N. 80 - Agosto 2014
(CXI)
LE
TRANSIZIONI
POLITICHE
LATINOAMERICANE
PARTE
III
-
iL
CASO
uruguayano
di
Laura
Ballerini
In
Uruguay,
dall’inizio
del
XX
secolo,
si
affermarono
due
partiti:
El
Partido
Blanco
(o
Nacional),
formato
da
conservatori
e
latifondisti
e
El
Partido
Colorado,
composto
da
liberali
e
riformisti.
La
prima
metà
del
secolo
trascorse
nell’equilibrio
di
un
governo
basato
sui
collegi.
Fin
quando,
nel
1967,
non
venne
eletto
il
neoliberista
Areco.
Le
politiche
antinflazioniste
di
quest’ultimo
fecero
esplodere
la
tensione
sociale,
e si
formarono
gruppi
armati
come
i
tupamaros,
che
diedero
il
via
a
una
guerriglia
rurale
e
urbana.
La
guerriglia
continuò
finchè,
nel
1971,
dopo
l’uccisione
di
un
agente
in
loco
della
FBI,
il
governo
decise
di
sospendere
le
libertà
civili
e
affidare
l’intera
gestione
dell’ordine
alle
Forze
Armate.
Le
altre
forze
politiche,
costrette
alla
clandestinità
e al
silenzio,
si
unirono
nel
Frente
Amplio
(Ampio
Fronte).
L’anno
dopo
andò
al
governo
il
membro
del
partito
Colorado
Bordaberry,
che
dichiarò
lo
stato
di
guerra
e
passò
alla
rapida
repressione
dei
Tupamaros.
Egli
rese
il
potere
dell’esercito
ancora
più
forte
deponendo
il
Parlamento
e
sostituendolo
con
un
Consiglio
di
Stato,
formato
da
25
membri.
La
situazione
divenne
ingestibile
e le
Forze
Armate
sostituirono
Bordaberry
con
Demicheli
e
poi
con
Apricio
Mendez.
Quest’ultimo
sospese
i
diritti
politici
per
le
persone
politicamente
attive
nel
periodo
1966-73,
dando
inizio
a
una
violenta
repressione.
La
sistematica
deportazione
di
quanti
fossero
tacciati
di
essere
“nemici
interni”
avvenne
con
le
stesse
modalità
argentine:
all’oscuro
dal
resto
del
mondo,
nella
notte,
facendo
sparire
le
persone
senza
dare
alle
famiglie
modo
di
ritrovarli.
Si
trattò
di
circa
6mila
persone,
deportate
e
torturate.
La
maggior
parte
di
loro
subì
una
lunga
detenzione,
per
riuscire
poi
a
ricongiungersi
alle
proprie
famiglie,
a
differenza
del
caso
argentino.
Dopo
circa
10
anni
di
disordini,
nel
1980,
le
Forze
Armate
persero
il
controllo
della
situazione
e
accettarono
di
venire
a
patti
con
le
forze
politiche
ridotte
in
clandestinità.
Vi
furono
due
storici
incontri,
il
primo
fu
la
discussione
al
Parque
Hotel
tra
i
militari
e i
partiti,
che
chiedevano
libertà
civile,
la
fine
dello
stato
di
guerra
e
delle
misure
di
sicurezza,
e l’habeas
corpus.
Questi
primi
negoziati
fallirono
e si
replicarono
con
il
Pacto
del
Club
Naval
nel
1984.
Da
questo
incontro
si
ottennero
le
nuove
elezioni
e
una
nuova
Costituzione,
nonché
la
fine
dello
stato
di
guerra.
L’anno
dopo
venne
eletto
il
Presidente
Sanguinetti,
che
promosse
l’istituzione
di
una
Commissione
di
Inchiesta
sui
crimini
avvenuti:
questa
mise
in
luce
la
modalità
di
persecuzione,
ossia
la
lunga
detenzione
e la
tortura,
piuttosto
che
la
desaparicion
come
in
Argentina.
Evidenziò
il
chiaro
intervento
del
“Sistema
Condor”
ma
non
c’erano
prove
certe
sulla
responsabilità
delle
istituzioni
militari.
Il
Partido
Nacional
e il
Partido
Colorado
fecero
passare,
allora,
una
legge
di
impunità
per
reati
commessi
prima
del
1985
(Ley
de
Caducidad
1987).
Ci
furono
molte
proteste
e si
formò
una
Commissione
per
abolire
tale
legge
con
un
referendum
abrogativo.
Incredibilmente,
però,
il
referendum
fallì
e i
militari
e i
membri
dei
due
partiti
che
li
avevano
foraggiati,
rimasero
impuniti.
Finché
i
processi
che
si
tenevano
a
quel
tempo
in
Argentina
non
smossero
nuovamente
la
sensibilità
popolare.
Alle
elezioni
del
1999
vinse
Ibanez
contro
Velasquez
(Fronte
Ampio),
che
subito
dopo
la
sua
elezione
istituì
la
Comisìon
por
la
Paz,
con
il
compito
di
indagare
solo
sulle
sparizioni.
Venne
redatta
una
relazione
finale
che
ne
accertava
26 e
venne
riconosciuta
come
“verità
ufficiale”.
Le
aspettative,
però,
erano
molto
più
alte:
la
relazione
insisteva
sul
valore
catartico
della
verità,
ma
la
verità
non
bastava.
Le
Forze
Armate
continuavano
a
negare
ogni
forma
di
responsabilità.
Infine,
nel
2004,
venne
eletto
il
socialista
Vasquez.
Egli
affidò
all’Università
di
Montevideo
l’incarico
di
indagare
sui
crimini
avvenuti
e
sui
desaparecidos.
Nel
2007
i
risultati
vennero
pubblicati
sul
sito
della
Presidenza
della
Repubblica
e
riconosciuti
come
verità
ufficiali.
Vennero
arrestati
Bordaberry
e
gli
altri
ritenuti
responsabili
di
quanto
avvenuto,
portando
finalmente
la
riconciliazione
nel
paese.
Se
ne
può
dedurre
che
la
rottura
del
duopolio
dei
partiti
tradizionali
abbia
finalmente
portato
la
verità
in
Uruguay,
permettendogli
di
compiere
la
sua
transizione
verso
la
democrazia.
Dal
2010
è
presidente
dell'Uruguay
Josè
Mujica,
di
cui
oggi
si
sente
molto
parlare
per
via
delle
sue
riforme
e
del
suo
modesto
stile
di
vita.