Zwingli il riformatore e la
Zweiter Kappelerkrieg
GUERRA TRA CANTONI
di Matteo
Buzzurro
L’avvento della Riforma di Martin
Lutero fu come un fiume in piena
all’interno della cristianità; la
consapevolezza di un declino papale,
che dalla cattività avignonese alla
depravazione del sacro collegio
divenne sempre più evidente,
scoperchiò un vaso di Pandora
divenuto ormai assai fragile e
devastato. Uno dei paesi che accolse
la riforma con ambiguità e
inflessibilità fu la Svizzera. Nel
paese elvetico la riforma
protestante si allargò a macchia
d’olio, partendo da Zurigo con la
diffusione che fece Huldrych Zwingli
(1484-1531). Fu ambigua
l'interpretazione che Zwingli diede
della Riforma di Martin Lutero: pur
condividendone l'opposizione alla
Chiesa romana e la giustificazione
per sola fede, rifiutava nettamente
invece la dottrina eucaristica e
battesimale. Zwingli, infatti, non
reputava l’eucarestia un sacramento
bensì un puro e semplice rito di
ricordo dell’ultima cena, in
quell'ostia per il religioso non
c'era la presenza reale di Cristo ma
il ricordo. Anche l'abluzione
battesimale per Zwingli non poteva
essere un sacramento relegando
l’atto ad un mero rito di
iniziazione.
La caratteristica più rilevante
della posizione zwingliana fu
l'integralismo patriottico della
nuova religione che introdusse in
Svizzera; memore dell'esperienza
militare che come cappellano lo
aveva visto protagonista nelle
guerre mercenarie, fu da subito
convinto che l’invio delle truppe
mercenarie fosse causa di un inutile
spargimento di sangue e infatti una
delle prime richieste integraliste
fu proprio quella di interrompere
l'invio di mercenari al soldo delle
potenze straniere ivi compresa
quella che dal 1506 era diventata la
guardia personale del romano
pontefice. Zwingli sostenne che
"il patriottismo elvetico lo spinge
a condannare tale lucroso commercio
di uomini: deve salvaguardare la
spiritualità e la moralità della sua
amata Confederazione, profondamente
convinto che […] la pace tra i
popoli può nascere solo da una fede
comune in Gesù Cristo".
Nel 1522 Zwingli, abbracciando la
protesta, abbandonò l'abito talare e
si mise a servire come cittadino
riformatore Zurigo, che gli diede il
compito di plasmare la chiesa locale
secondo i modelli che cinque anni
prima aveva impostato Martin Lutero
nelle novantacinque tesi di
Wittenberg portandolo alla scomunica
papale del 1521 con la Decet
Romanum Pontificem di papa Leone
X. Zwingli mal digerì però questo
accostamento e più di una volta
tenne a precisare con parole
ficcanti la paternità della rivolta
religiosa: “Nel 1516, prima che
si sentisse parlare di Lutero dalle
nostre parti, incominciai a
predicare l’Evangelo di Cristo e non
salivo mai sul pulpito senza cercare
di spiegare, in base alla sola
Scrittura, le parole del Vangelo che
si leggevano nella messa del giorno"
abbracciando in tal maniera
un'umiltà che non solo lo portò al
di sopra dei cattolici ma anche di
Lutero.
La prima disposizione teologica di
Zwingli fu, dunque, il divieto dei
riti cattolici e la secolarizzazione
dei beni ecclesiastici, con le forme
del culto profondamente rinnovate,
vietando in primis le immagini
religiose e poi sopprimendo la messa
liturgica. La riforma zwingliana
ebbe da subito talmente tanto
successo, sul piano politico, che
acquisì senza remore e problemi
l’adesione anche di Berna, tuttavia
i cantoni cattolici come quelli di
Lucerna, Uri, Zug, Schwyz e
Unterwalden si ribellarono a queste
imposizioni autoritarie e
fondamentaliste che Zwingli volle
imporre; rinunciare ai redditizi
arruolamenti dei mercenari, secondo
l'antica massima pecunia non olet,
fu recepito dai cinque cantoni
ribelli come una perdita redditizia
che avrebbe messo in ginocchio
l’economia elvetica.
La tensione elvetica, si acuì con la
morte sul rogo del pastore
riformatore Jakob Kaiser a Svitto,
portò dunque allo scoppio di una
guerra civile chiamata Zweiter
Kappelerkrieg, dal luogo Kappel am
Albis dove si combatté la guerra;
dopo una prima fase contraddistinta
da un equilibrio latente che portò
nel 1529 ad un trattato di pace, la
guerra riprese vigore
dall’inconciliabilità delle
richieste fatte dalle due parti. La
pace fu una mera ed effimera
illusione, appesantita dai blocchi
commerciali che i protestanti
portarono, mettendo alla fame i
cantoni cattolici i quali furono
costretti, nel 1531, a riprendere le
ostilità e, questa volta, di imporre
loro l'attacco. l’11 ottobre 1531 le
truppe marciarono verso la frontiera
di Zugo, dove gli eserciti zurighesi
furono sconfitti.
Tra i caduti vi fu anche Zwingli,
che aveva accompagnato le truppe
come cappellano militare; ritrovato
il corpo, venne bruciato come
eretico compiendo quello che papa
Leone X scrisse nella scomunica: “Si
quis autem hoc attentare
praesumpserit, indignationem
Omnipotentis Dei, ac beatorum Petri
et Pauli Apostolorum eius,se noverit
incursurum” (Se qualcuno osa
tentare una cosa del genere, sappia
che incorrerà nella collera di Dio
onnipotente e dei beati apostoli
Pietro e Paolo). La morte di Zwingli
segnò praticamente la fine della
Zweiter Kappelerkrieg.
A seguire, alcuni focolai
continuarono a bruciare come a
Menzinger dove le truppe dei cinque
cantoni furono sconfitte ma in
sostanza la guerra terminò in una
carneficina generalizzata che portò
ad una divisione che lasciando
ferite indelebili nella fede
cristiana in Svizzera.
Riferimenti Bibliografici:
Ago R., Vidotto V., Storia
moderna. Roma-Bari: Laterza,
2010.
Hay D., La Chiesa nell’Italia
rinascimentale. Roma-Bari:
Laterza, 1979.
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Romanum Pontificem (3 gennaio
1521) in ASV, Reg. Vat., 1160, f.
305r.
Meyer H., Guerre di Kappel in
Dizionario Storico Svizzero.
DSS, 2009.
Ronchi S., Huldrych Zwingli, Il
riformatore di Zurigo. Torino:
Claudiana, 2022.