N. 134 - Febbraio 2019
(CLXV)
ANCORA
SUI
PROCESSI
FARSA...
TUTTI sotto accusa IN TURCHIA
di
Leila
Tavi
Sale
la
tensione
in
Turchia
per
le
prossime
elezioni
politiche
ed è
serrato
il
botta
e
risposta
tra
il
presidente
Recep
Tayyip
Erdoğan
e il
suo
principale
avversario,
Kemal
Kılıçdaroğlu
del
partito
CHP,
il
Partito
Popolare
Repubblicano
(Cumhuriyet
Halk
Partisi).
Riguardo
allo
scetticismo
di
Erdoğan
sui
sondaggi
elettorali
il
kemalista
Kılıçdaroğlu
ha
di
recente
dichiarato:
“Il
Presidente
ha
annunciato
che
non
si
fida
dei
sondaggi
e la
ragione
principale
delle
sue
dichiarazioni
è
che
si
rende
conto
sta
perdendo,
ma
non
è in
grado
di
digerire
questa
situazione.
Ma
dovrà
farlo,
dovrà
accettare
i
fatti.
Ecco
il
problema,
Erdoğan
ha
subito
un
calo
di
consensi,
non
non
vuole
ammetterlo".
Il
capo
del
CHP
ha
rimarcato
la
distanza
del
presidente
dal
popolo
turco
con
parole
molto
dure:
"Erdoğan
non
è
più
il
vecchio
Erdoğan
si
quando
andava
a
visitare
Istanbul
o
viveva
ad
Ankara,
soggiornando
in
case
o
appartamenti
modesti
e
dichiarava
di
essere
un
uomo
del
popolo
e di
voler
vivere
come
la
gente
comune.
Ora
si è
ritirato
nel
Palazzo
e si
è
allontanato
dalle
vicende
che
riguardano
il
popolo.
Non
se
ne
rende
conto.
Sta
seduto
nel
Palazzo,
poi
agita
la
sua
mano
in
cenno
di
saluto
affacciato
dal
balcone
del
Palazzo,
a
centinaia
di
metri
di
distanza
dal
popolo.
Che
democrazia
può
offrire
agitando
la
mano
dietro
un
esercito
di
guardie
del
corpo,
a
centinaia
di
metri
dal
popolo?
Ha
assunto
tutti
i
poteri;
ha
assunto
tutti
i
poteri
che
abbiamo
conquistato
attraverso
la
Repubblica.
Eppure
questa
autorità
è
stata
data
al
Parlamento
dal
popolo
durante
la
Repubblica".
(Fonte:
dokuz8NEWS).
Intanto
continua
la
repressione
delle
opposizioni
politiche
e
civili
da
parte
del
governo
turco
attraverso
una
magistratura
asservita
al
potere.
Non
solo
i
singoli
cittadini
sono
perseguitati
dalla
giustizia,
ma è
recente
la
notizia
dell’apertura
di
un
processo
per
la
messa
al
bando
di
tutti
i
partiti
minoritari
di
sinistra
kurdi,
con
il
capo
di
accusa
di
aver
mancato
di
rispetto
alla
costituzione
della
Repubblica
di
Turchia.
Il
presidente
Erdoğan
ha
liquidato
la
questione
semplicemente
dichiarando:
"Esiste
una
regione
in
Turchia
chiamata
Kurdistan?”.
Oltre
alle
opposizioni
politiche,
anche
la
società
civile
non
ha
possibilità
di
esprimere
posizioni
critiche
rispetto
al
governo.
L’imprenditore
e
filantropo
Osman
Kavala
è
stato
condannato
a
ergastolo
aggravato
per
aver
partecipato
al
movimento
di
protesta
#OccupayGezi,
che
ha
avuto
luogo
il
28
maggio
2013
nell’omonimo
parco
di
Istanbul,
che
ha
visto
la
partecipazione
di
milioni
di
cittadini
in
tutta
la
Turchia
e
che
è
stato
considerato
dalle
autorità
governative
come
una
rivolta.
L’imprenditore
turco
è
stato
arrestato
nel
2017
ed è
stato
imprigionato
senza
un
regolare
processo
per
essere
stato
la
mente
che
ha
progettato
un
piano
per
rovesciare
l'ordine
costituzionale
e il
governo
della
Repubblica
turca.
Lo
stesso
Kavala
è
anche
stato
accusato
di
aver
progettato,
organizzato
e
finanziato
nel
2011
le
proteste
di
Gezi
del
2013.
Inoltre,
avrebbe
avuto
contatti
con
i
presunti
organizzatori
del
tentativo
di
colpo
di
Stato
nell'estate
del
2016.
Tutte
queste
accuse
sono,
naturalmente,
del
tutto
infondate.
Insieme
a
lui,
altre
quindici
persone
sono
state
condannate,
considerate
sue
complici:
Mücella
Yapıcı,
una
semplice
cittadina
di
62
anni
affetta
da
gravi
problemi
di
salute,
Ayşe
Pınar
Alabora,
il
famoso
giornalista
e
documentarista
Can
Dündar,
ex
direttore
del
quotidiano
Cumhuriyet,
Handan
Meltem
Arıkan,
Hanzade
Hikmet
Germiyanoğlu,
İnanç
Ekmekçi,
il
noto
attore
Memet
Ali
Alabora,
la
film-maker
Mine
Özerden,
Şerafettin
Can
Atalay
e
Tayfun
Kahraman.
Il
capo
d’imputazione
principale
è
basato
su
un
rapporto
di
657
pagine
in
cui
si
fa
riferimento
anche
alla
sede
turca
dell’Open
Society
Foundations,
una
fondazione
attiva
in
Turchia
dal
2001
e
che
negli
anni
ha
svolto
un
ruolo
di
primo
piano
per
la
democratizzazione
del
Paese,
come
finanziare
progetti
per
il
sostegno
alla
richiesta
di
adesione
della
Turchia
all'UE,
l'assistenza
ai
rifugiati
siriani,
il
monitoraggio
della
qualità
dell'istruzione
nelle
scuole,
il
sostegno
professionale
ai
Rom
e ad
altri
gruppi
svantaggiati.
Il
musicista
Mercan
Dede,
conosciuto
anche
sulle
scene
internazionali
come
DJ
Arkin
Allen,
ha
rilasciato
un'intervista
al
Sabah
Daily
in
cui
ha
dichiarato
che
dopo
il
movimento
#OccupyGezi
per
lungo
tempo
non
c’è
stata
un’opposizione
politica
in
Turchia
e
che
il
gruppo
di
giovani
che
ha
allestito
tende
nel
parco
di
Gezi
a
Istanbul
nel
2013
è
l’ultimo
gruppo
in
cui
potrebbe
identificarsi
come
forza
di
opposizione
per
uno
sviluppo
democratico
del
suo
Paese.
Al
31
dicembre
2017,
il
numero
di
prigionieri
detenuti
nel
sistema
giudiziario
turco
era
salito
a
232.340,
con
un
aumento
del
15,7%
rispetto
allo
stesso
giorno
del
2016.
Il
numero
di
minori
condannati
era
aumentato
del
109,4%
nello
stesso
periodo,
raggiungendo
il
massimo
storico
di
2.056
unità.
Il
numero
di
detenuti
è
stato
riportato
a
28.108
nel
2013
e a
79.261
alla
fine
del
2017.
Il
popolo
turco
non
deve
far
fronte
solo
alla
mancanza
di
democrazia,
a
causa
della
rapida
inflazione
verificatasi
durante
l’estate
scorsa,
i
prezzi
dei
generi
alimentari
sono
aumentati
in
modo
esponenziale.
La
risposta
del
governo
a
tale
inflazione
galoppante
non
soddisfa
affatto
l’opinione
pubblica,
che
è
costretta
a
impiegare
gran
parte
dello
stipendio
mensile
in
generi
alimentari.
Il
Ministro
dell'Agricoltura
e
delle
Foreste,
Bekir
Pakdemirli,
ha
consigliato
ai
cittadini
come
misure
per
combattere
l’inflazione
di
"consumare
prodotti
di
stagione
e
scegliere
mercati
che
hanno
prezzi
più
bassi",
mentre
il
Ministro
del
Tesoro
e
delle
Finanze,
Berat
Albayrak,
ha
promesso
che
presto
ci
saranno
nuove
misure
per
calmierare
i
prezzi
della
frutta
e
della
verdura
e
non
ha
addossato
la
responsabilità
dell'aumento
dei
prezzi
alle
politiche
governative
degli
ultimi
dieci
anni,
nonostante
tali
politiche
abbiano
danneggiato
molto
agricoltori
e
imprenditori
del
settore.
Come
mezzo
per
contrastare
la
speculazione
sulla
distribuzione
di
generi
alimentari
all’ingrosso
nelle
grandi
città
il
governo
ha
aperto
dei
"centri
di
distribuzione"
statali,
scavalcando
investitori
privati
e
commercianti.
Nei
centri
di
distribuzione
i
prezzi
al
pubblico
sono
addirittura
inferiori
ai
prezzi
di
vendita
degli
agricoltori
agli
intermediari
privati.
Immediate
sono
state
le
proteste
dei
venditori
all’ingrosso
e al
dettaglio
che
hanno
protestato
contro
questa
misura,
che
potrebbe
portarli
al
fallimento
in
breve
tempo.
Ma
il
governo
tira
dritto
per
la
sua
strada,
senza
pensare
alle
conseguenze.
Il
ministro
del
commercio,
Ruhsar
Pekcan,
ha
dichiarato
che
da
quando
sono
iniziate
le
operazioni
“contro
i
commercianti
in
generi
alimentari”,
i
prezzi
sono
scesi
del
45%
in
soli
tre
giorni.
Dichiarazioni
che
sembrano
più
una
propaganda
politica
sono
arrivate
da
Erdoğan,
che
ha
sottolineato:
"Faremo
fare
una
brutta
fine
a
coloro
che
terrorizzano
i
mercati
alimentari
proprio
come
abbiamo
fatto
fare
una
brutta
fine
ai
terroristi
che
si
nascondevano
nelle
caverne
pensando
di
essere
più
forti
dello
Stato".
Il
giornalista
Ayşenur
Aslan
ha
affermato
che
alla
CNN
Türk
è
vietato
usare
la
parola
"aumento
dei
prezzi".
L’andamento
dell'inflazione
decennale
della
Turchia
mostra
un
aumento
complessivo
più
che
triplicato
in
un
decennio,
passando
dal
6,53%
nel
2009
al
20,3%
nel
2018.
Secondo
Democracy
Index
2018,
pubblicato
da
The
Economist
insieme
a
Intelligence
Unit,
c'è
stata
una
progressiva
mancanza
di
fiducia
nella
democrazia
in
quarantadue
Paesi,
tra
cui
la
Turchia,
in
cui
questo
fenomeno
si è
sviluppato
e
accentuato
negli
ultimi
sei
anni.
Nel
rapporto
la
Turchia
è
collocata
al
110°
posto
su
167
Paesi
presi
in
esame,
scendendo
di
dieci
posizioni
rispetto
al
2017.
Con
la
rielezione
a
presidente
nel
giugno
2018,
“Erdoğan
ha
spazzato
via
la
maggior
parte
dei
vincoli
al
suo
potere”,
si
legge
nel
rapporto.
Senza
grandi
sorprese,
per
The
Economist
il
declino
maggiore
in
termini
di
democrazia
in
Europa
è
stato
registrato
per
l’Italia,
la
cui
classifica
è
scesa
dal
precedente
ranking
di
21
del
2017
a 33
per
il
2018,
perdendo
ben
dodici
posizioni
in
un
solo
anno.
Il
terzo
maggior
declino
della
democrazia
è
stato
osservato
in
Russia,
che
ha
ottenuto
nel
rapporto
un
posizionamento
peggiore
dell'Afghanistan.