N. 119 - Novembre 2017
(CL)
se Trump non pensa all’Africa
gli usa e L’inesistente “agenda africana”
di Gian Marco Boellisi
Da quando l’amministrazione Trump si è insediata al 1600 di Pennsylvania Avenue, la politica estera americana ha imperversato in uno status di confusione quasi perenne. Non per mancanza di tematiche da affrontare, ma per un’organizzazione della propria agenda estera in maniera non organica e dettata prevalentemente dal problema del momento, e non da una visione a lungo termine.
Ciò
ha
portato
già
nell’immediato
a
dei
risultati
poco
incoraggianti
con
le
varie
controparti
estere,
ma
soprattutto
sta
fornendo
al
mondo
l’immagine
di
un’amministrazione
poco
preparata
ad
affrontare
le
onnipresenti
sfide
che
lo
scenario
attuale
propone.
In
particolare,
lo
scenario
africano
sembra
essere
stato
quasi
dimenticato
completamente
dalla
Casa
Bianca,
tanto
da
non
sapere
nemmeno
cosa
le
proprie
forze
militari
stiano
svolgendo
e
dove.
Una
prova
tangibile
di
ciò
si è
avuta
nei
primi
giorni
di
ottobre,
quando
un
gruppo
di
forze
speciali
statunitensi
è
stato
assalito
in
Niger
da
forze
sconosciute,
le
quali
hanno
causato
la
morte
di
quattro
soldati.
La
reazione
dell’establishment
di
Trump
è
stata
tardiva
e
del
tutto
inappropriata,
mostrando
una
grave
lacuna
nella
gestione
di
crisi
come
queste.
È
bene
quindi
descrivere
accuratamente
i
fatti,
così
da
avere
una
visione
chiara
della
vicenda.
Il 4
ottobre
2017
un
piccolo
gruppo
di
soldati
appartenenti
alle
forze
speciali
americane
è
stato
incaricato
di
incontrarsi
con
dei
leader
locali
vicino
alla
città
di
Tongo
Tongo,
in
Niger,
vicino
al
confine
del
Mali.
Sulla
strada
del
ritorno
però
sono
caduti
in
un’imboscata
da
parte
di
forze
sconosciute.
Lo
scontro
a
fuoco
ha
portato
all’uccisione
di
tre
soldati
e un
quarto
disperso,
di
cui
verrà
ritrovato
il
corpo
solo
due
giorni
dopo.
Molti
sono
gli
interrogativi
che
attorniano
la
vicenda,
come
ad
esempio
perché
i
soldati
viaggiavano
in
un
veicolo
non
corazzato,
come
sia
stato
possibile
che
un
soldato
si
sia
separato
dal
gruppo,
e
molti
altri.
La
colpa
è
stata
data
per
il
momento
a
estremisti
islamici
appartenenti
all’ISIS
presenti
nella
zona,
tuttavia
sia
il
Pentagono
che
l’FBI
hanno
avviato
inchieste
indipendenti
così
da
far
chiarezza
sulla
situazione.
Il
tragico
episodio
ha
portato
alla
luce
un
tema
troppo
spesso
non
trattato
da
Trump,
ovvero
la
lotta
al
terrorismo
in
Africa,
e
più
in
generale
la
sua
roadmap
per
la
stabilità
della
regione.
A
dimostrazione
della
sua
impreparazione,
il
presidente
ha
impiegato
dodici
giorni
a
parlare
dell’avvenuto
con
i
media,
e
ciò
solo
dopo
che
un
giornalista
ha
insistito
pesantemente
sulla
questione.
Inoltre
si è
anche
difeso
strenuamente
per
il
fatto
di
non
aver
chiamato
neanche
una
delle
famiglie
delle
vittime.
Gli
Stati
Uniti
sono
presenti
in
Niger
dai
primi
anni
2000,
e
svolgono
qui
prevalentemente
attività
di
addestramento
e
formazione
delle
forze
locali.
Attualmente
il
personale
statunitense
nel
paese
ammonta
a
800
soldati
e il
loro
scopo
è
quello
di
rendere
la
forza
militare
del
Niger
autosufficiente
ed
in
grado
di
affrontare
le
importanti
sfide
che
la
regione
presenta.
Difatti
negli
ultimi
anni
sempre
più
gruppi
in
Mali
e in
Nigeria,
tra
i
quali
Boko
Haram,
hanno
imbracciato
le
armi
in
favore
dell’estremismo
islamico.
Risulta
quindi
di
vitale
importanza
per
la
politica
estera
americana
contenere
potenziali
focolai
di
questo
genere
in
Africa,
soprattutto
ora
che
il
principale
impegno
USA
risulta
essere
ancora
spostato
in
Medio
Oriente.
Il
presidente
Trump
tuttavia
non
sembra
rendersi
conto
dell’importanza
del
lavoro
svolto
dal
proprio
personale
in
questa
area
del
globo.
Da
mesi
ormai
rimanda
di
continuo
riunioni
dell’establishment
riguardanti
l’Africa
e
sempre
meno
menziona
o si
interessa
delle
vicende
del
continente
nero.
Alcune
fonti
interne
parlano
di
una
totale
impreparazione
sulla
questione,
e
una
enorme
difficoltà
ad
affrontare
episodi
drammatici
come
l’imboscata
del
4
ottobre.
Si
potrebbe
pensare
che
l’amministrazione
abbia
problematiche
più
importanti
da
affrontare
in
politica
estera.
Tuttavia
ciò
non
può
e
non
deve
giustificare
un
silenzio
così
lungo
e
così
inappropriato
allo
stesso
tempo.
L’impreparazione
sul
continente
africano
di
questa
amministrazione
è
stata
dimostrata
anche
in
un’altra
occasione
nel
recente
passato.
Qualche
settimana
fa
Trump
ha
esteso
il
travel
ban
anche
al
Chad,
paese
molto
importante
nello
scenario
geopolitico
locale.
Infatti
oltre
a
essere
un
alleato
estremamente
importante
nella
lotta
Boko
Haram,
il
Chad
costituisce
anche
la
più
grande
forza
militare
nella
regione.
In
questa
maniera
Trump
potrebbe
aver
non
solo
inasprito
le
relazioni
diplomatiche
con
un
paese
senza
alcun
motivo,
ma
potrebbe
anche
aver
compromesso
il
fronte
contro
il
gruppo
terroristico
nigeriano.
In
conclusione,
sul
continente
africano
Trump
non
sembra
avere
per
niente
le
idee
chiare.
Nonostante
l’imbarazzo
creato
per
l’episodio
in
Niger,
è
molto
difficile
che
il
presidente
repubblicano
si
ravveda
e
inizi
a
fare
qualcosa
di
veramente
concreto
per
sviluppare
una
politica
estera
seria
e
programmata.
Al
contrario,
probabilmente
la
strada
che
verrà
percorsa
sarà
la
medesima
fatta
finora,
ovvero
quella
di
tappare
la
falla
del
momento
e
nulla
di
più.
Nel
caso
dell’Africa
in
particolare,
probabilmente
sarà
la
Libia
il
campo
d’azione
americano,
essendo
già
una
consolidata
base
di
truppe
dell’ISIS.
Tuttavia
incantare
i
media
e
l’opinione
pubblica
con
qualche
azione
vistosa
non
servirà
a
portare
la
stabilità
in
una
regione
che
già
per
troppo
tempo
ha
subito
l’indifferenza
ed
il
disinteresse
di
chi
invece
può
fare
molto.