Molto tempo prima del Cristianesimo, la Triade era una
divinità presente già nelle culture di altri popoli.
La
struttura religiosa, concettuale, manifesta nei termini
delle tre divinità gerarchicamente ordinate, è ben nota
agli studiosi delle culture indoeuropee: con
caratteristiche peculiari a ciascuna società, è quella
che possiamo osservare tanto fra gli indiani e gli
iranici, quanto fra gli antichi scandinavi, con maggiori
alterazioni fra i celti, e anche, stando ad altre
testimonianze che sopravvivono nonostante la precoce
rielaborazione delle tradizioni, è quella che conobbero
alcune ondate di invasori greci, gli achei, gli ioni.
Così, fin dai primordi sono state presenti nel mondo
tradizioni che, in un modo o in un altro, mettevano in
relazione una Trinità con la Causa Prima.
Assai frequente è, nella storia delle religioni, il
riunire divinità in triadi. Tale preferenza data al
numero tre deriva dal fatto che in origine si pensò che
esso abbracciasse ogni cosa.
Nelle religioni politeistiche, gruppo di tre divinità
strettamente associate fra loro, varia l’origine della
formazione e del culto delle diverse triadi che può
derivare dal concetto di sacralità attribuita al numero
tre, o dall’idea abituale agli antichi di dividere il
cosmo e tutte le manifestazioni della vita in tre parti.
Il tentativo di portare ordine in quella foresta di
divinità, si manifesta nella consuetudine di riunire gli
déi in ‘famiglie’ che hanno tutte le caratteristiche di
un ménage terreno: a ogni divinità locale è dato un
coniuge e da questa coppia divina nasce un dio figlio.
Sembra che gli antichi Egiziani fossero particolarmente
presi da un problema: chi era il più vecchio degli
esseri: Nun, Atum oppure Shu e Tefnut ? Alcuni
conclusero che Atum era sempre stato immanente nel Nun e
che Shu era nato contemporaneamente ad Atum. Il
risultato di questa conclusione fu il formarsi di una
trinità: Atum-Shu-Tefnut.
Si riteneva che Atum avesse generato dalla propria
saliva il dio Shu e la dea Tefnet, che avevano a loro
volta generato Geb e Nut, che ebbero come figli Osiride
e Seth con le loro sorelle Iside e Nefti.
Con Atum gli otto déi formavano la ‘Grande Enneade di
Eliopoli’ cui fece presto seguito la ‘Piccola Enneade’
che comprendeva Horo, Thoth, Anubi, Maat e altre
divinità di minore importanza. La Grande Enneade agisce
come un’unica divinità: tutti gli déi che ne fanno parte
sono perciò identificati in un’unica persona,
rappresentano aspetti particolari di un’unica essenza
divina.
Nel 1930 a Gerico sono state portate alla luce tre
statue di grandezza naturale rappresentanti un dio-padre
barbuto, una dea-madre e un dio-bambino, che
rappresentano uno dei più antichi esempi del culto di
una trinità fecondatrice.
Oltre alle testimonianze di trinità assiro-babilonesi e
cananee, come quelle succitate, ve ne sono molte altre
di culture diverse. Vediamo di seguito quelle greche,
etrusche, romane, galliche, iraniche, induiste e
buddiste.
Iperione, figlio di Urano e Gea, generò con la sorella
Teia la triade composta da Elio (Sole) – Selene (Luna) –
Eos (Aurora) Latona, personaggio della mitologia greca,
la vede di solito strettamente associata e costituisce
una triade con Apollo e Artemide.
Le divinità della triade greca Dionisio-Demetra-Core
vennero introdotte a Roma (496 a.C.) con i nomi,
rispettivamente, di Liberio-Cesare-Libera.
Di origine etrusca sembra essere la triade capitolina (Giove-Giunone-Minerva).
Giove (lat. Iuppiter Iovis) è una divinità romana. Tra i
vari Iuppiter italici il più noto è Giove Grabovio,
menzionato nelle tavole di Gubbio, in una triade insieme
con Marte Grabovio e Vofonio Grabovio.
Una creazione religiosa tipicamente romana pare essere
la costruzione della triade divina formata da
Giove-Marte-Quirino che riflette probabilmente la
struttura tripartita della società indoeuropea: Giove vi
corrisponderebbe alla funzione sacerdotale e regale,
Marte a quella guerriera, Quirino a quella dei
produttori.
La triade romana è strettamente legata all’idea dello
Stato, di cui costituisce la garanzia e la sanzione
divine. Alle tre divinità erano votati tre sacerdoti
specializzati, i Flamines (Flamini). Trinità tricefala,
frequente specialmente nella scultura romanica francese.
Mercurio è sovente rappresentato con tre teste.
è una
caratteristica celtica il concetto del dio trino: tre
manifestazioni di un’unica divinità.
Uno scrittore cristiano, Adamo di Brema, diceva che
nell’antico tempio di Uppsala, in Svezia, ancora nel
secolo XIII, venivano venerate le statue di tre
divinità: la più potente, Thor, aveva il trono al
centro, Odino (Wodan) e Fery (Fricco Freyr o Fro) invece
ai suoi fianchi.
Honir, divinità della mitologia germanica, insieme con
Odino e Lodhur, costituisce una triade. Nel culto di
Mitra, vi è una triade formata da: Ormuzd-Anahita-Mithra.
Nei primi secoli d.C. il culto di Mitra era la religione
più diffusa nell’Impero romano. A Roma era stato
introdotto dall’estremo Oriente sotto Nerone.
Ricorre spesso il numero tre nelle religioni orientali.
Un esempio: Brahma, Visnù e Shiva: definizione
politeistica della Trimurti. Trimurti, concezione indù
che considera il mondo retto da una trinità divina
composta da Brahma, dio creatore, Visnù, conservatore, e
Shiva, distruttore. Ognuna di queste divinità fa capo, a
sua volta, alla sua Trimurti.
Delle tre persone della Trimurti, la più importante
all’origine è Brahma, il dio che ha i poteri della
creazione. Ma appunto per questo agli induisti Brahma
sembra più lontano. Più alto, meno visibile, meno
rappresentabile. Alla lunga passa in secondo ordine e
viene nominato sempre meno nei testi più recenti. Il
posto principale nella Trimurti finisce per essere preso
da Visnù.
Trimurti è il termine religioso del tardo bramanesimo,
che indica la trinità delle forze cosmiche nell’unità
del dio.
Secondo una setta visnuistica, la trimurti è composta da
Visnù (la buona essenza) Shiva (l’ignoranza) e Brahma
(la passione). Secondo l’interpretazione bramanica:
Brahma (creatore) Visnù (conservatore) e Shiva
(distruttore). Infine, la trimurti è stata intesa come
la triplice potenzialità del dio assunto a Signore
Supremo e artefice, attraverso emanazioni divine, della
creazione, della durata e della distruzione
dell’universo.
Trimurti, (che ha tre aspetti), nell’induismo indica una
triade divina, rappresentata nell’iconografia come un
essere umano con tre volti, costituita da Brahma, Visnù,
Shiva, alludente alla fondamentale unità divina con i
tre aspetti creatore, conservatore e distruttore (o
rinnovatore) dell’universo.
Un teologo ha scritto: ‘Colui che è Shiva è pure Visnù,
e quegli che è Visnù è pure Brahma: una natura, ma tre
déi, Shiva, Visnù e Brahma’.
Trikaya (i tre corpi): da essi ha tratto il nome una
dottrina del buddismo Mahayanico che presenta una certa
corrispondenza con quella cristiana della Trinità. La
Bodhi (l’illuminazione, la conoscenza) si manifesta in
un triplice corpo: come Dharmakaya, che è il vero essere
del corpo, come Nirmanakaya, o corpo trasformato o della
forma, come quello rivestito dal Buddha storico, e come
Sambodakaya, o corpo della beatitudine, considerato
dalla comunità buddista come quello della salvezza.
Per la dottrina dei tre corpi del Buddha (oltre al corpo
di terra ci sono anche il corpo spirituale e, infine, il
corpo Dharma) si potrebbero stabilire, con qualche
semplificazione, alcuni paralleli con il cristianesimo.
Come si evince da questa carrellata di citazioni, la
filosofia e la tradizione pagana, influenzò il
Cristianesimo, tanto che si cominciò a raffigurare la
rappresentazione della Trinità cristiana anche
all’interno delle Chiese, così Padre, Figlio e Spirito
santo assunsero l’immagine di un Dio con tre teste in un
unico corpo.
Secondo Louis Réau, le immagini a tre teste della
Trinità sembrano essere comparse in Francia, e
potrebbero essere derivate da locali tradizioni
precristiane.
La prima raffigurazione della trinità divina, ci appare
come Padre-Figlio-Madre, esattamente come quelle pagane:
lo spirito era dunque un’entità femminile.
Nel vangelo degli ebrei (apocrifo), citato da Origene,
si vede Gesù rapito in cielo da questa stessa triade.
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