N. 68 - Agosto 2013
(XCIX)
I RAGNI DEL MARE
I TRABUCCHI DELLA COSTA ADRIATICA
di Christian Vannozzi
Se
passeggiamo
lungo
la
costa
abruzzese,
molisana
o
pugliese
fino
alla
provincia
di
Bari,
è
facile
poter
ammirare
delle
enormi
macchine
da
pesca
simili
a
ragni
piantati
nel
mare
pronti
a
catturare
la
preda
nella
loro
ragnatela.
Si
tratta
dei
trabucchi,
macchine
da
pesca
tipiche
della
costiera
del
basso
adriatico.
Queste
costruzioni
sono
state
per
secoli
come
case
per
dei
contadini
che
abbandonarono
la
coltivazione
per
dedicarsi
alla
pesca,
o
per
meglio
dire
alla
raccolta.
La
Regione
Puglia
tutela
questi
antichi
macchinari
come
patrimonio
monumentale
del
Parco
Nazionale
del
Gargano.
I
trabucchi
non
svolgono
infatti
ormai
solo
la
loro
funzione
di
strumento
per
la
pesca,
ma
rappresentano
un
ideale,
una
testimonianza
di
un
luogo
e un
posto
dove
accogliere
i
visitatori
che
si
accingono
a
visitare
la
costa
adriatica.
Se
li
osserviamo
dal
mare
essi
sembrano
tanti
spaventapasseri
messi
in
fila
che
si
possono
ammirare
dal
promontorio
dove
sorge
San
Giovanni
in
Venere
nel
Teatino.
Dall’alto
possono
sembrare
anche
molte
penisole
che
si
propagano
nel
mare
come
un
braccio.
L’appellativo
di
‘ragno’
fu
dato
dal
poeta
D’Annunzio
che
volle
dare
vita
e
anima
a
queste
costruzioni:
«La
macchina
pareva
vivere
d’armonia
propria,
avere
un’aria
e
un’effigie
di
corpo
d’anima…».
Il
trabucco
è
realizzato
in
legno
con
una
piattaforma
che
si
protrae
sul
mare
ed è
ancorata
alla
roccia
da
grossi
tronchi
generalmente
di
pino
d'Aleppo.
Un
groviglio
di
funi,
legni
e
ferri,
una
specie
di
palafitte
ideate
non
per
abitare
ma
per
pescare.
Sospesi
sull'acqua
si
allungano
dalla
piattaforma
due
o
più
bracci
che
vengono
chiamati
“antenne”,
che
servono
per
sostenere
la
rete,
a
maglie
strette,
che
viene
chiamata
“trabocchetto”.
Il
termine
deriva
dal
latino
Trabs
–
Trabis,
“trave”,
essendo
questo
composto
principalmente
da
travi,
anche
se
la
tradizione
popolare
associa
il
nome
al
termine
italiano
‘trabocchetto’
a
indicare
la
trappola
creata
per
i
mal
capitati
pesci
che
vi
entrano.
Secondo
il
parere
di
alcuni
storici
i
trabucchi
furono
un'invenzione
portata
sulla
costa
dai
navigatori
fenici,
per
altri
invece,
si
tratta
di
una
semplice
invenzione
dei
contadini,
che
vedendo
la
pescosità
del
proprio
mare,
magari
dopo
la
giornata
di
lavoro
nei
campi,
decisero
di
iniziare
una
nuova
attività,
ingegnandosi
nel
modo
che
già
conoscevano,
adattando
quindi
le
lavorazioni
agricole
alla
pesca.
L’argano
del
trabucco
ricorda
infatti
il
meccanismo
del
frantoio,
che
serviva
per
spremere
le
olive,
una
delle
colture
principali
dell’area
pugliese
e
abruzzese.
Diversi
migranti,
spesso
del
sud
della
Francia
o
del
nord
dell’Italia,
iniziarono
infatti
la
coltivazione
della
terra,
coltivando
olive
e
arance
così
vicini
al
mare
da
non
perdere
l’occasione
di
vedere
quanto
fosse
facile
pescare
alla
sera,
quando
il
sole
calava
e i
pesci
rientravano
nelle
loro
tane.
Imparando
questo
fatto,
noto
da
sempre
ai
pescatori
ma
meno
agli
agricoltori,
iniziarono
a
gettare
le
loro
reti
in
mare
la
sera,
pescando
un
po’
di
pesce
da
portare
a
casa.
Col
passare
del
tempo
iniziarono
a
ingegnarsi
creando
una
sistema
di
argani,
bracci,
e
reti
che
farebbero
arrossire
un
ingegnere
della
nostra
epoca,
per
quanto
erano
ben
studiati
i
venti,
l’azione
delle
maree,
il
posizionamento
delle
leve
e
delle
reti,
a
dimostrazione
di
come
l’ingegno
umano,
se
diretto
verso
il
giusto
obiettivo,
può
veramente
non
avere
confini.
Questo
metodo
innovativo
di
pesca
fece
in
modo
che
i
pescatori
del
Gargano
e
dell'Abruzzo
non
fossero
costretti
a
uscire
in
barca
per
la
pesca,
diminuendo
i
rischi
dovuti
alle
condizioni
metereologiche
della
zona.
Pescare
con
il
trabucco
era
infatti
possibile
anche
se
le
condizioni
climatiche
erano
avverse,
e
per
questa
ragione
diversi
possessori
di
imbarcazioni
ne
iniziarono
la
costruzione.
In
Puglia
il
più
antico
di
questi
risale
al
XVIII
secolo.
Nella
zona
garganica,
ricca
di
promontori
rocciosi,
questi
venivano
costruiti
direttamente
sugli
speroni
che
si
propagavano
naturalmente
verso
il
mare.
Con
il
corpo
già
propeso
verso
il
largo
i
bracci
lignei
che
formavano
il
trabucco
potevano
far
cadere
le
reti
ancora
più
in
profondità
in
modo
da
poter
pescare
nella
maniera
più
agevole.
Il
legno
che
veniva
utilizzato
per
la
costruzione
era
il
classico
pino
d'Aleppo,
tipico
della
costa
pugliese.
Questo
pino
è
malleabile,
resistente
alla
salsedine
ed
elastico
allo
stesso
tempo,
in
modo
da
poter
resistere
alle
forti
raffiche
del
Maestrale
che
padroneggiano
nel
basso
Adriatico.
Negli
ultimi
anni,
grazie
a
dei
finanziamenti
pubblici,
come
quelli
elargiti
della
legge
regionale
abruzzese
N.
99
del
1997,
si
fece
in
modo
che
queste
macchine
da
pesca
diventassero
patrimonio
turistico
della
costiera
regionale.
Diversi
trabucchi
hanno
infatti
ormai
perso
la
loro
funzione
da
pesca
per
convertirsi
in
ristoranti
caratteristici
o
luoghi
di
attrattiva
turistici.
La
conversione
ha
reso
possibile
il
sostentamento
di
diverse
famiglie
che
li
gestivano
prima
come
pescatori
e
oggi
come
ristoratori
o
come
luoghi
di
interesse
culturale
visitabili
a
pagamento.
I
trabucchi
del
molisano
e
dell'Abruzzo,
a
differenza
di
quelli
del
Gargano,
non
potendo
contare
sugli
speroni
di
roccia
sui
quali
sorgere,
si
propagano
verso
il
mare
in
maniera
artificiale.
Vengono
infatti
costruite
delle
piattaforme
in
legno
lontane
dalla
costa
e
raggiungibili
con
dei
pontili
sempre
in
legno.
In
questa
maniera
anche
lungo
la
costa
superiore
al
Gargano
è
stato
possibile
pescare
con
i
trabucchi.
La
trasformazione
in
ristoranti
degli
antichi
strumenti
da
pesca
rende
possibile
il
riutilizzo
di
antiche
costruzioni,
spesso
in
disuso,
che
dopo
secoli
riescono
ancora
a
dare
da
vivere
alle
famiglie
che
si
sono
servite
di
loro
da
tempo
immemore.
Alcuni
proprietari
di
trabucchi
offrono
ai
clienti
il
pesce
da
loro
pescato,
mentre
altri
preferiscono
acquistarlo
altrove,
offrendo
forse
non
pesce
freschissimo
ma
puntando
sull’ambiente
e
sulla
splendida
vista
marittima.
È
fuori
dubbio
che
una
cena
su
un
trabucco
verrà
ricordata
per
sempre.
Per
questa
ragione
i
prezzi
non
si
possono
definire
economici,
né
popolari,
ma
senza
paura
di
sbagliare
si
può
affermare
che
Puglia,
Abruzzo
e
Molise
rivivono
pienamente
in
questi
luoghi,
che
danno
la
possibilità
al
turista,
o al
cliente
che
si
riposa
mangiando
un
boccone
in
riva
al
mare,
di
comprendere
cosa
significava
il
trabucco
per
i
contadini
e i
pescatori
dell’Adriatico,
che
vedevano
in
esso
la
principale
fonte
di
sopravvivenza
per
sé e
per
la
propria
famiglia;
uno
strumento
che
per
secoli
ha
funzionato
portando
avanti
la
sua
missione
primaria,
e
cioè
quella
di
far
vivere
chi
l’aveva
costruito,
come
appunto
avesse
un
anima,
cosa
da
subito
notata
e
immortalata
dal
poeta
D’Annunzio.