[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 155 / NOVEMBRE 2020 (CLXXXVI)


contemporanea

TERESA GRIGOLINI COCOREMPAS

SUORA MOGLIE E MADRE

di Raffaele Pisani

 

Nella sua esistenza, caratterizzata da tante situazioni dolorose e tragiche, ha saputo mantenere salda la fede religiosa e agire sempre coerentemente con la sua coscienza.

 

Teresa Grigolini Cocorempas era nata nel 1853 a San Martino Buon Albergo, in provincia di Verona, la sua vocazione per la vita religiosa era presente fin dai dagli anni dell’adolescenza. Fondamentale fu l’incontro con Daniele Comboni, il grande missionario dell’Africa nera, ora santo, che ben conosceva la famiglia Grigolini alla quale faceva spesso visita. Fu in una di quelle occasioni che suggerì alla giovane Teresa di entrare nell’Istituto delle Pie Madri di Nigrizia a Verona; la ragazza accolse con fervore l’invito e iniziò il periodo di formazione che la portò alla professione nel 1876.

 

L’Africa era la sua destinazione, prima in Egitto, dove rimase per qualche tempo per acclimatarsi, poi risalendo il Nilo si spinse fino al Sudan, a Berber nel 1878, di lì a poco nella capitale Karthoum, poi ancora El-Obeid. Comboni ebbe modo ben presto di apprezzare in lei notevoli doti, non solo spirituali ma anche organizzative. La nominò superiora provinciale con il compito di gestire la vita comunitaria con le altre suore partite da Verona insieme a lei.

 

Diversi ostacoli si frapposero al progetto comboniano di Rigenerare l’Africa con l’Africa stessa, il più immediato era costituito dalle malattie tropicali che mietevano tante vittime fra gli europei che si inoltravano in quelle zone. Nel 1881 mori lo stesso Comboni, senza aver completato la sua opera missionaria. Ma altre sventure colpirono il Sudan e la piccola comunità di suore.

 

In quello stesso anno Muhammand Ahmad Ibn Al-Sayyd, riconosciuto dai suoi seguaci come il Mahdi, l’inviato da Dio per liberare i popoli islamici dal dominio degli Europei e da chi collaborava con loro, aveva iniziato la sua “guerra santa”. Un tentativo di sedare la rivolta da parte di un corpo di spedizione anglo-egiziano al comando di William Hicks si risolse in una grave sconfitta, che rafforzò ulteriormente l’avanzata mahdista. Negli anni successivi si arriverà alla costituzione di una sorta di Stato islamico integralista, anche Khartoum cadrà nelle mani del Mahdi.

 

Le notizie di quanto accadeva in Africa giungevano abbastanza velocemente tramite dispacci telegrafici in Europa. A Verona lo scrittore Emilio Salgari scriveva un racconto avventuroso e fantastico, nel quale però erano presenti dati reali. La favorita del Mahdi, pubblicata a puntate sui giornali cittadini proprio mentre i fatti si svolgevano, accenna alla situazione dei missionari prigionieri e nomina anche la Grigolini.

 

La città di El-Obeid e con essa la missione dove operava suor Teresa venne occupata nel 1883 e per le suore, come per gli altri europei, perlopiù commercianti, iniziò un lungo e travagliato periodo di prigionia. Solo pochi riuscirono a fuggire, altri perirono di stenti e altri ancora dovettero attendere molti anni prima di essere liberati.

 

Sia il Mahdi sia il suo successore, il califfo Abdullahi, definito da suor Teresa come un “demonio peggiore del primo”, misero in atto torture psicologiche e fisiche nei confronti dei prigionieri. Questi furono costretti a sopravvivere in condizioni di carenza di cibo, con continue minacce e finte esecuzioni. Ma per le suore la sorte fu anche peggiore, la loro condizione di donne faceva sì che venissero continuamente minacciate di essere rinchiuse in un harem.

 

A tutti veniva richiesto di abiurare la propria fede per avere in cambio la vita e una certa tranquillità; alcuni cedettero, ma la piccola comunità di suore rimase salda nelle proprie convinzioni. In seguito venne imposto loro di sposarsi e alcuni uomini, anch’essi prigionieri, si prestarono a dei finti matrimoni celebrati da un fakir, rispettando la loro castità. L’imposizione successiva, sempre in spregio alle loro convinzioni, fu la generazione della prole, quale attestato della consumazione del matrimonio.

 

Suor Teresa si unì con un mercante greco, Dimitri Cocorempas; padre Josef Ohrwalder, di Bolzano, l’aveva sciolta dal voto di castità e di nascosto aveva celebrato un matrimonio cristiano. Dall’unione nacquero tre figli: una bambina, che morì di stenti qualche anno dopo, e due maschi nati dopo che l’intervento inglese del 1898 aveva messo fine alla Mahdìa.

 

Gli europei liberati ripresero le loro attività e Teresa si trovò a dover decidere cosa fare. Nove anni prima, prevedendo quanto sarebbe accaduto, aveva scritto: «Tutti saranno liberati, le suore torneranno al loro convento, gli altri in seno alle loro famiglie e ai loro paesi, per me sola non ci sarà più né convento né famiglia e fino alla morte durerà la mia schiavitù».

 

I legami familiari non erano condizione da cui si potesse prescindere. Visse per qualche tempo al Cairo, per poi ritornare in Italia con i figli, Giuseppe e Giorgio. Nel 1906 tornerà ancora nel Sudan, seguendo il marito che a Omdurmam, vicino Khartoum, era riuscito a riattivare la propria azienda. In questa occasione Teresa ebbe ancora modo di aiutare economicamente la missione comboniana di El-Obeid, alla quale si sentiva unita spiritualmente.

 

Poi Dimitri se ne andò in giro per il mondo per continuare le sue attività commerciali. Teresa ritornò ancora una volta in Italia con i figli. Quando venne a sapere che il marito era tornato al Cairo gravemente ammalato, lo raggiunse per assisterlo amorosamente fino alla morte, nel 1915. I figli, divenuti adulti, si dedicarono, come aveva fatto il loro padre, all’attività commerciale, Giuseppe perlopiù in Italia, Genova Milano; Giorgio invece per un certo tempo operò in Palestina.

 

Dopo la morte di Dimitri, Teresa aveva cercato di rientrare in Italia ma a causa del conflitto mondiale fu costretta a rimandare fino al 1919. Tornata finalmente a Verona, chiese di essere ripresa nell’istituto da dove tanti anni prima era partita, ma trovò le porte chiuse.

 

Quello che era successo e quello che veniva raccontato non sempre coincidevano, anche per oggettive difficoltà a ricostruire gli eventi. Si trattava in ogni caso di una situazione delicata che la mentalità del tempo difficilmente accettava. Teresa passò gli ultimi dodici anni della vita nel paese natale assieme al fratello parroco.

 

A un certo punto sentì il bisogno di raccogliere le sue memorie per raccontare la propria esistenza in gran parte passata tra la prigionia e l’abbandono, ora pubblicate in un libro intitolato Tutti sapevano che ero stata suora. Non è un’autobiografia ma una serie di lettere scritte da lei e da altri membri della famiglia comboniana nei primi anni dell’attività missionaria, durante la prigionia e dopo la liberazione. Ci sono anche due missive che il figlio Giuseppe scriverà a suor Ermenegilda Morelli, una delle prime comboniane che ha contribuito a scrivere la storia dell’istituto, alcuni anni dopo la morte di Teresa.

 

Si racconta che dalla casa dove era ritornata ad abitare poteva vedere attraverso una particolare finestrella la chiesa del paese, era un modo molto discreto di partecipare alla vita della comunità. Verso la fine del suo cammino terreno, morirà nel 1931, l’istituto le mandò una sorella per accudirla, una forma, seppur modesta, di riconoscimento per quel che aveva fatto.

 

Ci vorranno ancora più di sessant’anni anni affinché sia finalmente accolta nella tomba delle Missionarie Comboniane. La causa di beatificazione, che riconosca alla suora le virtù eroiche di un lungo martirio che è durato per tutta la vita, trova ancora parecchi ostacoli, anche se le attuali consorelle si danno molto da fare per vederla finalmente sull’altare.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Paola Azzolini, Donne a Verona, a cura di Paola Lanaro, Cierre Edizioni, Verona 2012.

Teresa Grigolini-Cocorempas, Tutti sapevano che ero stata suora, EMI 1996.

Emilio Salgari, La favorita del Mahdi, Fabbri Editori, Milano 2002.

Piersandro Vanzan, San Daniele Comboni, il patrono della “Nigrizia”, La Civiltà Cattolica, ottobre 2003.

Giuseppe Franco Viviani (a cura di), Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona, 2006.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]