N. 129 - Settembre 2018
(CLX)
sulle
sorti
del
Cumhuriyet
In
Turchia
cade
l'ultimo
baluardo
della
stampa
indipendente
di
Leila
Tavi
Lunga
e
faticosa
è
stata
la
battaglia
dei
giornalisti
dello
storico
quotidiano
di
Istanbul,
fondato
da
Atatürk
nel
1924
con
l'intento
di
fare
informazione
'all'occidentale',
senza
intromissione
del
potere
e
della
religione.
Da
allora
il
giornale
ha
sempre
mantenuto
una
posizione
indipendente
rispetto
a
chi
governava,
ma
con
l'arrivo
del
partito
conservatore
AKP
diversi
sono
stati
i
tentativi
di
asservire
la
stampa
alla
ragion
di
Stato.
Dopo
il
fallito
putsch
del
luglio
2016,
la
stretta
del
governo
Erdoğan
sulla
libertà
di
stampa
ha
portato
a
una
vera
e
propria
battaglia
ad
armi
impari,
combattuta
con
coraggio
dai
giornalisti
del
Cumhuriyet,
che
però,
a
causa
del
recente
cambio
di
direzione,
sono
stati
licenziati
o
hanno
dato
le
dimissioni.
Il
nuovo
Consiglio
di
Amministrazione
eletto
ha
avuto
un
impatto
negativo
sulla
redazione,
andando
a
modificare
l'impianto
direttivo
della
Fondazione
che
ha
per
anni
dato
l'indirizzo
editoriale
al
giornale.
Numerosi
i
processi
a
carico
dei
giornalisti
del
Cumhuriyet
durante
gli
ultimi
anni,
che
ancora
rischiano
di
essere
condannati
per
avere
svolto
con
coscienza
il
loro
lavoro,
senza
cedere
alle
minacce
di
un
governo
che
non
rispetta
i
diritti
fondamentali.
A
portare
avanti
la
battaglia
per
la
libertà
di
stampa
restano
due
piccoli
giornali
indipendenti,
l'Evrensel
e il
Birgün,
ma
il
cambio
di
linea
editoriale
del
Cumhuriyet
è
stato
un
grave
danno
per
la
società
turca.
La
tiratura
del
quotidiano
è di
circa
40.000
copie,
a
larga
diffusione
nazionale.
Il
giornale
rappresentava
inoltre
un
esempio
a
cui
guardare
da
parte
dei
giovani
che
si
stavano
formando.
La
speranza
di
avere
un'informazione
obiettiva
sulla
politica
e
sull'economia
turche
è
riposta
ora
nelle
mani
dei
giornalisti
che
operano
dall'estero,
considerato
che
il
92%
della
stampa
turca
è
sotto
il
diretto
controllo
dello
Stato,
come
riportato
dall'Associazione
dei
Giovani
Giornalisti
Turchi.
I
report
turchi
sono
continuamente
sotto
attacco,
uno
degli
ultimi
episodi
che
ha
portato
all’arresto
del
giornalista
dell’AFP
(Agence
France-Press)
Bülent
Kılıç
è
stato
in
occasione
delle
proteste
avvenute
nel
distretto
di
Istanbul
che
affaccia
sul
mar
di
Marmara,
Kadıköy,
dove,
il
15
settembre
2018,
un
cospicuo
gruppo
di
lavoratori
del
settore
edile
si
sono
riuniti
per
denunciare
alcuni
soprusi
da
parte
di
una
società
incaricata
di
svolgere
dei
lavori
in
aeroporto.
Quattrocento
sono
state
le
persone
arrestate,
il
giornalista
dell’AFP,
invece,
è
stato
rilasciato
dopo
poche
ore.
Bülent
Kılıç
è un
noto
reporter
a
livello
internazionale,
che
nel
2014
è
stato
nominato
come
migliore
fotografo
d'agenzia
dai
due
principali
quotidiani
britannici
Times
e
Guardian
per
i
suoi
reportage
sull'Ucraina
e lo
Stato
Islamico
in
Iraq.
L’arresto
di
Kılıç
è un
esempio
della
recente
pratica
governativa
utilizzata
per
reprimere
dimostrazioni
non
autorizzate:
arrestare
preventivamente
i
giornalisti
che
partecipano
a
tali
dimostrazioni
per
evitare
la
diffusione
di
notizie
e di
immagini
delle
proteste
in
Turchia
e
all’estero.
L’ex
direttore
del
Cumhuriyet,
Can
Dündar,
è
stato
nominato,
insieme
al
suo
quotidiano,
al
Premio
Nobel
per
l’Henrik
Urdal's
2018
Nobel
Peace
Prize
Shortlist,
il
cui
vincitore
sarà
decretato
come
consuetudine
il
venerdì
della
prima
settimana
piena
di
ottobre.
L’ex
direttore
e il
Cumhuriyet
figuravano
entrambi
nella
shortlist
PRIO
(Peace
Research
Institute
Oslo)
già
nel
2017.
Dündar
è
stato
il
redattore
capo
di
Cumhuriyet
fino
alla
metà
del
2016,
quando
è
stato
costretto
all'esilio
in
Germania,
dove
è
stato
insignito
in
questi
due
anni
di
numerosi
premi.
Nel
2015
al
quotidiano
di
Istanbul
fu
assegnato
il
Premio
per
la
libertà
di
stampa
2015
da
parte
di
RSF
(Reporters
sans
frontières),
per
la
coraggiosa
posizione
adottata
contro
la
crescente
pressione
del
governo
turco
sulla
stampa.
Durante
la
visita
di
Stato
di
Erdoğan
in
Germania
della
fine
di
settembre
2018,
il
presidente
turco
ha
ufficialmente
richiesto
l’estradizione
di
Dündar.
Ma
l’estradizione
di
Dündar
non
è
l’unica
tra
la
lista
dei
desiderata
del
capo
di
Stato
turco:
i
media
turchi
parlano
di
sessantanove
cittadini
turchi
recentemente
accolti
dalla
Germania,
di
migliaia
di
appartenenti
al
PKK,
il
partito
curdo
dichiarato
fuorilegge
in
Turchia,
e
centinaia
seguaci
di
Fethullah
Gülen.
In
cambio
il
Cancelliere
tedesco
ha
chiesto
la
scarcerazione
di
sei
giornalisti
tedeschi
che
attualmente
si
trovano
in
Turchia,
ma
Erdoğan
ha
frettolosamente
liquidato
la
questione
dichiarando
che
nel
suo
Paese
la
giurisprudenza
è
indipendente
e
non
sottomessa
al
volere
dello
Stato.
Angela
Merkel
ha
replicato
esprimendo
biasimo
sulle
procedure
con
cui
la
magistratura
opera
in
Turchia,
arrestando
e
incarcerando
le
persone
senza
regolare
processo
o
capi
d’accusa
confermati
da
un
giudice.
Anche
riguardo
al
caso
Dündar
il
Cancelliere
tedesco
ha
affermato:
«Ci
sono
opinioni
diverse
sul
caso
tra
me e
il
Presidente
della
Turchia».
Dure
le
parole
di
Erdoğan
in
risposta
alla
Merkel:
«Can
Dündar
è un
agente
che
ha
tradito
i
segreti
di
Stato»,
ha
affermato
Erdoğan
durante
la
conferenza
stampa
con
Angela
Merkel
nel
Palazzo
della
Cancelleria
federale.
«Questo
è un
crimine.
«Questa
persona
dovrebbe
essere
in
carcere».
Lo
stesso
Dündar
avrebbe
voluto
partecipare
di
persona
alla
conferenza
stampa
come
giornalista,
ma
il
quotidiano
Bild
ha
pubblicato
la
notizia
che
il
presidente
turco
non
avrebbe
preso
parte
alla
conferenza
stampa,
se
fosse
stato
permesso
a
Dündar
di
entrare
in
sala.
Tale
decisione
da
parte
di
Erdoğan
ha
fatto
desistere
il
giornalista
turco
in
esilio,
il
quale
ha
dichiarato
di
non
volere
essere
la
causa
di
problemi
diplomatici
tra
i
due
Paesi.
Le
proteste
per
la
libertà
di
stampa
in
Turchia
non
sono
però
mancate
durante
la
conferenza
dei
due
capi
di
Stato:
un
giornalista
turco
residente
in
Germania
ha
indossato
una
vistosa
maglietta
con
la
scritta
«Pressefreiheit
für
türkische
Journalisten»
(Libertà
di
stampa
per
i
giornalisti).
Recep
Tayyip
Erdoğan
aveva
un
sorriso
soddisfatto
sulle
sue
labbra,
mentre
due
funzionari
del
BKA
(Bundeskriminalamt),
della
polizia
federale,
trascinavano
via
dalla
sala
il
fotografo,
che
verso
la
fine
della
conferenza
stampa
ha
indossato
la
maglietta
sopra
la
camicia
e
così
vestito
ha
scattato
le
sue
foto
in
prima
fila.
Troppi
scatti
per
gli
uomini
della
sicurezza,
che
dopo
il
rifiuto
dell’uomo
di
togliersi
la
maglietta,
lo
hanno
portato
via
dalla
sala
stampa
a
forza.
Il
fotografo
è
Adil
Yiğit,
con
un
permesso
di
soggiorno
in
scadenza,
a
rischio
di
rimpatrio
forzato
in
Turchia.
Negli
anni
Settanta
del
secolo
scorso
fece
parte
dei
militanti
marxisti
in
Turchia,
poi
chiese
asilo
in
Francia
e,
infine,
si
trasferì
in
Germania.
Oggi
lavora
come
giornalista,
scrive
come
freelance
per
l'edizione
di
Amburgo
di
TAZ
(Tageszeitung)
articoli
sulla
comunità
turca
in
Germania
ed è
direttore
della
rivista
online
Avrupa
Postası,
che
ha
una
posizione
critica
nei
confronti
del
governo
di
Erdoğan.
«Volevo
guardare
Erdoğan
negli
occhi
e
mostrargli
la
mia
protesta",
ha
dichiarato
Yiğit
al
termine
della
conferenza
stampa.
"Lui
e la
sua
gente
hanno
imprigionato
giornalisti
per
anni.
Basta!».
Il
tono
invece
dei
colloqui
della
colazione
di
lavoro
di
sabato
29
settembre
tra
i
due
capi
di
Stato
sono
stati
invece
rilassati
e
amichevoli,
perché
si è
parlato
esclusivamente
di
rapporti
economici,
con
la
promessa
da
parte
di
Berlino
di
aiuti
finanziari
per
il
partner
turco,
troppo
prezioso
e
strategico
per
non
essere
accontentato.
Il
ministro
dell'Economia
tedesco
Peter
Altmeier
si
recherà
in
Turchia
in
ottobre
con
una
nutrita
delegazione
di
imprenditori
e,
dopo
una
lunga
pausa,
la
Commissione
economica
mista
tedesco-turca
si
riunirà
di
nuovo,
a
conferma
del
fatto
che
la
Germania
ha
come
priorità
nei
rapporti
tra
i
due
Paesi
la
stabilità
economica
della
Turchia,
anche
a
costo
di
fare
delle
larghe
concessioni
sul
fronte
delle
libertà
personali
al
governo
autocratico
di
Ankara.