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N. 78 - Giugno 2014 (CIX)

Le transizioni politiche latinoamericane

Parte I - Aspetti generali
di Laura Ballerini

 

Nella storia del mondo occidentale dell’ultimo secolo, si possono contare circa tre importanti transizioni politiche.

 

La prima è quella che ha seguito la seconda guerra mondiale. I totalitarismi nazisti e fascisti avevano trascinato gli altri paesi in un rovinoso conflitto mondiale, dando origine alla tragedia dell’Olocausto. Oltre al ritorno verso un regime democratico, ciò di cui si sentiva disperatamente bisogno erano verità e giustizia. Giudicare e punire: su queste basi si fondò il processo di Norimberga contro i crimini nazisti.

 

La seconda transizione politica verso la democrazia interessò la Grecia, il Portogallo e la Spagna nel corso degli anni `70. Dopo anni di dittatura – nel caso spagnolo più di trent’anni – questi paesi mediterranei tornarono ad avere un regime democratico, ma non vi seguì anche un opera di verità e giudizio. Vi furono infatti poche condanne e, nel caso spagnolo, addirittura l’amnistia.

 

La terza ondata riguarda i paesi latinoamericani degli anni `80 e `90. Nel corso degli anni '70 molti paesi del Sud America furono travagliati da regimi militari autoritari, repressivi, che misero in atto un programma di sterminio dei dissidenti politici – in alcuni casi anche con connotati etnici – studiato a tavolino. Si trattò, infatti, del Piano Condor, ossia di uno stratagemma messo in atto dall’intelligence statunitense, la CIA, per eliminare la minaccia comunista nel vicino sud, con golpe ad opera dei militari.

 

Dopo anni di dittatura e in alcuni casi di guerra civile, i paesi del centro e sud America proseguirono verso una svolta: per quel che riguarda Cuba e il Nicaragua si può parlare di transizioni rivoluzionarie, ossia di una giustizia politica portata avanti dai rivoluzionari che avevano spodestato i regimi precedenti. Nei paesi quali Argentina, Cile, Uruguay, El Salvador, Guatemala e Perù, il cammino verso la democrazia fu negoziato, nel caso cileno addirittura concesso, e la verità sui crimini e le tragedie avvenute emersero con grandi difficoltà.

 

Si formarono reti di collaborazione internazionali per la formazione di Commissioni della Verità, che avevano il compito di portare alla “riconciliazione”, tramite la verità su quanto accaduto, e possibilmente la giustizia per quanto subito. Ma, come detto, non ebbero sempre uno sviluppo facile, e furono spesso osteggiate dalle fazioni che prima erano al governo, che, nella quasi totalità dei casi, conservarono un ruolo importante nella vita politica e sociale del paese (proprio perché, come detto, le transizioni furono negoziate e in alcuni casi concesse).

 

La storia delle transizioni politiche latinoamericane portò avanti anche l’affermazione della salvaguardia dei diritti umani, finché questi non diventarono un linguaggio universale con l’Agenda for Peace del 1992, dove il mantenimento della pace e la tutela dei diritti umani, vennero considerati consequenziali, correlati e inviolabili.

 

Ogni caso presenta tuttavia le sue proprie peculiarità che verranno analizzate negli articoli che seguiranno. A grandi linee si può riscontrare come in Argentina e in Uruguay tutto sia avvenuto nel silenzio e all’oscuro del mondo, mentre quanto accadeva in Cile era sotto i riflettori internazionali. Mentre in Argentina e in Cile furono in molti i desaparecidos, in Uruguay furono di più le lunghe detenzioni con aberranti torture.

 

In Perù e in Guatemala, invece, la persecuzione non riguardò solo il nemico interno, la minaccia comunista, ma anche la minoranza etnica. I Maya subirono una violentissima e cruenta decimazione.

 

Le Commissioni per la verità si svilupparono in maniera diversa a seconda del paese in cui si tennero, ed ebbero più o meno successo, determinando in alcuni casi delle sonore sconfitte e non riuscendo a riconciliare la realtà sociale “frantumata” dalle tragedie avvenute.



 

 

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