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N. 94 - Ottobre 2015 (CXXV)

U2 A BERLINO
storia di un evento

di Andrea Bajocco

 

Cosa c’è di più bello di una passione che ti porta a prendere due giorni a lavoro, due aerei in 24 ore, un albergo “non proprio di lusso” e a spendere, tra le altre cose, per qualche birra di troppo? Cosa c’è di più bello di fare tutto questo per quelle due ore di vita che solo un concerto ti può regalare?

 

E allora non è difficile spiegare il perché, una volta iscritti al fan club degli U2 ci siamo accaparrati i biglietti di parterre per l’evento del 28 settembre alla Mercedes Benz Arena (ex O2 world) di Berlino.

 

La compagnia è stata quella di sempre; quell’amico con cui abbiamo sono visto decine di concerti e con cui avevamo assistito già due volte a esibizioni del quartetto irlandese: la prima volta il 23 luglio 2005 allo Stadio Olimpico di Roma, la seconda – nella medesima location – datata 8 ottobre 2010.

 

La giornata è andata via veloce: dopo la partenza impegnativa (appuntamento alle 4 di mattina), appena arrivati nella Capitale tedesca ci siamo diretti ad Alexanderplatz. Per farci ben volere dai locali abbiamo dato il via alle prime birre. La Germania è così, soprattutto nel periodo dell’Oktoberfest... Ci siamo poi spostati verso la Porta di Brandeburgo con l’intenzione di superarla e procedere per il vialone che porta a quella Colonna della Vittoria (in ricordo della vittoria della Prussia nella guerra prussiano-danese) tanto cara agli U2, tanto che a suo tempo vi hanno anche ambientato il video di Stay (faraway, so close!). Poi, tempo di lasciare gli zaini in albergo, di mangiare wurstel e crauti – accompagnati da qualche altra bionda tedesca – con vista sui dipinti disegnati su quel che resta del muro e ci siamo diretti verso il palazzetto.

 

E finalmente entra nel vivo la giornata.

 

A un’ora dall’inizio del concerto parterre e red zone sono incredibilmente ancora praticamente vuoti, simbolo di un vivere in maniera diversa i concerti rispetto ai canoni del Bel Paese. Questo ci regala la possibilità di posizionarci vicinissimo alla passerella che unisce i due palchi previsti per il tour e, soprattutto, di arrivare agevolmente alla transenna nel giro di poche canzoni.

 

Il concerto, dopo un DJ Set iniziale che ha spaziato tra tutte le decadi del rock e che si è concluso con People Have the Power, urlata da tutti i presenti, è iniziato con The Miracle (of Joey Ramone), opening track anche dell’ultimo album del gruppo irlandese Songs of Innocence.

 

Le tracce proposte, a fine concerto, saranno 24 (più un remix molto ben fatto di The Fly) e toccheranno quasi tutti gli album della band. A testimonianza del continuo spaziare tra tutto il repertorio c’è il trittico d’annata che segue l’apertura del concerto: Gloria, Vertigo e I Will Follow.

 

Dopo Iris (Hold Me Close), Cedarwood Road e Song for Someone, è il momento di una delle canzoni più amate e tormentate di Bono Vox e compagni, quella Sunday Bloody Sunday che gioco-forza è diventata un vero inno per chi ha vissuto o porta in qualche modo le cicatrici di quella “Domenica di Sangue” del 1972.

 

Il concerto segue veloce e piacevole con gli schermi (inizialmente posti al di sopra della pedana centrale) che si alzano, si abbassano e fungono da vero passaggio per gli U2 che a tratti suonano “nascosti” all’interno degli stessi, così come è successo per Until the End of the World al termine della quale pezzi di pagine della Divina Commedia e di Alice nel Paese delle Meraviglie scendono come pioggia su tutto il palazzetto.

 

Un po’ appesantiti – ma sempre a loro agio sul palco – gli U2 continuano a sciorinare prestazioni superlative canzone dopo canzone... da Invisible a Even Better Than the Real Thing, da Elevation a New Year's Day (presentata per la prima volta in questo tour), da October a Bullet the Blue Sky... Fino a Pride (in the Name of Love) e With or Without You con la quale salutano il pubblico e chiudono la prima parte del concerto prima dell’encore.

 

Rientrando dopo City of Blinding Lights (condita da decine di luci al led sparse per tutto il palazzetto) è il momento di Beautiful Day perché sì, è un giorno bellissimo, speciale, emozionante... Il parterre salta e canta con i suoi beniamini, ma non può finire così, manca qualcosa.

 

Quel qualcosa va cercato tra One e I Still Haven’t Found What I’m Looking For, le due canzoni che fino a quel giorno alternate come chiusura dei concerti. Ha la meglio la prima che viene cantata insieme al pubblico, ormai in visibilio...

 

Finisce qui, tra il freddo serale di metà settembre berlinese e la ricerca di un’ennesima birra prima di andare a dormire una giornata bellissima, una giornata che si è meritata la non poca fatica profusa da chi, appena 24 ore prima era partito da Roma alla ricerca di un sogno chiamato U2.



 

 

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