N. 43 - Luglio 2011
(LXXIV)
tHE CONSPIRATOR
Giusto processo e ricerca della verità
di Giovanna D'Arbitrio
Quattro
anni
dopo
“Leoni
per
Agnelli”,
Robert
Redford
si
ripropone
come
regista
di
“The
Conspirator”,
restando
ancora
una
volta
fedele
alla
tradizione
del
cinema
“liberal”
nella
difesa
dei
valori
democratici,
sanciti
dalla
Costituzione
americana.
Il
film
si
spira
alla
storia
degli
USA:
la
guerra
di
secessione,
la
vittoria
dei
nordisti,
l’assassinio
del
presidente
Abramo
Lincoln
(15
Aprile
1865)da
parte
di
John
Wilkes
Bouth,
catturato
e
ucciso
poi
in
un
fienile
mentre
cercava
di
scappare,
il
processo
contro
gli
altri
cospiratori
e
l’impiccagione
di
quattro
di
essi,
cioé
D.
Herald,
G
Atzerodt,
L.
Powell
e
Mary
Surratt,
la
prima
donna
giustiziata
negli
USA.
La
difesa
di
Mary
(Robin
Wright)
viene
affidata
a a
Frederick
Aiken
(James
McAvoy),
giovane
avvocato
e
ufficiale
dell’esercito
nordista
che
pur
essendo
convinto
della
sua
colpevolezza,
è
fermamente
deciso
ad
offrire
un
“giusto
processo”
e a
scoprire
la
verità.
Inizialmente
riluttante
ad
accettare
la
difesa
della
donna,
si
convince
poi
gradualmente
della
sua
innocenza,
quando
scopre
che
John
Surratt,
latitante
figlio
dell’accusata,
è il
vero
colpevole
essendo
amico
di
Bouth
e di
altri
cospiratori
i
quali
s’incontravano
nella
pensione
gestita
da
Mary.
Lotta
allora
con
coraggio
contro
la
volontà
dell’establishment
che,
servendosi
del
segretario
del
ministero
della
difesa
(Kevin
Kline)
e
del
corrotto
procuratore
(Danny
Huston),
usa
metodi
poco
ortodossi
per
far
impiccare
Mary
e
offrire
così
subito
alla
nazione
un
capro
espiatorio
sul
quale
riversare
il
desiderio
di
vendetta
per
l’assassinio
di
Lincoln.
Vestita
di
nero,
fiera,
dignitosa,
la
figura
di
Mary
si
staglia
sulla
scena
della
storia,
colpevole
di
mille
ingiustizie
contro
le
donne:
è
solo
una
madre
che
vuole
salvare
un
figlio,
ma
viene
sacrificata
e
strumentalizzata
per
fini
politici.
E
Frederick
allora
con
la
sua
appassionata
difesa
sostituisce
il
figlio
latitante,
John,
che
non
accorre
a
discolpare
la
madre
poiché,
come
affermerà
poi
quando
anch’egli
verrà
imprigionato,
“
non
aveva
mai
creduto
che
potessero
giustiziare
una
donna”.
“The
Conspirator”
racconta
senz’altro
una
pagina
buia
della
storia
americana
e
pertanto
molti
negli
USA
non
l’hanno
apprezzato,
poiché
oltretutto
hanno
visto
nel
film
un
sotteso
parallelo
tra
passato
e
presente,
quasi
una
critica
all’attuale
lotta
contro
il
terrorismo
gestita
con
metodi
poco
ortodossi
e
spesso
criticati
a
livello
internazionale.
In
verità
tutto
ciò
non
appare
nel
film
che
è di
pregevole
fattura
per
sceneggiatura
(J.
Solomon),
fotografia
(N.
T.
Sigel),
ottima
interpretazione
degli
attori.
Esso
sembra
piuttosto
allinearsi
ad
un
genere
di
film
costantemente
presente
nel
storia
del
cinema
statunitense,
cioè
quello
che
ha
sempre
combattuto
e
continua
a
combattere
contro
ipocrisia
e
pregiudizi,
in
difesa
di
verità,
democrazia
e
libertà.