.

home

 

progetto

 

redazione

 

contatti

 

quaderni

 

gbeditoria


.

[ISSN 1974-028X]


RUBRICHE


attualità

.

ambiente

.

arte

.

filosofia & religione

.

storia & sport

.

turismo storico



 

PERIODI


contemporanea

.

moderna

.

medievale

.

antica



 

EXTEMPORANEA


cinema

.

documenti

.

multimedia



 

ARCHIVIO


 

 

 

 

.

contemporanea


N. 83 - Novembre 2014 (CXIV)

Le transizioni politiche latinoamericane
PARTE Vi - Il caso salvadoregno

di Laura Ballerini

 

Il caso di El Salvador presenta delle caratteristiche molto diverse rispetto agli altri paesi latinoamericani presi in considerazione fin ora. Questo paese centroamericano, infatti, fu travagliato, oltre che da una lunga dittatura, anche da una decennale guerra civile e la transizione politica si caratterizzò da una commissione per la pace che si contraddistinse per molti aspetti dalle altre viste fin ora.

 

All’inizio del secolo scorso l’economia salvadoregna, come molte delle economie centroamericane, si basava sulla monocoltura di un alimento che veniva poi esportato, in questo caso il caffè. Gli unici attori economici erano le “14 famiglie”, detentrici del monopolio della coltivazione e del commercio del caffè. La presenza di questa oligarchia terriera aveva reso la realtà sociale estremamente polarizzata. In un simile contesto le conseguenze della crisi economica del 1929 furono molto serie.

 

Con il crollo dei prezzi del caffè al paese centroamericano mancò l’unico mezzo di sostentamento della sua economia e la tensione sociale si acuì. Nel 1932, Farabundo Martì capeggiò una rivolta di contadini e indios che si risolse in una ferocissimo massacro passato alla storia come la Matanza. Seguì il colpo di Stato del generale Martinez, che si impose alla guida del paese e assicurò il potere ai militari fino agli anni `70. Le forze armate salvadoregne rimasero a capo del paese grazie anche all’appoggio dell’oligarchia terriera e degli Stati Uniti.

 

Gli anni `70 si aprirono con una grande crisi del debito estero che investì numerosi paesi latinoamericani. Si formarono allora diversi movimenti di opposizione al governo militare, compresi alcuni di provenienza clericale. Di rimando, nacquero i cosiddetti “squadroni della morte” come l’orden.

 

Le elezioni del 1972 segnarono l’inizio della crisi che portò a una lunga guerra civile: l’elezione del candidato presentato dai militari, il generale Molina, scatenò la reazione degli oppositori che tentarono il golpe. L’esercito stroncò e represse il colpo di Stato dei civili, che ritentarono, riuscendovi, nel 1979, a seguito dell’elezione di un altro generale, Romero.

 

L’esercito si macchiò di un nuovo massacro nel tentativo di disperdere la folla manifestante e la situazione precipitò. Molti membri abbandonarono la giunta civile al governo e confluirono nel Fronte democratico rivoluzionario; la giunta rimase nelle mani di alcuni democristiani capeggiati da Josè Napoleon Duarte, che divenne presidente nel 1980.

 

Lo stesso anno venne assassinato l’arcivescovo Oscar Romero, mentre celebrava la messa, a causa del suo impegno politico contro la dittatura militare. La tensione raggiunse livelli altissimi e nel 1981 il governo dichiarò lo Stato d’assedio. I guerriglieri rivoluzionari si riunirono nel fronte Farabundo Marti por la Liberacion Nacional (FMLN).

 

L’opposizione chiese la pacificazione e la formazione di un’assemblea costituente, ma per quanto le Nazioni Unite e la Chiesa mostrarono il loro sostegno, gli Stati Uniti si schierarono a favore di Duarte. È bene ricordare che la guerra civile salvadoregna coincise con la cosiddetta “seconda guerra fredda”, ossia il riacuirsi delle tensioni tra il blocco est ed ovest del mondo. Divenne ancora più forte l’esigenza degli Stati Uniti di combattere il nemico rosso, per questo motivo il presidente Ronald Regan sostenne i governi di Guatemala, Honduras e El Salvador contro i rivoluzionari interni.

 

Nel 1989 vinse le elezioni Alfredo Cristiani, del partito di destra Arena. Cristiani si mostrò conciliante e iniziarono allora le consultazioni per un negoziato. Nel 1992, gli accordi di Chapultepec tra militari e guerriglieri segnarono la fine della guerra civile salvadoregna. Il parlamento approvò la Ley de Reconciliacion Nacional, che concesse l’amnistia a tutti i combattenti.

 

Si formò allora la Comision de la Verdad, che, a differenza delle altre commissioni per la verità latinoamericane, aveva una composizione ristretta, solo 3 membri, che non erano salvadoregni, bensì vennero designati dall’ONU. Il lavoro della commissione durò 8 mesi e indagò sul periodo 1980-1992.

 

Il primo campo di indagini erano le violenze commesse dallo Stato contro gli oppositori politici, e il secondo erano quelle commesse dai gruppi rivoluzionari contro i non rivoluzionari. Le forze armate si rifiutarono di dare libero accesso ai documenti e crearono un muro di difesa, così come la Corte suprema di Giustizia che rifiutava ogni qualsivoglia tipo di responsabilità del potere giudiziario. Gli Stati Uniti, stavolta con Bill Clinton, diedero invece pieno appoggio ai lavori della commissione.

 

Dopo 8 mesi, i tre commissari stilarono un documento nel quale – per la prima volta rispetto alle altre commissioni – vennero fatti i nomi dei colpevoli. I tre commissari lasciarono il paese per paura delle possibili ritorsioni e fioccarono le denunce verso i nomi fatti nel documento: il 95 per cento era a carico delle forze armate il 5 per cento a carico del FMLN. Un’intera sezione del documento era dedicata ai 3 massacri compiuti dall’esercito a El Mozote nel 1981, El Calabo nel 1982 e sul fiume Sumpul nel 1990.

 

Nel panorama internazionale vi furono molti apprezzamenti verso il documento, mentre nella realtà salvadoregna le reazioni furono contrastanti. Il Fronte democratico rivoluzionario accettò in toto il documento, mentre Cristiani e la Corte suprema lo criticarono aspramente.

 

Il documento venne consegnato il 15 marzo 1993 e tre giorni prima della sua pubblicazione venne approvata dal Parlamento la Ley e Amnistia General para la Consolidation de la Paz, ossia una legge di amnistia per i crimini avvenuti, che portò numerosi membri delle forze armate al congedo anticipato. La situazione ripiombò nel caos e numerosi attentati funestarono El Salvador. La violenza tornò nelle strade del paese con le stesse modalità degli squadroni della morte. Si formò allora una nuova commissione ONU per indagare sui crimini avvenuti dopo il 1992.

 

Le riforme auspicate dal documento della commissione vennero attuate solo in parte e la situazione rimase per molti anni difficile e precaria. Oggi, dal 2009, è al governo Mauricio Funes del partito FMLN, portando le sinistre al governo dopo 20 anni di opposizione.



 

 

COLLABORA


scrivi per InStoria



 

EDITORIA


GBe edita e pubblica:

.

- Archeologia e Storia

.

- Architettura

.

- Edizioni d’Arte

.

- Libri fotografici

.

- Poesia

.

- Ristampe Anastatiche

.

- Saggi inediti

.

catalogo

.

pubblica con noi



 

links


 

pubblicità


 

InStoria.it

 


by FreeFind

 

 

 

 

 

 

 

 


[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE]


 

.