.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


.

contemporanea


N. 115 - Luglio 2017 (CXLVI)

Il nonno e il nipote
gli ultimi anni di Trotsky

di Gaetano Cellura

 

“Ha dedicato la vita alle sue idee e a metterle in pratica” afferma Esteban Volkov, nipote ottantaseienne di Trotsky, che ci racconta i fatti tragici del 20 agosto 1940. Aveva quattordici anni, tornò a casa dalla scuola e trovò il nonno Leone Trotsky ferito a morte.

 

L’assassino, costretto in un angolo e picchiato dalla polizia, l’aveva ammazzato a colpi di piccozza alla testa mentre gli dava le spalle, intento a leggere il giornale. Il fondatore dell’Armata Rossa si trovava da tre anni a Città del Messico dopo un decennio di peregrinazioni per l’Europa, sempre inseguito dai sicari di Stalin.

 

Vi era giunto da sconfitto e si apprestava a vivere il capitolo conclusivo della sua vita, aveva perso sul piano politico – infatti non lui, ma Stalin dirigeva il corso del socialismo in Urss – e aveva perso pure i suoi quattro figli. Trotsky era un uomo solo.

 

Aveva trovato asilo nel grande paese centramericano perché vi era in carica il governo post-rivoluzionario di Lázaro Cárdenas. Poteva godere di una casa con un bel giardino, ma vi viveva nel modo più semplice: alzandosi presto la mattina e dando da mangiare a galline e conigli, giocando a scacchi con Esteban. Il resto del tempo libero lo passava al cinema o a raccogliere cactus in campagna. Lavorava dietro cospicuo compenso a una biografia di Stalin, che lo considerava come il peggior nemico.

 

A Città del Messico divideva la casa con la seconda moglie Natalia Sedova, con il nipote appunto e con quella che chiamava “una grande famiglia”: sette segretari e numerose guardie. Tre mesi prima di essere ucciso, Trotsky era scampato a un altro attentato ad opera dello stalinista messicano Davide Alfaro Siqueiros, uno dei pittori di quel Messico fiorito e spinoso di cui parla Pablo Neruda nella sua autobiografia, come José Clemente Orozco e Diego Rivera.

 

Volkov fu testimone di quell’attentato. Si rannicchiò dietro il suo letto e vide i proiettili volare “da tre lati” nella stanza, mentre il nonno in un angolo della camera accanto veniva protetto dalla moglie che gli faceva scudo con il proprio corpo. Trotsky, secondo il racconto del nipote, rimase di buon umore e pieno d’energia, sempre piena la sua fiducia nell’inevitabilità del socialismo, nonostante fosse certo di un prossimo attacco. Ma non poteva immaginare che sarebbe venuto da uno del “cerchio interno” dei suoi uomini di fiducia.

 

Ramón Mercader, il suo assassino, l’uomo che Volkov al ritorno dalla scuola vede picchiato dalla polizia messicana, si era spacciato per un trotskista canadese sotto il nome di Frank Jackson. In realtà era un agente segreto spagnolo naturalizzato sovietico cui Trotsky dava piena fiducia.

 

Il teorico della rivoluzione permanente, l’uomo designato da Lenin come uno dei suoi possibili successori, la penna più brillante della rivoluzione e dell’opposizione a Stalin, muore in ospedale il giorno dopo e centomila persone rendono omaggio al suo funerale organizzato dal governo messicano. Condannato a venti anni, Mercader dice durante il processo: “Con la piccozza nascosta nella tasca del mio impermeabile, decisi di non mancare la meravigliosa opportunità che si presentava”.

 

Trotsky tenne sempre fuori il nipote dalle discussioni politiche: costretto all’esilio anche lui aveva già pagato troppo per colpe non sue. Esteban Volkov era figlio di Zinaida, la sua primogenita, morta suicida a Berlino nel 1933 a trentadue anni perché malata ed esiliata dall’Urss.

 

Quello stesso anno Georges Simenon viene inviato dal Paris-Soir a Prinkipo, l’isola turca dove allora Trotsky si trova esiliato. Esteban vive con lui sino alla fine del 1932, quando prova disperatamente a raggiungere la madre a Berlino. Ha solo sei anni e vive l’impatto con un’Europa che, giunto Hitler al potere, si appresta a chiudere tutte le sue porte.

 

Come scrive Maria Agostinelli (ne La penna e la dialettica), recandosi a Prinkipo, Simenon ha “l’opportunità di firmare un incontro con la Storia”. Lì, per un momento, dimentica il suo ruolo di cronista, frastornato dal sole, dal mare blu della bella Turchia dove “una riva si chiama Europa e l’altra Asia”. Poi, inevitabilmente, lo scrittore passa alle domande. Tre in tutto.

 

Entrambi, l’intervistatore e l’intervistato, hanno la percezione di qualcosa di tremendo che sta per abbattersi sull’Europa. Alla prima domanda sulla durata delle dittature, Trotsky risponde: “Non posso far mio un pronostico ottimista sul loro carattere episodico o temporaneo. Il fascismo è provocato da una profonda crisi economica che impietosamente corrode più d’ogni altra il corpo sociale dell’Europa”.

 

“E la democrazia nulla può”?

 

“Non può nulla, perché la nostra epoca è così satura di antagonismi nella lotta nazionale e sociale, satura come mai nella storia, che ha mandato in fumo i commutatori e gli isolanti del sistema della democrazia, che sotto i conflitti di classe nazionali fondono, vanno in escandescenza”.

 

“Ci sarà una guerra”?

 

“La considero inevitabile ad opera della Germania fascista – risponde Trotsky. – E sarà decisiva per le sorti dell’Europa. Ma non ho dubbi che alla fine l’umanità troverà la propria strada. Tutto il passato ne è garanzia”.

 

Poco dopo, Paris-Soir avrà il suo scoop: l’intervista al rivoluzionario marxista più amato e odiato in quel momento. Lasciata la Turchia, l’ex Commissario del popolo prova a stabilirsi in Francia, in Norvegia e persino negli Stati Uniti, ma Roosevelt gli nega il visto d’ingresso. Che ottiene invece per il Messico, grazie all’intercessione di Diego Rivera. E in Messico nel 1938 lo raggiunge di nuovo il nipote Esteban Volkov.

 

Due anni dopo – l’Europa già in guerra, come aveva anticipato a Simenon – lo raggiunge anche il sicario di Stalin.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.