N. 87 - Marzo 2015
(CXVIII)
One Riot, One Ranger
I Texas Rangers
di Giovanni De Notaris
Nel
1993
la
rete
televisiva
americana
CBS
mandò
in
onda
il
primo
episodio
della
serie
Walker
Texas
Ranger
che
proseguì
poi
per
ben
otto
stagioni
fino
alla
sua
conclusione
nel
2001.
Protagonista
era
il
Texas
Ranger
Cordell
Walker,
interpretato
dall’ex
campione
di
karate,
nonché
famoso
attore,
Chuck
Norris.
Ambientata
nel
Texas
dei
nostri
giorni,
la
serie
riprendeva
le
gesta
dei
Rangers
del
Texas
appunto,
un
corpo
speciale
delle
forze
dell’ordine
texane,
con
molteplici
compiti.
In
realtà
molte
sono
state
le
trasposizioni
su
pellicola
delle
imprese
di
questo
anomalo
gruppo
di
tutori
della
legge.
Si
può
ricordare,
ad
esempio,
la
serie
The
Lone
Ranger,
trasmessa
dalla
ABC
dal
1949
al
1957,
protagonista
pure
del
film
con
Johnny
Depp
del
2013,
ma
anche
il
Ranger
più
famoso
d’Italia,
Tex
Willer,
protagonista
della
fortunata
serie
a
fumetti.
Ma
dove
sono
le
radici
del
loro
mito?
E
perché
è
tuttora
vivo
nella
cultura
americana?
Per
svelare
le
origini
della
loro
epopea
dobbiamo
fare
un
salto
indietro
nel
tempo
fino
al
lontano
1823,
quando
il
“padre
del
Texas”,
Stephen
Austin,
ingaggiò
dieci
Rangers
per
tutelare
i
coltivatori
texani
dalle
continue
e
sanguinose
scorrerie
degli
indiani,
in
particolare
Comanche.
Tra
il
1835
e il
1836
poi,
al
tempo
della
guerra
di
indipendenza
dal
Messico,
vennero
create,
su
iniziativa
di
Daniel
Parker,
tre
compagnie
di
irregolari,
su
base
volontaria
e
senza
alcun
finanziamento
statale
o
federale,
a
cui
la
legislazione
locale
faceva
riferimento
come
“Rangers”,
parola
di
origine
scozzese,
in
memoria
degli
uomini
posti
a
difesa
dei
campi
nelle
Highlands.
E
gli
uomini
non
mancarono.
In
quegli
anni
infatti
il
Texas
era
pieno
di
giovani
che
da
San
Antonio
decisero
di
installarsi
nella
zona
occidentale
dello
stato,
alla
ricerca
di
fama
e
fortuna.
Non
avevano
né
soldi
né
lavoro,
e la
guerra
contro
gli
indiani
gli
avrebbe
garantito
terra
da
coltivare.
I
primi
Rangers
restavano
in
servizio
solitamente
tra
i
tre
o i
sei
mesi.
Una
compagnia
andava
da
50 a
100
uomini.
Viveri
e
vestiti
erano
a
loro
carico.
Finanche
i
cavalli.
Non
vi
erano
né
gradi
né
ufficiali.
Lo
stato
del
Texas
forniva
loro
solo
le
munizioni.
Il
loro
compito
era
sorvegliare
la
frontiera
con
il
Messico.
Non
avevano
l’abitudine
di
tenere
diari
o
compilare
rapporti
delle
loro
missioni,
ed è
per
questo
che
oggi
si
fatica
a
ricostruirne
le
origini
e i
nomi.
Soltanto
a
partire
dalla
guerra
contro
il
Messico,
e
cioè
dal
1846,
grazie
ai
corrispondenti
dei
giornali
in
città
come
Houston,
la
fama
di
questi
temerari
uomini
a
cavallo
cominciò
a
prendere
piede.
Le
prime
battaglie
documentate
-
tutte
contro
i
Comanche
-
sono
quella
del
Plum
Creek,
di
Moore
sul
Colorado
e la
spedizione
del
capitano
John
Bird,
che
nel
1839
a
capo
di
31
Rangers
partì
da
Fort
Milam,
nei
pressi
del
fiume
Brazos,
e si
scontrò
con
un
gruppo
di
indiani,
che
seppur
in
superiorità
numerica
non
riuscirono
a
sopraffarli
perché
costoro
si
rifugiarono
in
una
gola
da
dove
tennero
in
scacco
gli
avversari,
uccidendone
alcuni
e
costringendo
gli
altri
alla
ritirata.
Colui
che
però,
più
di
tutti,
avrebbe
rivoluzionato
in
toto
il
corpo
dei
Rangers,
oltre
a
diventarne
lui
stesso
il
più
famoso
in
assoluto,
quello
a
cui
tutti
avrebbero
voluto
assomigliare,
fu
John
Coffee
Hays,
detto
“Jack”.
I
Comanche
lo
ribattezzarono
“capitan
Jack”.
“Capitan
Jack”
Hays
era
nato
nel
1817
a
Little
Cedar
Lick
in
Tennesee,
e
sarebbe
giunto,
nel
1838,
in
Texas
, a
San
Antonio,
dove
cominciò
a
lavorare
come
rilevatore.
Dopo
l’indipendenza
dal
Messico
lo
stato
del
Texas
cominciò
a
concedere
in
concessione
ai
coloni
degli
appezzamenti
di
terra,
ovviamente
a
loro
rischio
e
pericolo
a
causa
delle
frequenti
incursioni
indiane.
La
lussureggiante
e
sconfinata
vegetazione
texana
attirava
il
futuro
Ranger,
che
amava
viaggiare
per
lo
stato
compiendo
il
proprio
lavoro.
Allo
stesso
tempo
pattugliava
con
gruppi
di
uomini
il
confine
per
difenderlo
dagli
indiani.
Era
un
ottimo
soldato,
amato
e
rispettato
dai
suoi
uomini,
e
partecipò
sia
alla
battaglia
del
Plum
Creek
che
a
quella
di
Moore.
Nel
1840,
a 23
anni,
divenne
capitano
della
stazione
dei
Rangers
di
San
Antonio,
un
reparto
che
all’inizio,
come
era
d’abitudine,
non
ricevette
alcun
finanziamento
dallo
stato,
anche
se
in
seguito
i
Rangers
poterono
contare
oltre
che
su
30
dollari
mensili
di
paga
statali,
anche
su
fondi
privati.
Hays
cominciò
quindi
a
riformare
il
corpo
dei
Texas
Rangers.
Innanzitutto
furono
scelti
nuovi
cavalli,
un
incrocio
tra
razze
locali
e di
altri
stati,
più
veloci
e
resistenti
alla
fatica,
così
da
poter
tener
testa
ai
veloci
mustang
indiani.
I
nuovi
Rangers
erano
capaci
di
sellare
i
cavalli
e
partire
al
galoppo
con
una
rapidità
mai
vista
fino
a
allora
nella
storia
militare
americana.
Le
compagnie
furono
organizzate
in
15 o
20
uomini
ciascuna
e
dovevano
imparare
le
tecniche
di
guerra
degli
indiani
cui
davano
la
caccia.
Ogni
Ranger
aveva
in
dotazione
un
fucile,
due
pistole,
un
coltello
e
pochi
viveri.
L’addestramento
durava
solitamente
tre
o
quattro
mesi.
Avevano
inoltre
innovative
tecniche
di
combattimento,
come
quella
di
piantare
a
terra
due
pali
di 2
metri
circa
a 40
metri
di
distanza,
il
Ranger
doveva
cavalcare
sparando
a
tutta
velocità
verso
di
essi,
sparando
con
il
fucile
al
primo
palo
e
con
la
pistola
al
secondo.
Altra
tecnica
consisteva
nel
lasciarsi
scivolare
in
corsa
sul
lato
del
cavallo
e
sparare
da
sotto
il
collo
dell’animale
proprio
alla
maniera
dei
Comanche.
Il
tempo
di
testare
sul
campo
i
suoi
Rangers
giunse
nell’autunno
del
1840,
nei
pressi
del
fiume
Guadalupe
vicino
a
San
Antonio,
in
uno
scontro
con
i
Comanche,
che
dopo
la
morte
del
loro
capo,
come
sempre
in
quei
casi,
si
ritirarono.
Hays
era
un
mastino
che
non
dava
tregua
al
nemico,
ma
allo
stesso
tempo
era
molto
attento
all’incolumità
dei
suoi
uomini;
nessun
rischio
inutile
veniva
mai
corso.
Nel
1841
poi
fu
la
volta
di
una
battaglia
contro
i
messicani,
nei
pressi
di
Laredo.
Dopo
un
primo
scontro
i
messicani
si
ritirarono
ma i
Rangers
li
inseguirono,
costringendo
l’intera
città
alla
resa.
Nell’estate
dello
stesso
anno
fu
di
nuovo
il
turno
dei
Comanche,
che
compivano
razzie
nei
pressi
di
San
Antonio.
Hays
a
capo
di
un
gruppo
di
13
Rangers
li
inseguì
fino
all’Uvalde
Canyon,
più
di
100
chilometri
a
ovest.
Gli
indiani
si
erano
rifugiati
in
un
bosco
impenetrabile
ma i
Rangers
attesero
che
ne
uscissero
e li
bersagliarono
di
colpi;
pazienza
e
perseveranza,
con
queste
due
doti
catturavano
sempre
le
loro
prede,
anche
a
distanza
di
anni.
Ora
però
dato
il
numero
elevato
di
azioni
in
cui
erano
normalmente
coinvolti,
e la
violenza
che
ne
scaturiva,
si
rendeva
necessario
aggiornare
anche
gli
armamenti
in
dotazione.
I
fucili
Kentucky
infatti,
la
loro
dotazione
standard,
erano
si
potenti
e a
lunga
gittata,
ma a
colpo
singolo,
mentre
le
pistole
erano
ormai
obsolete.
Fu
la
fortuna
a
risolvergli
il
problema.
Nel
1838
infatti,
la
Patent
Arms
Manifacturing
Company
di
Paterson,
New
Jersey,
aveva
messo
in
produzione
un
nuovo
tipo
di
revolver,
brevettato
un
paio
di
anni
prima
da
un
giovane
inventore,
Samuel
Colt.
Il
primo
brevetto
consisteva
in
una
pistola
calibro
36 a
cinque
camere
con
canna
ottagonale,
ma
sembrò
non
riscuotere
un
gran
successo.
L’esercito
americano
infatti,
all’epoca
ancora
privo
di
divisioni
di
cavalleria,
non
lo
volle,
in
quanto
quel
tipo
di
pistola
era
fatta
appositamente
per
essere
portata
al
fianco,
e
quindi
più
adatta
a un
soldato
di
cavalleria.
Ma
la
fortuna,
seppur
con
un
po’
di
ritardo,
bussò
anche
alla
porta
del
giovane
Colt.
Nel
1839
il
presidente
della
repubblica
del
Texas,
Mirabeau
Lamar,
ordinò
all’azienda
di
Paterson
180
revolver
per
la
Marina
dello
stato
e 40
per
l’esercito.
Nel
1843
capitarono
anche
nelle
mani
dei
Rangers.
Fu
una
vera
rivelazione.
La
pistola
di
Colt
era
appunto
adatta
agli
uomini
a
cavallo.
Non
avevano
bisogno
di
fermarsi
a
ricaricare
a
ogni
colpo,
e la
loro
potenza
di
fuoco
era
micidiale,
per
l’epoca.
Seppur
necessitasse
di
qualche
miglioramento,
i
Rangers
ne
intuirono
subito
il
formidabile
potenziale,
e
poco
dopo
giunse
anche
il
suo
battesimo
del
fuoco,
nella
battaglia
nota
come
il
“Walker’s
Creek.”
Nel
mese
di
giugno
del
1844,
i
Rangers,
dopo
un’operazione
di
pattugliamento,
si
erano
fermati
a
raccogliere
miele
da
un
albero
presso
il
Walker’s
Creek,
un
affluente
del
fiume
Guadalupe,
80
chilometri
a
nord
di
San
Antonio,
quando
sfortunatamente
si
accorsero
di
un
gruppo
di
indiani
Penateka
che
li
seguivano
a
distanza
di
sicurezza.
Hays
e i
suoi
uomini
li
inseguirono
fino
a
una
collina,
dove
gli
indiani
si
erano
rifugiati
tenendo
in
scacco
i
Rangers.
Ma
Hays
ordinò
ai
suoi
di
girare
attorno
alla
collina
e di
prendere
gli
indiani
sul
fianco.
I
Penateka
però
non
si
arresero
e
accerchiarono
i
Rangers,
che
a
loro
volta
si
disposero
in
cerchio
e
aprirono
il
fuoco.
Si
trattava
sostanzialmente
di
due
cerchi
paralleli
che
ruotavano
contemporaneamente.
Ma
questa
volta,
seppur
in
minoranza,
i
Rangers
avevano
il
proverbiale
asso
nella
manica:
i
nuovi
revolver.
Le
Colt
colpivano
con
potenza
e
precisione
impressionante
gli
indiani,
che
cadevano
come
fiocchi
di
neve,
e
dopo
quindici
minuti
si
diedero
alla
fuga.
Hays,
come
era
sua
abitudine,
decise
però
di
inseguirli,
e
per
3
chilometri
circa,
e
un’altra
ora,
la
battaglia
continuò
con
gli
indiani
sempre
più
in
inferiorità
numerica.
Alla
fine
tra
i
Rangers
si
contava
un
solo
morto,
tra
gli
indiani
una
quarantina
circa.
Ma
ormai
i
caricatori
di
riserva
erano
terminati,
così
Hays,
prima
che
gli
indiani
superstiti
potessero
accorgersene,
ordinò
a
uno
dei
suoi
uomini,
con
ancora
un
colpo
in
canna,
di
uccidere
il
capo
indiano,
e
così
lo
scontro
ebbe
fine.
Le
Colt
avevano
superato
brillantemente
il
loro
primo
stress
test.
Questo
però
non
giovò
per
niente
a
Colt,
che
intanto
era
ripiombato
nell’anonimato.
La
fabbrica
del
New
Jersey
che
produceva
le
sue
armi
era
fallita.
Quando
seppe
però
che
nel
lontano
Texas
le
sue
pistole
godevano
di
un
discreto
successo,
decise
di
scrivere
una
lettera
a
Samuel
Walker,
uno
dei
Rangers
più
importanti,
per
chiedergli
lumi
su
come
migliorare
il
suo
revolver.
La
risposta
arrivò
con
l’inizio
della
guerra
contro
il
Messico,
dove
parteciparono
anche
i
Rangers,
e
ovviamente
le
loro
nuove
armi.
L’esercito
americano
a
quel
punto
ne
rimase
così
colpito
da
ordinarne
più
di
1.000
pezzi.
Ma,
come
si
diceva,
Colt
era
senza
un
contratto
e
quindi
nessuno
produceva
le
sue
armi.
Fu
solo
nel
1847
che
riuscì
a
ottenere
un
nuovo
contratto,
ma
per
un
nuovo
modello.
Colt
allora
scrisse
di
nuovo
a
Walker
a
proposito
del
nuovo
progetto.
E
Walker
rispose.
Il
Ranger
suggerì
innanzitutto
di
aumentare
il
calibro,
la
pesantezza
e la
lunghezza
della
canna.
Di
suo
Colt
ci
mise
l’aumento
delle
camere
da
cinque
a
sei.
Nacque
così
la
Colt
“Walker”,
in
onore
della
battaglia
del
Walker’s
Creek
che
ne
aveva
decretato
il
successo.
La
nuova
Colt
aveva
una
canna
di
23
centimetri,
un
peso
di 2
chili
con
proiettili
calibro
44,
ed
era
capace
di
colpire
un
bersaglio
a 90
metri
di
distanza.
Il
1847
segnò
quindi
la
definitiva
consacrazione
della
pistola
e
del
suo
creatore,
che
di
lì a
poco
sarebbe
diventato
ricchissimo
e
famoso
in
tutti
gli
Stati
Uniti.
Ma
la
fortuna
di
Colt
non
corrispose
però
a
quella
dei
Rangers.
Sembrava
quasi
che
la
dea
bendata
li
aiutasse
a
momenti
alterni.
Dopo
la
guerra
contro
il
Messico
infatti
il
corpo
fu
sciolto.
Nel
1849
Hays
lasciò
il
Texas
per
andare
a
fare
lo
sceriffo
a
San
Francisco.
Un
paio
di
anni
prima
il
suo
fidato
amico
Walker
era
morto
in
Messico
in
uno
scontro
a
fuoco.
La
loro
epopea
sembrava
essere
giunta
al
capolinea.
Almeno
fino
al
1858.
In
quell’anno
infatti
i
Comanche
erano
tornati
a
dare
fastidio
con
sempre
più
insistenza,
e le
truppe
federali
sembravano
incapaci
di
arginarli.
Lo
stato
del
Texas
stanziò
allora
la
somma
di
70.000
dollari
per
riformare
il
corpo
dei
Texas
Rangers,
arruolando
100
uomini
per
sei
mesi
circa.
Al
comando
fu
messo
il
capitano
John
Salmon
Ford
detto
“Rip”.
Ford
era
stato
uno
dei
Rangers
del
leggendario
gruppo
di
Hays
fin
dal
1836.
Era
un
uomo
molto
colto
a
differenza
dei
comuni
Rangers.
Combatté
anche
nella
guerra
contro
il
Messico,
e fu
lì
che
prese
il
soprannome
di “Rip”,
perché
toccava
sempre
a
lui
comunicare
la
morte
dei
soldati
alle
famiglie.
Al
termine
di
ogni
lettera
apponeva
sempre
la
dicitura
“Rest
in
peace.”
Nel
1858,
quindi,
il
compito
di
Ford
era
quello
di
inseguire
i
Comanche
fin
nei
loro
territori
e
sottometterli.
Dopo
un
addestramento,
nell’aprile
dello
stesso
anno
i
Rangers
attraversarono
il
fiume
Red
e
giunsero
a
maggio
nei
pressi
di
un
accampamento
Comanche.
Il
12
maggio
rullarono
i
tamburi
di
guerra.
I
Rangers
si
scagliarono
sull’accampamento
seminando
il
caos,
ma
gli
indiani
superstiti
riuscirono
a
fuggire
verso
un
altro
accampamento,
più
grande,
oltre
il
fiume
Canadian
nei
pressi
delle
Antelope
Hills.
A
quel
punto
Ford
si
trovò
dinanzi
una
forza
soverchiante.
Ma
come
accadeva
sempre
quando
il
capo
veniva
ucciso,
il
resto
degli
indiani
si
ritirava.
E
così
accadde.
Pobishequasso
fu
ucciso
dai
Rangers
al
termine
di
una
breve
battaglia,
e i
cavalieri
indiani
fuggirono
per
quasi
9
chilometri.
Ma
all’improvviso
dai
boschi
uscì
un
altro
gruppo
di
indiani,
più
corposo
stavolta.
Quello
però
che
il
gruppo
di
Comanche
non
si
aspettava
fu
che,
invece
di
indietreggiare,
i
Rangers
caricassero,
spezzando
in
due
tronconi
la
forza
nemica.
Dopo
altri
5
chilometri
di
battaglia
gli
indiani
si
ritirarono
definitivamente.
La
battaglia
di
Antelope
Hills
dimostrò
quindi
non
solo
la
superiorità
tattica
del
corpo
dei
Texas
Rangers,
ma
specularmente
l’incapacità
delle
truppe
federali
di
risolvere
il
problema
indiano.
Oltre
a
suggellare
la
fama
di
Ford.
Nello
stesso
anno
difatti
il
governatore
del
Texas,
Sam
Houston,
chiese
al
Congresso
di
non
inviare
più
truppe
federali,
perché
lo
stato
non
ne
aveva
bisogno.
I
Rangers
erano
più
che
sufficienti
per
tutelare
il
Texas.
Dopo
questa
battaglia
il
corpo
dei
Rangers
si
avviò
però
verso
un
altro
scioglimento.
Negli
anni
Sessanta
sarebbero
stati
sostituiti
da
milizie
locali,
incapaci
quanto
insubordinate.
La
loro
inutilità
venne
difatti
ufficialmente
sancita
al
termine
della
guerra
civile,
quando
il
sud,
sconfitto,
doveva
essere
totalmente
smilitarizzato
e
quindi
anche
il
Texas
non
poté
più
in
alcun
modo
arruolare
delle
truppe
irregolari.
Oltre
a
questo,
date
le
ingenti
risorse,
spese
da
ambo
i
lati
per
il
conflitto,
il
Congresso
non
poteva
stanziare
fondi
per
un
effimera
lotta
a
piccoli
gruppi
di
indiani
quando
c’era
da
ricostruire
un
intero
paese.
I
Texas
Rangers
sembravano
definitivamente
destinati
all’oblio.
Ancora
nei
decenni
seguenti
il
corpo
venne
riformato
e
sciolto
con
semplici
funzioni
di
pattugliamento
dei
confini,
o di
polizia
locale,
come
ad
esempio
nel
1874
quando
furono
stanziati
75.000
dollari
per
la
creazione
di
sei
compagnie.
Ma
la
loro
leggenda
era
ormai
tramontata.
Nel
1901
poi
il
vecchio
corpo
dei
Rangers
subì
una
trasformazione
totale.
Dismesse
le
funzioni
che
aveva
avuto
nel
secolo
precedente,
il
corpo
fu
riorganizzato.
L’epopea
della
Frontiera
e
del
Far
West
erano
ormai
solo
un
lontano
ricordo
e
quindi
adesso
erano
destinati
a
ruoli
di
polizia
nella
lotta
al
proibizionismo,
e
prima
ancora,
durante
la
prima
guerra
mondiale,
furono
spesi
in
indagini
per
scovare
eventuali
spie
nemiche.
Fu
in
questo
periodo,
tra
l’altro,
che
cominciò
a
circolare
il
famoso
motto
“One
Riot,
One
Ranger”.
Nel
1909
infatti,
il
capitano
Bill
McDonald
fu
inviato
a
Dallas
per
prevenire
un
match
clandestino
di
boxe,
con
conseguenti
scommesse.
Giunto
alla
stazione
ferroviaria
della
città
gli
venne
chiesto
”Dove
sono
gli
altri?”
e il
capitano
rispose
“Per
l’inferno!
Non
basto
io?
È
solo
un
match
clandestino!”.
In
seguito
il
Ranger
avrebbe
aggiunto
anche
che
un
uomo
nel
giusto
non
doveva
temere
chi
era
dalla
parte
sbagliata.
La
frase
subì
poi
una
semplificazione
fino
alla
sua
forma
attuale.
Al
1919
vi
erano
ufficialmente
quattro
compagnie
di
15
uomini
ciascuno,
a
differenza
dei
20
di
inizio
secolo.
Dal
1935
poi,
quando
venne
creato
il
Texas
Department
of
Public
Safety,
i
Rangers
ne
vennero
ufficialmente
incorporati,
e da
lì
cominciò
la
loro
storia
moderna.
Oggi
le
compagnie
sono
ancora
sei
con
sedi
a
Austin,
il
quartier
generale,
Houston,
Garland,
Lubbock,
San
Antonio,
Midland
e
Waco.
In
conclusione
possiamo
riassumere
sottolineando
come
la
forza
d’urto
dei
Rangers
del
Texas
era
formata
sia
dalla
loro
temerarietà
sia
dalle
Colt,
che
cambiarono
radicalmente
il
concetto
stesso
di
scontro
a
fuoco,
tanto
da
far
meritare
al
loro
inventore
la
famosa
frase
che
suonava
pressappoco
così:
“Dio
ha
creato
gli
uomini
diversi,
Samuel
Colt
li
ha
resi
uguali”.