N. 42 - Giugno 2011
(LXXIII)
THE TREE OF LIFE
L’affascinante mistero della vita
di Giovanna D'Arbitrio
“The Tree of Life”, il film di Terence
Malick,
ha
vinto
la
Palma
d’Oro
al
Festival
di
Cannes
2011,
dividendo
pubblico
e
critica
forse
perché
più
che
un
film
è
un’opera
artistica
complessa
su
significato
della
vita,
lotta
tra
il
Bene
e il
Male,
relazioni
tra
macrocosmo
e
microcosmo,
tra
Dio
e
uomo,
felicità
e
dolore,
odio
e
amore.
Tutto ciò è calato nella realtà attraverso
la
storia
di
una
famiglia
americana
degli
anni
’50:
un
padre-padrone
(Brad
Pitt)
autoritario
e
opprimente
(in
realtà
fragile
e
spaventato
dalla
vita)
che
impone
una
dura
disciplina
militaresca
ai
suoi
tre
figli
per
temprarli
e
prepararli
alla
spietata
lotta
per
l’esistenza,
una
madre
sensibile
ed
amorevole
(Jessica
Chastain),
piena
di
fede
in
Dio.
In questo piccolo microcosmo, si scatenano
i
dubbi
e
gli
inquietanti
interrogativi
che
tormentano
da
secoli
l’umanità
fin
dalla
creazione
di
un
favoloso
immenso
Universo,
dalla
notte
dei
tempi
di
una
Terra
popolata
da
animali
preistorici,
per
arrivare
all’attuale
epoca
dominata
dal
dio
Denaro
che
governa
il
mondo
dall’alto
degli
asettici
uffici
dei
moderni
templi-
grattacielo.
La drammatica morte del secondogenito colpisce
dolorosamente
gli
O’
Brien,
in
particolare
Jack
(Sean
Penn)
che
s’immerge
nei
ricordi
della
sua
infanzia
facendo
scorrere
sullo
schermo
stupende
immagini
di
una
natura
ancora
incontaminata:
alberi
secolari,
prati
verdi,
fiori,
acque
limpide,
cieli
stellati,
stormi
di
uccelli
che
danzano
disegnando
incredibili
figure
astratte.
In questo stupendo contesto si agitano le
passioni
umane
e le
angoscianti
domande
di
Jack
che
fin
da
bambino
cerca
di
capire
la
realtà.
Di fronte alla violenza paterna, alla sofferenza,
alla
morte
di
un
suo
piccolo
amico,
dialoga
direttamente
con
Dio,
chiedendogli
“Se
tu
non
sei
buono,
perché
devo
esserlo
io?”.
Nel loro giardino viene piantato un albero,
simbolo
di
vita,
ma
intorno
ad
esso
non
c’è
sempre
armonia
e
serenità:
i
sentimenti
contrastanti
di
odio
e
amore
sono
costantemente
presenti
in
questa
famiglia-simbolo
dell’umanità.
Chi
vincerà
alla
fine?
Nel film, ricco di simboli ed allegorie,
alla
fine
prevale
l’Amore,
il
vero
motore
della
vita,
“L’Amor
che
move
il
sole
e
l’altre
stelle”,
come
Dante
scrisse.
La
madre,
novella
Beatrice,
sembra
guidare
la
famiglia
in
una
surreale
danza
fatta
di
abbracci
e di
perdono.
Immagini di rara bellezza inseguono magiche
note
musicali
e
viceversa,
esaltandosi
in
un
continuo
scambio
energetico
di
grande
elevazione
in
cui
voci,
dialoghi
essenziali,
significativi
silenzi,
intense
espressioni
dei
volti
formano
una
sinfonia
che
sottolinea
ed
amplifica
i
sentimenti.
Bravi
dunque
Alexandre
Desplat
(colonna
sonora)
ed
Emmanuel
Lubezski
(fotografia).
Non è un film per tutti. Chi non ama la
poesia
non
può
comprenderlo
poiché
esso
si
avvale
di
un
linguaggio
“diverso”,
talvolta
ermetico,
non
accessibile
a
tutti,
soprattutto
a
coloro
che
non
sono
guidati
alla
comprensione
da
goethiane
“affinità
elettive”.