[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

194 / FEBBRAIO 2024 (CCXXV)


arte

A proposito di Ungaretti
UNA comparazione con L'opera di Dante

di Riccardo Renzi


L’8 febbraio 2024 sono ricorsi i 136 anni dalla nascita di Giuseppe Ungaretti. In questa sede voglio celebrarlo comparandolo con un altro “Sommo” della poesia italiana: Dante Alighieri.

 

Nella vasta produzione critica ungarettiana Dante e la sua Commedia occupano un ruolo di primissimo piano. In Ungaretti troviamo mescolati assieme metodi critici diversi, si va da quello storico al filologico, per passare attraverso quello formalista e semiotico, ma tutti sono sempre accompagnati da un tono personale, intimo, proprio solo dello scrivente (Cortellessa 2000, p. 34).

 

Nel corso della sua esperienza critica e di docenza universitaria, egli dedicò moltissimo spazio all’analisi della Commedia. Ungaretti, dal 1° novembre 1942 era stato chiamato «per chiara fama» a insegnare Storia della Letteratura Italiana moderna e contemporanea all’Università di Roma. Il poeta aveva insegnato abbastanza regolarmente nell’anno accademico 1942/1943, concludendo un po’ in anticipo (l’11 maggio 1943) il suo corso su Leopardi a causa dei bombardamenti Alleati sulla città.

 

Nell’anno accademico successivo (1943/1944) nella Facoltà di Lettere e Filosofia le lezioni non ebbero inizio a causa delle proteste studentesche; il 29 gennaio 1944, poi vennero sospese tutte le attività didattiche in tutte le Facoltà dell’Università di Roma.

 

Egli iniziò l’esperienza universitaria già dal 1936 presso l’università di San Paolo in Brasile. L’opera dantesca, sia nelle lezioni universitarie che nei cicli seminaristici, venne analizzata dal Poeta sotto vari punti di vista. In primo luogo Ungaretti cercò di comprendere il reale rapporto che lega Dante a Virgilio; poi cercò di ritagliare alcuni elementi dell’opera dantesca andandoli a sottoporre a più analisi testuali; infine si interroga sugli elementi distintivi dell’opera petrarchesca rispetto a quella dantesca.

 

In questa sede ci occuperemo solo del primo punto. Ungaretti questo ci dice del rapporto intercorso tra Dante e Virgilio: «Virgilio ha scritto l’Eneide, a glorificazione d’una stirpe imperiale, mostrandocene la continuità, e in questa sua continuità, l’unità. Dante ha scritto la Commedia per mostrarci che il fine dell’uomo è la giustizia, e che l’uomo vi tende come persona, e che vi tende come società umana, e che vi tende come genere umano in tutto il suo percorso storico» (Ungaretti 1984, p. 153).

 

Nell’interpretazione ungarettiana la giustizia dantesca si compie dopo la morte, mentre per Virgilio (6° libro dell’Eneide) l’immortalità si ottiene nel corso del tempo, con continuità, ove il passato è sempre legato al presente e al futuro. Attraverso la narrazione degli atti eroici dell’Eneide che per la gente della stirpe di Augusto e Roma diventa fattibile rendere e mantenere l’immortalità della continuità degli stessi atti eroici, in quanto questo è l’unico modo per conservare e accrescere la virtù di una sola stirpe.

 

Proprio su tale punto emergono alcune divergenze tra Dante e Virgilio secondo la lettura ungarettiana. Per Dante il corpo umano incarna un’anima singolare, unica e immortale, e quest’ultima non si ottiene nella storia, ma nell’eterno, per il Poeta latino invece lo stesso corpo umano incarna un’anima che rende immortale il tempo, attraverso una continuità storica.

 

Secondo Ungaretti in Dante il tempo è sempre legato al dolore della pena, dunque non ha mai un’accezione positiva come in Virgilio. Tali ipotesi sul concetto di tempo in Virgilio e Dante vengono definite da Ungaretti a più riprese nelle sue lezioni universitarie. La concezione temporale dei due letterati viene messa in luce da Ungaretti anche andando a evidenziare la diversa strutturazione dell’oltretomba.

 

L’Ade virgiliano, secondo Ungaretti, altro non è che una enumerazione di nomi e delitti, l’aldilà per il poeta latino è semplice culto dei morti. Mentre per Dante ogni defunto, a prescindere da dove stia, ha una sua storia, un suo vissuto da raccontare. Questa differente concezione deriva naturalmente dal fatto che uno è un poeta latino e l’altro medioevale, ed essi stessi sono il frutto di una concezione completamente differente della terra e del cielo.

 

In Virgilio la morte fisica dei singoli individui «è la condizione dell’immortalità della stirpe», mentre nell’opera dantesca nell’ordinamento dell’oltretomba non è la stirpe ad avere valore, ma il raggiungimento del fine, cioè la giustizia. Tutta l’oltretomba dantesca è organizzata secondo un sistema logico-teologico strettissimo. Ungaretti dimostra come tale sistema sia ben strutturato in tutti e tre gli ordini. Nell’Inferno non a caso i primi dannati sono gli ignavi, poiché non hanno agito, rifiutando in tal modo di essere giudicati dalla giustizia stessa.


L’analisi ungarettiana è assai attenta alle minuzie di tale rapporto, andando a mettere in evidenza dei punti del tutto nuovi.
 

 

Riferimenti bibliografici:

 

A. Cortellessa, Ungaretti, Einaudi, Torino2000, p. 34

G. Ungaretti, Dante e Virgilio, in Invenzione della poesia moderna. Lezioni brasiliane di letteratura, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1984, p. 153

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]