contemporanea
LA
NAVE SEPOLTA
THE DIG, DA libro a film TRA
STORIA PASSATA E PRESENTE
di Giovanna D’Arbitrio
Ancora una volta il cinema riporta alla
luce una lontana epoca storica, questa
volta attraverso l’archeologia, con il
film di Simon Stone La
nave sepolta, (The Dig)
disponibile su Netflix. Tratta
dell’omonimo romanzo di John Preston,
la pellicola è focalizzata sugli scavi di
Sutton Hoo (Suffolk 1939) che
condussero al ritrovamento della nave
funeraria di Raedwald, re
anglosassone dell’Anglia orientale del
VII secolo.
Figlio di Tytila, Raedwald si convertì
al cristianesimo e a partire dal 616
divenne il sovrano più potente a sud del
fiume Humber. Secondo Beda il
Venerabile, monaco cristiano
e storico, durante il suo regno
l’Anglia Orientale dominava su tutti gli
altri regni anglosassoni.
Il suddetto film conferma anche
l’innegabile costante legame tra cinema
e letteratura, pur essendo due arti
distinte, un rapporto in cui il rischio
di confronto è sempre presente. Accade
in genere che da buone opere letterarie
vengano realizzate pellicole di livello
artistico inferiore, oppure al contrario
si verifica che i film tratti da libri
modesti, siano più significativi grazie
all’abilità di bravi registi. E comunque
venga giudicato il suddetto film
rispetto all’omonimo libro, esso ha il
merito di riportarci alla memoria un
episodio storico di rilievo.
Come al solito, inoltre, continua
l’eterna querelle sul cinema,
spesso considerato più come prodotto di
fantasia e creatività che come specchio
della vita, più o meno trasfigurata o
distorta a seconda dei generi, delle
epoche, dei luoghi. In effetti il cinema
non è solo fabbrica di sogni, ma anche
specchio della realtà e della storia
dell’umanità, come nel caso di The
Dig.
In Italia
il romanzo di John Preston è stato
pubblicato dalla casa editrice Salani
con il titolo La Nave sepolta-The Dig,
e viene così descritto: “Inghilterra,
estate 1939. Quando Edith Pretty,
affascinata dalle leggende locali che
parlano di un tesoro vichingo sepolto
nella sua terra, decide di contattare
l’archeologo autodidatta Basil Brown,
non sa che sta per dare inizio a una
delle più straordinarie avventure
archeologiche del Novecento.
Presto gli scavi riveleranno il
gigantesco scheletro di un’antichissima
nave funeraria appartenuta a un sovrano
anglosassone, che richiamerà l’interesse
degli accademici più blasonati. Uniti
dalla passione per l’archeologia e da un
sentimento delicato e profondo che li
lega l’uno all’altra, Basil e Edith
lotteranno per proteggere la loro
scoperta. Ma la Seconda guerra mondiale
incombe e gli scavi si trasformeranno in
una corsa contro il tempo, soprattutto
quando dalla terra emerge qualcosa di
ancor più stupefacente (…)
Basato su fatti realmente accaduti, La
nave sepolta è un romanzo in cui l’amore
e la passione assumono aspetti
tutt’altro che scontati e che, toccando
il significato più profondo del
matrimonio, del rapporto tra genitori e
figli, della ricerca dell’identità
personale, riesce a farci riflettere sul
significato dell’essere umani e di
condividere la Storia e, in ultima
analisi, il dono stesso della vita.
Il film segue più o meno la trama del
libro e parte dal 1938, quando Edith
Pretty (Carey Mulligan) contattò
l’archeologo autodidatta Basil Brown (Ralph
Fiennes) per effettuare degli scavi
nei terreni di sua proprietà. I primi
scavi, iniziati a giugno 1938, portarono
alla luce un disco di bronzo, ma la
scoperta archeologica più sensazionale
arrivò un anno dopo: uno scheletro
navale di 27.4 m, tanto grande da poter
ospitare 20 vogatori su ogni lato.
Il British Museum inviò subito sul posto
il noto archeologo Charles Phillips,
insieme a due professionisti, Stuart
Piggott (Ben Chaplin) e sua
moglie Peggy (Lily James) che
rifiutarono di lavorare con Brown. Il 21
luglio Peggy trovò il primo pezzo d’oro
che condusse alla scoperta di 250
oggetti, come gioielli, monete, scettri
e quant’altro, un tesoro che contribuì a
far luce sul periodo risalente agli
anglosassoni, un popolo fino ad allora
considerato rozzo e barbaro.
Il messaggio del film, tuttavia, va
oltre tale scoperta e costruisce un
ponte tra passato e presente, valido
anche oggi in un periodo di lotta contro
la pandemia: ambientato in un momento in
cui era imminente la seconda Guerra
Mondiale, esso mette in rilievo il
valore del passato e della storia che
mediante l’archeologia rivela la
continuità della vita sulla Terra, un
testimone che passa da una generazione
all’altra attraverso il tempo, malgrado
guerre, morte e distruzioni.
In effetti quando Edith, malata di cuore
e in costante pericolo di vita, si
chiede a cosa possa servire la vita di
ognuno di noi se un giorno moriremo e
saremo dimenticati, Basil afferma: "Dai
tempi delle prime impronte umane sul
muro di una grotta, facciamo parte di
qualcosa che continua”.
Un film significativo e delicato che dà
importanza ai sentimenti dei personaggi,
non solo agli scavi: grazie ad alcuni
cambiamenti rispetto al libro, la
sceneggiatrice Moira Buffini,
descrive il rapporto fra Basil ed Edith
come quello di due anime affini,
affascinate da cultura e archeologia,
mentre la moglie May (Monica Dolan)
si rivela un sostegno saldo e sicuro per
il marito. E in secondo piano, si svolge
anche la storia d’amore tra due giovani,
il cugino di Edith, Rory Lomax (Johnny
Flynn) e Peggy che decide di
lasciare Stuart. Tenero infine il
rapporto tra Edith e il figlio Robert (Archie
Burnes), ragazzo vivace e
intelligente, interessato alle scoperte
archeologiche che lo aiutano a superare
la paura della probabile dipartita della
mamma.
Interessante ciò che ha affermato Ralph
Fiennes in un’intervista: “Penso che
sia forse un bene che il film esca
quando siamo in un altro periodo di
incertezza a causa di Covid. Spero che
le persone ne traggano un messaggio
positivo, su ciò che possiamo ottenere
attraverso uno sforzo e una
determinazione comuni”. |