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N. 143 - Novembre 2019 (CLXXIV)

TESTIMONI DI GEOVA ED EMOTRASFUSIONI
INDAGINE SU UNA DOTTRINA

di Francesco Arduini

 

Nelle cronache dei giorni passati si è letto di alcuni episodi legati al rifiuto delle trasfusioni di sangue da parte dei Testimoni di Geova. Nell’episodio meno recente, del 23 settembre scorso, una bambina di 10 mesi rischia di morire poiché, durante l’intervento operatorio, i medici si rendono conto della gravità della situazione dovuta ad una emorragia cerebrale. Chiamano quindi in Procura, facendosi autorizzare con urgenza a somministrare un’emotrasfusione. Il PM autorizza, sospendendo la patria potestà dei genitori, e la bambina viene trasfusa e salvata. Questa notizia si rivelerà una vera e propria fake-news, con tanto di virgolettati smentiti sia dalla famiglia, che dai medici che hanno operato la bambina senza trasfonderla. L'Azienda Ospedaliera infatti conferma, tre giorni dopo, che:

 

“durante l'intervento non è stato necessario effettuare la trasfusione ma che il medico si è mosso per tempo rivolgendosi a Carabinieri e Procura per richiedere il dispositivo idoneo a procedere con la trasfusione in caso ce ne fosse stata la necessità”.

 

La settimana successiva, un altro episodio, sempre legato alle emotrasfusioni, si conclude con la morte della paziente Testimone di Geova in cura al dott. Gianfausto Iarrobino, Primario di Chirurgia Generale presso l’Ospedale AGP Piedimonte Matese.

Anche in questo caso la confusione regna sovrana e molti dubbi sull’operato e sulla condotta del dott. Iarrobino vengono sollevati da suoi stessi “colleghi”. La famiglia ha smentito la ricostruzione fatta dal Primario ed ha avanzato gravi accuse sull’operato professionale di quest’ultimo. Sembra abbia anche provveduto a depositare una denuncia a carico della struttura sanitaria, affinché la magistratura ne accerti le responsabilità. Nel frattempo, una fonte terza mi informa su un esposto inviato all’attenzione dell’Ordine dei Medici affinché si accertino eventuali violazioni del Codice Deontologico.

 

Qualsiasi lettore, davanti ad un simile “caos” mediatico, si pone come minimo la seguente domanda: per quale motivo i Testimoni di Geova rifiutano le emotrasfusioni?

Molti si chiedono inoltre a quali conseguenze vada incontro un aderente a questa confessione nel caso in cui acconsentisse ad essere emotrasfuso. Anche in risposta a queste domande si è letto “di tutto e di più”. Facciamo quindi un po’ di chiarezza.

 

Il rifiuto delle emotrasfusioni

 

La prima volta che i Testimoni di Geova hanno espresso in maniera chiara la loro posizione sul sangue fu nel 1945, quando la Watch Tower Bible and Tract Society of Pennsylvania (ente giuridico che rappresenta la Congregazione mondiale dei cristiani Testimoni di Geova) era presieduta da Nathan Homer Knorr, (1905-1977). Sulle pagine della rivista ufficiale, La Torre di Guardia, nell’edizione del primo luglio, comparve un lungo articolo intitolato “Inamovibili per la giusta adorazione”. La conclusione dell'articolato ragionamento può essere riassunta con quanto riportato nel paragrafo 29 [trad.]:

 

“L’Altissimo e Santo Dio diede istruzioni chiare sulla disposizione del sangue, in armonia con la sua alleanza eterna fatta con Noè e tutti i suoi discendenti; e vediamo che l'unico uso di sangue che egli ha autorizzato per fornire vita all'umanità fu l'uso di esso come propiziazione o espiazione per il peccato; vediamo che ciò doveva essere fatto sopra il suo sacro altare o al suo trono di misericordia, e non assumendo tale sangue direttamente nel corpo umano”.

 

Nel corso dei decenni sono poi stati pubblicati numerosi approfondimenti attraverso articoli sulle loro riviste, su opuscoli o inserti monotematici. Per esempio l'opuscolo di 32 pagine edito nel 1990 dal titolo “Salvare la vita col sangue, in che modo?”, o l'inserto de Il Ministero del Regno pubblicato nel 2006, dal titolo “Come considerare le frazioni del sangue e le procedure mediche riguardanti il mio proprio sangue?”

 

La posizione ufficiale raggiunta oggi è quella che vede i Testimoni di Geova rifiutare in modo categorico il sangue intero e i quattro componenti principali, cioè i globuli rossi, globuli bianchi, piastrine e plasma. Non donano sangue né accettano di depositare il proprio nemmeno per un possibile successivo utilizzo autotrasfusionale. In merito a tutte le altre frazioni del sangue (albumina, immunoglobuline, emoglobina, emina, etc) ritengono di non poter ricavare dalla Bibbia istruzioni comportamentali precise e, quindi, alcuni Testimoni di Geova le accettano, altri le rifiutano.

 

Le ragioni bibliche dei Testimoni di Geova

 

La presa di posizione dei Testimoni di Geova è basata su tre versetti biblici principali e numerosi altri in supporto. Due di questi tre versetti sono contenuti nell’Antico e uno nel Nuovo Testamento, e più precisamente:

 

Genesi 9,4: Soltanto non mangerete la carne con la sua vita, cioè con il suo sangue.

Levitico 17,14: [...] perché la vita di ogni essere vivente è il suo sangue, in quanto è la sua vita. Perciò ho ordinato agli Israeliti: Non mangerete sangue di alcuna specie di essere vivente, perché il sangue è la vita di ogni carne; chiunque ne mangerà sarà eliminato.

Atti 15,20: [...] ma solo che si ordini loro di astenersi dalla contaminazione con gli idoli, dalle unioni illegittime, dagli animali soffocati e dal sangue.

 

Secondo l'unanime esegesi, i versetti dell'Antico Testamento (Gen 9,4; Le 3,17; 7,26-27; 17,14; De 12,16; 12,23-25) proibivano agli Israeliti di nutrirsi di sangue animale. Attorno al 50 d.C. la primitiva chiesa cristiana, riunita nel Concilio di Gerusalemme, decretò la conferma del divieto di cibarsi di sangue animale (At 15,20-29; 21,25). Ma qui non tutti sono d’accordo sulla validità universale di tale divieto. Alcuni articoli sul web riportano l’opinione secondo la quale il divieto aveva valore all’interno della chiesa giudeo-cristiana, ovvero limitatamente a quel periodo in cui il cristianesimo possedeva ancora una “mentalità semitica” e limitatamente al sangue “degli animali usati per i sacrifici”.

 

Ovviamente i Testimoni di Geova sono consapevoli che nella Bibbia non si parla di trasfusioni e che ci si riferisce al sangue animale. I cristiani del primo secolo dovevano astenersi dall'immettere sangue nel loro corpo mediante gli unici due sistemi nutrizionali allora conosciuti: mangiare e bere. I Testimoni di Geova ritengono che il divieto di nutrirsi di sangue si applichi anche alle terapie emotrasfusionali, da loro considerate un sistema “nutrizionale” ancora più diretto. Se un approccio “fondamentalista” è da ricercarsi fra le letture che restano ancorate alla “lettera” prescindendo dal contesto storico-scientifico in cui si vive, i Testimoni di Geova sembra si muovano al di fuori di tale definizione; essi non credono infatti che i comandi dati nella Bibbia abbiano valore solo per l'epoca e il contesto in cui furono scritti ma si sforzano costantemente di attualizzarli.

 

Le ragioni storiche dei Testimoni di Geova

 

L'opinione secondo cui il comando biblico di “astenersi dal sangue” sia da confinarsi all'interno del primo secolo e che non possa, e non debba, mai comportare la perdita di una vita umana, viene ribattuta dai Testimoni di Geova con la citazione dei seguenti episodi storici:

 

L'Apologeta Tertulliano, rispondendo a false accuse secondo le quali i cristiani si nutrivano di sangue, scrisse: “noi cristiani non consideriamo il sangue degli animali neppure come cibo ammesso nei pranzi” (Apologia del cristianesimo IX, 13). Tertulliano accennò anche a coloro che “per guarire dall'epilessia succhiano [...] il sangue ancor caldo scorrente dalla gola dei prigionieri sgozzati nel circo”. Quelle pratiche, anche se per alcuni romani avevano valore terapeutico, venivano categoricamente respinte dai cristiani di allora. O ancora, parlando ai “persecutori”, scrive: “per torturare i cristiani, voi presentate loro della salsicce ripiene di sangue, ben sapendo che quei cibi non sono loro permessi, e che è questo un mezzo sicuro per farli deviare dalla loro fede”. Cristiani disposti ad essere torturati (e a morire) piuttosto che mangiare sangue. Tertulliano scrive circa 150 anni dopo il Concilio di Gerusalemme e testimonia come il decreto di astenersi dal sangue fosse ancora pienamente in vigore.

 

Eusebio di Cesarea, nella sua celebre opera Storia Ecclesiastica (Libro V, 1, 2), narra di come una donna rispose senza timore alle false accuse che venivano rivolte ai cristiani. Essa disse: “[c]ome potrebbero mangiare dei bambini costoro ai quali non è lecito neppure cibarsi del sangue di animali senza motivo?” Eusebio scrive circa 270 anni dopo il Concilio di Gerusalemme e testimonia come il decreto di astenersi dal sangue fosse ancora pienamente in vigore.

 

Il Concilio Trullano, convocato dall'imperatore Giustiano II, decretò che “[s]e l'episcopo o presbitero o diacono, o chiunque sia del catalogo clericale mangia carne con sangue, che è l'anima in esso, o animale ucciso da belva, o animale morto, sia deposto. Se è laico, sia scomunicato” (canone 67).

Il Concilio Trullano si tenne circa 640 anni dopo il Concilio di Gerusalemme.

 

I Testimoni di Geova proseguono con l'elenco delle testimonianze storiche fino a giungere al XVII secolo. Queste vengono presentate e intese solo come supporto alle ragioni bibliche, che restano le uniche ad essere per loro vincolanti.

 

Le ragioni mediche dei Testimoni di Geova

 

Un ultimo aspetto che, insieme a quello storico, viene utilizzato dai Testimoni di Geova per rafforzare la motivazione principale (quella biblica) è legato ai benefici che derivano da una medicina senza sangue. Le pubblicazioni scientifiche internazionali trattano l'argomento ormai in maniera regolare, con reali casi di interventi di estesa chirurgia maggiore (p.e. trapianti di organi e di cellule staminali) effettuati con tecniche bloodless. Persino casi di leucemia acuta possono essere trattati con tecniche senza sangue. L’European Journal of Haematology riporta [trad.]:

 

“Il nostro mirato trattamento standard su 11 pazienti di Geova con leucemia acuta, conferma che è possibile ottenere un buon controllo della malattia in conformità con i desideri dei pazienti, senza un aumento del tasso di mortalità per induzione rispetto ai pazienti che ricevono supporto col sangue. (Eur. J. Haematol. 2004: 72: 264–267)”.

 

Grazie al web si può accedere a numerose pubblicazioni scientifiche e case reports che dimostrano come la terapia senza sangue non è solo possibile ma persino vantaggiosa.

 

Cosa accade a un Testimone di Geova che accetta una trasfusione di sangue

 

Cosa accadrebbe ad un ipotetico Testimone di Geova che accettasse una emotrasfusione? Secondo alcuni, costui verrebbe disassociato da un “Comitato Giudiziario” (una sorta di tribunale interno) che lo espellerebbe dalla comunità con un conseguente isolamento “di natura spirituale e sociale”.

 

La prassi attuale è alquanto diversa: non si forma nessun Comitato Giudiziario e il Testimone di Geova continua la sua vita associativa mantenendo inalterati i rapporti con i suoi correligionari. Cedere alla paura, o alla pressione degli eventi, e accettare una trasfusione di sangue in situazioni di emergenza sanitaria non comporta l'espulsione dalla comunità dei Testimoni di Geova. L'espulsione avviene solo se il soggetto che ha accettato di essere trasfuso manifesta in seguito la volontà di non condividere più le “ragioni bibliche” sopra esposte; ma questo vale sia per le ragioni sulla “dottrina del sangue”, sia per qualsiasi altra loro dottrina caratterizzante.

 

I benefici sociali

 

Il professor Massimo Introvigne, sociologo e direttore del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni) contattato per avere un suo parere sul beneficio sociale offerto dai Testimoni di Geova con le loro “battaglie” sulla posizione delle emotrasfusioni, così si è espresso:

 

“La questione delle trasfusioni non può essere separata da un più ampio esame delle relazioni fra l'esperienza dei Testimoni di Geova e i tribunali. Certamente i Testimoni di Geova hanno avuto un ruolo fondamentale, che è andato a beneficio di altre minoranze religiose, in molti Paesi, nell'ampliare la nozione stessa di libertà religiosa, ricomprendendovi per esempio l'obiezione di coscienza e il diritto (negli Stati Uniti) di non salutare la bandiera nazionale o non cantare l'inno nazionale per ragioni di coscienza. La battaglia dei Testimoni di Geova per l'autodeterminazione terapeutica, che per pazienti maggiorenni e consapevoli è oggi riconosciuta nella maggior parte dei Paesi a prescindere dalle ragioni che inducono a compiere queste scelte, va dunque compresa all'interno di questo quadro”.

 

A volte non compresi per la fermezza di alcune posizioni, tipo quella sul sangue, i Testimoni di Geova, nel loro piccolo, continuano a lavorare a beneficio della collettività: dal recupero di tossicodipendenti alle battaglie legali per le libertà civili.



 

 

 

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