[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

198 / GIUGNO 2024 (CCXXIX)


contemporanea

Under the Grey Sky
BIELORUSSIA, TRA PROTESTE E REPRESSIONE

di
Leila Tavi
 

Under the Grey Sky (Пад шэрым небам - Pad šėrym nebam) di Мара Тамковіч (Mara Tamkovič) è un film che ritrae la dura realtà della repressione in Bielorussia a seguito delle proteste del 2020 contro la rielezione di Аляксандр Рыгоравіч Лукашэнка (Aljaksandr Lukašėnka), che detiene il potere dal 1994 senza interruzioni e senza dialettica democratica. Nel contesto delle violazioni dei diritti umani e della censura dei media in Bielorussia, gli eventi successivi alle elezioni presidenziali dell'agosto 2020 hanno messo in luce un panorama di repressione da parte del governo e di resistenza da parte della società civile. Le proteste di massa, scatenate dalle accuse di brogli elettorali e dalla crescente insoddisfazione per le condizioni economiche e politiche, hanno subito una violenta repressione governativa, accompagnata da una sofisticata macchina propagandistica, che utilizza i media statali per controllare la narrazione sulle proteste di piazza. Gli apparati governativi, grazie al loro braccio armato e alla polizia segreta, si fanno scherno dei dissidenti e di quello che il governo considera come “бескарыснае гераізм” (beskarysnae heraizm), eroismo inutile.

L’opera prima di Mara Tamkovič è ambientata in una Bielorussia grigia e oppressiva, dove le voci dei dissidenti sono messe a tacere, ma il loro spirito rimane indomito. La narrazione si inserisce in questo scenario complesso, in cui la voce della resistenza diventa un faro di speranza per tutto il popolo. La regista e sceneggiatrice polacco-bielorussa, attraverso il suo lavoro, dà voce a chi è ridotto al silenzio e denuncia le atrocità commesse dal regime di Lukašėnka. La sua prospettiva offre una visione intima del coraggio e della resilienza del popolo bielorusso, evidenziando l'importanza della libertà di informazione e della lotta contro la censura.

La storia narrata è quella di Лена Антонава (Lena Antonava), una giornalista indipendente interpretata da Аляксандра Вайтсехович (Aliaksandra Vajtsechovič). Durante una diretta della brutale repressione di una manifestazione pacifica a Minsk, la giornalista è intercettata da un drone della polizia ed è arrestata insieme alla sua operatrice, da qui inizia il suo calvario, ma anche la sua coraggiosa lotta per la libertà di stampa. Nel frattempo, suo marito Ілля Ігарава (Illja Igarava), interpretato da Валентин Новопольский (Valentin Novopolʹskij), prepara una fuga d'emergenza, ma il regime è determinato a mettere a tacere entrambi.

Il film è ispirato alla vera storia dei giornalisti bielorussi Кацярына Андрэева (Kacjaryna Andrejeva) e di suo marito Ігар Ільяш (Ihar Iljaš) dell’emittente indipendente Белсат ТВ (Belsat TV). La regista Mara Tamkovič, che ha lavorato anche come giornalista per emittenti radiofoniche e televisive indipendenti bielorusse, trasmettendo dall’estero per fornire informazioni senza censura ai suoi concittadini, utilizza la macchina da presa come uno sguardo penetrante sulla vita di due intellettuali perseguitati dal regime.

Sin dall'inizio Under The Grey Sky fa immedesimare lo spettatore nelle lotte quotidiane di una giornalista indipendente che, con coraggio, decide di fare una diretta in occasione della commemorazione pubblica, il 15 novembre 2020, per la morte di Раман Бандарэнка. (Raman Bandarenka). Lena è costretta a trasmettere in clandestinità da un balcone che si affaccia sul luogo dell’assemblamento, per timore di essere fermata dalla polizia. Il designer Raman Bandarenka aveva contestato, come tanti altri, l’esito delle presidenziali del 2020. I movimenti spontanei e pacifici del 2020 hanno portato alla luce la brutalità delle forze dell'ordine, che si sono scagliate con violenza contro chiunque osasse opporsi al regime manifestando in piazza. Secondo alcune fonti, nel caso di Raman Bandarenka, aggressori mascherati in abiti civili hanno picchiato lo stilista nel cortile del suo condominio la sera dell'11 novembre 2020 a Minsk. Il cortile di tale complesso residenziale è noto come Плошча Перамен (Plošča Peramen), che può essere tradotto come "piazza delle Riforme". Il pestaggio e la morte di Raman Bandarenka, così come la diretta da parte della giornalista Kacjaryna Andrejeva, sono eventi reali che hanno ispirato la storia.

Inizialmente condannate a soli sette giorni di detenzione amministrativa, Kacjaryna Andrejeva e la sua operatrice Дар’я Дзмітрыеўна Чульцова (Dar"ja Čul'cova) sono state accusate di nuovi reati penali poco prima della loro scarcerazione. A luglio 2020 la giornalista aveva pubblicato, insieme a suo marito, il libro Беларускі Данбас (Belaruski Danbas – Il Danbas bielorusso), un'indagine documentaria sul ruolo dei cittadini bielorussi coinvolti nel conflitto nell'Ucraina orientale. Il 18 febbraio 2021 le due giovani donne sono state condannate a due anni di carcere, con l'accusa di aver organizzato una sommossa. Dar"ja Čul'cova è stata rilasciata nel 2022, dopo aver scontato per intero la sua pena. Kacjaryna Andrejeva, invece, è stata incriminata per una seconda volta, alla fine di un processo a porte chiuse, con l’accusa di alto tradimento. La pena che la giornalista deve scontare è di otto anni e tre mesi di reclusione. Il marito, Ihar Iljaš, giornalista indipendente e commentatore, è stato arrestato più volte dopo l'incarcerazione della moglie, tra cui il 16 luglio 2021, durante una serie di perquisizioni di massa ai danni di giornalisti indipendenti a Minsk e in altre città della Bielorussia. Pochi giorni dopo l'arresto della giornalista suo marito è stato condannato a quindici giorni di carcere per presunta partecipazione a una protesta. Un secondo arresto, avvenuto diversi mesi dopo, ha portato all'avvio di procedimenti penali contro di lui. Nonostante le continue vessazioni da parte dei servizi statali bielorussi, Ihar Iljaš ha deciso di non lasciare il suo Paese per rimase accanto alla moglie e, per quanto possibile, aiutarla nella sua silenziosa e coraggiosa protesta dietro alle sbarre.

Il film è un potente ritratto della lotta per la libertà contro un regime oppressivo. Mostra scene di vita quotidiana turbate da violenza e da terrore, come l’insistente bussare alla porta di casa da parte della polizia e, se nessuno apre, la porta viene sfondata, o come essere osservati dall’interno di un furgone nero parcheggiato sulla strada in cui si è invitati a entrare per subire intimidazioni e ricatti da parte di funzionari governativi corrotti e senza scrupoli. Tutto nella vita quotidiana sotto un regime, anche il gesto più banale, può alimentare la costante paura di essere perseguitati. Un giorno, mentre stai aspettando l’ascensore sul pianerottolo ti arriva la terribile notizia che non avresti mai voluto ricevere, ma su cui non ti facevi illusioni: tua moglie è stata trasferita nella 9ª unità del carcere, che ha una reputazione per coercizioni fisiche, dove non riesci più a “збяры свае думкі” (zbjary svaje dumki), mettere in ordine i pensieri, perché lo scopo di un regime, se non ti annienta, è quello di annientare i tuoi pensieri.

La colonia penale femminile di Gomel (Гомельская жаночая калонія - Homel’skaja žanočaja kolonija), che si trova nel sud-est della Bielorussia, è uno dei luoghi di prigionia più duri del Paese, vicino al confine ucraino e alla dismessa centrale nucleare di Černobyl’. Anche Марыя Аляксандраўна Калеснікава (Maryja Aljaksandraŭna Kalesnikava), la donna simbolo delle proteste anti- Lukašėnka, è stata detenuta in quel carcere. Гомель (Gomel) è la seconda città più popolosa della Bielorussia, già luogo di morte durante la Seconda Guerra Mondiale, occupata dai Tedeschi e centro di una grande comunità israelita, i cui membri furono prima rinchiusi nei ghetti e poi uccisi nei campi di sterminio nazisti.

Lena è messa alle strette e deve decidere se confessare in cambio della libertà e della possibilità di lasciare il Paese, oppure restare in carcere per anni per una colpa che non ha commesso. Durante un incontro concesso alla coppia, i due giornalisti si interrogano su cosa potrebbero fare all’estero per la Bielorussia. La risposta che si danno è vivere, semplicemente vivere, soltanto vivere, perché le sfumature di grigio in cui il regime bielorusso si muove hanno ripercussioni non soltanto sulle vite dei dissidenti, ma anche su quelle delle loro famiglie, così decidere di diventare martire o di andare in esilio all’estero e continuare la lotta per la libertà è una scelta che coinvolge anche gli affetti più cari. Mentre Lena e Illja devono prendere questa importante decisione, sentiamo in sottofondo il rumore degli aerei russi che sorvolano i cieli grigi della Bielorussia per andare a bombardare l’Ucraina.

Lena è spinta dai suoi carcerieri a essere la protagonista di un film "simile a Pratasevič", cioè a rilasciare una confessione videoregistrata in cui dover ammettere pubblicamente la colpa di azioni che non ha commesso. Рама́н Зьмі́травіч Пратасе́віч (Raman Pratasevič) è un giovane blogger, che è stato arrestato nel 2021, dopo che il suo volo è stato dirottato e fatto atterrare a Minsk. In seguito al suo fermo è stata diffusa, tramite la televisione di Stato, una confessione-video in cui rinnega tutte le sue azioni di protesta e loda le gesta del presidente Lukašėnka. Se la televisione è il mezzo della propaganda di Stato, i social network sono quelli della protesta di piazza. Con un'attenzione particolare alla censura mediatica e alla manipolazione delle informazioni, il film mette in luce il ruolo cruciale dei social media, come strumento di resistenza, oltre ai media non allineati al regime, quali Belsat TV. Le piattaforme come Telegram emergono nella realtà come baluardi di comunicazione libera, sfidando la narrativa ufficiale e fornendo uno spazio sicuro per la diffusione di notizie indipendenti.
Nel film si nota in molte scene la presenza massiccia dell’OMON (Отряд милиции особого назначения - Otrjád Milícii Osóbovo Naznačénija), la polizia antisommossa, per le strade di Minsk. Uomini imponenti con i balaklava che celano i loro visi e le loro espressioni. Quando l’OMON arriva alla tua porta, non hai il tempo di fare nulla: prima suona il campanello, poi inizia a battere forte sulla porta di casa poi, fino a che la sfonda. In pochi secondi devi pensare, agire, mettere almeno un maglione addosso per non soffrire il freddo dei luoghi bui e angusti dove torturano e cercano di estorcere false confessioni, soltanto per mantenere un’apparente “normale e stabile” vita, che sia funzionale al mantenimento del regime. Se esci per fare una diretta sulle proteste di piazza, devi indossare più slip uno sopra l’altro, avere un kit da viaggio con spazzolino, crema e deodorante. nel caso ti arrestino all’improvviso.

Il silenzio, riempito sia di angoscia che di speranza, rappresenta l'isolamento dei dissidenti, con avvocati riluttanti a difenderli per paura di ritorsioni. Carico di significato è il silenzio dei due coniugi Lena e Illja nel loro soggiorno, quando comprendono che la loro determinazione a non cedere alla censura e alla restrizione del diritto di informazione li sta portando al martirio. È Illja a rassicurare Lena con la frase: “Ноч найбольш цёмная перад світанкам” (Noč najbol’š cёmnaja perad svitankam), ovvero la notte è più buia poco prima dell'alba. Grazie al coraggio di Lena, la coppia decide di non emigrare, rinunciando, così, a un’apparente vita normale e stabile. Quella vita normale e stabile che piace al regime, per cui una parte del popolo bielorusso sui social network posta cesti di funghi e cornetti appena sfornati mentre fa colazione al bar, come se vivessero su un altro pianeta. Nel frattempo, altri postano concittadini brutalmente picchiati, trascinati via dalle piazze, uccisi. Lena e Illja si fanno una promessa d’amore, di solidarietà, di condivisione di ideali: “Я хачу застацца на тым самым планеце з табой” (Ja chaču zastacca na tym samym planecie z taboj) “Voglio restare sullo stesso pianeta con te”.

L’interpretazione di Aliaksandra Vajtsechovič e di Valentin Novopolʹskij è autentica e crea empatia nel pubblico, portando in vita la complessità delle emozioni che caratterizzano l’attuale lotta per la libertà in Bielorussia nell’anima dei loro protagonisti.

Durante una scena del film in cui Illja cerca di ritrovare rari momenti di serena quotidianità, mentre la moglie è in carcere, sentiamo in sottofondo la canzone che è la sound track del film, Я нарадзіўся тут (Ja naradziŭsja tut) di Алесь Суша (Ales’ Suša). La traduzione in italiano del titolo è Sono nato qui.

Dal 2020 oltre 136.000 bielorussi hanno subito varie forme di persecuzione politica. Alcuni sono stati brutalmente arrestati, altri detenuti e molti altri sono stati accusati di reati penali e condannati a lunghi anni di carcere. Attualmente i dati ufficiali parlano di quasi 1.400 prigionieri politici siano in carcere, ma si stima che il numero effettivo sia molto più alto e che cresca giorno dopo giorno.

Under the Grey Sky non è soltanto un film, ma un richiamo all'azione, un monito sulla fragilità della libertà e un tributo agli attivisti politici bielorussi, che si battono per la giustizia e la verità in un Paese in cui i diritti umani sono costantemente violati. Attraverso il potere della narrazione visiva, il film trasmette un messaggio di speranza e determinazione, ricordando che, anche sotto il cielo più grigio, la luce della verità e della libertà può splendere. Attraverso una narrativa avvincente e immagini forti, Mara Tamkovič e intimistiche, allo stesso tempo, il film riesce a catturare non soltanto la brutalità della repressione, ma anche lo spirito indomabile del popolo bielorusso, che continua a lottare per i propri diritti, nonostante la difficile situazione politica. È un racconto di resilienza e di speranza, che invita lo spettatore a riflettere sul valore della libertà e sulla necessità di solidarietà internazionale.


English version:


Under the Grey Sky (Пад шэрым небам - Pad sherym nebam) by Мара Тамковіч (Mara Tamkovich) is a film that portrays the harsh reality of repression in Belarus following the 2020 protests against the re-election of Аляксандр Рыгоравіч Лукашэнка (Alyaksandr Lukashenka), who has held power since 1994 without interruption and without democratic dialogue. In the context of human rights violations and media censorship in Belarus, the events following the presidential elections in August 2020 highlighted a landscape of government repression and civil society resistance. The mass protests triggered by allegations of electoral fraud and growing dissatisfaction with economic and political conditions faced violent government repression, accompanied by a sophisticated propaganda machine that uses state media to control the narrative on the street protests. Government apparatuses, through their armed forces and secret police, mock dissidents and what the government considers ‘бескарыснае гераізм’ (beskarysnae heraizm) - futile heroism.

The debut work of Mara Tamkovich is set in a grey and oppressive Belarus where the voices of dissidents are silenced, but their spirit remains indomitable. The narrative is set in this complex scenario where the symbol of resistance becomes a beacon of hope for the entire nation. The Polish-Belarusian director and screenwriter, through her work, gives voice to those reduced to silence and denounces the atrocities committed by the Lukashenka regime. Her perspective offers an intimate view of the courage and resilience of the Belarusian people, highlighting the importance of freedom of information and the fight against censorship.

The story narrated is that of Лена Антонава (Lena Antonava), an independent journalist played by Аляксандра Вайтсехович (Alyaksandra Vaitsekhovich). During a live broadcast of the brutal repression of a peaceful demonstration in Minsk, the journalist is intercepted by a police drone and arrested along with her operator. Thus begins her ordeal but also her courageous fight for press freedom. Meanwhile, her husband Ілля Ігарава (Ilya Igarava), played by Валентин Новопольский (Valentin Novopolskiy), prepares an emergency escape, but the regime is determined to silence both.

The film is inspired by the true story of the Belarusian journalists Кацярына Андрэева (Katsiaryna Andreyeva) and her husband Ігар Ільяш (Ihar Ilyash) of the independent broadcaster Белсат ТВ (Belsat TV). The director Mara Tamkovich, who also worked as a journalist for independent Belarusian TV and radio, broadcasting from abroad to deliver uncensored information to her fellow citizens, offers a penetrating look into the lives of two intellectuals persecuted by the regime.

From the beginning, Under the Grey Sky immerses the viewer in the daily struggles of an independent journalist who bravely decides to go live during the public commemoration on November 15, 2020, for the death of Раман Бандарэнка (Raman Bandarenka). Lena is forced to broadcast clandestinely from a balcony overlooking the assembly site for fear of being stopped by the police. Designer Raman Bandarenka, like many others, had contested the outcome of the 2020 presidential elections. The spontaneous and peaceful movements of 2020 brought to light the brutality of the law enforcement agencies that violently attacked anyone who dared oppose the regime by protesting in the square. According to some sources, masked assailants in civilian clothes beat the designer in the courtyard of his residential complex on the evening of November 11, 2020, in Minsk. The courtyard of this residential complex is known as Плошча Перамен (Ploshcha Peramen), which can be translated as ‘Square of Changes’. The beating and death of Raman Bandarenka, as well as the live broadcast by journalist Katsiaryna Andreyeva, are real events that inspired the story.

Initially sentenced to only seven days of administrative detention, Katsiaryna Andreyeva and her operator Дар’я Дзмітрыеўна Чульцова (Darya Chultsova) were accused of new criminal offenses just before their release. In July 2020, the journalist, along with her husband, had published the book Беларускі Данбас (Belaruski Danbas – The Belarusian Donbas), a documentary investigation into the role of Belarusian citizens in the conflict in eastern Ukraine. On February 18, 2021, the two young women were sentenced to two years in prison on charges of organising a riot. Darya Chultsova was released in 2022 after serving her entire sentence. Katsiaryna Andreyeva, however, was charged a second time at the end of a closed trial with high treason. She is to serve eight years and three months in prison. Her husband, Ihar Ilyash, an independent journalist and commentator, was arrested multiple times after his wife's imprisonment, including on July 16, 2021, during a series of mass raids against independent journalists in Minsk and other Belarusian cities. A few days after his wife's arrest, he was sentenced to fifteen days in prison for allegedly participating in a protest. A second arrest several months later led to criminal proceedings against him. Despite ongoing harassment by Belarusian state services, Ihar Ilyash decided not to leave his country to remain close to his wife and, as much as possible, help her in her silent and courageous protest behind bars.

The film is a powerful portrayal of the struggle for freedom against an oppressive regime. It depicts scenes of daily life disrupted by violence and terror, such as the insistent knocking at the door by the police and if no one opens the door, it is broken down, or like being watched from inside a black van parked on the street in which one is invited to enter to face intimidation and blackmail by corrupt and unscrupulous government officials. Everything in daily life under a regime, even the most trivial gesture, can fuel the constant fear of being persecuted. One day, while you are waiting for the elevator on the landing, you receive the terrible news that you never wanted to hear but did not delude yourself about: your wife has been transferred to the 9th unit of the prison, known for physical coercion where you can no longer ‘збяры свае думкі’ (zbjary svaje dumki) - gather your thoughts - because the purpose of a regime, if it does not annihilate you, is to annihilate your thoughts.

The women's penal colony in Gomel (Гомельская жаночая калонія - Homel'skaya zhanochaya kolonija), located in southeastern Belarus, is one of the harshest places of imprisonment in the country, near the Ukrainian border and the defunct Chernobyl nuclear power plant. Even Марыя Аляксандраўна Калеснікава (Maryja Alyaksandraŭna Kalesnikava), the symbol of the anti-Lukashenka protests, was detained in that prison. Гомель (Gomel) is the second most populous city in Belarus, already a place of death during World War II, occupied by the Germans and a centre of a large Jewish community whose members were first confined in ghettos and then killed in Nazi extermination camps.

Lena is cornered and must decide whether to confess in exchange for freedom and the possibility of leaving the country or remain in prison for years for a crime she did not commit. During a meeting granted to the couple, the two journalists question what they could do abroad for Belarus. The answer they give themselves is to live, simply live, just live because the shades of grey in which the Belarusian regime operates have repercussions not only on the lives of dissidents but also on those of their families. Thus, deciding to become a martyr or go into exile abroad and continue the fight for freedom is a choice that also involves their dearest loved ones. While Lena and Ilya have to make this important decision, we hear in the background the sound of Russian planes flying over the grey skies of Belarus to bomb Ukraine.

Lena is pushed by her jailers to be the protagonist of a ‘Pratasevich-like’ film, that is, to make a video confession in which she must publicly admit to crimes she did not commit. Рама́н Зьмі́травіч Пратасе́віч (Raman Pratasevich) is a young blogger who was arrested in 2021 after his flight was diverted and landed in Minsk. Following his arrest, a video confession was broadcast on state television in which he renounces all his protest actions and praises the deeds of President Lukashenka. If television is the means of propaganda, social networks are those of protest. With particular attention to media censorship and information manipulation, the film highlights the crucial role of social media, in addition to that of non-aligned media such as Belsat TV, as a tool of resistance. Platforms like Telegram emerge in reality as bastions of free communication, challenging the official narrative and providing a safe space for the dissemination of independent news.

In the film, the massive presence of OMON (Отряд милиции особого назначения - Otryad Militsii Osobogo Naznacheniya), the riot police, on the streets to control protests is extensively documented. Imposing men with balaclavas concealing their faces and expressions. When the OMON arrives at your door, you have no time to do anything: first, they ring the doorbell, then they start pounding on the door until they break it down. In a few seconds, you have to think, act, and put on at least a jumper to avoid suffering from the cold of the dark and cramped places where they torture and try to extract false confessions, just to maintain an apparent “normal and stable” life that supports the regime. If you go out to live stream the street protests, you need to wear multiple pairs of underwear, one on top of the other, and have a travel kit with a toothbrush, cream, and deodorant, in case you are suddenly arrested.

The film does not lack moments of human warmth either: we see scenes of solidarity between the couple and people who help them in their resistance. The most moving scene is perhaps the one in which Lena and Ilya embrace, exhausted but determined not to give up their fight for freedom.

Despite the seriousness of the events narrated, Mara Tamkovich manages to insert moments of poetry and hope. The grey skies of Belarus become a metaphor for the sadness and oppression felt by the protagonists, but also for the resilience and strength of their spirit. Under the Grey Sky is a film that captures the essence of a people who, despite everything, continue to hope and fight for a better future.

The director chooses not to depict violence directly but focuses on the psychological impact of repression. The scenes of torture and coercion are alluded to rather than shown, creating a strong emotional tension that keeps the viewer glued to the screen. The film photography is characterized by cold and desaturated tones, emphasizing the atmosphere of oppression and fear that permeates the entire story. The soundtrack Я нарадзіўся тут (Ja naradziŭsia tut – I was born here), composed by Belarusian musician Алесь Суша (Ales’ Susha), adds an extra layer of intensity to the narrative, with melancholic and evocative melodies that perfectly accompany the images.

Under the Grey Sky is a testimony to the courage and resilience of the Belarusian people and a powerful condemnation of the repression and violence perpetrated by the Lukashenka regime. Mara Tamkovich has created a work of great artistic and social value, a cry of pain and hope that resonates far beyond the borders of Belarus.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]