N. 9 - Settembre 2008
(XL)
L’Ultimo Catapano
La Verità perduta
di Gennaro Tedesco
I
Balcani non hanno mai riscosso molto successo nel così
detto Occidente e, a quanto pare, vista la nostra storia
più recente, ancor meno nella cittadella assediata
dell’Europa comunitaria.
E ancor
meno sembrano ricevere attenzione presso i nostri
distratti e annoiati adolescenti.
Probabilmente una delle possibili ragioni di questa
disattenzione e di questo scarso interesse per una
regione così strategica e per una storia così
dilacerante sta nella cattiva coscienza di una Europa,
incapace, nel recentissimo passato, di garantire pace e
stabilità in questa terra dilaniata da guerre e immani
sofferenze e di governare la complessità e la fragilità
di un’eredità storica che pure la riguarda e l’ha sempre
riguardata.
Una
storia, quella dei Balcani, da rimuovere nella coscienza
collettiva europea, soprattutto per l’inadeguatezza e la
genericità, per non dire altro, delle nostre istituzioni
formative e per la manifesta propaganda mass-mediologica
che continua a dipingere come “brutti, sporchi e
cattivi” gli immigrati albanesi o balcanici in generale,
propaganda suscettibile di portare a galla
responsabilità e debiti dimenticati, cancellati nella
nostra memoria storica, ma anche crediti dei popoli
balcanici da far valere nei nostri confronti, contributi
che potrebbero creare imbarazzo nell’euroclub,
nell’opinione pubblica e soprattutto nella Scuola, in
particolar modo non ancora pronta e disponibile a
recepire, a parte qualche rara ed encomiabile eccezione,
come si conviene, nei suoi libri di testo non solo
storici, ma anche letterari, aggiustamenti ed
integrazione ormai dovuta che ne metterebbero a
repentaglio la sua monolitica graniticità e la sua
consolidata abitudinarietà.
E
allora come, almeno per sommi capi e brevemente,
organizzare un ambiente di apprendimento, di
riorientamento, di riconversione e di rieducazione non
solo alla cittadinanza e non solo rivolto ad allievi
delle Superiori, che possa immaginare, anche solo per un
breve e fuggevole momento, di attirare l’attenzione di
adolescenti, assorti, almeno apparentemente in mondi
solo virtuali, su una realtà così tormentata, complessa
e sfuggente come i Balcani?
In
questa operazione, allo stesso tempo di recupero
interdisciplinare e di ripotenziamento della memoria
storica e letteraria, potremmo trovare un primo punto di
solido ancoraggio nella realtà di una Scuola italiana,
ma anche europea, sempre più “abitata” e frequentata da
adolescenti albanesi o rumeni che, giorno per giorno,
vivono e studiano a contatto strettissimo con i nostri
alunni.
Servendoci dell’intrinseca ludicità info-elettronica,
Internet e computer, che ben si confa all’innata
sperimentalità “ interattivistica” dei nostri
adolescenti che, nel mondo virtuale e nella ricerca
virtuale, a loro agio, ritrovano il loro ancestrale
cordone ombelicale, abbiamo deciso di organizzare il
nostro dvd, focalizzando l’attenzione nostra e degli
allievi su un personaggio chiave della storia balcanica,
albanese ed europea, Giorgio Castriota Scanderbeg,
proprio perché la sua vicenda personale caratterizzata
da una vita avventurosa e attraversata da un alone di
titanica e misteriosa leggenda poteva e può catturare e
coinvolgere adolescenti, affascinati, probabilmente, da
un viaggio virtuale alla ricerca di tracce e indizi che
l’approccio virtuale può rendere meno difficoltoso e più
agevole illuminare, sollecitandoli e stimolandoli
attivamente e soprattutto protagonisticamente.
La
ricerca elettronica simulata può partire e iniziare
subito, avendo diviso in gruppi gli allievi, guidati
dalla mano esperta, leggera e discreta, per non dire
invisibile, dei docenti stretti in una sinergica e
strategica alleanza interdisciplinare.
Non ci
vorrà molto probabilmente per far si che gli allievi di
un Biennio, ma anche di un Triennio delle Superiori, si
rendano conto, in questo sollecitati e stimolati
impercettibilmente dall’equipe docente, che la ricerca
Internet subito li pone di fronte a un bivio ermeneutico:
dove comincia la storia “vera e reale” di Scanderbeg e
dove finisce quella leggendaria, mitografica e
mitologica?
Chi è
e che cos’è Scanderbeg?
E’
semplicemente un grande condottiero e un abile stratega?
O qualcosa di più? Qualcosa che travalica e trascende la
sua realtà storica, per divenire un mito? E se è così,
come riuscire ad avanzare nella ricerca didattica,
storica, letteraria ed interdisciplinare su Internet,
come tentare di separare, almeno in minima parte, se
possibile, il mito dalla realtà?
E se
mito, leggenda, mitografia, favola esistono, dove
comincia e soprattutto chi avrebbe potuto e voluto
costruire tale archetipo o, peggio, stereotipo?
Insomma
quale mano, quali interessi neanche tanto reconditi ci
potrebbero essere, se davvero esistono, dietro
l’immagine dell’Ultimo Catapano? Domande e risposte che
si incrociano a testimoniare che una ricerca, “un gioco”
elettronico così concepito e praticato può condurre e
conduce a una quasi immediata contaminazione tra
didattica e ricerca, tra didattica interdisciplinare
della storia e storia interdisciplinare; insomma, ci
troveremmo, grazie alla strumentazione informatica e
virtuale, di fronte ad una ibridazione e contaminazione
evidente, oggettiva: docenti e discenti sinergicamente
ed operativamente alleati in una pratica didattica
interdisciplinare e storica in cui le barriere divisorie
tra insegnamento e apprendimento sembrerebbero
improvvisamente e proficuamente dileguarsi, per non dire
precipitare, in un tonfo veramente salutare e benefico.
Da tutti i punti di vista una Scuola (e una Università)
finalmente senza barriere. Con l’ausilio della posta
elettronica i nostri allievi potrebbero chiedere
collaborazione esterna ancora più esperta e mirata,
creando una rete virtuale, a specialisti della materia,
costretti anch’essi, se ci tengono ad essere ascoltati,
capiti e conosciuti, a “volgarizzarsi”, a
“despecializzarsi” e a capitalizzare comunitariamente il
loro sapere erudito per far sì che altri possano
approfittare della loro “scienza” ed, eventualmente,
apprezzarli: un modo anche per comunicare, socializzare
ed utilizzare comunitariamente discipline non solo
letterarie e storiche desuete (parcellizzazione
specialistica, grammaticalistica o filologistica ad
esempio), spesso acriticamente distillate e propinate ad
allievi “coatti” a cui viene ancora oggi, soprattutto
nelle aule universitarie, imposta e piovuta dall’alto un
insegnamento accademico assolutamente fuori da ogni
realtà.
E
allora, con il contributo sempre più determinante, ma
non esclusivo, di Internet, con la possibilità, che tale
straordinario mezzo tecnologico offre, di velocizzare e
penetrare nella fitta e densa matassa reticolare di
fonti testuali, sonore e visive, in una sola parola,
multimediali, ci inoltreremo, con gli allievi, nella
nostra ricerca. Senza dimenticare che, mentre
procediamo, possiamo crearci un archivio elettronico
multimediale che ci potrà servire in seguito per
produrre un dvd multimediale capace di contenere memorie
colossali che, in questo modo, non solo non andranno
perdute, ma saranno anche valorizzate e pronte ad essere
utilizzate da altri come documento base per un ulteriore
approfondimento. E senza nasconderci che tale dvd
potrebbe e dovrebbe essere usato come straordinario e
complesso strumento didattico e multimediale, mezzo
idoneo a testimoniare il rilevante lavoro svolto
dall’equipe ibrida di docenti e discenti e ad esaltare i
risultati raggiunti in termini di didattica
interdisciplinare elettronica e multimediale tali da
stravolgere la normalità didattica, ma anche storica e
letteraria e da produrre un “artefatto”, un “manufatto”
interattivo ed interdisciplinare del tutto innovativo,
ma soprattutto, abbattendo le barriere disciplinari e i
confini, se mai sono esistiti, tra insegnamento e
apprendimento, un mezzo potente e possente di
coinvolgimento conoscitivo ed emotivo.
Ma ora
torniamo a Scanderbeg e all’Albania. Gli allievi delle
Superiori, divisi in gruppi specializzati e guidati da
docenti in compresenza sempre pronti a condurli
discretamente per un sentiero interdisciplinare e,
fondamentalmente, critico, riscontreranno quasi
immediatamente nella rete virtuale la dimensione
agiografica del Castriota: grande generale e stratega,
condottiero del proprio popolo, quello albanese, alla
difesa della civiltà occidentale. Un piccolo popolo e il
suo irriducibile e invincibile Capo nel XV secolo ebbero
l’ardire e la forza di opporsi alla superpotenza turca:
un episodio storico che di per se ha qualcosa di unico e
di straordinario.
Cronisti, storici, poeti, preti e monaci dell’Occidente
cattolico fecero di Scanderbeg il prototipo del
cavaliere cristiano, simbolo carismatico e protagonista
assoluto di una Crociata anti-islamica contro il
dilagare della marea turca in Occidente. Tutte le fonti,
le cronache, le testimonianze letterarie dell’epoca e
successive fino ai “Tamburi della pioggia” di Ismail
Kadarè, il più grande e famoso scrittore dell’Albania
contemporanea, disegnano e ci consegnano un capitano
coraggioso dai lineamenti tutti occidentali.
Indubbiamente Scanderbeg contribuì notevolmente e
proficuamente alla difesa e alla salvezza dell’Europa
occidentale contro la marea montante dei Turchi nei
Balcani. E certamente è lecito ed esaltante promuovere
ed istituire analogie tra un’Albania sotto assedio turco
e un ‘Albania sotto assedio sovietico o sotto assedio
fascista. Le analogie e le metafore sono il sale della
didattica come della storia e della letteratura.
Ma esse
conoscono un limite intrinseco nella necessità di una
evidenza critica che deve diventare il filo rosso di una
didattica interdisciplinare che voglia sforzarsi di
essere contemporaneamente al servizio di un
apprendimento non dogmatico e al servizio di un
approccio storico, letterario e interdisciplinare che
per sua natura deve porsi in modo riflessivo e
anticonformistico di fronte alla realtà, soprattutto
quando essa sembra essere velata o, addirittura,
oscurata da propaganda ideologica o nazionalistica. In
fondo il miglior “servizio” educativo e formativo che si
possa dare agli allievi è proprio quello di non fidarsi
mai dell’evidenza e soprattutto dei luoghi comuni
specialmente quando essi siano categorici e martellanti,
in una sola parola, retorici.
E
allora di nuovo torniamo al nostro eroe, Giorgio
Castriota Scanderbeg. I nostri allievi, sempre guidati
dai nostri guardinghi, vigili, pazienti e penetranti
docenti, cominceranno ad approfondire su Internet, ma
anche su fonti non elettroniche, la storia dell’Albania
e si renderanno conto dei “buchi neri” dai quali essa è
attraversata non solo nei libri di testo di storia e
nelle antologie letterarie, ma anche nei siti della rete
virtuale.
Soprattutto scopriranno che il periodo medioevale e
quello antico dell’Albania sono poco e mal conosciuti e
quindi molte opere storiche, salvo rari casi, dedicate a
Scanderbeg sono costruite su fondamenta fragili e
scivolose, per non dire franose, descrivendo anche
volutamente e consapevolmente uno Scanderbeg principe
occidentale o, addirittura, islamizzato e turcizzato. Di
Scanderbeg e dell’Albania dell’epoca è semplicemente
ignorato o “dimenticata” la dimensione e la tradizione
bizantina. Il Castriota, Vlad Tepes Dracul (Dracula),
Giorgio Maniace, grande condottiero bizantino, Aleksandr
Nevskij, sono archetipi e stereotipi dell’immaginario
bizantino, non appartengono né all’Occidente cattolico
né all’Oriente islamico. Scanderbeg non è un principe
occidentale o un sultano orientale, è, semplicemente,
prepotentemente e totalmente l’Ultimo Catapano
bizantino!
Egli è
il difensore strenuo e consapevole, insieme all’ultima
intellighenzia bizantina rifugiatasi in Occidente prima,
durante e dopo la caduta di Costantinopoli, di una
civiltà e di una generazione oggi “invisibile”. Il
Castriota, come gli altri Catapani citati, non è il
Cavaliere dell’Apocalisse, improvvisamente apparso dal
nulla e scomparso nel nulla. Scanderbeg è il
“condensato”, il punto di sutura e di concentrazione,
soprattutto di ibridazione e contaminazione di una
profonda, radicata, possente e antichissima tradizione
romano-orientale. Il Castriota riassume nella sua
persona i tratti di una tradizione militare e politica
millenaria e quelli di una agiografia altrettanto
stratificata e diffusa tra i sudditi romano-orientali.
Egli, perpetuando e rinnovando il retaggio romano
orientale, è il Capo civile e militare dai poteri
assoluti che guida e governa i suoi soldati contadini o
montanari nella difesa territoriale della loro
provincia, della loro patria. Essi sono sempre più
coscienti e consapevoli della loro autonomia
amministrativa e politica nella misura in cui sono
sempre più direttamente e immediatamente coinvolti come
protagonisti nelle guerre di confine con i Turchi. Essi
sviluppano, sulle orme della tradizione romano
orientale, una propria specifica e originale condotta
militare e politica, dei loro particolari e originali
“canoni” di comportamento che traggono le loro origini
dal mondo ibrido e contaminato dei territori di confine
romano-orientali dalla Micro Asia ai Balcani. E’ un
mondo quello dei soldati-contadini o montanari albanesi
che continua un’antica tradizione, vivificandola e,
soprattutto, innovandola, una tradizione che possiede
due facce: i tratti, trasformati, dell’impronta
amministrativa, politica e storica bizantina e quelli,
leggendari e mitici, desumibili dal magma incandescente
di una mitologia e mitografia romano orientale che da
Alessandro Magno a Belisario, dagli eroi omerici a
quelli di frontiera, ha solo l’imbarazzo della scelta.
Eroi ed
archetipi tanto letterari quanto pittorici che si
autoalimentano presso elites dirigenti e masse contadine
in un crescendo inesorabile ed inesausto, continuamente
rimescolandosi ed ibridandosi non solo con se stessi, ma
anche con prototipi mitopoietici provenienti da
Occidente, ma soprattutto da un Oriente caleidoscopico,
poligrafo e poliedrico, luogo d’origine e di
incubazione, fonte, culla e laboratorio inesauribile di
modelli, moduli, modi e mode destinati a lasciare
un’impronta profonda ed indelebile in una società romano
orientale, ma anche albanese e balcanica, molto più
ricettiva e pronta di quella occidentale a recepire,
incrociare e metabolizzare culture “altre” e ad
ibridarsi. Una sedimentazione complessa ed ibrida di
elementi storici e mitopoietici che allora, come oggi,
tende a radicarsi e a consolidarsi, sfidando i secoli e
i millenni, in un immaginario collettivo che diviene
patrimonio di un’intera comunità, quella albanese e
balcanica, che, però, nel corso dei secoli, tende a
rimuovere, nascondendola, ma non elidendola, dentro gli
strati più profondi della propria struttura archetipica,
compressa dall’avanzata dell’Occidente e dell’Islam e
più recentemente dalla globalizzazione tuttora in corso,
ma, al momento opportuno, capace di riemergere e di
ridivenire prorompente se cercata e sollecitata.
Ci
vorrebbe più spazio, più tempo e più collaboratori per
procedere nel nostro discorso. Ma di necessità virtù:
questi brevi, ma, almeno, speriamo, utili appunti ci
consentono, almeno in parte, di illuminare qualche
angolo riposto in penombra di una realtà storica e
letteraria notevolmente complessa e tormentata. E’
evidente, ci auguriamo, a questo punto dei nostri
micro-appunti, che Scanderbeg non è una meteora, non è
un marziano o un alieno proveniente da un pianeta
sconosciuto e misterioso e non è nemmeno la controfigura
ectoplasmatica di un signorotto feudale occidentale o di
un visir dimezzato islamico. E’ l’Ultimo Catapano, colui
che, coerentemente, conseguentemente, consapevolmente e
orgogliosamente inserito in una rete (non virtuale) di
intellettuali e politici di ascendenza e tradizione
bizantina, prova con i suoi soldati contadini e
montanari non solo a fermare la marea turca montante nei
Balcani e in Occidente, ma anche ad organizzare un
possibile contrattacco in funzione certo anche di piani
e progetti occidentali, ma anche e soprattutto in
collaborazione con una elite bizantina espatriata ed
esiliata alla ricerca di un’eventuale e possibile
revanche balcanico-orientale.
Ai
nostri allievi, proprio per renderli consapevoli del
perpetuarsi strutturale ed analogico di certi modelli
politici e psicologici, proporremo, a conclusione del
nostro esperimento formativo, l’immagine e la metafora
dell’assedio: l’Albania comunista circondata ed
assediata da Occidente ed Oriente, la storia che sembra
ritornare e ripetersi e la propaganda del regime che
prepara il terreno al nuovo e redivivo Catapano: Enver
Hoxha, l’ Uomo della Provvidenza albanese, il
Condottiero che si erge e combatte per la libertà del
popolo albanese. Certamente un modello politico questo,
abusato ed usurato, ma ieri come oggi sempre utile ed
efficace per galvanizzare e polarizzare l’attenzione di
masse in certe epoche della storia alla ricerca di un
salvatore. Ma a noi e ai nostri allievi non interessa
tanto la coppia ideologica e propagandistica
Scanderbeg-Hoxha quanto, non si sa fino a che punto
consapevole, la necessità comunista di ritagliarsi e di
ritrovarsi, con il suo carismatico condottiero, in uno
spazio politico, storico, e psicologico ben distinto tra
Occidente e Oriente, che sembra del resto somigliare
allo spazio bizantino: la storia e la cultura bizantina
negata, anche e soprattutto in Albania e nel momento
meno indicato e propizio, sembra riprendersi la sua
rivincita! |