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N. 105 - Settembre 2016 (CXXXVI)

un mondo di sogni
quando freud metteva sul lettino i ritratti del fayyum

di Paolo Fundarò

 

I pittori di mummie del Fayyum affascinarono anche Sigmund Freud, il quale sviluppò una passione viscerale per il mondo classico quando era ancora studente a Vienna. Durante la sua vita, non solo collezionò importanti reperti archeologici, mettendo in relazione lo studio del profondo con lo scavo delle civiltà del passato, ma finanziò persino scavi insieme all’ungherese Sándor Ferenczi a Duna Pentele. La sua importante amicizia con l’archeologo viennese Emanuel Löwy (1857–1938), un pioniere dimenticato del campo, lo influenzò profondamente per tutta la vita. Freud fu un avido frequentatore dei musei di Berlino, Roma, Parigi. Il mondo classico gli ispirò contenuti e vocabolario nei suoi studi: il complesso di Edipo, Eros e Thanatos, ecc. Gli anni ’90 dell’Ottocento videro l’affermarsi della cosiddetta “metafora archeologica” nei suoi saggi e riflessioni.

 

Quella di Freud fu un epoca di fermenti e importanti rinvenimenti archeologici: gli scavi di Troia di Schliemann, il ritrovamento della tomba di Tutankhamon ad opera di Carter, nonché le campagne di scavo in Egitto di sir William Flinders Petrie, col ritrovamento di numerose mummie con ritratto, colpirono profondamente lo psicanalista austriaco.

 

Nel 1887, il brillante egittologo britannico Petrie condusse una serie di fortunati scavi ad Hawara, nella regione del Fayyum. Dagli scavi della necropoli affiorarono decine di ritratti di mummie eseguiti ad encausto. Esposti in una mostra a Londra, essi attirarono grandi folle. In una seconda campagna di scavi intrapresa nel 1910-1911, emersero ulteriori affascinanti ritratti ad uso funerario. Gli studi di Petrie furono i primi a fornire precisi e sistematici dati archeologici in base al contesto e tuttoggi restano la fonte più importante per lo studio dei ritratti del Fayyum.

 

Stimolato da tale contesto, Freud formò, negli anni, un’importante collezione archeologica nella sua casa-studio di Vienna, oggetti ora esposti nel Museo Freud di Londra.

 

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Freud fotografato da Engelman nel suo studio viennese prima del trasferimento in Inghilterra (1938).

 

Si tratta di una collezione di circa 2000 esemplari di varia natura; frammenti di intonaco pompeiano, lucerne romane, papiri, vetri antichi, busti, statuine di divinità. L’arte egizia costituisce metà dell’intera collezione.

 

Marie Bonaparte (principessa di Grecia; discendente di Napoleone) fu un’appassionata seguace di Freud. Si adoperava per fornirgli antichità da Atene o Parigi; gli donò l’urna a figure rosse che ora custodisce le ceneri del grande studioso e lo salvò dalla ferocia nazista nel 1938, quando lo aiutò a rifugiarsi a Londra.

 

Tra i vari reperti nel suo studio, spiccava un ritratto a tempera del Fayyum acquistato dalla cospicua collezione dell’antiquario viennese Theodor Graf, il quale, con disinvoltura, contrabbandava le preziose tavole provenienti da scavi clandestini. Graf aveva tentato di spacciare i personaggi raffigurati nei dipinti nientemeno che per i regnanti Tolomei. Organizzò una serie di mostre in Europa e negli Stati Uniti allo scopo di aumentarne il valore commerciale. Fu smentito da Petrie che non tardò a collocare i ritratti all’epoca della dominazione romana in Egitto.

 

Il dipinto che Freud teneva appeso su un lato del suo famoso “lettino”, suggerendo chissà quali analogie e allineamenti enigmatici, proveniva dalla seconda collezione Graf, composta prevalentemente da ritratti di mummie a tempera.

 

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Il ritratto del Fayyum al lato del famoso “lettino” nello studio di Freud a Vienna.

 

Qual era il pensiero di Freud riguardo tali ritratti? Proprio come gli archeologi, Freud credeva di poter rivelare livelli di esperienza che sono stati a lungo fuori dalla portata degli uomini. Credeva che la psicoanalisi avrebbe potuto recuperare questi mondi perduti. Se l’archeologo scavava la terra egli scavava la mente .

 

In una conferenza sulle cause dell'isteria del 1896, Sigmund Freud ha offerto al suo pubblico una complessa analogia archeologica:

 

«Immaginate che un esploratore raggiunga una regione quasi sconosciuta suscitando il suo interesse per le rovine presenti, resti di mura, frammenti di colonne e iscrizioni quasi illeggibili. Si potrebbe accontentare di ispezionare con lo sguardo ciò che è visibile, o interrogare gli abitanti che vivono nei villaggi vicini rispetto a ciò che la tradizione riporta sul significato di questi reperti; annotare ciò che gli viene descritto e poi continuare il viaggio. Ma potrebbe anche agire diversamente utilizzando picconi, pale e vanghe, chiedere agli abitanti del posto di scavare con questi strumenti. Insieme ad essi potrebbe iniziare a rimuovere i resti e scoprire cosa giace sepolto sotto la superficie. Se il suo lavoro sarà coronato da successo, gli scavi spiegherebbero tutto: i muri in rovina erano parte di un palazzo o la camera di un edificio del tesoro; i frammenti di colonne completavano un tempio; le numerose iscrizioni mostrerebbero un alfabeto e un linguaggio che tradotto e decifrato, rivelerebbe incredibili informazioni sugli eventi del lontano passato in memoria dei quali quei monumenti furono eretti. Saxa loquuntur! (Le pietre parlano)».

 

Anche se il pensiero di Freud si è evoluto nel corso degli anni; continuamente egli tornò all'archeologia come fonte di idee e immagini. In una delle sue ultime prove tecniche, “costruzioni in analisi” (1937), argomentò che l'analista ha un enorme vantaggio rispetto al lavoro dell’archeologo: manufatti ed elementi architettonici vengono distrutti dall’azione del tempo e gli elementi della natura; le iscrizioni sbiadiscono diventando illeggibili mentre le aree psicologiche restano intatte.

In una lettera del 1885 scrive:

 

«Ieri sono stato al Louvre, nell’ala delle antichità che contiene un incredibile numero di statue [...] vi erano re assiri grandi come alberi, che tenevano in braccio leoni come fossero cuccioli, umani alati con acconciature preziose, le iscrizioni cuneiformi cosi nitide come fossero state incise ieri, e bassorilievi egizi con colori vividi, colossi di re, vere sfingi, un mondo di sogni».



 

 

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