.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


.

ATTUALITà


N. 134 - Febbraio 2019 (CLXV)

ANCORA SUI PROCESSI FARSA...

TUTTI sotto accusa IN TURCHIA

 di Leila Tavi

 

Sale la tensione in Turchia per le prossime elezioni politiche ed è serrato il botta e risposta tra il presidente Recep Tayyip Erdoğan e il suo principale avversario, Kemal Kılıçdaroğlu del partito CHP, il Partito Popolare Repubblicano (Cumhuriyet Halk Partisi).

 

Riguardo allo scetticismo di Erdoğan sui sondaggi elettorali il kemalista Kılıçdaroğlu ha di recente dichiarato: “Il Presidente ha annunciato che non si fida dei sondaggi e la ragione principale delle sue dichiarazioni è che si rende conto sta perdendo, ma non è in grado di digerire questa situazione. Ma dovrà farlo, dovrà accettare i fatti. Ecco il problema, Erdoğan ha subito un calo di consensi, non non vuole ammetterlo".

 

Il capo del CHP ha rimarcato la distanza del presidente dal popolo turco con parole molto dure: "Erdoğan non è più il vecchio Erdoğan si quando andava a visitare Istanbul o viveva ad Ankara, soggiornando in case o appartamenti modesti e dichiarava di essere un uomo del popolo e di voler vivere come la gente comune. Ora si è ritirato nel Palazzo e si è allontanato dalle vicende che riguardano il popolo. Non se ne rende conto. Sta seduto nel Palazzo, poi agita la sua mano in cenno di saluto affacciato dal balcone del Palazzo, a centinaia di metri di distanza dal popolo. Che democrazia può offrire agitando la  mano dietro un esercito di guardie del corpo, a centinaia di metri dal popolo? Ha assunto tutti i poteri; ha assunto tutti i poteri che abbiamo conquistato attraverso la Repubblica. Eppure questa autorità è stata data al Parlamento dal popolo durante la Repubblica". (Fonte: dokuz8NEWS).

 

Intanto continua la repressione delle opposizioni politiche e civili da parte del governo turco attraverso una magistratura asservita al potere. Non solo i singoli cittadini sono perseguitati dalla giustizia, ma è recente la notizia dell’apertura di un processo per la messa al bando di tutti i partiti minoritari di sinistra kurdi, con il capo di accusa di aver mancato di rispetto alla costituzione della Repubblica di Turchia. Il presidente Erdoğan ha liquidato la questione semplicemente dichiarando: "Esiste una regione in Turchia chiamata Kurdistan?”.

 

Oltre alle opposizioni politiche, anche la società civile non ha possibilità di esprimere posizioni critiche rispetto al governo. L’imprenditore e filantropo Osman Kavala è stato condannato a ergastolo aggravato per aver partecipato al movimento di protesta #OccupayGezi, che ha avuto luogo il 28 maggio 2013 nell’omonimo parco di Istanbul, che ha visto la partecipazione di milioni di cittadini in tutta la Turchia e che è stato considerato dalle autorità governative come una rivolta. L’imprenditore turco è stato arrestato nel 2017 ed è stato imprigionato senza un regolare processo per essere stato la mente che ha progettato un piano per rovesciare l'ordine costituzionale e il governo della Repubblica turca. Lo stesso Kavala è anche stato accusato di aver progettato, organizzato e finanziato nel 2011 le proteste di Gezi del 2013. Inoltre, avrebbe avuto contatti con i presunti organizzatori del tentativo di colpo di Stato nell'estate del 2016. Tutte queste accuse sono, naturalmente, del tutto infondate. Insieme a lui, altre quindici persone sono state condannate, considerate sue complici: Mücella Yapıcı, una semplice cittadina di 62 anni affetta da gravi problemi di salute, Ayşe Pınar Alabora, il famoso giornalista e documentarista Can Dündar, ex direttore del quotidiano Cumhuriyet, Handan Meltem Arıkan, Hanzade Hikmet Germiyanoğlu, İnanç Ekmekçi, il noto attore Memet Ali Alabora, la film-maker Mine Özerden, Şerafettin Can Atalay e Tayfun Kahraman. Il capo d’imputazione principale è basato su un rapporto di 657 pagine in cui si fa riferimento anche alla sede turca dell’Open Society Foundations, una fondazione attiva in Turchia dal 2001 e che negli anni ha svolto un ruolo di primo piano per la democratizzazione del Paese, come finanziare progetti per il sostegno alla richiesta di adesione della Turchia all'UE, l'assistenza ai rifugiati siriani, il monitoraggio della qualità dell'istruzione nelle scuole, il sostegno professionale ai Rom e ad altri gruppi svantaggiati.


Il musicista Mercan Dede, conosciuto anche sulle scene internazionali come DJ Arkin Allen, ha rilasciato un'intervista al Sabah Daily in cui ha dichiarato che dopo il movimento #OccupyGezi per lungo tempo non c’è stata un’opposizione politica in Turchia e che il gruppo di giovani che ha allestito tende nel parco di Gezi a Istanbul nel 2013 è l’ultimo gruppo in cui potrebbe identificarsi come forza di opposizione per uno sviluppo democratico del suo Paese.

 

Al 31 dicembre 2017, il numero di prigionieri detenuti nel sistema giudiziario turco era salito a 232.340, con un aumento del 15,7% rispetto allo stesso giorno del 2016. Il numero di minori condannati era aumentato del 109,4% nello stesso periodo, raggiungendo il massimo storico di 2.056 unità. Il numero di detenuti è stato riportato a 28.108 nel 2013 e a 79.261 alla fine del 2017.

 

Il popolo turco non deve far fronte solo alla mancanza di democrazia, a causa della rapida inflazione verificatasi durante l’estate scorsa, i prezzi dei generi alimentari sono aumentati in modo esponenziale. La risposta del governo a tale inflazione galoppante non soddisfa affatto l’opinione pubblica, che è costretta a impiegare gran parte dello stipendio mensile in generi alimentari.

 

Il Ministro dell'Agricoltura e delle Foreste, Bekir Pakdemirli, ha consigliato ai cittadini come misure per combattere l’inflazione di "consumare prodotti di stagione e scegliere mercati che hanno prezzi più bassi", mentre il Ministro del Tesoro e delle Finanze, Berat Albayrak, ha promesso che presto ci saranno nuove misure per calmierare i prezzi della frutta e della verdura e  non ha addossato la responsabilità dell'aumento dei prezzi alle politiche governative degli ultimi dieci anni, nonostante tali politiche abbiano danneggiato  molto agricoltori e imprenditori del settore. Come mezzo per contrastare la speculazione sulla distribuzione di generi alimentari all’ingrosso nelle grandi città il governo ha aperto dei "centri di distribuzione" statali, scavalcando investitori privati e commercianti. Nei centri di distribuzione i prezzi al pubblico sono addirittura inferiori ai prezzi di vendita degli agricoltori agli intermediari privati. Immediate sono state le proteste dei venditori all’ingrosso e al dettaglio che hanno protestato contro questa misura, che potrebbe portarli al fallimento in breve tempo.

 

Ma il governo tira dritto per la sua strada, senza pensare alle conseguenze. Il ministro del commercio, Ruhsar Pekcan, ha dichiarato che da quando sono iniziate le operazioni “contro i commercianti in generi alimentari”, i prezzi sono scesi del 45% in soli tre giorni. Dichiarazioni che sembrano più una propaganda politica sono arrivate da Erdoğan, che ha sottolineato: "Faremo fare una brutta fine a  coloro che terrorizzano i mercati alimentari proprio come abbiamo fatto fare una brutta fine ai terroristi che si nascondevano nelle caverne pensando di essere più forti dello Stato". Il giornalista Ayşenur Aslan ha affermato che alla CNN Türk è vietato usare la parola "aumento dei prezzi". L’andamento dell'inflazione decennale della Turchia mostra un aumento complessivo più che triplicato in un decennio, passando dal 6,53% nel 2009 al 20,3% nel 2018.
 

Secondo Democracy Index 2018, pubblicato da The Economist insieme a Intelligence Unit, c'è stata una progressiva mancanza di fiducia nella democrazia in quarantadue Paesi, tra cui la Turchia, in cui questo fenomeno si è sviluppato e accentuato negli ultimi sei anni. Nel rapporto la Turchia è collocata al 110° posto su 167 Paesi presi in esame, scendendo di dieci posizioni rispetto al 2017. Con la rielezione a presidente nel giugno 2018, “Erdoğan ha spazzato via la maggior parte dei vincoli al suo potere”, si legge nel rapporto. Senza grandi sorprese, per The Economist il declino maggiore in termini di democrazia in Europa è stato registrato per l’Italia, la cui classifica è scesa dal precedente ranking di 21 del 2017 a 33 per il 2018, perdendo ben dodici posizioni in un solo anno. Il terzo maggior declino della democrazia è stato osservato in Russia, che ha ottenuto nel rapporto un posizionamento peggiore dell'Afghanistan.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.