N. 71 - Novembre 2013
(CII)
I TERCIOS
L’INVINCIBILE FANTERIA SPAGNOLA
di Massimo Manzo
Il
19
maggio
del
1643,
sul
campo
di
battaglia
di
Rocroi,
nelle
Ardenne,
stanno
per
fronteggiarsi
due
eserciti.
Sono
l’Armata
delle
Fiandre,
al
comando
del
generale
Francisco
de
Melo,
e il
contingente
francese,
agli
ordini
dell’ardimentoso
Luigi
II
di
Borbone-Condé,
duca
d’Enghien.
Il
contesto
è
quello
della
guerra
dei
trent’anni,
il
conflitto
che
dal
1618
al
1648
contrappose
tutte
le
più
grandi
potenze
europee,
consegnando
alla
Francia
il
ruolo
di
nazione
egemone
nel
continente
e
sancendo
il
definitivo
tramonto
del
predominio
spagnolo.
In
questa
fase
della
guerra
sono
proprio
Francia
e
Spagna
a
scontrarsi
frontalmente.
Grazie
all’intraprendenza
e al
genio
militare
del
duca
d’Enghien,
alla
fine
di
quella
memorabile
giornata
le
truppe
spagnole,
pur
superiori
nel
numero,
subiscono
una
bruciante
sconfitta
ad
opera
dei
francesi.
Oltre
alle
importanti
conseguenze
politiche
della
battaglia,
sfruttate
per
rimodellare
gli
equilibri
europei
dal
Cardinale
Mazzarino,
primo
ministro
alla
corte
di
Francia,
dal
punto
di
vista
militare
Rocroi
segna
l’infrangersi
di
un
mito:
quello
dei
tercios,
le
formazioni
di
fanteria
che
per
più
di
un
secolo
avevano
reso
invincibili
le
armate
di
Spagna.
Nascita
del
Tercio
España
mi
natura,
Italia
mi
ventura,
Flandes
mi
sepultura.
Questo
famoso
detto
sintetizza
in
pieno
l’ascesa
e il
declino
dei
tercios,
o
quadrati
spagnoli,
unità
che
a
partire
dal
XVI
secolo
accompagnarono
le
avventure
belliche
del
regno
di
Spagna.
Queste
temibili
truppe
furono
frutto
delle
riforme
militari
iniziate
dal
re
Ferdinando
il
Cattolico
(1452
–1516),
con
le
quali
le
deboli
e
male
addestrate
milizie
cittadine
furono
gradualmente
sostituite
da
soldati
professionisti,
pagati
direttamente
dal
sovrano
e a
lui
solo
rispondenti.
Il
ruolo
sempre
maggiore
che
la
Spagna
andava
acquisendo
sullo
scacchiere
europeo
richiedeva
infatti
un
esercito
all’altezza
delle
sue
mire
espansionistiche.
In
quel
frangente
storico
era
l’Italia
il
campo
di
battaglia
sul
quale
si
confrontavano
le
grandi
potenze
europee.
Indebolita
dai
continui
conflitti
tra
le
signorie
e le
piccole
realtà
politiche
che
la
componevano,
la
penisola
italiana
era
la
preda
perfetta
per
i
nascenti
Stati
nazionali
(Francia
e
Spagna
in
primis).
E fu
proprio
durante
le
guerre
per
il
controllo
del
Regno
di
Napoli
che
il
generale
Gonzalo
Fernández
de
Córdoba
(1453
–
1515)
decise
di
creare
una
formazione
innovativa,
che
unisse
la
solidità
di
una
falange
di
picchieri
alla
potenza
di
fuoco
dei
primi
rudimentali
archibugi
e
moschetti.
Per
far
ciò,
nel
1505
Córdoba
introdusse
le
cosiddette
colunelas
(colonne),
corpi
misti
di
1000-1200
uomini
formati
da
lanceri,
alabardieri
e
archibugieri,
a
loro
volta
suddivise
in
compagnie
(ogni
colunela
contava
cinque
compagnie).
Si
trattava
di
una
novità
importante,
basata
su
una
razionale
concezione
dell’impiego
delle
armi,
che
segnerà
il
definitivo
passaggio
dagli
eserciti
medioevali
a
quelli
rinascimentali.
A
capo
di
ciascuna
colunela
c’era
un
ufficiale,
chiamato
cabo
de
colunela,
dal
cui
nome
deriva
il
grado
di
colonnello,
ancora
in
uso
negli
eserciti
moderni.
Tra
picche
e
archibugi
Negli
anni
seguenti
i
tercios
assunsero
la
loro
forma
definitiva,
divenendo
il
nucleo
principale
della
fanteria
spagnola.
Ognuno
di
essi
era
dotato
di
una
catena
di
comando
fissa
tale
da
renderlo
un’unità
perfettamente
autonoma.
Nel
corso
del
tempo,
i
vari
tercios
vennero
dislocati
in
tutte
le
province
europee
sotto
il
controllo
spagnolo,
mantenendo
una
perfetta
funzionalità.
In
merito,
gli
storici
militari
li
hanno
definiti
come
le
prime
formazioni
tattiche
permanenti
comparse
in
Europa
dai
tempi
della
coorte
romana.
Come
ulteriore
evoluzione
della
colunela,
ogni
tercio
era
composto
da
3000
uomini,
disposti
secondo
uno
schema
geometrico
ben
preciso.
Il
termine
deriva
dal
fatto
che
esso
costituiva
in
genere
un
terzo
del
tradizionale
corpo
di
lanceri
svizzeri
al
quale
si
ispirava.
Un
quadrato
di
picchieri,
di
solito
profondo
dieci
linee,
formava
il
cuore
dello
schieramento,
agendo
come
“rullo
compressore”.
Questi
1500
uomini
erano
armati
di
lance
lunghe
quattro
o
cinque
metri,
mentre
nelle
loro
file
erano
inseriti
più
o
meno
altri
1000
soldati
armati
di
spada
e
scudo,
nel
caso
di
scontri
corpo
a
corpo
col
nemico.
A
rendere
il
tercio
completo
erano
infine
i
500
archibugieri,
sostituiti
poi
con
i
moschettieri.
Questi
ultimi
venivano
collocati
agli
angoli
del
grande
quadrato
di
picchieri,
in
quattro
quadrati
più
piccoli
(chiamati
mangas
cioè
maniche),
profondi
cinque
linee,
garantendo
una
copertura
di
fuoco
alla
formazione
principale.
Le
mangas
erano
insomma
la
parte
flessibile
dello
schieramento,
più
agile
e
quindi
adatta
alla
difesa
del
quadrato
dei
lanceri.
Man
mano
che
aumentò
l’utilizzo
delle
armi
da
fuoco
negli
scontri,
il
numero
dei
moschettieri
crebbe
a
scapito
dei
soldati
muniti
di
spada
e
scudo.
Schierato,
il
tercio
doveva
assomigliare
ad
una
invalicabile
fortezza
mobile,
quasi
impossibile
da
sfondare.
Un
secolo
di
vittorie
Nonostante
altre
nazioni
europee
tentassero
di
imitare
il
modello
della
fanteria
spagnola,
per
tutto
il
cinquecento
i
tercios
furono
praticamente
imbattibili.
Fu
grazie
a
loro
che
Carlo
V
(1500
–1558)
e
suo
figlio
Filippo
II
(1527
–1598)
riuscirono
a
trionfare
in
numerose
battaglie
in
giro
per
l’Europa,
rendendo
la
Spagna
una
vera
e
propria
superpotenza
dell’epoca.
Il
solo
nominare
la
fanteria
spagnola
scatenava
il
terrore
negli
eserciti
nemici,
che
spesso
dovevano
fare
i
conti
con
massicce
diserzioni.
Oltre
alla
loro
efficienza
in
combattimento,
infatti,
i
soldati
dei
tercios
erano
noti
per
la
loro
ferocia
spietata.
I
mercenari
spagnoli,
tedeschi,
italiani,
valloni
e
fiamminghi
che
li
componevano,
infatti,
furono
spesso
protagonisti
di
saccheggi
e
violenze
molto
gravi.
La
fine
del
Tercio
Con
l’evoluzione
sempre
più
veloce
delle
armi
da
fuoco
le
tattiche
dei
tercios
cominciarono
a
divenire
vulnerabili.
Già
all’inizio
del
seicento,
durante
le
sanguinose
campagne
delle
Fiandre,
si
capì
che
l’artiglieria,
se
usata
in
modo
massiccio,
poteva
mettere
in
difficoltà
la
fanteria
spagnola,
il
cui
principale
difetto
era
la
rigidità
dello
schieramento.
Il
primo
a
intuire
i
punti
deboli
del
tercio
fu
il
principe
d’Orange,
Maurizio
di
Nassau
(1567
–1625),
leader
della
resistenza
olandese
contro
gli
spagnoli.
Fu
lui
a
introdurre
il
cosiddetto
“fuoco
di
fila”
nella
battaglia
di
Nieuwpoort
del
1600.
La
sua
idea
era
quella
di
sfruttare
il
fuoco
dei
moschettieri
in
modo
continuo,
attraverso
una
rapida
rotazione
delle
loro
linee.
In
questo
modo
l’incessante
raffica
dei
proiettili
avrebbe
scompaginato
l’intero
inquadramento
nemico,
causando
forti
perdite.
Le
intuizioni
di
Maurizio
di
Nassau
furono
poi
migliorate
dal
geniale
Gustavo
Adolfo
di
Svezia
(1594
–
1632),
che
nel
1631,
durante
la
guerra
dei
trent’anni,
inflisse
a
Breitenfeld
una
sonora
lezione
ai
veterani
spagnoli
delle
Fiandre.
Dodici
anni
dopo,
nella
pianura
di
Rocroi,
il
mito
di
invincibilità
dei
tercios
tramonterà
definitivamente.
E
anche
per
la
potenza
spagnola
sarà
l’inizio
della
fine.
Riferimenti
bibliografici:
Ezio
Cecchini,
Le
Istituzioni
militari.
Sintesi
storica,
Roma,
1986;
Ignacio
Lopez,
The
Spanish
Tercios
1536-1704,
Oxford,
2012.