N. 88 - Aprile 2015
(CXIX)
LOTTA ARMATA IN TURCHIA
BREVE STORIA DEL DHKP-C
di Filippo Petrocelli
Sbrigativamente
liquidati
come
“brigatisti”,
fossili
contemporanei
di
un
tempo
che
fu,
descritti
con
parole
e
sostantivi
appartenenti
a
un’altra
epoca,
a un
altro
paese,
a
un’altra
realtà:
è
stato
questo
il
destino
dei
membri
del
Dhkp-C,
responsabili
del
sequestro
del
giudice
Mehmet
Selim
Kiraz,
avvenuto
il
31
marzo
nel
tribunale
di
Caglayan
a
Istanbul.
Ben
oltre
le
semplificazioni
giornalistiche,
la
vicenda
del
sequestro
del
magistrato
incaricato
di
indagare
sulla
morte
di
un
adolescente
in
un
corteo
di
protesta
durante
le
manifestazioni
di
Gezi
park,
sui
nostri
mass-media
non
è
andata
oltre
il
tono
sensazionalista.
Eppure
nella
Turchia
odierna,
patria
del
sultano
Erdogan,
avamposto
Nato
sulla
polveriera
mediorientale,
il
significato
di
questo
gruppo
(considerato
terrorista
da
Stati
Uniti,
Unione
Europea
e
Turchia)
va
indagato
senza
approssimazioni.
Il
Dhkp-C,
ovvero
“Fronte
rivoluzionario
di
liberazione
del
popolo”,
un’organizzazione
rivoluzionaria
comunista
–
evoluzione
del
Dev
Sol
o
“Sinistra
rivoluzionaria”
nata
nel
1978
– si
è
forgiata
durante
la
guerra
civile
contro
la
galassia
nazionalista
(di
cui
i
Lupi
Grigi
sono
l’emanazione
più
famosa)
ed è
maturata
negli
anni
del
colpo
di
stato
del
generale
Evren,
individuando
nel
rapporto
privilegiato
fra
Usa,
Turchia
e
Nato,
il
nemico
principale
del
popolo
turco.
Il
Dhkp-C
pratica
la
lotta
armata
contro
lo
stato
da
oltre
un
trentennio
e si
è
resa
protagonista
di
diverse
azioni
contro
poliziotti,
membri
dei
servizi
di
sicurezza
e
politici.
Secondo
stime
ufficiali
è
l’organizzazione
più
attiva
sul
fronte
della
resistenza:
oltre
2.500
azioni
dalla
sua
nascita
fino
a
oggi,
tanto
che
le
autorità
turche
non
hanno
voluto
trattare
con
loro,
scegliendo
invece
la
via
del
blitz.
Ma
il
Fronte
rivoluzionario
è
responsabile
anche
di
una
serie
di
azioni
spettacolari,
a
forte
impatto
simbolico:
le
più
recenti
sono
state
l’attentato
all’ambasciata
americana
di
Istanbul
nel
2013
costato
la
vita
a un
uomo
della
sicurezza,
e
pochi
mesi
fa,
l’attentato
alla
sede
di
un
giornale
vicino
al
Is (Islamic
state),
che
ha
ucciso
un
giornalista
e ne
ha
feriti
altri
tre.
A
partire
dal
2001
il
gruppo
ha
anche
praticato
una
serie
di
attentati
suicidi:
il
più
sanguinoso
a
Istanbul
è
costato
la
vita
a
tre
persone,
ma
l’ultimo
è
del
6
gennaio
2015,
quando
una
donna-kamikaze
ha
ucciso
un
poliziotto
in
una
zona
centrale
di
Istanbul.
Al
contrario
di
quanto
si
pensi,
il
Dhkp-C
ha
più
che
discreto
seguito:
tanto
per
citare
alcuni
dati,
nel
2008,
durante
i
funerali
del
leader
e
del
fondatore
del
partito,
Dursun
Karataş,
i
presenti
erano
oltre
ventimila,
anche
se
proprio
Karataş,
aveva
trascorso
parecchi
anni
in
Belgio
e
Olanda,
dopo
essere
evaso
dal
carcere
in
Turchia
nei
primi
anni
Novanta.
Un
altro
dato
che
colpisce
è la
presenza
di
quella
che
negli
anni
Settanta
sarebbe
stata
chiamata
lotta
armata
diffusa.
Più
volte
i
membri
di
questo
gruppo
hanno
scortato
e
difeso
cortei
di
lavoratori
e
studenti,
per
il
Primo
maggio
o
per
scioperi,
arrivando
a
rappresentare
una
specie
di
milizia
popolare.
Dopo
un’alleanza
sancita
con
il
Pkk
nel
1996,
i
destini
dei
due
principali
gruppi
di
opposizione
al
governo
turco,
si
sono
intrecciati
senza
però
corso
a
un’intesa
duratura.
Ma
la
storia
del
Dhkp-C,
è
fatta
anche
di
scissioni
e
faide
interne:
la
più
sostanziosa
quella
operata
da
Bedri
Yagan
nel
1994,
che
ha
dato
origine
al
Thkp/c
(Partito/Fronte
di
Liberazione
del
Popolo
Turco),
altro
partito
fuorilegge
che
pratica
la
lotta
armata,
oltre
il
Bosforo,
definendo
nei
fatti
la
fisionomia
odierna
del
partito.
Un’altra
faida
interna
dal
sapore
oscuro
e
dai
contorni
incerti,
riguarda
Asuman
Akça,
importante
dirigente
del
movimento
a
Istanbul,
arrestata
nel
2008
con
l’accusa
di
voler
attentare
alla
vita
di
Erdogan.
Inizialmente
condannata
a 55
anni
di
carcere
ha
poi
beneficiato
di
un
grande
sconto
di
pena.
Dopo
la
sua
liberazione,
Asuman
aveva
annunciato
di
voler
rivelare
gli
stretti
rapporti
intercorsi
fra
il
Dhkp-C
e
Ergenekon
(un’organizzazione
dello
“stato
profondo”
turco,
paragonabile
alla
nostra
Gladio,
cha
sembra
aver
orchestrato
una
sorta
di
strategia
della
tensione
nel
paese),
ma
poco
dopo
essere
stata
liberata
viene
trovata
morta
con
un
colpo
alla
testa.
A
essere
accusato
dell’omicidio
è un
curdo
vicino
al
Pkk
che
avrebbe
agito
per
salvaguardare
le
organizzazioni
rivoluzionarie.
Le
motivazioni
date
dalla
polizia
lasciano
aperti
però
molti
interrogativi
anche
perché
l’unità
fra
uomini
del
Dhkp-C
e i
curdi
del
Pkk,
non
è
stata
poi
così
serrata
visti
gli
attriti
dell’ultimo
periodo.
Quello
che
sembra
invece
è
che
in
questa
morte,
ci
sia
la
firma
dello
stato
turco
attraverso
i
potenti
servizi
di
sicurezza.
Che
non
rinunciano
a
pregiudicare
la
vita
pubblica
di
un
paese,
vissuto
sempre
sull’orlo
di
una
guerra
civile
e di
un
colpo
di
stato.