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filosofia & religione


N. 98 - Febbraio 2016 (CXXIX)

TRA SAPERE E VERITà

ANALISI DI UN RAPPORTO DINAMICO

di Lupo Gargallo di Castel Lentini Sforza Cesarini

 

Nella vita dell’uomo la libertà rappresenta un argomento perennemente ricercato, studiato e largamente trattato, al punto di poter tranquillamente definire l’uomo stesso in base alla ricerca di essa, e a come, quindi, il singolo individuo sceglie di ricercarla. Proprio per l’immenso peso di questo tema è impossibile non affiancare alla parola “libertà” anche il tema del timore, la paura.

 

Lo scopo di questo scritto è quello di indagare il rapporto reciproco tra la libertà ed il sapere: la prima come strumento necessario di indagine e contemporaneamente come suo obiettivo ultimo; il secondo come strumento di partenza e arrivo.

Quando la libertà entra in contatto con il sapere si mescola, cambiando i propri confini: esempio lampante è costituito senz’altro dagli stoici.

Questo rapporto dinamico, nella vita di un essere umano, è articolato in tre fasi:

 

Fame giovanile: la fase in cui la persona ricerca disinteressatamente la comprensione del mondo fisico fino a compiere il salto verso il metafisico;

 

Costituzione: elaborazione dei propri obiettivi scomponendo e ricomponendo gli elementi acquisiti nella prima fase in nuovi contenuti di natura fattizia;

 

Rivoluzione: dopo aver costruito un’idea del mondo grazie al sapere, l’individuo è portato a metterla in discussione attraverso il dubbio, così facendo ha la possibilità di riavviare il ciclo dialettico;

 

Per esemplificare questi tre passaggi dialettici del rapporto tra sapere e libertà si potrebbe ricorrere alle figure fenomenologiche della storia, intesa hegelianamente, paragonare cioè il singolo alla collettività del genere umano: così facendo è semplice individuare dapprima nei fisici ionici, poi in Platone e Aristotele quella ricerca disinteressata di cui alla prima fase; in San Tommaso d’Aquino la fase di costituzione ed individuazione di contenuti ed infine in Galileo Galilei l’ultimo, quanto fondamentale, momento di messa in discussione di un sapere altrimenti statico ed eternamente presente a sé stesso, quindi sterile; fino ad arrivare ai giorni nostri, i giorni della rivoluzione tecnologica in cui si avverte la fame giovanile dell’inizio della ricerca.

 

Onnipresente in queste fasi è la scelta, strumento sì di libertà quanto di negazione di essa; il principio che gli economisti chiamano costo opportunità, ovvero la necessaria rinuncia a tutti i percorsi che non sono stati scelti. Ne consegue quindi che per perseguire la ricerca della libertà per mezzo del sapere l’uomo debba necessariamente rinunciare ad una libertà generica e categorica, preferendone una limitata e, quindi, conformabile ai propri obiettivi.


Come sarà illustrato nel presente scritto la scelta ha un percorso parallelo rispetto a quello dialettico sopraenunciato; infatti la ricerca costituisce la prima e fondamentale scelta dell’individuo, libera fintantoché non si giunge alla costituzione, fase in cui la scelta diventa fondamentale sui contenuti: l’individuo sarà portato a scartare o ammettere contenuti non più solo in base alla propria indole ma anche per frutto di un inevitabile condizionamento esterno, sia esso ambientale, sociale o morale.

 

La scelta dei contenuti è una responsabilità propria ed irrinunciabile dell’individuo che, maturando nella terza fase, la fase caratterizzata dal dubbio, non può che generare una nuova consapevolezza della libertà di scegliere, una nuova, paurosa, costruzione dell’io-pensante e, ancora, dell’io-sociale che si ritrova ad essere peculiare, unico e quindi solo nella sua responsabilità davanti al proprio sapere libero.

 

 

Fase Prima: Fame Giovanile

La scelta del termine “fame” trova la propria motivazione nella natura del giovane che, tra tracotanza ed ignoranza dei propri limiti, si affanna sulla conoscenza basandosi esclusivamente sulla propria volontà senza la consapevolezza di compiere questo atto primario. La scintilla vitale dell’atto egoistico di Alfieri di farsi legare alla sedia quando “volli, volli sempre, fortissimamente volli” che mette in moto il percorso di apprendimento.

 
Platone esprime questo concetto con il mito di Eros, figlio di Poenia e Poros, Povertà e Ricchezza, per indicare l’istinto carnale, famelico, dell’uomo che si affaccia sulla filosofia ricco, da un lato, di aspettative quanto, dall’altro, povero di limiti ed esperienza.

 
Questa mancanza di esperienza è compensata dalla figura di colui che guida lo studente, infatti il metodo stesso di insegnamento è un sintomo della fase che il periodo storico analizzato sta attraversando: l’età classica vede come protagonisti i peripatetici, filosofi che insegnavano passeggiando e dialogando sotto i porticati delle πόλεις con i propri studenti.

 

Il ricorso allo strumento del dialogo, sia come metodo di insegnamento che come forma prediletta degli scritti filosofici classici, è comprensibile solo grazie alla fame, viscerale e disinteressata, di conoscere finitamente l’argomento trattato. Platone stesso utilizza prevalentemente il dialogo per donare contemporaneità storica alla discussione dei personaggi, come nel tentativo di comunicare la relatività delle idee, contestualizzate nel momento e nella situazione in cui sono espresse. Il sapere in questo momento della tripartizione è quindi un flusso di informazioni grezze che cominciano ad avere una propria organizzazione: Platone giovane che ascolta la viva voce del maestro Socrate ed elabora degli scritti vivaci, dialoghi serrati di frasi relativamente brevi, si trasforma nel Platone maturo, che si trova a dover dirimere il problema della condanna a morte di Socrate, il “più giusto tra gli uomini” come un nemico della πόλις, ed, infine, il Platone della vecchiaia che si rifugia nella matematica per difendere una vita di ricerca disinteressata dagli attacchi delle nuove filosofie nascenti, affamate e bisognose di distruggere e rielaborare il sapere costruito.

 

Questa divisione tradizionale, e per alcuni desueta, dei periodi platonici aiuta a leggere l’uomo dietro alla filosofia. Un uomo che affronta un dilemma esemplificato nel Gorgia, quando Callicle afferma che la filosofia può essere solo un passatempo per giovani inesperti della vita e, pertanto, Socrate, in quanto vecchio, sarebbe stato degno solo di ricevere bastonate, ovvero di quale sia l’effettivo ruolo della filosofia nel rapporto con la vita della città ed inizia a costruire una teoria di separazione in caste, totalmente creativa e poco allacciata al reale. Platone non può, per la sua storia o semplicemente per la Storia, passare alla fase di costituzione e quindi rimane un esempio di sapere giovanile affamato e famelico che cercherà, da un lato, di trovare l’interezza del sapere ovunque, finendo per difendersi nella matematica, e, dall’altro, di salvare Socrate dall’accusa così fortemente sentita da comparire persino in uno dei suoi dialoghi più belli e famosi. Chissà se Platone si rese conto di esserci riuscito attraverso i suoi stessi dialoghi? Poiché un uomo del genio di Socrate che si ritrova a parlare col pitagorico Timeo, o con Aristofane, o con i politici più in vista del suo tempo rappresenta il bisogno della società di avere un dialogo costante con la filosofia, un modello di riferimento che è attuato nella scuola e nei suoi metodi e si ritrova, come in uno specchio, nello stato e nella sua direzione. Oggi non esistono più peripatetici ma non esiste un governo occidentale che non provi a riformare la scuola dalle sue fondamenta: che si sia perso il modello? Che la nuova “prima” fase della fame tecnologica di conoscenza sia ancora in gestazione?

 

 

Fase Seconda: Costituzione

Con il termine “costituzione” si vuole intendere il momento in cui l’individuo comincia a selezionare quali siano i predicati accettabili e quali invece quelli da scartare in funzione, e quindi creazione, di un obiettivo specifico posto nella crescita. Risulta evidente quindi che il vero momento di passaggio tra le due fasi è l’apposizione di uno scopo, il sacrificio cioè della totale libertà della ricerca primaria per edificare sui dati acquisiti una conoscenza solida e sviluppata, che si astragga dal mero dato sensibile e si diriga verso il metafisico, la filosofia.
Come affermato in precedenza, in questa fase la scelta assume una valenza peculiare, dal peso decisamente maggiore rispetto alle altre fasi: una volta che l’individuo abbia raggiunto una maturità sufficiente e si senta pronto ad uscire dallo stato di abulia, egli sarà costretto dal proprio δαιμόνων (per dirla con Platone) a selezionare quale sia l’obiettivo per lui maggiormente idoneo.

 

Esistono vari vincoli alla scelta, per San Tommaso d’Aquino ad esempio la scelta di diventare un monaco benedettino non è stata affatto pacifica: spinto da una nobile famiglia numerosa a prendere i voti sceglie la via del Santo di Norcia contro il parere paterno.
Nell’età matura San Tommaso ebbe il coraggio di aprire quelle che lui stesso chiamò “viae” dell’intelletto per scoprire Dio:

 

«Ciò che si accetta per fede sulla base della rivelazione divina non può essere contrario alla conoscenza naturale... Dio non può indurre nell'uomo un'opinione o una fede contro la conoscenza naturale... tutti gli argomenti contro la fede non procedono rettamente dai primi principii per sé noti».

 

E proprio sulla scia di queste parole si ritrovò a dover “limitare” i predicati di Dio, affermando che questi, restando onnipotente, non poteva comunque fare il male, né tantomeno creare un altro Dio.

 

Il motivo per cui è San Tommaso ad apparire in queste righe, e non Sant’Agostino, per quanto “coevi” (in base alla tripartizione di cui si scrive), è il totale rifiuto del primo dell’idea che la conoscenza si acquisisca solo per illuminazione divina elaborata dal secondo. Per Tommaso infatti la conoscenza umana è limitata, condizionata dalla gerarchia celeste elaborata, al culmine della quale troviamo Dio, unico conoscitore degli universali ante-rem; poi le cerchie angeliche, responsabili dei moti celesti, ed infine l’essere umano capace solo di una conoscenza post-rem, ovvero che parta dai dati sensibili per raggiungere gli universali.

 

La visione di San Tommaso del mondo si appoggia sulla cosmologia tolemaica: la teoria cosmologica più longeva della storia umana, ed avvalorata anche dagli scritti di Platone ed Aristotele. Forse è questa la scelta costruttiva che più ha caratterizzato il pensiero medievale e moderno dell’occidente, la decisione, cioè, di quale filosofo e autore greco fosse degno di accostarsi alla Bibbia e quale invece no, da un lato Aristotele con la sua fisica, così comoda, antropocentrica, “accogliente”, dall’altra, ad esempio Epicuro.


Il sapere raggiunto durante questa fase assume una solidità notevole che, nell’ottica antropocentrica, conferisce autorevolezza all’essere umano e lo rende superiore al mondo delle cose. D’altro canto però questa fusione tra conoscenza e fede porta l’errore nella sfera del peccato, strozzando la capacità di scelta e fermando il progresso della prima fase negli individui, la cui assenza genera crisi, che sia sociale, morale od economica. Per uscire da tale stato è necessario uscire anche dalla fase di costituzione, ma tale fatto può assumere vesti di involuzione, ripristinando cioè la fame, oppure di evoluzione e, quindi, rivoluzione.

 

 

Fase Terza: Rivoluzione

Come già detto, il processo di sintesi dei predicati può portare ad uno stato di crisi dal quale si esce solo con un ritorno alla fame giovanile, oppure con una rivoluzione, un rovesciamento, di tutto il sapere costruito nella prima e seconda fase.

 

La messa in discussione di quelli che sono divenuti assiomi indiscutibili è necessaria per mantenere l'essere umano al di sopra delle proprie idee e combattere, così, il fanatismo che invece ne sarebbe la morte. Proprio per questo motivo “libertà” è un concetto così strettamente legato al sapere, quanto, o forse più che, il sapere alla libertà.

 

Già si è scritto di come questi due concetti si intreccino nella scelta, dapprima di avviare il percorso, poi di selezionare, quasi a proprio sfavore, ed infine di “rovesciare” ciò che si è costruito per renderlo solo un punto di partenza totalmente discutibile e non un paradigma col quale indagare la realtà.

 

L'esempio migliore in questa sede è senza dubbio quello di uno studente universitario di medicina che, nonostante la divorante curiosità, si ritrovi ad affrontare un sistema che non approfondisca le pratiche di laboratorio, limitandosi invece ad un sapere teorico. Quello studente è il giovanissimo Galileo Galilei, facilmente immaginabile come messo a dura prova dalla pretesa del sistema accademico del 1500 di conformare la realtà alle tavole anatomiche dei greci, come piuttosto di accontentarsi del “misterium” connesso all'oscillazione del pendolo. Galileo Galilei, a soli diciassette anni, riesce a dimostrare l'isocronia del pendolo, superando le centinaia di anni di pensiero che lo avevano preceduto ed addirittura Aristotele stesso.

 

Purtroppo un sistema “costituito” e quindi in crisi non favorisce la fame giovanile, soprattutto se di questa portata, infatti il pisano non si laurea né in medicina, né in matematica.

Tuttavia persino il brillante Galileo non avrebbe avuto il suo peso nella storia senza le condizioni idonee a sviluppare le sue teorie giovanili. Queste condizioni erano offerte dalla Repubblica Serenissima di Venezia che, nell’università di Padova, garantiva agli studenti ed agli insegnanti (tra i quali Galileo) libertà di insegnamento. Fa certamente riflettere come l’egida dell’ateneo padovano abbia dato quel senso di sicurezza a Galileo che invece Giordano Bruno cercava solo dentro sé stesso, finendo per risultare quasi insolente quando affermò:

 

Bruciatemi! Bruciatemi! Avete più paura voi di bruciare me che io di essere bruciato da voi!

 

Nella storia, tradizionalmente, gli studenti di filosofia si sono suddivisi in seguaci di Galileo o seguaci di Giordano, preferendone, i primi, la freddezza, la lucidità e la lungimiranza, i secondi il calore, la visceralità e l’empatia. Giordano è come il fuoco della sua stessa pira: sogna mondi lontani che ama, e questo sogno brucia dentro il suo animo al punto da impedirgli di abiurare e, di fatto, ucciderlo tanto quanto le fiamme di Campo de’ Fiori, rendendolo un pensatore fermo alla Fame Giovanile più che alla Rivoluzione. Dall’altro lato c’è un pensatore freddo, calcolatore: un uomo che, dopo il cannocchiale, capisce perfettamente l’esistenza di un prima e di un dopo e che lui è proprio lo spartiacque di questi ultimi. La realtà è che, mentre Giordano Bruno riscalda i cuori di chi lo legge da secoli, Galileo quei cervelli li sveglia, li porta alla comprensione degli argomenti trattati contro l’eventuale pregiudizio del lettore stesso, spingendolo a proseguire sul cammino da lui avviato.

 

Il vero motivo per cui Galileo si trova tra queste pagine non è la curiosità del giovane studente, o l'isocronia del pendolo, o la “reinvenzione” del cannocchiale, e nemmeno l'eccezionale uso che di esso il pensatore pisano fa di esso, quando cioè invece di guardare le vele delle imbarcazioni lo rivolge alle stelle e compie i mirabili studi contenuti nel Nuncius Sidereus. Galielo è qui esemplificato, di fianco a Platone e San Tommaso, per quello che compie dopo l'abiura.

 

Dopo i settanta anni di età Galileo infatti dimostra ad ogni individuo vivente quanto possano essere slegati età fisica ed età mentale pubblicando il “Dialoghi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze”, la fonte del metodo scientifico. Ogni esperimento è lì spiegato e chiunque, volendo riprodurlo può seguire le istruzioni e proseguirne l'opera col proprio pensiero. Si apre una nuova fase del sapere, diversa ed uguale alla fame giovanile. Quel vento di freschezza e novità portata da un uomo anziano e sul lastrico per via delle sue vicende con la Chiesa ha rivoluzionato davvero il pianeta, restituendo totalmente l'errore alla dimensione umana come strumento necessario per verificare la fondatezza del sapere.

 

Si può affermare che il mondo sia stato solo il punto più piccolo delle rivoluzioni dovute a Galileo: anche il sapere stesso è mutato, da sapere libero era diventato sapere dottrinale con San Tommaso e la scolastica, ora invece diviene sapere consapevole dal quale riprendere il ciclo delle tre fasi. Non è un caso che solo dopo la rivoluzione scientifica avviata da Galileo si associ il termine “rivoluzione” ai grandi fenomeni politici dei secoli seguenti.

 

Conclusioni

Un ragazzo inizia a studiare perché condizionato dalla famiglia, dalla società o, in assenza di altro, dalla legge. Quel ragazzo ha la possibilità di approfondire sé stesso con lo studio e, se trova dei professori che sappiano trasmettere la passione, può decidere di continuare a studiare anche dopo il termine del percorso formativo obbligato. Quel ragazzo, adolescente, può appassionarsi alla filosofia e costruire su di essa un sapere che non si limiti all’ambito lavorativo scelto, ad esempio il diritto.

 

Una volta che quel ragazzo avrà costituito il proprio sapere dovrà avere la forza di imitare Galileo e gli altri che hanno saputo mettere in discussione tutto per dare nuova vita allo studio ed alla filosofia proprio nel momento in cui non se ne sentiva più bisogno, come nei nostri giorni, in cui i dati sono sempre più importanti del problema. Al termine di questo percorso rivoluzionario, se vorrà davvero essere un uomo libero dovrà ricominciare il ciclo, riuscire ad appassionarsi con la forza di un ventenne al mondo che nel frattempo sarà mutato e ricominciare a studiarlo tenendo a mente ciò che ha saputo imparare.

 

Quante volte sarà in grado di ripetere il ciclo dipenderà solo dalla sua determinazione a scegliere. Quello studente imparerà a scegliere liberamente di sapere ed a sapere scegliere liberamente solo studiando, approfondendo, costruendo e distruggendo in un moto perpetuo che lo accompagnerà e darà senso a tutti i dati che formeranno l’interezza della sua vita.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

ALFIERI V., Lettera responsiva a Ranieri de’ Casalbigi, Siena 1783.

DEI D., Atti del processo a Giordano Bruno, Sellerio Editore, 2000.

GALILEO GALILEI, Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, Cierre Grafica 2011.

PLATONE, Simposio, BUR, Roma 2003.

PLATONE, Timeo, BUR, Roma 2003.

SAN TOMMASO D’AQUINO, Summa contra gentiles, Marietti, 1967.



 

 

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