l’11
dicembre.
La scrivania su cui poggia il mio computer è coperta da
mappe, guide e qualche copia di romanzi da viaggio.
Il biglietto aereo già presenta le cicatrici dei due
cambiamenti fatti, gli adesivi appiccicati sopra e
scritti a mano indicano le nuove date stabilite.
Il passaporto l’ho
mandato a farsi occupare la quartultima pagina rimasta
libera, da un ennesimo visto, quello per il Vietnam.
Se tutto andrà secondo i piani, lunedì prossimo riuscirò
a salire su quell’Airbus
A330 della Qatar Airways che farà Roma-Doha-Bangkok.
Vado ancora una volta in cerca della vita d’oriente,
Estremo Oriente, quello non ancora scoperto dal moderno
modello occidentale, quello invaso da una natura
sfrenata e non dalla tecnologia, dove il legno non è
ancora stato sostituito dal cemento e le persone si
nutrono di ciò che serve loro e non si riempiono il
ventre con tutto ciò che gli capita sotto mano.
Vado a studiare quella spiritualità così sensata e
semplice. Vado a rendermi più leggero, a sgonfiarmi e
ripulirmi dalla fretta, dall'ansia e soprattutto da
tutte le stronzate che violentemente vengono
scaraventate nelle nostre vite, attraverso i cinque
sensi, dalla società.
Una società fatta di modelli sempre più alti, più
ricchi, più belli, più snelli e sempre più vuoti. Tutti
li rincorriamo ed a qualsiasi costo vogliamo
raggiungerli, farli nostri, copiarli. Ma poi? Ancora
insoddisfazione.
Il mondo rincorre sempre di più il vuoto e pochi si
fermano a pensare. Pochi tornano indietro a riprendere
loro stessi, una cultura, la loro pace interiore.
Nel Terzo Mondo il tempo si ferma e scopri quanto sia
inutile correre; il cibo è più semplice e scopri quanto
sia inutile rimpinzarsi di porcherie.
Ci si veste solo per coprirsi, e scopri quanta vanità e
inutile spendere sprechiamo per due stracci.
Per strada ci si saluta, ci si aiuta, e scopri quanta
insicurezza e timore del prossimo ci sia nella nostra
"avanzata" società.
Le persone lavorano per vivere, e scopri che noi invece
viviamo per lavorare.
I bambini giocano e ridono, inventandosi giocattoli col
legno, e scopri che i nostri sono tutti rincoglioniti e
vogliosi di sparare a qualcuno come fanno i loro eroi
televisivi e dei videogame.
Insomma vado dove, semplicemente osservando e
respirando, scopri che noi, con tutte le nostre scoperte
non abbiamo scoperto proprio niente per vivere meglio e
che magari proprio lì, dove nessuno si è impegnato tanto
per scoprire, essere felici non è poi, dopotutto, questa
grande... scoperta. |