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N. 104 - Agosto 2016 (CXXXV)

TRA TERREMOTI e prevenzione (che non c'è)
UN Ambiente DA RISPETTARE

di Monica Vargiu

 

Sono le tre e trentasei di una tranquilla notte d'agosto quando, all'improvviso, una devastante scossa sismica di magnitudo 6.0 irrompe con fragore nell'atmosfera silente, quasi da presepe, di un nugolo di borghi medioevali arroccati nella fascia mediana dell'Italia centrale seminando morte e distruzione a partire dalle cittadine più vicine all'epicentro: Amatrice e Accumoli.

 

La popolazione, sorpresa nel sonno, assiste sconvolta e inerme a un'apocalisse che in poco più di due minuti dipana la sua furia cieca e consegna alle cronache in diretta uno scenario desolante e purtroppo drammaticamente oramai consueto.

 

Si potrebbe continuare questo report con la dettagliata sequenza dell'interminabile stillicidio delle scosse successive e con l'angosciante evoluzione degli eventi (la conta delle vittime sfiorerà presto la quota 300), e si potrebbe realizzare che sono tante, forse troppe le tristi e sinistre analogie con eventi simili del passato, persino l'orario (questa forse l'unica coincidenza con il terremoto dell'Aquila del 2009, che suona però come un oscuro presagio).

 

Le dichiarazioni a caldo, le fasi concitate dense di disperazione dello scavare a mani nude, ci riportano con la memoria ad altre tragedie, intensi e dolorosi fotogrammi di un dramma senza fine e senza un perché.

 

Sullo sfondo, l'immagine indelebile di una nazione ferita a morte, con le bandiere a mezz'asta in segno di lutto, che l'Unione Europea, per ora a parole dice di voler tutelare, una nazione che alterna dolore a rabbia, speranza a rassegnazione e che si stringe con la consueta generosità e solidarietà ai comuni colpiti; le immagini fanno il giro dei cinque continenti in presa diretta e occupano le pagine dei tabloid e dei notiziari a tutte le latitudini...

 

Ancora una volta la natura, pericolosa e imprevedibile, deturpa senza pietà il Belpaese lasciando il mondo intero attonito e sgomento.

 

In conseguenza a eventi di questo tipo, assistiamo alle dichiarazioni di rito che prevedono un cambiamento di rotta, che scongiurano il ripetersi di situazioni simili in futuro e, ogni volta, ci poniamo lo stesso inquietante interrogativo: si poteva evitare o quantomeno fronteggiare la situazione con una consapevolezza diversa?

 

E qualora la risposta fosse affermativa, in che modo?

 

Ben sappiamo e ne siamo orgogliosi, che l'Italia è un paese bellissimo, ricco di storia, arte e realtà territoriali multiformi, vanta un patrimonio di cultura e tradizioni senza eguali, ma sappiamo altrettanto bene e spesso lo scordiamo, che presenta un territorio intrinsecamente fragile, ad alto rischio idrogeologico, un importante tasso di criticità che deve essere costantemente monitorato, che presume una cura e una protezione costante che non può e non deve essere elusa.

 

Come sempre, in seguito a un evento sismico o a un'alluvione, un'intera nazione rimane sbigottita e impotente, si fronteggiano con coraggio e orgoglio le conseguenze, ma si è incapaci di azioni programmatiche e fattive a lungo termine; senza portare ad esempio le soluzioni messe in campo da paesi ricchi come la California e il Giappone, persino paesi dell'America Latina e la stessa Turchia hanno fronteggiato il problema con maggior rigore e hanno trovato formule più congrue.

 

Accreditati esperti parlano di mancata prevenzione, quella che non c'è stata, quella che doveva essere fatta, quella che a caldo, all'indomani della penultima tragedia era stata promessa con i toni di un imperativo categorico, e che, se la storia si ripeterà, rimarrà nelle intenzioni pura astrazione, l'eterna chimera alla quale guardiamo con decisione, ma che, in termini concreti, continuerà a sfuggirci.

 

La prevenzione e la consapevolezza sono l'unica strada percorribile, che ci permetterebbe di farci trovare preparati nel fronteggiare gli eventi, partendo da una coscienza civile da "coltivare" sin dalla scuola dell'obbligo, protocolli pratici da attuare da parte dei comuni, e soprattutto cura e messa in sicurezza delle strutture abitative e di quelle pubbliche di aggregazione e di servizio.

 

Questo tipo di preparazione capillare, ci doterebbe della capacità di gestire al meglio situazioni imprevedibili nel loro divenire e soprattutto ci metterebbe in condizione di evitare pesanti bilanci in termini di vite umane, sacrificate per incuria, approssimazione e latitante senso di responsabilità.

 

Le tante realtà paesaggistiche dell'Italia centrale (una delle zone più a rischio per la presenza della dorsale appenninica in continuo assestamento) sono costituite da piccoli centri, spesso dotati di impianti urbanistici suggestivi sviluppati fra piccole valli e alture e collegati fra loro da una rete viaria che, in occasione di questi drammatici avvenimenti, diventa quasi impossibile da praticare per via degli smottamenti e delle frane; inoltre le strutture abitative sono per la maggior parte edifici storici, spesso inadatti a fronteggiare l'emergenza e tendenzialmente pericolosi; per questi motivi, le contromisure da prendere devono essere risolutive e tempestive se non vogliamo rischiare di trovarci sempre nella medesima situazione a gestire le conseguenze e mai organicamente le cause.

 

Per l'ex ministro della Protezione Civile Giuseppe Zamberletti è proprio la mancata prevenzione l'anello debole, il tassello mancante della soluzione al problema: manca la reale presa di coscienza della vulnerabilità degli edifici e la conseguente attuazione degli interventi necessari per la minimizzazione dei rischi e questa analisi trova d'accordo anche Corrado Clini, già Ministro dell'Ambiente nel governo "tecnico" di Mario Monti; si ipotizzano infatti soluzioni legislative che si sviluppino in tempi ben più lunghi di quelli previsti da una semplice legislatura e ben lontani dagli intenti propagandistici del potere, che gettino solide fondamenta e programmi destinati a durare e a essere ottimizzati nel tempo.

 

Un progetto dunque in divenire che coinvolga tre o quattro legislature, senza distinzioni di colore e che diventi una priorità anche in chiave europea, un investimento in sicurezza per le generazioni future e un'azione di tutela attenta e puntuale per il presente.

 

Una nazione che come l'Italia partecipa ai grandi Summit internazionali non può rimanere indietro su temi così importanti, deve stare al passo con le esigenze e le sfide che il territorio e l'ambiente presenta e se è stata in grado in passato di istituire una struttura importante e una macchina pressoché perfetta come la Protezione civile, che nel mondo ha ben pochi termini di paragone, è altrettanto in grado di trovare delle soluzioni congeniali e risolutive ad avvenimenti di questo tipo.

 

Ci auguriamo, che un Paese così generoso e risoluto per antonomasia sappia dare, come nei momenti più difficili della sua storia il meglio di sé, attingendo a quella capacità innata di risollevarsi e rinascere, con l'aiuto di tutti, nessuno escluso, dalle istituzioni di ogni ordine e grado, ai cittadini, in un intenso e costante sforzo corale, che faccia sentire ognuno di noi parte di un grande progetto e orgoglioso di difendere con senso etico e responsabilità una grande eredità culturale, lo dobbiamo all'ambiente, che abbiamo il dovere di rispettare, lo dobbiamo ai posteri, ma soprattutto lo dobbiamo a noi stessi.



 

 

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