N. 146 - Febbraio 2020
(CLXXVII)
VITTIME DIMENTICATE DEL REGIME NAZISTA
I
TESTIMONI
DI
GEOVA
-
PARTE
II
di
Giorgio
Giannini
La
situazione
peggiora
dopo
l’introduzione
del
servizio
militare
obbligatorio
il
16
marzo
1935,
perché
i
Testimoni
di
Geova
lo
rifiutano
in
massa
in
quanto
il
comandamento
di
Dio
impone
di
“amare
tutti
gli
uomini
come
fratelli”.
Il
1°
aprile
1935
i
testimoni
di
Geova
sono
espulsi
dalla
Pubblica
Amministrazione.
Il
21
maggio
1935
il
Ministro
dell’Interno
del
Reich
revoca
il
permesso
del
13
settembre
1934
di
stampare
copie
della
Bibbia,
che
pertanto
non
possono
più
essere
né
stampate
né
diffuse.
Questo
divieto
provoca
una
nuova
ondata
di
arresti
in
massa
perché
i
testimoni
continuano
a
stamparle
e a
diffonderle
clandestinamente.
Il
13
luglio
1935
il
Ministro
dell’Interno
del
Reich
dispone
lo
scioglimento
di
tutte
le
Associazioni
dei
Testimoni
di
Geova
e la
confisca
dei
loro
beni.
È la
fine
del
Movimento
i
cui
aderenti
vengono
duramente
perseguitati
e
arrestati.
Intanto,
la
Gestapo,
con
provvedimenti
del
17
giugno
e
del
9
settembre
1935,
stabilisce
la
carcerazione
preventiva
e
l’internamento
nei
Lager
dei
seguaci
del
Movimento.
Nella
scuola,
i
giovani
testimoni
sono
relegati,
come
i
bambini
ebrei,
Rom
e
Sinti,
negli
ultimi
banchi
delle
aule
scolastiche
e
sono
dileggiati
dai
compagni.
Spesso
sono
bocciati,
anche
se
hanno
buoni
voti
in
tutte
le
materie,
solo
perché
non
partecipano
alle
attività
paramilitari,
obbligatorie
per
tutti
gli
studenti.
I
bambini
vengono
strappati
dagli
agenti
della
Gestapo
ai
loro
genitori
e
alle
famiglie
di
origine,
su
segnalazione
degli
assistenti
sociali,
e
sono
internati
in
apposite
Case
di
rieducazione
(dove
ci
sono
anche
giovani
di
altre
fedi
religiose,
non
riconosciute
dal
Governo),
allo
scopo
di
essere
indottrinati
nell’ideologia
nazista.
In
questi
Istituti
le
condizioni
di
vita
sono
pesanti
e
umilianti.
Basti
pensare
che
i
bambini
non
possono
parlare
tra
di
loro.
Chi
trasgredisce
il
divieto
è
punito
con
colpi
di
bacchetta
sulle
dita.
Inoltre,
i
ragazzi
internati
non
possono
mai
stare
da
soli,
neppure
per
andare
al
bagno.
Non
possiedono
oggetti
personali
e
non
possono
giocare.
Le
punizioni,
anche
corporali,
sono
molto
frequenti.
I
bambini,
talvolta
sono
affidati
a
famiglie
di
fede
nazista.
Il
30
gennaio
1936
(terzo
anniversario
della
presa
del
potere
da
parte
dei
nazisti),molti
Testimoni
sono
arrestati
per
la
diffusione
di
materiale
religioso.
Dal
2
febbraio
1936
perdono
il
sussidio
di
disoccupazione
e la
pensione.
Poiché
non
partecipano
alle
elezioni
del
Reichstag
del
29
marzo
1936,
molti
di
loro
sono
ulteriormente
perseguitati.
Intanto,
la
Gestapo
crea
appositi
Reparti
per
indagare
su
di
loro
e i
Tribunali
Speciali
istituiscono
Sezioni
particolari
per
giudicarli
e
condannarli.
Il
28
agosto
1936
c’è
una
nuova
ondata
di
arresti
in
massa,
ma i
Testimoni
reagiscono
distribuendo
il
12
dicembre
1936,
simultaneamente
in
tutto
il
Paese
(nell’arco
di
un’ora
circa),
oltre
200.000
copie
di
una
Risoluzione
di
protesta,
contro
la
loro
persecuzione
da
parte
del
regime
nazista,
adottata
dall’Assemblea
internazionale
del
Movimento,
tenutasi
a
Lucerna
(Svizzera)
a
settembre.
In
seguito
a
questa
azione
di
protesta,
la
Polizia
e la
Magistratura
ricevono
l’ordine
di
adottare
“le
misure
più
severe”:
le
pene
detentive
vengono
dunque
inasprite
e a
esse,
dal
22
aprile
1937,
dopo
averle
scontate,
segue
l’internamento
in
un
Lager.
I
processi
sono
spesso
collettivi
e la
stampa
ne
dà
ampia
informazione.
Il
20
giugno
1937
i
Testimoni
di
Geova
attuano
una
nuova
campagna
di
informazione
sulla
dura
repressione
subita
da
parte
della
Gestapo,
distribuendo
centinaia
di
migliaia
di
copie
di
una
“lettera
aperta”,
molto
dettagliata,
sulla
loro
persecuzione,
riportando
le
date,
i
luoghi
e
perfino
i
nomi
dei
funzionari
responsabili.
La
Gestapo
è
sorpresa
dal
contenuto
particolareggiato
di
questa
denuncia
e
dalla
capacità
del
Movimento
di
diffonderla,
nonostante
la
vigilanza
e la
repressione
attuate.
Intanto,
la
nuova
rivista
internazionale
del
Movimento,
Consolation
(che
dall’inizio
del
1937
ha
sostituito
The
Golden
Age),
informa,
nel
numero
del
15
gennaio
1937,
che
nel
Lager
di
Dachau
è
stato
sperimentato
il
gas
Ott
20,
prodotto
in
una
fabbrica
di
Hochst,
vicino
a
Francoforte.
Nella
primavera
1938
i
Testimoni
di
Geova
diffondono
l’opuscolo,
intitolato
Di
fronte
ai
fatti,
nel
quale
denunciano
la
repressione
attuata
contro
di
loro
dal
regime
nazista,
che
è
accusato
di
essere
“il
prodotto
di
Satana,
presentato
come
sostituto
del
Regno
di
Dio”.
Nel
maggio
1938
è
pubblicato
in
Svizzera,
in
tedesco,
il
libro
Kreuzzug
gegen
das
Christentum
(Crociata
contro
il
Cristianesimo),
che
documenta
la
persecuzione
dei
Testimoni
di
Geova
in
Germania,
riportando
anche
le
mappe
dei
Lager
di
Sachsenhausen
e di
Esterwegen.
Il
libro
è
sequestrato
dalle
Autorità
svizzere
nel
1940.
Il 3
maggio
1939
la
rivista
Consolation,
nell’articolo
intitolato
Come
si
può
rimanere
in
silenzio?,
informa
sulla
repressione
attuata
dal
regime
nazista
contro
decine
di
migliaia
di
ebrei,
raccontando
gli
episodi
accaduti
in
varie
città
tedesche.
In
seguito,
in
altri
articoli,
la
stessa
rivista
informa
sulle
tremende
condizioni
di
vita
degli
internati
nei
Lager
(non
solo
Testimoni
di
Geova,
ma
anche
ebrei,
asociali,
oppositori
politici…).
Il
28
luglio
1939
la
rivista
Consolation
riferisce
dell’esistenza
dei
Lager
per
le
donne.
L’internamento
nei
lager
Nel
settembre
1939,
allo
scoppio
della
guerra,
i
Testimoni
di
Geova
arrestati
e
internati
nei
Lager
sono
quasi
6.000
(circa
il
30%
del
totale)
e
compongono
la
maggior
parte
delle
Compagnie
di
disciplina.
Subiscono
angherie
e
maltrattamenti
da
parte
delle
SS,
che
conducono
molti
di
loro
alla
morte.
Hanno
come
segno
distintivo
il
‘triangolo
di
colore
viola’.
Sono
alloggiati
in
baracche
ubicate
in
speciali
settori
dei
Lager,
recintati
da
filo
spinato
per
evitare
qualsiasi
contatto
con
gli
altri
internati.
Possono
scrivere
una
sola
lettera
al
mese,
di
non
più
di
25
parole.
Agli
internati
è
offerta
la
possibilità
di
uscire
dal
Lager
con
la
semplice
abiura
della
loro
fede
religiosa,
che
però
pochissimi
sottoscrivono.
Pertanto,
i
teStimoni
sono
considerati
‘prigionieri
volontari’
nei
Lager.
Per
la
saldezza
nella
loro
fede
religiosa,
sono
maltrattati
dalle
SS e
dai
Kapò,
che
per
offenderli
e
umiliarli,
li
chiamano
‘vermi
di
Geova’
o
‘maiali
di
Geova’.
Nei
Lager
i
Testimoni
sono
molto
solidali,
non
solo
tra
di
loro,
ma
anche
verso
gli
altri
internati.
Al
riguardo,
ricordiamo
che
nel
Lager
di
Buchenwald,
la
testimone
Maria
Runhan
ha
assistito
amorevolmente
la
principessa
Mafalda
di
Savoia,
fino
alla
sua
morte.
Poiché,
i
Testimoni
nei
Lager
fanno
riunioni
religiose,
le
SS
decidono
di
metterli
nelle
baracche
con
gli
altri
detenuti.
Il
provvedimento
si
rivela
però
controproducente
perché
essi
fanno
opera
di
proselitismo
verso
gli
altri,
alcuni
dei
quali
si
convertono
alla
loro
fede.
Pertanto,
le
SS
decidono
di
isolarli
di
nuovo.
Nel
settembre
1939,
con
l’inizio
della
guerra,
la
situazione
dei
Testimoni
di
Geova
in
‘età
di
leva’
si
aggrava
notevolmente
perché
rifiutano
di
prestare
il
servizio
militare
e
quindi
vengono
condannati
dai
Tribunali
militari
alla
pena
di
morte
con
infamia
(mediante
impiccagione
o
decapitazione
con
la
scure)
come
‘nemici
del
popolo’
e
‘disfattisti’,
in
quanto
non
sono
considerati
obiettori
di
coscienza.
Sono
severamente
puniti
con
l’internamento
nei
Lager,
e
rischiano
la
pena
di
morte,
anche
coloro
che
rifiutano
di
giurare
fedeltà
alla
bandiera
nazista
e di
svolgere
tutti
i
lavori
di
carattere
militare
(non
solo
la
produzione
di
armi
ma
anche
la
costruzione
di
opere
di
difesa
militare),
e
coloro
che
introducono
dall’estero
o
stampano
e
diffondono
clandestinamente
le
pubblicazioni
del
Movimento
(che
sono
diffuse
addirittura
all’interno
dei
Lager)
e
coloro
che
fanno
proselitismo
religioso.
Il
12
aprile
1940
molti
testimoni
sono
arrestati
e le
loro
case
perquisite
per
cercare
le
pubblicazioni
religiose,
che
sono
vietate.
Nell’agosto
1942
Hitler
ribadisce
l’intenzione
di
sterminare
i
Testimoni
di
Geova,
ma
il
provvedimento
non
è
attuato
perché
le
SS
hanno
nel
frattempo
compreso
il
‘valore
economico’
del
lavoro
degli
internati.
Inoltre,
i
Testimoni
si
comportano
molto
bene
nei
Lager
e
sono
considerati
‘detenuti
modello’.
Al
riguardo,
il
Comandante
del
Lager
di
Auschwitz,
Rudolf
Hoss,
scrive
nel
suo
memoriale
autobiografico:
“erano
individui
tranquilli,
diligenti
e
socievoli,
sia
gli
uomini
che
le
donne,
e
sempre
pronti
ad
aiutare
il
prossimo
(…)
Erano
lavoratori
diligenti
e
coscienziosi
e
potevano
essere
mandati
fuori
anche
senza
sorveglianti.
Ma
ricusavano
ogni
cosa
che
avesse
attinenza
con
cose
militari,
con
la
guerra
(…)
Il
loro
fraterno
amore
reciproco
era
commovente;
si
preoccupavano
l’uno
per
l’altro
e si
prestavano
tutto
l’aiuto
possibile”.
Quando
alcuni
erano
condannati
a
morte
e
giustiziati
alla
presenza
di
tutti
gli
altri
internati,
scrive:
“non
vollero
essere
legati,
per
poter
alzare
le
mani
a
Geova
e
stettero
davanti
al
palo
con
un’espressione
luminosa
e
rapita
che
non
aveva
più
nulla
di
umano(…)
tutti
coloro
che
assistettero
alla
loro
morte
ne
furono
turbati,
perfino
il
plotone
di
esecuzione”.
Il
27
ottobre
1943
in
un
articolo
della
rivista
Consolation
si
riferisce
dell’eccidio
di
migliaia
di
serbi,
greci
e
polacchi
nei
Lager.
Nell’aprile
1944
il
Ministro
dell’Interno
del
Reich
e
Comandante
delle
SS,
Heinrich
Himmler,
ordina
delle
perquisizioni
nei
Lager
per
cercare
le
pubblicazioni
del
Movimento,
che
sono
trovate
in
quantità,
dato
che
continuano
a
essere
stampate
clandestinamente.
Alcune
pubblicazioni
sono
addirittura
duplicate
in
alcuni
Lager,
come
quello
di
Wewelsburg.
Dopo
la
fine
della
Seconda
Guerra
Mondiale,
nella
Germania
dell’Est
molti
Testimoni
di
Geova
continuano
a
essere
perseguitati
per
il
loro
proselitismo
religioso.
La
tenacia
della
loro
resistenza
al
nazismo
è
ben
espressa
in
queste
poche
parole
della
storica
Christine
King,
della
Staffordshire
University,
in
Inghilterra:
“Si
opposero
al
nazionalsocialismo,
rifiutarono
di
obbedire
alla
sua
dittatura
e ai
comandi
illegali;
parteciparono
ad
atti
di
disobbedienza
civile,
distribuirono
letteratura
clandestina,
aiutarono
gli
ebrei,
propugnarono
la
propaganda
antinazista
e,
in
generale,
turbarono
il
funzionamento
dello
stato
nazionalsocialista”.
Alcune
riflessioni
sul
“Giorno
della
memoria”
A
distanza
di
20
anni
dalla
promulgazione
della
Legge
20
luglio
2000
n.
211,
che
ha
istituito
il
“Giorno
della
memoria”,
è
opportuno
riflettere
sulla
opportunità
che
in
questo
giorno
si
ricordino
non
solo
la
Shoah
(lo
sterminio
di
oltre
sei
milioni
di
ebrei),
le
leggi
razziali
antiebraiche,
i
deportati
politici
(antifascisti),
gli
internati
militari
(i
soldati
italiani
catturati
dai
nazisti
dopo
l’armistizio
dell’otto
settembre
1943)
ma
anche
le
altre
vittime
della
barbarie
nazista,
che
sono
state
per
molti
anni
‘dimenticate’,
come
i
Rom,
i
Sinti,
gli
omosessuali,
i
disabili,
i
testimoni
di
Geova.
Al
riguardo
è
stato
presentato,
su
pressione
di
varie
Associazioni,
al
Senato
della
Repubblica,
nella
precedente
Legislatura,
dal
Sen.
Cervellini
un
disegno
di
legge,
ripresentato
nella
attuale
Legislatura
dalle
Senatrici
De
Petris
e
Cirinnà
(Disegno
di
legge
n.
1058
del
12
febbraio
2019).
Speriamo
che
questa
integrazione
della
Legge
211
sia
approvata
in
modo
da
poter
ricordare
in
modo
adeguato
anche
queste
‘vittime
dimenticate’
del
nazismo.