Under the Grey Sky
(Пад шэрым небам - Pad šėrym
nebam) di Мара Тамковіч
(Mara Tamkovič) è un film
che ritrae la dura realtà della
repressione in Bielorussia a
seguito delle proteste del 2020
contro la rielezione di
Аляксандр Рыгоравіч Лукашэнка
(Aljaksandr Lukašėnka), che
detiene il potere dal 1994 senza
interruzioni e senza dialettica
democratica. Nel contesto delle
violazioni dei diritti umani e
della censura dei media in
Bielorussia, gli eventi
successivi alle elezioni
presidenziali dell'agosto 2020
hanno messo in luce un panorama
di repressione da parte del
governo e di resistenza da parte
della società civile. Le
proteste di massa, scatenate
dalle accuse di brogli
elettorali e dalla crescente
insoddisfazione per le
condizioni economiche e
politiche, hanno subito una
violenta repressione
governativa, accompagnata da una
sofisticata macchina
propagandistica, che utilizza i
media statali per controllare la
narrazione sulle proteste di
piazza. Gli apparati
governativi, grazie al loro
braccio armato e alla polizia
segreta, si fanno scherno dei
dissidenti e di quello che il
governo considera come
“бескарыснае гераізм” (beskarysnae
heraizm), eroismo inutile.
L’opera prima di Mara Tamkovič è
ambientata in una Bielorussia
grigia e oppressiva, dove le
voci dei dissidenti sono messe a
tacere, ma il loro spirito
rimane indomito. La narrazione
si inserisce in questo scenario
complesso, in cui la voce della
resistenza diventa un faro di
speranza per tutto il popolo. La
regista e sceneggiatrice
polacco-bielorussa, attraverso
il suo lavoro, dà voce a chi è
ridotto al silenzio e denuncia
le atrocità commesse dal regime
di Lukašėnka. La sua prospettiva
offre una visione intima del
coraggio e della resilienza del
popolo bielorusso, evidenziando
l'importanza della libertà di
informazione e della lotta
contro la censura.
La storia narrata è quella di
Лена Антонава (Lena Antonava),
una giornalista indipendente
interpretata da Аляксандра
Вайтсехович (Aliaksandra
Vajtsechovič). Durante una
diretta della brutale
repressione di una
manifestazione pacifica a Minsk,
la giornalista è intercettata da
un drone della polizia ed è
arrestata insieme alla sua
operatrice, da qui inizia il suo
calvario, ma anche la sua
coraggiosa lotta per la libertà
di stampa. Nel frattempo, suo
marito Ілля Ігарава (Illja
Igarava), interpretato da
Валентин Новопольский (Valentin
Novopolʹskij), prepara una fuga
d'emergenza, ma il regime è
determinato a mettere a tacere
entrambi.
Il film è ispirato alla vera
storia dei giornalisti
bielorussi Кацярына Андрэева (Kacjaryna
Andrejeva) e di suo marito Ігар
Ільяш (Ihar Iljaš)
dell’emittente indipendente
Белсат ТВ (Belsat TV). La
regista Mara Tamkovič, che ha
lavorato anche come giornalista
per emittenti radiofoniche e
televisive indipendenti
bielorusse, trasmettendo
dall’estero per fornire
informazioni senza censura ai
suoi concittadini, utilizza la
macchina da presa come uno
sguardo penetrante sulla vita di
due intellettuali perseguitati
dal regime.
Sin dall'inizio Under The Grey
Sky fa immedesimare lo
spettatore nelle lotte
quotidiane di una giornalista
indipendente che, con coraggio,
decide di fare una diretta in
occasione della commemorazione
pubblica, il 15 novembre 2020,
per la morte di Раман Бандарэнка.
(Raman Bandarenka). Lena è
costretta a trasmettere in
clandestinità da un balcone che
si affaccia sul luogo dell’assemblamento,
per timore di essere fermata
dalla polizia. Il designer Raman
Bandarenka aveva contestato,
come tanti altri, l’esito delle
presidenziali del 2020. I
movimenti spontanei e pacifici
del 2020 hanno portato alla luce
la brutalità delle forze
dell'ordine, che si sono
scagliate con violenza contro
chiunque osasse opporsi al
regime manifestando in piazza.
Secondo alcune fonti, nel caso
di Raman Bandarenka, aggressori
mascherati in abiti civili hanno
picchiato lo stilista nel
cortile del suo condominio la
sera dell'11 novembre 2020 a
Minsk. Il cortile di tale
complesso residenziale è noto
come Плошча Перамен (Plošča
Peramen), che può essere
tradotto come "piazza delle
Riforme". Il pestaggio e la
morte di Raman Bandarenka, così
come la diretta da parte della
giornalista Kacjaryna Andrejeva,
sono eventi reali che hanno
ispirato la storia.
Inizialmente condannate a soli
sette giorni di detenzione
amministrativa, Kacjaryna
Andrejeva e la sua operatrice
Дар’я Дзмітрыеўна Чульцова (Dar"ja
Čul'cova) sono state accusate di
nuovi reati penali poco prima
della loro scarcerazione. A
luglio 2020 la giornalista aveva
pubblicato, insieme a suo
marito, il libro Беларускі
Данбас (Belaruski Danbas – Il
Danbas bielorusso), un'indagine
documentaria sul ruolo dei
cittadini bielorussi coinvolti
nel conflitto nell'Ucraina
orientale. Il 18 febbraio 2021
le due giovani donne sono state
condannate a due anni di
carcere, con l'accusa di aver
organizzato una sommossa. Dar"ja
Čul'cova è stata rilasciata nel
2022, dopo aver scontato per
intero la sua pena. Kacjaryna
Andrejeva, invece, è stata
incriminata per una seconda
volta, alla fine di un processo
a porte chiuse, con l’accusa di
alto tradimento. La pena che la
giornalista deve scontare è di
otto anni e tre mesi di
reclusione. Il marito, Ihar
Iljaš, giornalista indipendente
e commentatore, è stato
arrestato più volte dopo
l'incarcerazione della moglie,
tra cui il 16 luglio 2021,
durante una serie di
perquisizioni di massa ai danni
di giornalisti indipendenti a
Minsk e in altre città della
Bielorussia. Pochi giorni dopo
l'arresto della giornalista suo
marito è stato condannato a
quindici giorni di carcere per
presunta partecipazione a una
protesta. Un secondo arresto,
avvenuto diversi mesi dopo, ha
portato all'avvio di
procedimenti penali contro di
lui. Nonostante le continue
vessazioni da parte dei servizi
statali bielorussi, Ihar Iljaš
ha deciso di non lasciare il suo
Paese per rimase accanto alla
moglie e, per quanto possibile,
aiutarla nella sua silenziosa e
coraggiosa protesta dietro alle
sbarre.
Il film è un potente ritratto
della lotta per la libertà
contro un regime oppressivo.
Mostra scene di vita quotidiana
turbate da violenza e da
terrore, come l’insistente
bussare alla porta di casa da
parte della polizia e, se
nessuno apre, la porta viene
sfondata, o come essere
osservati dall’interno di un
furgone nero parcheggiato sulla
strada in cui si è invitati a
entrare per subire intimidazioni
e ricatti da parte di funzionari
governativi corrotti e senza
scrupoli. Tutto nella vita
quotidiana sotto un regime,
anche il gesto più banale, può
alimentare la costante paura di
essere perseguitati. Un giorno,
mentre stai aspettando
l’ascensore sul pianerottolo ti
arriva la terribile notizia che
non avresti mai voluto ricevere,
ma su cui non ti facevi
illusioni: tua moglie è stata
trasferita nella 9ª unità del
carcere, che ha una reputazione
per coercizioni fisiche, dove
non riesci più a “збяры свае
думкі” (zbjary svaje dumki),
mettere in ordine i pensieri,
perché lo scopo di un regime, se
non ti annienta, è quello di
annientare i tuoi pensieri.
La colonia penale femminile di
Gomel (Гомельская жаночая
калонія - Homel’skaja žanočaja
kolonija), che si trova nel
sud-est della Bielorussia, è uno
dei luoghi di prigionia più duri
del Paese, vicino al confine
ucraino e alla dismessa centrale
nucleare di Černobyl’. Anche
Марыя Аляксандраўна Калеснікава
(Maryja Aljaksandraŭna
Kalesnikava), la donna simbolo
delle proteste anti- Lukašėnka,
è stata detenuta in quel
carcere. Гомель (Gomel) è la
seconda città più popolosa della
Bielorussia, già luogo di morte
durante la Seconda Guerra
Mondiale, occupata dai Tedeschi
e centro di una grande comunità
israelita, i cui membri furono
prima rinchiusi nei ghetti e poi
uccisi nei campi di sterminio
nazisti.
Lena è messa alle strette e deve
decidere se confessare in cambio
della libertà e della
possibilità di lasciare il
Paese, oppure restare in carcere
per anni per una colpa che non
ha commesso. Durante un incontro
concesso alla coppia, i due
giornalisti si interrogano su
cosa potrebbero fare all’estero
per la Bielorussia. La risposta
che si danno è vivere,
semplicemente vivere, soltanto
vivere, perché le sfumature di
grigio in cui il regime
bielorusso si muove hanno
ripercussioni non soltanto sulle
vite dei dissidenti, ma anche su
quelle delle loro famiglie, così
decidere di diventare martire o
di andare in esilio all’estero e
continuare la lotta per la
libertà è una scelta che
coinvolge anche gli affetti più
cari. Mentre Lena e Illja devono
prendere questa importante
decisione, sentiamo in
sottofondo il rumore degli aerei
russi che sorvolano i cieli
grigi della Bielorussia per
andare a bombardare l’Ucraina.
Lena è spinta dai suoi
carcerieri a essere la
protagonista di un film "simile
a Pratasevič", cioè a rilasciare
una confessione videoregistrata
in cui dover ammettere
pubblicamente la colpa di azioni
che non ha commesso. Рама́н Зьмі́травіч
Пратасе́віч (Raman Pratasevič) è
un giovane blogger, che è stato
arrestato nel 2021, dopo che il
suo volo è stato dirottato e
fatto atterrare a Minsk. In
seguito al suo fermo è stata
diffusa, tramite la televisione
di Stato, una confessione-video
in cui rinnega tutte le sue
azioni di protesta e loda le
gesta del presidente Lukašėnka.
Se la televisione è il mezzo
della propaganda di Stato, i
social network sono quelli della
protesta di piazza. Con
un'attenzione particolare alla
censura mediatica e alla
manipolazione delle
informazioni, il film mette in
luce il ruolo cruciale dei
social media, come strumento di
resistenza, oltre ai media non
allineati al regime, quali
Belsat TV. Le piattaforme come
Telegram emergono nella realtà
come baluardi di comunicazione
libera, sfidando la narrativa
ufficiale e fornendo uno spazio
sicuro per la diffusione di
notizie indipendenti.
Nel film si nota in molte scene
la presenza massiccia dell’OMON
(Отряд милиции особого
назначения - Otrjád Milícii
Osóbovo Naznačénija), la polizia
antisommossa, per le strade di
Minsk. Uomini imponenti con i
balaklava che celano i loro visi
e le loro espressioni. Quando l’OMON
arriva alla tua porta, non hai
il tempo di fare nulla: prima
suona il campanello, poi inizia
a battere forte sulla porta di
casa poi, fino a che la sfonda.
In pochi secondi devi pensare,
agire, mettere almeno un
maglione addosso per non
soffrire il freddo dei luoghi
bui e angusti dove torturano e
cercano di estorcere false
confessioni, soltanto per
mantenere un’apparente “normale
e stabile” vita, che sia
funzionale al mantenimento del
regime. Se esci per fare una
diretta sulle proteste di
piazza, devi indossare più slip
uno sopra l’altro, avere un kit
da viaggio con spazzolino, crema
e deodorante. nel caso ti
arrestino all’improvviso.
Il silenzio, riempito sia di
angoscia che di speranza,
rappresenta l'isolamento dei
dissidenti, con avvocati
riluttanti a difenderli per
paura di ritorsioni. Carico di
significato è il silenzio dei
due coniugi Lena e Illja nel
loro soggiorno, quando
comprendono che la loro
determinazione a non cedere alla
censura e alla restrizione del
diritto di informazione li sta
portando al martirio. È Illja a
rassicurare Lena con la frase:
“Ноч найбольш цёмная перад
світанкам” (Noč najbol’š cёmnaja
perad svitankam), ovvero la
notte è più buia poco prima
dell'alba. Grazie al coraggio di
Lena, la coppia decide di non
emigrare, rinunciando, così, a
un’apparente vita normale e
stabile. Quella vita normale e
stabile che piace al regime, per
cui una parte del popolo
bielorusso sui social network
posta cesti di funghi e cornetti
appena sfornati mentre fa
colazione al bar, come se
vivessero su un altro pianeta.
Nel frattempo, altri postano
concittadini brutalmente
picchiati, trascinati via dalle
piazze, uccisi. Lena e Illja si
fanno una promessa d’amore, di
solidarietà, di condivisione di
ideali: “Я хачу застацца на тым
самым планеце з табой” (Ja chaču
zastacca na tym samym planecie z
taboj) “Voglio restare sullo
stesso pianeta con te”.
L’interpretazione di Aliaksandra
Vajtsechovič e di Valentin
Novopolʹskij è autentica e crea
empatia nel pubblico, portando
in vita la complessità delle
emozioni che caratterizzano
l’attuale lotta per la libertà
in Bielorussia nell’anima dei
loro protagonisti.
Durante una scena del film in
cui Illja cerca di ritrovare
rari momenti di serena
quotidianità, mentre la moglie è
in carcere, sentiamo in
sottofondo la canzone che è la
sound track del film, Я
нарадзіўся тут (Ja naradziŭsja
tut) di Алесь Суша (Ales’ Suša).
La traduzione in italiano del
titolo è Sono nato qui.
Dal 2020 oltre 136.000
bielorussi hanno subito varie
forme di persecuzione politica.
Alcuni sono stati brutalmente
arrestati, altri detenuti e
molti altri sono stati accusati
di reati penali e condannati a
lunghi anni di carcere.
Attualmente i dati ufficiali
parlano di quasi 1.400
prigionieri politici siano in
carcere, ma si stima che il
numero effettivo sia molto più
alto e che cresca giorno dopo
giorno.
Under the Grey Sky non è
soltanto un film, ma un richiamo
all'azione, un monito sulla
fragilità della libertà e un
tributo agli attivisti politici
bielorussi, che si battono per
la giustizia e la verità in un
Paese in cui i diritti umani
sono costantemente violati.
Attraverso il potere della
narrazione visiva, il film
trasmette un messaggio di
speranza e determinazione,
ricordando che, anche sotto il
cielo più grigio, la luce della
verità e della libertà può
splendere. Attraverso una
narrativa avvincente e immagini
forti, Mara Tamkovič e
intimistiche, allo stesso tempo,
il film riesce a catturare non
soltanto la brutalità della
repressione, ma anche lo spirito
indomabile del popolo
bielorusso, che continua a
lottare per i propri diritti,
nonostante la difficile
situazione politica. È un
racconto di resilienza e di
speranza, che invita lo
spettatore a riflettere sul
valore della libertà e sulla
necessità di solidarietà
internazionale.
English version:
Under the Grey Sky (Пад шэрым
небам - Pad sherym nebam) by
Мара Тамковіч (Mara Tamkovich)
is a film that portrays the
harsh reality of repression in
Belarus following the 2020
protests against the re-election
of Аляксандр Рыгоравіч Лукашэнка
(Alyaksandr Lukashenka), who has
held power since 1994 without
interruption and without
democratic dialogue. In the
context of human rights
violations and media censorship
in Belarus, the events following
the presidential elections in
August 2020 highlighted a
landscape of government
repression and civil society
resistance. The mass protests
triggered by allegations of
electoral fraud and growing
dissatisfaction with economic
and political conditions faced
violent government repression,
accompanied by a sophisticated
propaganda machine that uses
state media to control the
narrative on the street protests.
Government apparatuses, through
their armed forces and secret
police, mock dissidents and what
the government considers
‘бескарыснае гераізм’ (beskarysnae
heraizm) - futile heroism.
The debut work of Mara Tamkovich
is set in a grey and oppressive
Belarus where the voices of
dissidents are silenced, but
their spirit remains indomitable.
The narrative is set in this
complex scenario where the
symbol of resistance becomes a
beacon of hope for the entire
nation. The Polish-Belarusian
director and screenwriter,
through her work, gives voice to
those reduced to silence and
denounces the atrocities
committed by the Lukashenka
regime. Her perspective offers
an intimate view of the courage
and resilience of the Belarusian
people, highlighting the
importance of freedom of
information and the fight
against censorship.
The story narrated is that of
Лена Антонава (Lena Antonava),
an independent journalist played
by Аляксандра Вайтсехович (Alyaksandra
Vaitsekhovich). During a live
broadcast of the brutal
repression of a peaceful
demonstration in Minsk, the
journalist is intercepted by a
police drone and arrested along
with her operator. Thus begins
her ordeal but also her
courageous fight for press
freedom. Meanwhile, her husband
Ілля Ігарава (Ilya Igarava),
played by Валентин Новопольский
(Valentin Novopolskiy), prepares
an emergency escape, but the
regime is determined to silence
both.
The film is inspired by the true
story of the Belarusian
journalists Кацярына Андрэева (Katsiaryna
Andreyeva) and her husband Ігар
Ільяш (Ihar Ilyash) of the
independent broadcaster Белсат
ТВ (Belsat TV). The director
Mara Tamkovich, who also worked
as a journalist for independent
Belarusian TV and radio,
broadcasting from abroad to
deliver uncensored information
to her fellow citizens, offers a
penetrating look into the lives
of two intellectuals persecuted
by the regime.
From the beginning, Under the
Grey Sky immerses the viewer in
the daily struggles of an
independent journalist who
bravely decides to go live
during the public commemoration
on November 15, 2020, for the
death of Раман Бандарэнка (Raman
Bandarenka). Lena is forced to
broadcast clandestinely from a
balcony overlooking the assembly
site for fear of being stopped
by the police. Designer Raman
Bandarenka, like many others,
had contested the outcome of the
2020 presidential elections. The
spontaneous and peaceful
movements of 2020 brought to
light the brutality of the law
enforcement agencies that
violently attacked anyone who
dared oppose the regime by
protesting in the square.
According to some sources,
masked assailants in civilian
clothes beat the designer in the
courtyard of his residential
complex on the evening of
November 11, 2020, in Minsk. The
courtyard of this residential
complex is known as Плошча
Перамен (Ploshcha Peramen),
which can be translated as
‘Square of Changes’. The beating
and death of Raman Bandarenka,
as well as the live broadcast by
journalist Katsiaryna Andreyeva,
are real events that inspired
the story.
Initially sentenced to only
seven days of administrative
detention, Katsiaryna Andreyeva
and her operator Дар’я
Дзмітрыеўна Чульцова (Darya
Chultsova) were accused of new
criminal offenses just before
their release. In July 2020, the
journalist, along with her
husband, had published the book
Беларускі Данбас (Belaruski
Danbas – The Belarusian Donbas),
a documentary investigation into
the role of Belarusian citizens
in the conflict in eastern
Ukraine. On February 18, 2021,
the two young women were
sentenced to two years in prison
on charges of organising a riot.
Darya Chultsova was released in
2022 after serving her entire
sentence. Katsiaryna Andreyeva,
however, was charged a second
time at the end of a closed
trial with high treason. She is
to serve eight years and three
months in prison. Her husband,
Ihar Ilyash, an independent
journalist and commentator, was
arrested multiple times after
his wife's imprisonment,
including on July 16, 2021,
during a series of mass raids
against independent journalists
in Minsk and other Belarusian
cities. A few days after his
wife's arrest, he was sentenced
to fifteen days in prison for
allegedly participating in a
protest. A second arrest several
months later led to criminal
proceedings against him. Despite
ongoing harassment by Belarusian
state services, Ihar Ilyash
decided not to leave his country
to remain close to his wife and,
as much as possible, help her in
her silent and courageous
protest behind bars.
The film is a powerful portrayal
of the struggle for freedom
against an oppressive regime. It
depicts scenes of daily life
disrupted by violence and
terror, such as the insistent
knocking at the door by the
police and if no one opens the
door, it is broken down, or like
being watched from inside a
black van parked on the street
in which one is invited to enter
to face intimidation and
blackmail by corrupt and
unscrupulous government
officials. Everything in daily
life under a regime, even the
most trivial gesture, can fuel
the constant fear of being
persecuted. One day, while you
are waiting for the elevator on
the landing, you receive the
terrible news that you never
wanted to hear but did not
delude yourself about: your wife
has been transferred to the 9th
unit of the prison, known for
physical coercion where you can
no longer ‘збяры свае думкі’ (zbjary
svaje dumki) - gather your
thoughts - because the purpose
of a regime, if it does not
annihilate you, is to annihilate
your thoughts.
The women's penal colony in
Gomel (Гомельская жаночая
калонія - Homel'skaya zhanochaya
kolonija), located in
southeastern Belarus, is one of
the harshest places of
imprisonment in the country,
near the Ukrainian border and
the defunct Chernobyl nuclear
power plant. Even Марыя
Аляксандраўна Калеснікава (Maryja
Alyaksandraŭna Kalesnikava), the
symbol of the anti-Lukashenka
protests, was detained in that
prison. Гомель (Gomel) is the
second most populous city in
Belarus, already a place of
death during World War II,
occupied by the Germans and a
centre of a large Jewish
community whose members were
first confined in ghettos and
then killed in Nazi
extermination camps.
Lena is cornered and must decide
whether to confess in exchange
for freedom and the possibility
of leaving the country or remain
in prison for years for a crime
she did not commit. During a
meeting granted to the couple,
the two journalists question
what they could do abroad for
Belarus. The answer they give
themselves is to live, simply
live, just live because the
shades of grey in which the
Belarusian regime operates have
repercussions not only on the
lives of dissidents but also on
those of their families. Thus,
deciding to become a martyr or
go into exile abroad and
continue the fight for freedom
is a choice that also involves
their dearest loved ones. While
Lena and Ilya have to make this
important decision, we hear in
the background the sound of
Russian planes flying over the
grey skies of Belarus to bomb
Ukraine.
Lena is pushed by her jailers to
be the protagonist of a
‘Pratasevich-like’ film, that is,
to make a video confession in
which she must publicly admit to
crimes she did not commit. Рама́н
Зьмі́травіч Пратасе́віч (Raman
Pratasevich) is a young blogger
who was arrested in 2021 after
his flight was diverted and
landed in Minsk. Following his
arrest, a video confession was
broadcast on state television in
which he renounces all his
protest actions and praises the
deeds of President Lukashenka.
If television is the means of
propaganda, social networks are
those of protest. With
particular attention to media
censorship and information
manipulation, the film
highlights the crucial role of
social media, in addition to
that of non-aligned media such
as Belsat TV, as a tool of
resistance. Platforms like
Telegram emerge in reality as
bastions of free communication,
challenging the official
narrative and providing a safe
space for the dissemination of
independent news.
In the film, the massive
presence of OMON (Отряд милиции
особого назначения - Otryad
Militsii Osobogo Naznacheniya),
the riot police, on the streets
to control protests is
extensively documented. Imposing
men with balaclavas concealing
their faces and expressions.
When the OMON arrives at your
door, you have no time to do
anything: first, they ring the
doorbell, then they start
pounding on the door until they
break it down. In a few seconds,
you have to think, act, and put
on at least a jumper to avoid
suffering from the cold of the
dark and cramped places where
they torture and try to extract
false confessions, just to
maintain an apparent “normal and
stable” life that supports the
regime. If you go out to live
stream the street protests, you
need to wear multiple pairs of
underwear, one on top of the
other, and have a travel kit
with a toothbrush, cream, and
deodorant, in case you are
suddenly arrested.
The film does not lack moments
of human warmth either: we see
scenes of solidarity between the
couple and people who help them
in their resistance. The most
moving scene is perhaps the one
in which Lena and Ilya embrace,
exhausted but determined not to
give up their fight for freedom.
Despite the seriousness of the
events narrated, Mara Tamkovich
manages to insert moments of
poetry and hope. The grey skies
of Belarus become a metaphor for
the sadness and oppression felt
by the protagonists, but also
for the resilience and strength
of their spirit. Under the Grey
Sky is a film that captures the
essence of a people who, despite
everything, continue to hope and
fight for a better future.
The director chooses not to
depict violence directly but
focuses on the psychological
impact of repression. The scenes
of torture and coercion are
alluded to rather than shown,
creating a strong emotional
tension that keeps the viewer
glued to the screen. The film
photography is characterized by
cold and desaturated tones,
emphasizing the atmosphere of
oppression and fear that
permeates the entire story. The
soundtrack Я нарадзіўся тут (Ja
naradziŭsia tut – I was born
here), composed by Belarusian
musician Алесь Суша (Ales’ Susha),
adds an extra layer of intensity
to the narrative, with
melancholic and evocative
melodies that perfectly
accompany the images.
Under the Grey Sky is a
testimony to the courage and
resilience of the Belarusian
people and a powerful
condemnation of the repression
and violence perpetrated by the
Lukashenka regime. Mara
Tamkovich has created a work of
great artistic and social value,
a cry of pain and hope that
resonates far beyond the borders
of Belarus.