contemporanea
SULL’URANIO
USATO NELLA BOMBA DI HIROSHIMA
UNA STORIA IRRISOLTA
di
Francesco Cappellani
Un recente articolo ha riportato la
notizia che almeno una parte dell’Uranio
usato per la costruzione della bomba
atomica “Little Boy” sganciata il 6
agosto 1945 su Hiroshima, fosse di
provenienza nazista.
Sembra infatti che nel maggio del 1945,
quando oramai la Germania, ridotta a un
cumulo di macerie e sul punto di
soccombere a ovest agli anglo-americani
e a est ai russi di Stalin, il generale
Hans Kammler, un ufficiale rimasto
sempre in ombra malgrado un fine
carriera folgorante, a cui era affidata
la gestione delle armi segrete di
Hitler, si sia consegnato agli americani
portando con sé una valigia con circa 70
kg di Uranio.
Kammler era un ingegnere civile
appartenente alle SS che si era distinto
nella progettazione, costruzione e
ampiamento dei campi di concentramento e
in particolare delle camere a gas e
degli impianti di cremazione di
Auschwitz-Birkenau. Era un uomo dotato
di grande attivismo, efficienza e
instancabile capacità lavorativa. Queste
sue qualità convinsero Himmler, nel
1944, a proporlo a Hitler come direttore
del progetto delle V2 e, dal 31 gennaio
1945, dei programmi relativi ai missili
in generale e infine, nel marzo 1945,
anche come responsabile della
realizzazione degli aerei a reazione
Messerschmitt Me 262, mettendo in ombra
lo stesso Göring che fino ad allora,
godeva di poteri assoluti
sull’aviazione.
Il primo Marzo 1945 verrà nominato
Obergruppenführer und General der
Waffen-SS, divenendo il numero tre nella
gerarchia del partito nazista dopo il
Führer e Himmler. Verso la fine della
guerra Kammler era responsabile di
progetti che coinvolgevano circa 4
milioni di persone. L’uso di prigionieri
di guerra come schiavi e la loro
eliminazione quando non erano più
necessari perché stremati o ammalati, lo
marchiò da parte degli alleati come uno
dei peggiori criminali nazisti.
Stranamente però, nella prima parte del
processo di Norimberga che si svolse dal
Novembre 1945 all’Ottobre 1946, il nome
di Kammler non è menzionato nelle 35.000
pagine del processo se non per qualche
incarico di secondario interesse, e così
pure nel prosieguo del processo esteso
ai criminali di minore importanza
terminato nel 1948.
Secondo l’articolo, nei primissimi
giorni di Maggio 1945, Kammler sarebbe
entrato in contatto in Austria con
l’americano Don Richardson, agente
speciale della OSS (Office of
Strategic Services) inviato in
Germania con i suoi colleghi per
catturare gli scienziati tedeschi, in
primis Wernher von Braun, attivi nella
progettazione e la realizzazione delle
famose Verwaltungswaffen (letteralmente
“armi di rappresaglia”, e cioè le V1 e
le V2).
Richardson avrebbe portato Kammler in
America dove fu sottoposto a stringenti
interrogatori e dove sarebbe morto in
carcere, forse suicidandosi per
impiccagione, nel 1947. Richardson,
prossimo alla morte avvenuta nel 1996,
avrebbe confidato ai figli questi
avvenimenti finora rimasti ignoti o
secretati per mezzo secolo.
Il figlio Richardson jr, medico, rivela
che Kammler aveva con sé circa 70 kg di
Uranio “che probabilmente proveniva
dalle gallerie sotterranee del lager di
Gusen, il complesso denominato
Bergkristall, in Austria”. Gusen era
il maggiore dei campi periferici di
Mathausen dove erano stati scavati
decine di chilometri di tunnel
sotterranei per proteggere dai
martellanti bombardamenti americani, la
costruzione di caccia a reazione e la
progettazione di nuove armi forse anche
nucleari, come la fabbricazione della
bomba atomica su un ordine di Hitler
della fine del 1944.
Al di fuori delle dichiarazioni dei
figli di Richardson, non esistono prove
certe e definitive sul “caso Kammler”;
il giornalista austriaco Frank Döbert,
in un recente scritto, afferma che “Testimonianze
affiorate nel 2006 indicano che Don
Richardson sarebbe partito a bordo di un
B-29 con poco più di 60 kg di Uranio
alla volta degli USA, atterrando alla
base dell’US-Air Force a Wendover. Qui
erano già in corso i preparativi per il
lancio dell’atomica sul Giappone”.
Kammler aveva incontrato Hitler per
l’ultima volta il 3 Aprile 1945, ma il
13 Aprile aveva rivelato ad Albert Speer,
ministro per gli armamenti del Reich,
visto che la guerra era oramai
irrimediabilmente perduta, di volersi
consegnare agli americani offrendo tutte
le sue conoscenze sulla “Wunderwaffe” (l’arma
dei miracoli) che Hitler vagheggiava
potesse all’ultimo momento volgere la
guerra a suo favore.
Sulla fine di Hans Kammler esistono
altre versioni: la vedova dichiarò di
avere avuto notizia dall’autista di suo
marito, che Kammler era morto circa il 9
o 10 Maggio del 1945 per avvelenamento
da cianuro a Praga. Bernd Ruland in un
suo libro del 1969, sostiene che Kammler
era arrivato a Praga il 4 Maggio 1945
dove, insieme a un reparto di SS aveva
difeso un bunker dall’attacco di
partigiani cechi. Nel corso del
combattimento, il suo aiutante di campo
lo avrebbe ucciso per evitare che
venisse catturato dai nemici.
Questa versione contrasta con quanto
pubblicato nel 2014 anche su Repubblica,
che parla di un documento del CIC (Counter
Intelligence Corps), desecretato
dagli USA nel 1978, dove si afferma che
“poco dopo l’occupazione, Hans
Kammler apparve agli uomini del CIC a
Gmunden e fece una dichiarazione
dettagliata sulle operazioni e le
attività della Baustelle Ebensee”.
Baustelle Ebensee era il nome che
definiva lo sterminato complesso di
tunnel e laboratori sotterranei che
comprendeva i campi di Mathausen, Gusen
ed Ebensee. In effetti il documentarista
austriaco Andreas Sulzer, che studia da
anni i “segreti nucleari” del campo di
concentramento di Gusen, ha scoperto
copie autografe e cianografie di
progetti di Kammler in America, tra le
carte del lascito di Samuel Goudsmit,
direttore scientifico della missione
Alsos creata nel settembre del 1943 per
intercettare i piani e le risorse
nucleari naziste nonché gli scienziati
attivi in quelle ricerche (tra cui i
premi Nobel Otto Hahn e Werner
Heisemberg), il che confermerebbe,
secondo Sulzer, che Kammler era in mano
agli americani.
Ma perché era così importante la valigia
di Kammler con circa 70 kg di Uranio?
Qui occorre fare un passo indietro. Alla
fine del 1938, a Berlino-Dahlem nel
Kaiser Wilhelm Institut für Chemie, Otto
Hahn e il suo giovane collega Fritz
Strassmann, nel ripetere alcuni
esperimenti compiuti da Enrico Fermi a
Roma nel 1934 bombardando con neutroni
vari elementi tra cui l’Uranio al fine
di generare elementi transuranici, si
accorsero che alcuni atomi di Uranio si
spaccavano praticamente a metà formando
due atomi di elementi più leggeri come
Bario e Kripton, rilasciando una
notevolissima quantità di energia.
Si rivolsero allora alla collega Lise
Meitner, nel frattempo fuggita in Svezia
perché ebrea e già ricercata dai
nazisti; la Meitner dopo un’attenta
analisi fisico-matematica, capì che
l’esperimento aveva provocato la
“fissione” dell’atomo di Uranio in due
parti quasi eguali, ma soprattutto che
la fissione aveva liberato una
grandissima quantità di energia nucleare
dovuta alla conversione di parte della
massa dell’atomo di Uranio in energia
secondo la famosa formula di Einstein E
= mc². Inoltre nel processo venivano
liberati dei neutroni in grado di
fissionare altri atomi di Uranio
generando così una reazione a catena con
una produzione di energia enorme in un
tempo brevissimo.
Se questi neutroni, molto energetici,
venivano poi rallentati mediante l’uso
di “moderatori” come la grafite e
l’acqua pesante, l’efficienza del
processo aumentava decisamente. La
notizia si propagò rapidamente anche
negli USA dove l’esperimento di Otto
Hahn fu subito ripetuto e confermato. Un
problema che subito si presentò fu
quello del reperimento di notevoli
quantità di uranio in quanto in natura
questo elemento si presenta per il 99,3%
come Uranio 238, cioè Uranio costituito
da atomi il cui nucleo è composto da 92
protoni e 146 neutroni, e per circa lo
0,7% dall’isotopo (forma dello stesso
elemento ma con massa differente) Uranio
235, cioè con tre neutroni in meno, che
è il materiale fissile. Occorre quindi
separare il poco Uranio 235 dalla grande
massa di Uranio 238, cioè “arricchire”
l’Uranio naturale fino a portare la
concentrazione del suo isotopo 235 a
percentuali dell’ordine del 5% per
poterlo usare come combustibile per
reattori nucleari e, a percentuali molto
maggiori, fino al 90%, per la
fabbricazione di ordigni nucleari.
Già nel febbraio del 1942 il premio
Nobel Werner Heisenberg, impegnato nel
progetto “Uranverein”, aveva parlato in
una conferenza pubblica della
possibilità di realizzare armi nucleari
di inimmaginabile potenza, milioni di
volte maggiore degli esplosivi
convenzionali, basate sulla fissione
dell’Uranio 235. In una successiva
conferenza, accennando al grande
interesse degli USA per le armi
nucleari, aveva predetto che, se la
guerra fosse durata un tempo
sufficiente, la realizzazione tecnica di
tali armi avrebbe deciso le sorti del
conflitto. Heisenberg non si interessò
alle armi nucleari per ragioni morali,
dichiarando in diverse occasioni, dopo
la guerra, che aveva cercato di
prevenire ogni ricerca sulla
fabbricazione della bomba, specificando
che “Dr. Hahn, Dr. Von Laue ed io,
avevamo falsificato i calcoli matematici
per evitare lo sviluppo della bomba
atomica tedesca”.
Quindi, al contrario degli americani, i
tedeschi non si concentrarono subito
sulle ricerche nucleari anche di tipo
pacifico come la costruzione di pile
atomiche, forse perché speravano nella
rapida conclusione vittoriosa della
guerra che il successo iniziale della
“blitzkrieg” (guerra-lampo) lasciava
presagire; soltanto nell’estate del 1944
Heinrich Himmler ordinò di sviluppare
armi nucleari.
Sembra però, anche se prove
inconfutabili non esistono, che gli
scienziati tedeschi fossero riusciti a
costruire un reattore nucleare di bassa
potenza e anche, come appare da alcuni
dossier del servizio segreto militare
sovietico del marzo 1945, che avessero
compiuti due test atomici in Turingia: “I
tedeschi hanno provocato due grandi
esplosioni (…) i prigionieri di guerra
che si trovavano dentro il perimetro
dell’esplosione sono morti e di loro non
pare rimasta alcuna traccia. Inoltre è
stato riscontrato un forte effetto
radioattivo”.
Nella primavera del 1945 gli americani
della missione Alsos avevano trovato e
raccolto alcuni elementi riconducibili
al progetto “Uranverein”, tra cui un
prototipo di reattore nucleare a
Haigerloch, acqua pesante e blocchetti
di Uranio a Tailfingen. Inoltre sapevano
che a Oranienburg, con l’aiuto della
competenze in materia della industria
chimica Degussa, era stato realizzato un
impianto per la produzione di ossido di
Uranio di elevata purezza che doveva
servire per gli esperimenti connessi
alla realizzazione di una pila atomica (Uranmachine).
A fine conflitto quella zona sarebbe
passata ai russi, per cui il generale
Leslie Groves, comandante del progetto
Manhattan, diede ordine al generale
Marshall di radere immediatamente al
suolo l’impianto in modo da evitare che
quelle tecnologie molto progredite,
fossero acquisite dall’armata rossa. Il
bombardamento e la conseguente completa
distruzione dell’attività ebbe luogo il
15 Marzo 1945.
Un recente studio condotto dall’Institute
for Transuranium Elements
dell’Unione Europea a Karlsruhe su
campioni di Uranio trovati dagli Alleati
nel 1945 durante la ricerca dei progetti
nucleari nazisti, ha dimostrato,
mediante un’accurata analisi
fisico-chimica dei campioni, che gli
isotopi dell’Uranio si trovano nel
rapporto naturale e quindi non vi erano
stati processi di arricchimento.
L’articolo si conclude con
l’affermazione che “the experimental
results support historical reports that
the German experiments did not result in
a self-sustaining nuclear chain reaction”,
cioè non vi sono prove che i tedeschi
fossero arrivati a realizzare processi
di fissione controllata in grado di
autosostenersi.
C’è però da considerare che molte
installazioni che potevano ricollegarsi
a tentativi di costruire impianti per lo
studio e lo sfruttamento della fissione
controllata sia come tecnica per
generare energia che per usi bellici,
furono distrutti nel corso degli ultimi
violenti mesi di guerra anche dagli
stessi tedeschi, se si pensa che Hitler
sembra pensasse addirittura di eliminare
i suoi migliori scienziati pur di non
consegnarli al “nemico”.
La Germania comunque negli ultimi anni
del conflitto mondiale non era più in
grado di sostenere l’immenso sforzo
tecnico ed economico che invece gli
americani avevano messo in opera per
l’arricchimento dell’Uranio nel centro
di ricerca appositamente creato a Oak
Ridge, nel Tennessee, dove tre
giganteschi impianti che usavano sistemi
diversi per la separazione dell’Uranio
fissile lavoravano senza interruzione
giorno e notte. Gli americani si erano
approvvigionati di Uranio facendo
riaprire in Canada una miniera di Radio
della Eldorado Gold Mining Company.
Le rocce contenenti Uranio, in genere
pechblenda, venivano poi lavorate per
fornire agli Usa un materiale
sufficientemente puro da destinare al
progetto Manhattan per la realizzazione
della bomba atomica. Inoltre Uranio di
ottima qualità proveniva dalla miniera
di Shinkolobwe nel Katanga, che
inizialmente era stato esportato in
Belgio per l’estrazione del Radio. Edgar
Sengier, allora direttore dell’Union
Minière du Haut Katanga, anticipando
l’invasione nazista del Belgio, aveva
trasferito 1.200 tonnellate di rocce
uranifere in un deposito di olii
vegetali a Staten Island, New York, per
venderle agli americani che però in quel
periodo, siamo nel 1939, erano più
interessati al cobalto.
Ma nel settembre del 1942, Sengier
ricevette la visita del colonnello Ken
Nichols, amministratore del Manhattan
Project, che acquistò il materiale
stoccato a Staten Island, unitamente ad
altre 3.000 tonnellate di rocce
depositate accanto alla miniera. Il
materiale scavato a Shinkolobwe era
eccezionalmente puro, conteneva infatti
circa il 65% di ossido di uranio mentre
rocce di altre provenienze arrivavano a
qualche percento. Nichols scrisse che
senza il minerale proveniente dal
Katanga “non avremmo avuto la
quantità di uranio necessaria per
giustificare la costruzione degli
immensi impianti di separazione” che
permisero di fornire circa 2/3
dell’Uranio fissile per la bomba
atomica.
Malgrado il grandioso sforzo
ingegneristico e tecnico realizzato a
Oak Ridge, la produzione di Uranio 235
era scarsa e molto lenta, e alla fine
del 1944 si cominciò a dubitare di
potere raggiungere il quantitativo
necessario (circa 64 kg) per realizzare
la bomba atomica a base di Uranio,
mentre, in parallelo, si andava
sviluppando il progetto per la bomba al
Plutonio 239. Questo materiale fissile
veniva prodotto dall’isotopo Uranio 238
mediante una reazione nucleare di
“fertilizzazione”, cioè trasformando un
nuclide come l’Uranio 238 “fertile”,
cioè non fissile, in uno fissile,
appunto il Plutonio 239, mediante
l’assorbimento, in un reattore nucleare,
di un neutrone.
In effetti l’esperimento di prova della
prima bomba atomica compiuto ad
Alamogordo nel deserto del Nuovo Messico
era una bomba al Plutonio 239. Anche la
bomba lanciata il 9 Agosto 1945 su
Nagasaki era caricata con 6,2 kg di
Plutonio 239 puro al 90% che forniva una
potenza di 20 kilotons di TNT (20.000
tonnellate di tritolo). Questo perché le
difficoltà tecniche per la separazione
del Plutonio 239 con semplici metodi
chimici erano decisamente minori di
quelle ben più complesse per
l’arricchimento mediante separazione
isotopica dell’Uranio 235, per cui, dopo
la bomba su Hiroshima, l’uso dell’Uranio
per le bombe atomiche fu abbandonato.
Secondo quanto riportato dallo storico
Ian Greenhalgh, al primo maggio 1945
erano disponibili soltanto 15 kg di
Uranio arricchito, tuttavia, dopo solo
tre mesi, i 64 kg di materiale fissile
arricchito per la bomba a Uranio erano
pronti malgrado, stando ai ritmi di
produzione di Oak Ridge, questa quantità
sarebbe stata raggiunta solo alla fine
del 1946.
Per Greenhalgh la spiegazione va cercata
nell’imprevedibile ritrovamento di
Uranio proveniente dalla cattura il 14
Maggio 1945 di un U-boat tedesco a lunga
percorrenza che aveva il compito di
fornire tecnologie militari avanzate e
ossido di Uranio o Uranio arricchito al
Giappone. Infatti gli scienziati
nipponici, come appare da recenti
ricerche, conoscevano la fisica e la
tecnologia per costruire la bomba
atomica ma mancavano della materia
prima, l’Uranio, e contavano di
riceverlo dalla Germania oramai in
procinto di capitolare. Ma il comandante
del sottomarino, dopo avere ricevuto
dall’ammiraglio Karl Dönitz, divenuto
capo del Reich dopo la morte di Hitler,
l’ordine di tornare in superficie e di
arrendersi data la resa incondizionata
della Germania l’8 Maggio 1945, aveva
abbandonato la rotta verso il Giappone e
consegnato l’U-Boat alla marina
americana che l’aveva scortato alla base
navale di Portsmouth.
Un documento della US Intelligence del
19 Maggio elenca il materiale contenuto
nel sottomarino: armi, medicine,
strumenti vari, mercurio, caffeina,
acciaio etc., ma anche alcuni
contenitori protetti da uno strato di
oro con la scritta U-235 e contenenti
540 kg di Uranio. Questo Uranio
scomparve; si pensa che sia stato
trasferito all’impianto di Oak Ridge nel
quadro del progetto Manhattan.
«Tuttavia 540 kg di ossido d’Uranio
avrebbero fornito all’incirca 7,7 kg di
Uranio 235 dopo i processi di
arricchimento; cioè circa il 5% della
quantità richiesta per Little Boy, la
bomba a fissione di Uranio. Inoltre
l’ossido di Uranio non è così
radioattivo da richiedere una spedizione
in contenitori rivestiti d’oro, solo
l’Uranio arricchito richiede questi
schermaggi. Quindi si può sicuramente
concludere che l’Uranio trovato nel
sommergibile era arricchito e pronto per
essere impiegato come materiale fissile
per la bomba Little Boy».
La conclusione appare discutibile,
probabilmente l’Uranio era solo
parzialmente arricchito, anche se sembra
che gli scienziati tedeschi avessero
sviluppato un processo di arricchimento
più efficiente di quelli in funzione a
Oak Ridge e quindi il materiale poteva
contenere un’importante quantità di
Uranio 235. Non esistono conferme
ufficiali su questo punto. Analogamente
non si hanno certezze sulla famosa
valigia, con circa 70 kg di Uranio
arricchito, che il generale Hans Kammler
avrebbe consegnato agli americani in
cambio della sua incolumità.
Kammler non era uno scienziato, ma
soltanto un solerte “general manager”,
un amministratore, per cui le sue
conoscenze tecniche erano di scarso
interesse per gli americani, e quindi,
ammesso che le cose siano andate
realmente così, la valigia era l’unico
dono prezioso e forse indispensabile per
raggiungere la quantità di Uranio
necessaria per il funzionamento di
Little Boy, che il generale delle SS
poteva offrire agli alleati.
Dalla sterminata letteratura a
disposizione, malgrado esistano ancora
parecchi aspetti non chiariti forse
perché tuttora secretati o perché alcune
prove e testimonianze sono state perse o
distrutte, sembra che sicuramente una
parte dell’Uranio usato per la bomba di
Hiroshima provenisse dalla Germania
sconfitta.
Nel suo libro sulla storia della “German
bomb”, Thomas Powers scrive che Pash e
Goudsmit nel corso della missione Alsos
catturarono parecchie tonnellate di
Uranio “che fu spedito in Inghilterra
e quindi negli Stati Uniti, trasformato
in esafluoruro di Uranio per procedere
alla separazione isotopica ad Oak Ridge
e finalmente, sotto forma di Uranio 235
usato per distruggere Hiroshima”.
C’è da aggiungere un curioso e
paradossale commento attribuito a Robert
Oppenheimer, direttore scientifico del
Progetto Manhattan, che avrebbe detto
che la bomba lanciata su Hiroshima era
fatta in Germania.
Riferimenti bibliografici:
Berndt Ruland, Wernher von Braun:
Mein Leben für die Raumfahrt, Burda,
1969.
Roberto Brunelli: “La fuga segreta del
custode dell’atomica nazista”.
La Repubblica, 25/04/2014.
Rose Paul Lawrence, Heisenberg and
the Nazi Atomic Bomb Project: A Study in
German Culture, University of
California Press, 1998.
Klaus Mayer et al., Uranium from
German Nuclear Power Projects of the
1940s. A Nuclear Forensic Investigation,
Angewandte Chemie, Vol. 54, Issue 45,
November 2, 2015.
Thomas Powers, Heisenberg’s War: The
Secret History of the German Bomb,
Da Capo Press, August 11, 2000. |