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N. 24 - Dicembre 2009 (LV)

GLI ULTIMI GIORNI DEL REGIME DI CEAUŞESCU
Ovidiu Paulescu ricorda la rivoluzione del 1989 in Romania

di Leila Tavi

 

Dopo il processo sommario e la barbara esecuzione della coppia presidenziale, per riscattare l’immagine negativa che gravava sulla Romania, il governo provvisorio (C.F.S.N.) incaricò un suo membro di filmare alcuni ministri del precedente governo Ceaucescu prigionieri in una unità militare, in attesa di essere processati.

 

L’obiettivo era quello di mostrare all’opinione pubblica internazionale un volto più umano della “rivoluzione” dell’89. In quel momento la pena di morte non era stata ancora abolita.

 

Il filmato e ulteriore varia documentazione avrebbe dovuto essere consegnata in un primo momento al vice Primo ministro Gelu Volcan Voiculescu, o meglio al Consigliere per i problemi speciali Baiu, a cui fu consegnata una versione accorciata del filmato perché considerata materiale “scottante”. A causa di una soffiata del cameraman, l’inviato fu arrestato e messo al muro; fu sottratto alla morte grazie a un contrordine dell’ultimo minuto. 

 

L.T.: Cosa ha significato per la Romania la rivoluzione del dicembre 1989?

 

O.P.: Per la Romania è prematuro dire cosa abbia significato l’89. La storia ha bisogno di tempo, per alcuni si è trattato di un bellissimo sogno, che poi si è trasformato in una delusione, per altri è stata un’opportunità unica.

Il vero problema secondo me è che nella seconda categoria sono entrate a far parte troppe persone.

 

L.T.: Chi fu protagonista, chi vittima e chi carnefice?

 

O.P.: È difficile parlare di un protagonista della rivoluzione dell’89. Esiste una pluralità di figure centrali, di pari importanza nello svolgimento della vicenda. Se nel teatro greco, da dove proviene il termine, il protagonista era il primo attore della compagnia, per la rivoluzione della Romania nel 1989 non è ancora stato stabilito con certezza il numero dei protagonisti, neanche dopo venti anni è chiaro quali siano stati i protagonisti.

Per quanto riguarda le vittime, in un primo momento si è parlato di oltre 60.000 morti, ma presto le cifre sono state rettificate: secondo dati ufficiali i morti sono stati 1.142, 3.138 i feriti e 770 i trattenuti.

Gli organi di inchiesta hanno istituito 4.495 pratiche penali relative alla rivoluzione; nel corso dell’istruttoria sono state ascoltate 41.000 persone in qualità di vittime o di testimoni, nello stesso tempo sono stati effettuati 3.500 accertamenti e analisi medico-legali, 10.000 investigazioni sul territorio e 1.100 esami balistici.

Oltre ai coniugi Ceaucescu nessun altro imputato ha scontato integralmente la pena emessa nei loro confronti. Sino a oggi sono stati scritti oltre 200 libri, prodotti numerosi film e talk show televisivi, sono state costituite due commissioni al Senato e un Istituto di ricerche investigative. Politici, storici, politologi, rivoluzionari, analisti, membri dei servizi segreti romeni e stranieri hanno espresso il loro punto di vista su questo momento storico. spesso aumentando la confusione piuttosto che chiarirla.

Non sono mancati i testimoni oculari, ma con il passar del tempo le loro dichiarazioni sono diventate sempre meno precise, sia per l’effetto naturale dell’oblio, sia per interessi di varia natura.

Nel mio film, come titoli di coda, ho inserito una lista incompleta di testimoni chiave per eventi del dicembre ’89, che sono morti in circostanze sospette.

 

L.T.: Si è trattato di una rivoluzione o di un complotto militare?

 

O.P.: Le due teorie non si escludono necessariamente. Alcuni ufficiali affermano di aver fatto parte di una cospirazione, dall’altra parte ci sono dei civili che affermano lo stesso.

 

L.T.: Ceauşescu è stato un capro espiatorio o ha veramente agito senza il consenso degli altri membri del partito?

 

O.P.: Anche qui sono costretto a dire cose poco piacevoli. È stato un capo espiatorio, sicuramente ha avuto il consenso di quasi tutti i membri del partito durante tutto il periodo della presidenza.

 

L.T.: Quali sono state le responsabilità dei quadri di partito. Chi consigliava e supportava Ceauşescu, chi invece lo contrastava all’interno PCR?

 

O.P.: Le responsabilità dei quadri di partito sono tante, troppe per elencarle qui. Ci sono state più persone sia all’interno del P.C.R. sia nell’esercito che hanno cercato di contrastarlo. Un esempio; Constantin Parvulescu, uno dei membri fondatori del partito, che al XII Congresso del P.C.R. nel 1976 ha criticato sia l’organizzazione del Comitato centrale, sia Ceaucescu; come conseguenza è stato espulso dal partito e messo agli arresti domiciliari.

 

L.T.: Chi non ha pagato per le sue colpe?

 

O.P.: La lista è troppo lunga, ho cercato di rispondere a questa domanda nei titoli di coda del mio documentario.

 

L.T.: Con quali prove si può affermare che non si trattò di genocidio?

 

O.P.: Qui abbiamo un problema di definizione; storicamente è difficile fornire un elenco di genocidi, o presunti tali, in quanto il termine è subordinato alla scelta della definizione o all’opinione dei diversi autori nella cultura popolare. Il termine è spesso utilizzato in modo più esteso rispetto alla definizione giuridica, o in modo improprio, per sottolineare la gravità di alcuni atti di sterminio oppure il numero elevato di vittime.

Tale uso, di solito, non tiene conto dell’intenzione dell’aggressore. Cosa fare? Attenersi alla definizione del termine che deriva dal greco (genes razza, stirpe) che secondo le Nazioni Unite può essere definito come “atti commessi con l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale etnico, razziale o religioso”?

Nicolae Ceaușescu e sua moglie furono condannati da un tribunale militare eccezionale con l’accusa principale di genocidio per la strage di Timisoara e con l’aggravante di aver ridotto il popolo alla povertà. Alcune fonti considerano la strage di Timisoara come un falso giornalistico: furono stimati circa 60.000 morti; i dati ufficiali parlano invece di soli 1.142, di cui quasi il 60% furono uccisi dopo il 22 dicembre.

 

L.T.: Chi ha montato la teoria del genocidio e a quale scopo?

 

O.P.: Se non ricordo male il primo capo di accusa nel processo a carico di Ceaușescu fu proprio il genocidio, probabilmente gli stessi che hanno montato la teoria dei terroristi, serviva a creare una strategia della tensione.

 

L.T.: Quale fu l’atteggiamento dell’Europa occidentale e degli U.S.A. nei mesi precedenti e successivi alla rivoluzione?

 

Nel mio libro ho tentato di rispondere a questa domanda. Montagne diceva: “Je donne mon avis non comme bon mais comme mien”.

 

L.T.: Perché decise di non consegnare il materiale e quale conseguenze ha avuto il suo gesto?

 

O.P.: Per essere più precisi, il materiale non era esattamente quello che era stato richiesto, ho approfittato di questa occasione e sono riuscito a ottenere ben altro, rispetto a quello che i miei superiori mi avevano richiesto. Una piccola parte l’ho consegnata alla Commissione governativa, un’altra parte l’ho consegnata a Canal 5 e altri materiali sono stato costretto a conservarli per provare che la verità ufficiale e quella che propongo io sono due cose molto diverse.

 

L.T.: Presto pubblicherà un libro. Ci saranno nuove rivelazioni?

 

O.P.: Il libro contiene alcuni materiali inediti che permetteranno un’eventuale analisi dal punto di vista giuridico e storico: si tratta di 30 dossier che potranno fare luce su alcuni eventi della vicenda.

 

L.T.: Cosa è cambiato in Romania dopo la rivoluzione e cosa è rimasto immutato?

 

O.P.: Non ho più messo piede in Romania da venti anni, la mia opinione perciò non può essere obiettiva.

 



 

 

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